Nei confronti dell’Inno “Fratelli d’Italia” nutro una repulsione per
motivi di salute: quando lo sento mi viene l’orticaria. Ma la repulsione per motivi
culturali e politici è ben più corposa: a parte che è brutto, bellicista,
militarista e militaresco, ultraretorico e di una "romanità"
vomitevole, riassume una “storia” falsa e falsificata. Come peraltro tutta la
storia ufficiale – quella propinataci dai testi scolastici ma anche dai Media –
segnatamente quella del cosiddetto “Risorgimento” e dell’Unità d’Italia, che si
pretende di “riassumere” nell’Inno di Mameli.
Una storia
sostanzialmente “ideologica”. Anzi: teologica. Mi ricorda quella raccontata da Tito
Livio nella sua monumentale
opera in 50 volumi, intitolata Ab urbe condita. Lo storico latino,
è persuaso che quella di Roma fosse una storia provvidenziale, una specie di
storia sacra, quella di un popolo eletto dagli dei. Deriva da questa convinzione la più
attenta cura a far risaltare tutti gli atti e tutte le circostanze in cui la
virtus romana ha rifulso nei suoi protagonisti che assurgono, naturalmente, ad
“eroi”.
Tutto ciò è chiaramente adombrato anche nel Proemio, dove si insiste
sul carattere tutto speciale del dominio romano, provvidenziale e benefico
anche per i popoli soggetti. E dunque questi devono assoggettarsi con buona disposizione al suo
dominio. Roma infatti, che ha come progenitore Marte e come fondatore Romolo,
ha come destino quello di: regere imperio populos e di parcere subiectis et
debellare superbos. (Perdonare chi si sottomette ma distruggere, sterminare chi
resiste).
Mutatis mutandis, la storia “risorgimentale” ci viene raccontata con
gli stessi parametri, storici e storiografici liviani: anche l’Unità d’Italia,
sia pure in una versione laica, è “sacra”, in quanto un diritto inalienabile
della “nazione italiana”, in qualche modo in mente dei da sempre. Ricordo a questo proposito Benigni
quando il 17 febbraio del 2011, a San Remo, sul “palco dell’Ariston”, irrompe
negli studi televisivi, su un cavallo bianco. Per impartirci, commentando
l’Inno “Fratelli d’Italia”, una incredibile lezione di storia ideologica.
Facendo risalire la “Nazione Italiana” addirittura a Dante.
Una vera e propria
falsificazione storica: il poeta fiorentino infatti combatteva le particolarità
territoriali e “nazionali” e sosteneva con forza l’impero che lui chiamava
“Monarchia universale”. Ma nella sua esegesi dell’Inno il comico fiorentino si spinge oltre
nella falsificazione storica: la “nazione” italiana deriverebbe non solo dagli Scipioni e da Dante ma
persino dai combattenti della Lega lombarda, dai Vespri siciliani, da Francesco
Ferrucci, morto nel 1530 nella difesa di Firenze; da Balilla, ragazzino che nel
1746 avvia una rivolta a Genova contro gli austriaci. Sciocchezze sesquipedali.
Machines e tontesas.
Ha scritto a questo proposito Alberto Mario Banti grande studioso
del Risorgimento su Il Manifesto de 26 febbraio 2011: ”Francamente non lo
sapevo. Cioè non sapevo che tutte queste persone, che ritenevo avessero
combattuto per tutt’altri motivi, in realtà avessero combattuto già per la
costruzione della nazione italiana. Pensavo che questa fosse la versione distorta della storia
nazionale offerta dai leader e dagli intellettuali nazionalisti dell’Ottocento.
E che un secolo di ricerca storica avesse mostrato l’infondatezza di tale
pretesa. E invece, vedi un po’ che si va a scoprire in una sola serata
televisiva.
Ma c’è dell’altro. Abbiamo
scoperto che tutti questi «italiani» erano buoni, sfruttati e oppressi da
stranieri violenti, selvaggi e stupratori, stranieri che di volta in volta
erano tedeschi, francesi, austriaci o spagnoli”. Ma tant’è: la “versione” di
Benigni allora commosse il pubblico televisivo italiano e ancora oggi viene
circuitata e spacciata come verità storica. Con relativo contorno di
eroi e di protagonisti risorgimentali che, per rimanere in casa nostra,
campeggiano ancora nelle Vie e Piazze sarde. Ignominiosamente. Perché si tratta
di quelli stessi personaggi che hanno sfruttato e represso in modo brutale i
Sardi. Ad iniziare dai tiranni sabaudi.
Francesco Casula
Storico e saggista, autore (ma non solo)
de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”
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