A Cagliari la
commissione Pari Opportunità ha presentato la mozione “Cagliari al femminile”.
Si tratta della promozione di un ciclo di iniziative incentrato su “donne
cagliaritane che si sono distinte in diversi campi”, con convegni e varie
iniziative molto interessanti. Una di queste iniziative riguarda la promozione della “toponomastica
al femminile”, che prevede
l’intitolazione di alcune vie di nuovi rioni a donne cagliaritane.
Una proposta
decisamente positiva e lodevole, se non fosse che la destra al governo della
città ha pensato bene di fare il diavolo a quattro per inserire una figura di
donna, che evidentemente reputano “cagliaritana che si è distinta in diversi
campi”.
Presa dalla smania revisionista e riabilitativa la destra cagliaritana
infila nell’elenco nientepocodimeno che Maria Cristina di Savoia, già beata,
nata a Cagliari nel 1812. O meglio, nata
“casualmente” a Cagliari: la famiglia Savoia, infatti, si trovava
occasionalmente in Sardegna in quanto fuggiva dall’invasione francese del
Piemonte, circostanza che le fece ricordare dell’esistenza della Sardegna. Un
soggiorno tanto felice per la famiglia quanto tragico per i Sardi, a cui furono
aggiunte nuove tasse per consentire agio adeguato alla famiglia di “rifugiati”
in terra straniera.
In questo idilliaco soggiorno, di cui i Sardi furono loro malgrado ospiti
paganti, nacque appunto Maria Cristina, la quale tornò immediatamente a Torino
con la famiglia non appena la situazione di tranquillizzò. Dunque
cagliaritana non lo fu, se non per nascita. Un po’ come migliaia di Sardi hanno sulla carta di
identità il luogo di nascita a Berlino, Monaco, Charleroi, Buenos Aires,
essendo figli di emigrati e poi tornati in Sardegna come sardi, non certo come
tedeschi, belgi o argentini.
Né, d’altra parte, la discendente Savoia si è resa protagonista di
alcun merito nei confronti di Cagliari, dei cagliaritani o dei Sardi in
generale. Gli stessi che
propongono il suo inserimento nella lista delle cagliaritane meritorie non
trovano altro da argomentare se non che “Fondò a San Leucio (Caserta) una
fabbrica che diede lavoro a 300 donne…”. Nascere a Cagliari e fondare una
fabbrica a Caserta ci sembra un po’ pochino per essere considerata una “donna
cagliaritana che si è distinta in diversi campi”.
Ed è perlomeno
imbarazzante che ci siano consiglieri che ritengono di mettere questa signora
al fianco di una Nereide Rudas (neuropsichiatra di fama internazionale) o di
una Eva Mameli Calvino (botanica, naturalista e accademica, prima donna in
Italia a conseguire la libera docenza presso un'università), o di una Angelina
Cabras (matematica e fisica di livello internazionale), solo per citarne alcune
tra le tantissime, distintesi nell’arte, nella politica, nella letteratura,
nella moda e in mille altri campi.
Eppure la destra cittadina, ossessionata dalla volontà di
riabilitare un casato di tiranni che hanno inondato la Sardegna di sangue,
forche e fame, insiste affinché il suo nome entri nell’elenco. Bene ha fatto, e le rendiamo
merito, la consigliera Francesca Mulas, a proclamare la sua astensione in segno
di protesta, all’atto dell’approvazione del documento.
La discussione in consiglio, che si è tenuta martedì, a parte la Mulas e alcuni
consiglieri progressisti ha visto l’approvazione della lista da parte di tutti
i consiglieri, inclusi quelli del Psd’az. Salvo poi magari travestirsi da
patrioti per le celebrazioni del 28 aprile, data - per la cronaca - in cui i
Savoia furono cacciati di malo modo dal popolo sardo esasperato. Ma pare che
gli equilibrismi di convenienza e le sparate contraddittorie siano ormai pane
quotidiano per certa politica.
Riteniamo che sia un segnale molto preoccupante che ancora oggi in
Sardegna ci siano persone che tentano di riabilitare e dare una parvenza di
rispettabilità a un casato che, per oltre due secoli, ha portato tanta sventura
e dolore al nostro popolo.
Invitiamo tutte le forze politiche e tutti i cittadini a opporsi a qualsiasi
tentativo di riabilitare qualunque membro di questa dinastia tirannica, per
rispetto del popolo sardo che sotto il suo dominio ha patito alcuni dei secoli
più bui della sua esistenza.
Liberu – Lìberos
Rispetados Uguales
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