1) Cos’è la Riforma Costituzionale Renzi-Boschi? E’ una legge di revisione della Costituzione, cioè una legge che modifica la Costituzione
2) Quale parte della
costituzione viene modificata con la riforma Renzi-Boschi? La Parte Seconda
della Costituzione, cioè quella parte che si occupa dell’ordinamento della
Repubblica, cioè dell’organizzazione dei poteri pubblici. Mentre la Parte Prima
della Costituzione, cioè quella che contiene i principi fondamentali ed i
diritti e doveri dei cittadini, non viene modificata.
3) Chi ha varato la
legge di revisione costituzionale? Il Parlamento, nel rispetto dell’art. 138
della Costituzione medesima. Più precisamente: la legge di revisione
costituzionale è stata approvata sia dalla Camera sia dal Senato per due volte
nel corso di tre mesi nello stesso identico testo.
4) Perché il
referendum costituzionale del 4 dicembre 2016? Perché la seconda votazione al punto
3 è stata a maggioranza assoluta: ovvero della metà più uno dei votanti: cioè
316 deputati e 161 senatori. Invece, se la seconda votazione avesse ottenuto
una maggioranza più alta - cioè i due terzi: 421 deputati e 214 senatori – non
ci sarebbe stato bisogno di referendum. Ecco che in caso di maggioranza
assoluta, la nostra Costituzione prevede che 500.000 elettori oppure cinque
consigli regionali oppure un quinto dei componenti della Camera o del Senato
hanno facoltà di chiedere che sia il corpo elettorale ad esprimere la sua
scelta attraverso lo strumento del referendum. La legge di revisione
costituzionale è stata così pubblicata, nella sua forma definitiva, nella
Gazzetta Ufficiale e dalla data di pubblicazione – 15 aprile 2016 – sono
cominciati i tre mesi entro i quali son state raccolte le firme necessarie al
referendum.
5) Il referendum
costituzionale prevede un quorum? No, non prevede nessun quorum: dunque è
valido qualunque sia il numero dei votanti
6) I cittadini
italiani all’estero possono votare il referendum? Si, possono votare per
corrispondenza.
7) Cosa prevede, in
sintesi, la Riforma Costituzionale Renzi-Boschi?
A. Abolizione del
bicameralismo perfetto: cioè la Camera dei deputati ed il Senato della
Repubblica non avranno più un identico potere legislativo. La funzione
legislativa sarà prerogativa – tranne alcune importanti eccezioni rappresentate
da un numero definito di leggi bicamerali che vedremo in seguito – quasi
esclusiva della Camera dei deputati.
B. Alla Camera dei
deputati sono attribuite la rappresentanza della Nazione, la funzione
legislativa, la funzione di indirizzo politico e quella di controllo
dell'operato del Governo . Al Senato della Repubblica sono attribuite la
rappresentanza delle Istituzioni territoriali, la partecipazione al
procedimento legislativo, la funzione di raccordo tra lo Stato e gli enti
territoriali e la valutazione delle politiche pubbliche e dell'attività delle
pubbliche amministrazioni.
C. Al governo basterà
soltanto la fiducia espressa dalla camera dei deputati. Il Senato, dunque, non
voterà più la fiducia al governo. Ne deriva che il governo potrà essere
sfiduciato esclusivamente con voto della Camera dei deputati.
D. Il Senato sarà
trasformato in una assemblea di rappresentanza di Comuni e Regioni. Sarà
composto da 100 senatori e non più da 315 senatori come è attualmente. Dei 100
senatori: 74 saranno consiglieri regionali eletti dai consigli regionali di
appartenenza in conformità alle scelte espresse dagli elettori in sede di
elezione degli stessi consigli. 21 saranno sindaci eletti dai Consigli
regionali, nella misura di uno per ciascuno, fra tutti i sindaci dei comuni
della Regione. 5 nominati dal Presidente della Repubblica tra i cittadini che
hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico,
artistico e letterario (con mandato di sette anni non rinnovabile). Quindi non
ci saranno più senatori a vita. I 100 senatori non percepiranno più alcuna
indennità. Se non quella a loro spettante in qualità di consiglieri regionali e
di sindaci. L’indennità di un consigliere regionale non potrà essere maggiore
di quella percepita dal sindaco di ogni comune capoluogo.
E. Cancellazione delle
province
F. Abolizione del CNEL
(Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro)
G. Riforma del Titolo
V: ovvero una nuova disciplina dei rapporti fra Stato e Regioni con più potere
legislativo allo Stato e, al contempo, una maggiore influenza di Regioni e
Comuni sullo Stato grazie al nuovo Senato che rappresenta le autonomie
territoriali.
8) In passato, ci sono
stati altri tentativi di riforma della Costituzione?
Gli stessi padri
costituenti ebbero posizioni contrastanti e furono divisi su quale ordinamento
politico adottare per la nuova Repubblica. Ad esempio, c’era chi preferiva un
sistema presidenziale e c’era chi optava per un sistema parlamentare. C’era chi
voleva una sola camera e chi invece ne voleva due e, tra questi ultimi, chi
voleva che il Senato rappresentasse le regioni o le regioni e gli enti locali
o, infine, le categorie professionali.
Su queste visioni differenti, alla fine si dovette per forza di cose raggiungere dei compromessi. Sui quali una notevole influenza esercitò l’inizio della Guerra fredda: cioè lo scontro fra Unione sovietica (e suoi alleati) e gli Stati Uniti (e loro alleati) che determinò la nascita di un clima politico di reciproca sfiducia in virtù del quale si scelsero soluzioni tali da limitare i poteri di chi avesse democraticamente vinto le elezioni.
Così, l’esecutivo non fu dotato di strumenti che ne garantissero la stabilità e l’efficacia di governo; si scelsero due camere ma a condizione che fossero entrambe elette dal popolo e avessero gli stessi poteri. In questo modo, la Dc di De Gasperi si assicurava che la rivoluzione comunista risultasse se non impossibile alquanto improbabile. Il sistema scelto, tuttavia, resse fin tanto che la Dc, vincendo le elezioni (1948-1953) fu in grado di controllare facilmente entrambe le camere.
I problemi seri cominciarono quando si cercò di allargare la maggioranza al partito socialista, quando ci fu la crisi economica di fine anni settanta, le lotte studentesche e operaie. Era evidente che le istituzioni politiche funzionavano male a causa di una scarsa capacità ed efficacia operativa nel proporre ed adottare soluzioni per fronteggiare i problemi in cui versava la nazione. Le stesse maggioranze di pentapartito (democrazia cristiana con socialisti, socialdemocratici, repubblicani e liberali) non furono in grado di porre in atto quelle riforme necessarie per rendere il Paese al passo con i tempi. Per questo, negli anni novanta, prende corpo la stagione referendaria – col referendum abrogativo - ovvero il tentativo di imporre dal basso quelle riforme che i partiti non erano stati in grado di realizzare.
Il sistema partitico tradizionale crolla sotto l’onda referendaria e soprattutto in seguito alle inchieste della magistratura che portano alla luce tangentopoli. In questi anni, sono state varie le revisioni costituzionali apportate ma tutte di poco conto: salvo quella del 2001 che ha riguardato la revisione del Titolo Quinto della Parte Seconda che disciplina i rapporti fra stato, regioni ed enti locali. Tuttavia, per quanto concerne il superamento del bicameralismo perfetto, sono ormai 35 anni (cioè dai primi anni ottanta) che la riforma è oggetto di discussione nelle apposite Commissioni parlamentari senza che mai si sia arrivati ad un accordo. Nel dettaglio, ecco le commissioni parlamentari che si sono susseguite nel tempo fino ad arrivare al 2013: Commissione bicamerale c.d. Bozzi (dal nome del suo presidente), 1983-1985 Commissione bicamerale c.d. De Mita-Iotti, 1992-1994 Comitato Speroni, governo Berlusconi I, 1994 Commissione bicamerale D’Alema, 1997-1998 Comitato Brigandì, governo Berlusconi II, 2002-2004 Progetto di revisione approvato dalle Camere, 2005 Referendum costituzionale che ha bocciato il progetto approvato dalle Camere, 2006 Progetto della I Commissione della Camera (c.d. Violante), 2007 Commissione di esperti (c.d. Quagliariello), istituita dal Governo Letta, 2013.
Quando proprio nel 2013 scadeva il mandato del Presidente della repubblica Giorgio Napolitano, le forze politiche non furono in grado di sostenere un candidato comune e condiviso. Tanto che, in sede di voto, caddero nomi altisonanti come quelli di Marini e di Prodi. A questo punto, tutte le forze politiche, ad eccezione di M5S e lega, si rivolsero a Napolitano chiedendogli di accettare un secondo mandato. Napolitano accettò subordinando il suo si al fatto che le forze politiche di centro-destra e di centro-sinistra collaborassero alla realizzazione delle riforme costituzionali di cui il Paese ha bisogno. Nasce il governo Letta e viene istituita una Commissione di esperti.
Ma tutto naufraga a causa della decadenza
di Berlusconi da senatore: che interrompe la collaborazione fra cento sinistra
e centro destra. Il resto, è storia recente. In definitiva, sono ben 35 anni
che si prova, senza riuscirci, a superare il bicameralismo perfetto. Vogliamo
aspettarne invano altri 35 oppure vogliamo cambiare le cose con la riforma
Renzi- Boschi che ci permette finalmente di cancellare l’anacronistico (unico
esempio in Europa) e inconcludente Bicameralismo paritario?
Di Enrico Chessa.
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