«I rischi per la salute sono elevatissimi tanto che la Comunità scientifica
internazionale sostiene la richiesta di moratoria che Isde, avanza da tempo
invocando il principio di precauzione». Claudia Zuncheddu, ex consigliera regionale indipendentista, presidente
dell’Associazione medici per l’ambiente ISDE Cagliari, è in prima linea contro
la sperimentazione del 5G.
«In Italia, seppur i limiti vigenti sull’esposizione dei cittadini a campi
elettromagnetici siano stati tra i più cautelativi a livello internazionale,
oggi non sono più adeguati a tutelare la salute umana», spiega la presidente
dell’Isde Cagliari. «Dagli studi a disposizione, gli effetti
biologici dei campi elettromagnetici sono di certo dannosi per la salute perché interferiscono sulla
conformazione delle proteine e gli effetti sul patrimonio genetico sono alla
base di patologie cancerogene e non cancerogene.
Sugli effetti delle micro-onde 5G, ben più preoccupanti, non abbiamo
studi epidemiologici», ammette, «ma dalle sperimentazioni sia su linee
cellulari che su animali, emergono effetti biologici incompatibili con la
salute umana. L’esposizione alle
radiofrequenze è un rischio per ogni forma di vita. Basti pensare che agiscono
su api, uccelli e addirittura sui batteri rendendoli resistenti agli
antibiotici».
Non solo: «I campi elettromagnetici, al di là del pericoloso 5G, non ancora
sperimentato, sono stati già classificati possibili cancerogeni (2B). La
casistica su glioblastomi (tra i tumori cerebrali più aggressivi) e neurinomi è
elevatissima. Producono inoltre nell’uomo alterazioni del ritmo cardiaco,
disturbi neuro-comportamentali, alterazioni neurologiche, alterazioni
spermatiche, disturbi metabolici e endocrini».
Le colpe della politica. Per Zuncheddu «è grave che in mancanza di autorizzazione
da parte dei ministeri competenti, a partire da quello della salute, la
sperimentazione del 5G sia programmata ufficialmente su circa 4 milioni di
cittadini in Italia. In Sardegna sono numerose le denunce sull’insorgenza crescente di
antenne 5G in prossimità di scuole, di centri abitati, luoghi di lavoro,
addirittura su siti archeologici».
Ma la politica non sembra sensibile all’argomento. «Al documento di Isde inviato a
luglio del 2019 ai gruppi consiliari e alla Giunta regionale, alle
amministrazioni dell’area Metropolitana, all’Arpas, ai parlamentari eletti in
Sardegna, a tutt’oggi non è pervenuta alcuna risposta», si rammarica
aggiungendo che il tema richiede studio, approfondimenti e assunzione di
responsabilità da parte della classe politica sarda. «Preoccupa il silenzio sia
per la non conoscenza del tema su cui sono chiamati a decidere, sia per le
relazioni di interesse finanziario tra governi e i colossi della telefonia».
(f. ma.)
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