"Quando arrivò l'ultimo di Ventottenne, potei andare a
trovare mia madre. Era molto vecchia e mi attendeva. Stava sempre seduta su un
muretto che circondava la nostra casa.
«Che cosa fa, signora?» le domandavano.
«Aspetto Sandro», rispondeva.
Mi fermai a casa sua tre giorni e poi tornai a Roma. Fu
quella l’ultima volta che la vidi. (Sandro Pertini, ritornato a Stella dopo
l'esilio di Ventottenne).
(25 Settembre 1896) Nasce a Stella, in provincia di Savona,
Sandro Pertini, settimo Presidente della Repubblica, forse il più amato.
Durante gli anni del regime fascista, è costretto più volte al carcere ed al
confino. Esule in Francia, rientra clandestinamente in Italia, dove, nel
1929, viene arrestato e condannato dal Tribunale speciale a 10 anni di
reclusione. Resta
prigioniero, tra carcere e confino, fino alla caduta di Mussolini. Liberato nell’agosto del 1943, è
tra i maggiori protagonisti della lotta partigiana, tanto da essere insignito
della medaglia d’oro della Resistenza. Nel 1945 è segretario del PSIUP, nel ‘46
viene eletto all’Assemblea Costituente e, tra il 1946 e il 1951, è direttore
per due volte dell’Avanti! Nel 1948 è senatore, e in seguito per due volte
presidente della Camera. Muore nel 1990 all'età di 94 anni.
Dottore in legge (Università di Modena) e scienze sociali
(Firenze), partecipò giovanissimo alla prima guerra mondiale come tenente dei
mitraglieri. Iscritto al PSI dal 1924, svolse un'intensa attività organizzativa
e nel dopoguerra fu tra gli animatori dell'antifascismo ligure. All'esigenza di
avversare l'egemonia del fascismo con la testimonianza di una presenza
democratica e libertaria, il giovane socialista, al pari di altri giovani della
sua generazione come i fratelli Rosselli, P. Gobetti e A. Gramsci, uniformò la
sua attività negli anni del carcere, del confino e della Resistenza.
Liberato nell'agosto 1943, con Nenni e Saragat, ricostituì
il partito socialista e combatté nella difesa di Roma a Porta S. Paolo. Nell'ottobre
1943 fu arrestato dalle SS e condannato a morte; fu liberato grazie a un
intervento dei partigiani della Brigata Matteotti. Nella lotta di Resistenza fu attivo
a Roma e soprattutto nel nord Italia, distinguendosi in numerose azioni di
guerriglia. Alle 8 del mattino del 25 aprile, il Comitato di Liberazione
Nazionale dell'Alta Italia si riunì presso il collegio dei Salesiani in via
Copernico a Milano.
L'esecutivo, presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni,
Sandro Pertini e Leo Valiani (presenti tra gli altri anche Rodolfo Morandi –
che venne designato presidente del CLNAI –, Giustino Arpesani e Achille
Marazza), proclamò ufficialmente l'insurrezione, la presa di tutti i poteri e la condanna a morte
per tutti i gerarchi fascisti. Il decreto, trasmesso via radio, recitava: “I
membri del governo fascista ed i gerarchi del fascismo, colpevoli di aver
soppresso le garanzie costituzionali e di aver distrutto le libertà popolari,
creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del Paese e di averlo
condotto all'attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e nei casi
meno gravi con l'ergastolo.” (Decreto del CLNAI, 25 aprile 1945) Il 27 aprile, fortemente
convinto della necessità di condannare a morte il capo del fascismo, che intanto era stato arrestato
nelle prossimità del Comune di Dongo, disse alla radio:
“Mussolini, mentre giallo di livore e di paura tentava di
varcare la frontiera svizzera, è stato arrestato. Egli dovrà essere consegnato
ad un tribunale del popolo, perché lo giudichi per direttissima. E per tutte le
vittime del fascismo e per il popolo italiano dal fascismo gettato in tanta
rovina egli dovrà essere e sarà giustiziato. Questo noi vogliamo, nonostante
che pensiamo che per quest'uomo il plotone di esecuzione sia troppo onore. Egli
meriterebbe di essere ucciso come un cane tignoso.”
Conclusa la resistenza
partecipò attivamente alla vita pubblica della neonata Repubblica Italiana, tra
le file del Partito Socialista, restando sempre fedele alla sua idea. Non può esserci riscatto sociale,
senza la democrazie e le libertà da questa garantita. Nonostante la diversità
di vedute mantenne sempre un ottimo rapporto coi membri del PCI, tanto da
definire Enrico Berlinguer come “un fratello.”
Tuttavia Pertini sarà
ricordato per la sua immensa carica umana, per cui tutti, compagni ed avversari
politici, lo rispettarono sempre e comunque. Il popolo italiano, anche in anni dolorosi come quelli
dello stragismo, non arrivò mai a fischiarlo nemmeno nei momenti di massima
collera, come se Pertini non fosse nemmeno parte delle istituzioni, ma un uomo
del popolo, che nulla aveva a che fare con gli intrighi di palazzo. In
particolare, dopo il terremoto dell’Irpinia, lo si ricorda furibondo e
piangente camminare solo tra i corpi straziati dal violento cataclisma.
Il 23 marzo 1987 fu colto
da un malore durante i funerali del generale Licio Giorgieri, appena
assassinato dalle Brigate Rosse; in quella occasione fu visitato dal papa Giovanni Paolo II, al quale era
legato da lunga amicizia, ma questi poté solo vederlo di sfuggita, poiché gli
fu impedito dai medici, poiché Pertini era sedato. Tuttavia il Presidente si
rimise presto e completamente, al punto che il 2 luglio dello stesso anno si
trovò a presiedere l'Aula di Palazzo Madama in occasione dell'Elezione del
Presidente del Senato ad inizio della X Legislatura.
La notte del 24 febbraio 1990, all'età di 93 anni, si spense
per una complicazione in seguito ad una caduta, nel suo appartamento privato di
Roma. Per suo espresso desiderio, il suo corpo fu cremato e le ceneri traslate
nel cimitero del suo paese natale, Stella San Giovanni.
Pertini si era sempre
dichiarato ateo; nonostante ciò, nel suo studio al Quirinale aveva sempre
tenuto un crocifisso: sosteneva infatti di
ammirare la figura di Gesù come uomo che ha sostenuto le sue idee a costo della
morte. In anni più recenti, un libro di Arturo Mari del 2007, fotografo
pontificio, cercò di avvalorare la tesi che Pertini volesse convertirsi in
punto di morte e che chiamò il Papa, cui fu impedito di entrare nella stanza di
ospedale.
Questa circostanza però fu fermamente smentita dalla
"Fondazione Sandro Pertini", che fornì all'emittente “La7” alcune
registrazioni di alcune telefonate tra la moglie Carla Voltolina e il Papa, rilevando
come non ci fu nell'occasione alcun ricovero in ospedale, e indicando infine
come la circostanza riportata fosse in realtà relativa alla visita del 1987.
Il suo appartamento in Piazza di Trevi, dopo la morte della moglie Carla nel 2005, non è più stato riaffittato sino al 2011, quando Umberto Voltolina, il cognato di Pertini, in accordo con la Fondazione Pertini, restituì la casa al Comune di Roma.
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