Nasce l’Agenzia sarda
delle entrate. Nome altisonante. In
realtà è poco più di un apparato di contabilità. Si occupa di fare i conti
sulle tasse che pagano i Sardi, stabilire quale percentuale ci spetti e chiedere
allo Stato che ce la dia.
Il quale a sua volta
decide se ha “emergenze straordinarie” che dovrà pagare con i nostri soldi oppure
se vorrà restituirceli in comode rate oppure, più di frequente, mischiare le
carte e dire che ci sta campando. Con i nostri soldi.
Insomma praticamente un (costoso) riordino di quella che era
la situazione precedente, con lo Stato che è sempre lui a decidere se
rispettare la legge e rimandarci la nostra percentuale o meno, senza alcuna
forza contrattuale da parte nostra. Insomma un’operazione che è come pregare
più forte. La stessa situazione quindi? No,
non esattamente.
Adesso c’è di diverso che questa agenzia riscuoterà 5
milioni di Tributi Propri, ma va anche detto che sostituirà l’agenzia delle
entrate italiana - che ci costava 700mila euro – con una che ci costerà due
milioni e mezzo l’anno per 22 impiegati. E’ previsto anche che se ne possano
assumere altri. E visto quanto ci costa ogni impiegato, basta che ne
assumano un’altra ventina e così quei cinque milioni serviranno per tenere in
piedi la stessa agenzia che li recupera.
Praticamente è un’agenzia che contro lo Stato non ha
alcun potere, ma in compenso si mangia le uniche tasse che riesce a riscuotere.
Praticamente un nuovo carrozzone. E caru che focu. Cosa ce ne entra in tasca a noi Sardi? Niente.
Nella maggioranza però si canta vittoria, si
stappano bottiglie del miglior vino e si parla con toni trionfalistici.
Paci lo chiama “uno strumento importante molto utile”, mentre addirittura Congiu – capogruppo del Partito dei Sardi – preso da irrefrenabile entusiasmo si sbilancia fino a dire "Ci presentiamo con parità di armi davanti a un ministero che ci ha fatto bere qualunque cosa".
Insomma la maggioranza brinda e vede il fiasco mezzo
pieno. L’opposizione in consiglio invece lo vede mezzo vuoto. Guardala
come ti pare, ma una cosa è certa: un fiasco è un fiasco.
Pier Franco Devias.
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