Quando non si hanno argomentazioni per attaccare un avversario si passa agli
insulti e quando la controparte è donna il repertorio è assolutamente scontato.
Questo accade nella vita di tutti i giorni e purtroppo sempre più spesso accade
alle persone che si vorrebbero occupare della propria comunità mettendoci la
faccia e il proprio impegno.
Insulti, denigrazioni, diffamazioni che corrono dalla rete
ai muri delle città, minacce che si susseguono sotto un post diventando
feroci attacchi alla persona e spesso, troppo spesso, intimidazioni e atti vili
che dal mondo virtuale si spostano a quello reale in un secondo.
Se poi il bersaglio è una donna i riferimenti a carriere
costruite sotto le scrivanie e le più becere affermazioni sulla fisicità, abbigliamento,
look, frequentazioni o quant'altro che possa screditare, umiliare e svilire la
donna in quanto tale , è la normalità. Nulla che abbia a che
fare con la preparazione, la competenza o la credibilità della persona nel
ruolo da ricoprire.
Li chiamano hater,
odiatori di professione, codardi da testiera, "persone" che si
nascondono dietro un monitor per vomitare offese atroci, diffamando e riversando violenza
gratuita convinti che dietro uno schermo tutto sia concesso. Si sprecano le
offese utilizzando stereotipi e luoghi comuni, ma troppo spesso questo odio in
rete raggiunge proporzioni immense arrivando anche a vere e proprie minacce.
La violenza verbale e
l'odio che si respira leggendo alcuni post è intollerabile e preoccupante. Non sono cyberbulli, non sono
haters, sono delinquenti e come tali devono essere trattati. La violenza è
violenza in qualsiasi forma. Io ci metto la mia faccia
#INSULTANCHEME'.
Di
Elena Secci
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