La Nuova
Rimpasto sospeso fino al referendum. La lotta in
giunta ora è sulla nomina degli amministratori unici
Area e Arst, il Pd litiga anche sugli enti CAGLIARI I problemi per la maggioranza di
centrosinistra non mancano. Congelato il rimpasto in Giunta fino a dopo il
referendum costituzionale di dicembre, anche se Sel non è
d’accordo, la maggioranza dovrà scegliere i vertici di due enti:
Area e Arst. La scadenza per le nomine è fra non molto e di sicuro
sarà prima dell’appuntamento elettorale.
A contendersi i nuovi
amministratori unici dovrebbero essere le correnti del Pd. Nella
mappa degli enti sia Area (edilizia popolare) che Arst (trasporti)
spetterebbero ai Dem e nel dettaglio al gruppo dei popolari-riformisti (area
Cabras-Fadda) e all’ex minoranza in cui i renziani sono una parte
consistente. Quale delle due sigle finisca a una componente o all’altra
non è ancora deciso, ma già circolo alcuni nomi sui possibili
manager. Le prossime
scelte potrebbero entrare anche nella partita della
crisi interna del Pd, anche se in questo momento la diatriba è stata
congelata dal garante Gianni Dal Moro nominato dalla segreteria
nazionale. Area.
Appena centrifugata e rimessa in piedi dalla riforma
approvata a fine settembre dal Consiglio regionale, oggi l’Azienda per
l’edilizia abitativa è commissariata. Un anno fa la giunta
Pigliaru ha affidato la gestione a Stefania Murroni e l’incarico sarebbe
dovuto durare fino a all’estate, ma l’è stato rinnovato per altri sei
mesi. Però la scelta del nuovo amministratore unico è ormai
prossima.
Se Area dovesse essere scelta dall’ex minoranza del Pd c’è già
un possibile candidato. Potrebbe essere Gianvalerio Sanna, ex
assessore all’Urbanistica della giunta Soru e nel 2014 non
ricandidato dal Pd Oristanese. Dopo quello strappo, oggi sarebbe molto
più vicino al gruppo regionale degli ex Diesse-renziani e il suo
nome avrebbe ottenuto anche il via libera dell’assessore ai Lavori
pubblici Paolo Maninchedda (Partito dei sardi). Arst. È in scadenza il
mandato dell’amministratore in carica. Nominato a suo tempo
dalla giunta
Cappellacci su indicazione del Udc, Giovanni Caria
potrebbe essere sostituito entro novembre. Se l’Azienda di trasporti
finisse per essere scelta dai popolari-riformisti il possibile
candidato potrebbe essere il professore universitario Italo Meloni. Ma
chi insegna trasporti nella facoltà cagliaritana d’ingegneria
potrebbe rientrare anche nella rosa dei possibili successori
dell’assessore Massimo Deiana, nel caso in cui anche quella delega fosse
messa in discussione dal rimpasto. Quella dell’Arst è una partita tutta
aperta. Riformatori contro Pd. Nella loro convention di Arborea, i
Riformatori – sono all’opposizione in Consiglio e – hanno sparato ad alzo
zero proprio sull’egemonia del Pd.
Secondo la loro ricostruzione,
«nell’attuale fallimentare governo del centrosinistra – è scritto
nel documento finale – non si muove foglia che il Partito
democratico non voglia. Ogni tipo di potere, dai Comuni alle banche, è sotto
il controllo dei Dem e tutto sta dentro il sistema che hanno messo in
piedi fino a costringere anche la società civile ad omologarsi al
pensiero del padrone unico».
Per la verità i Riformatori non hanno
risparmiato critiche anche al loro centrodestra: «È vecchio, a
pezzi, senza più idee, risorse e radicamento territoriale. Se vogliamo
dar vita a un’alternativa vera al centrosinistra – è stata la
conclusione dei Riformatori – dobbiamo ripartire da un centrodestra
tutto nuovo».
Unione Sarda
Arru: fidatevi dell'Asl unica, non serve l'ospedale
sotto casa L'assessore e le liti sull'Ats: «Addio alla Giunta?
Decide Pigliaru, non sgomito»
La rivoluzione d'ottobre, in Sardegna, è quella
dell'Asl unica (o Ats, Azienda per la tutela della salute), che ieri ha visto
l'insediamento del supermanager Moirano. Sicuramente meno drammatica
della rivoluzione più famosa, vecchia di quasi un secolo, ma
suscita comunque parecchi timori. «Ingiustificati», assicura
l'assessore alla Sanità Luigi Arru: «Ci saranno solo differenze
amministrative. I pazienti vedranno gli aspetti positivi. Per esempio
migliorerà la gestione delle liste d'attesa».
E perché mai? «Perché avremo un'agenda unica delle prenotazioni, e potremo gestirle in base alla priorità e all'urgenza».
Facciamo qualche esempio di come funzionerà. «Prenda la radioterapia, il caso più delicato. Con
l'agenda unica e coordinandosi con gli oncologi, si gestiscono le
richieste in base alle disponibilità. Daremo risposte molto più rapide».
Ma così i pazienti dovranno spostarsi spesso. «Dipende dal problema specifico. Dovremo aumentare le
specialità sul territorio. Finora l'ospedale ha avuto funzione
onnicomprensiva, riducendo le specializzazioni. Ma è meglio spostarsi
da Sassari a Cagliari, o da Cagliari a Nuoro, se serve ad avere
prestazioni di alta qualità, con ospitalità alberghiera altrettanto
valida».
E di strutture di alta qualità, par di capire, non
possono essercene mille. «Attenzione, non è un discorso solo economico. Un'ampia
letteratura
scientifica dimostra che i migliori risultati arrivano
dove ci sono i più alti volumi di prestazioni. Più casi si trattano,
più cresce l'efficacia clinica nelle situazioni straordinarie.
Certo, dovremo essere bravi a integrare la medicina territoriale con
gli ospedali e l'emergenza-urgenza. Lo sa che, secondo le
classificazioni internazionali, 900mila sardi abitano in zone
considerate rurali?».
Non avrei detto così tanti, ma a maggior ragione: questo complica la situazione. «Ma avere l'ospedale sotto casa non è possibile. E se
uno ha un tumore dev'essere seguito da un'équipe, non dal singolo
oncologo. Poi serviranno il radioterapista, l'anatomo-patologo, il
chirurgo plastico. Altra cosa sono le patologie
tempo-dipendenti: per quelle c'è l'Azienda dell'emergenza-urgenza, con
l'elisoccorso. Vere ambulanze volanti, per superare le barriere
orografiche».
Parlava di ospitalità. Se un paziente si sposta, lo
accompagna un parente: cosa farete su questo aspetto? «Il primo passo è mettere in rete l'offerta pubblica e
privata. Per esempio vicino ad alcuni reparti di Ematologia ci sono
le case dell'Ail per i parenti dei malati di leucemia.
Nell'Isola mancano da anni investimenti simili: se sarà approvata
rapidamente la nuova rete ospedaliera, accederemo a 250 milioni per
infrastrutture, per pazienti acuti e altre esigenze».
Il problema c'è anche per i parti, visto che chiudono
diversi punti nascita. «Anche lì si ragiona sulla tutela della donna, che
oggi spesso partorisce in età avanzata, e dei neonati: non sui
risparmi. Se ci sono complicazioni serve una rianimazione, un centro
trasfusionale. La letteratura scientifica dice che le risposte migliori
arrivano dalle strutture con più di mille parti all'anno, noi
deroghiamo a 500. Ma è un discorso per la tutela della salute, non
ragionieristico». Francesco Zavattaro, inizialmente scelto per l'Asl
unica, prevedeva “tre anni di turbolenze” gestionali.
L'Ats sarà a
regime solo nel 2020? «Di certo è un iter complesso. Moirano formerà
un'équipe coi migliori professionisti: quanto ci vorrà, un anno e mezzo, due?
Non so, dipende anche dalla determinazione con cui Moirano saprà fare
squadra».
Nella transizione, però... «No, guardi, i cittadini non dovranno percepire
disagi. Ci sarà un grande lavoro di back office , dietro le quinte. Ma
nel front office , la risposta al pubblico, mi aspetto anzi rapidi
miglioramenti». E per il personale? Quanti dovranno trasferirsi da
Cagliari a Sassari? «Non ci saranno deportazioni. Ci confronteremo coi
sindacati per trovare soluzioni il più possibile condivise e magari
incentivare la mobilità volontaria».
Allora le voci di 300, 600 o addirittura 800
trasferimenti sono infondate? «Nessuno vuole stravolgere la vita dei lavoratori,
sono il valore aggiunto della nostra sanità. Semmai intendiamo
valorizzare le professionalità».
Quanto costa l'accorpamento e l'istituzione della sede
a Sassari? «Costi? Lei consideri che passiamo da un sistema con
11 aziende, ciascuna con direttore generale, sanitario e amministrativo,
a sole 5 aziende. Da 33 figure apicali a 15. Un risparmio».
Quello finora non garantito dai commissari delle Asl. «La percezione del loro operato non è buona, e invece
hanno lavorato molto, in anni difficilissimi, per creare le
precondizioni di questa grande riforma. Sento giudizi molto duri, ma su quali
basi si dice che la situazione è peggiorata? La Sardegna era uscita dal
monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza, per scelta di
chi ci ha preceduto. Noi abbiamo ripreso a misurarli. Sono pronto
a farmi valutare, ma su parametri precisi: non sull'aneddoto
isolato di un problema col Cup».
E della polemica sui laboratori di analisi cosa pensa?
Chiudere quelli al di sotto di certi volumi può complicare la vita ai
pazienti. «La nostra proposta nasce dal recepimento nel 2011,
quando non ero assessore, di un atto della conferenza Stato-Regioni
sulle prestazioni ottimali, legate a un volume minimo di esami. Qui c'è
un sistema frammentato, 53 laboratori. Serve più integrazione
pubblico-privato. Ma non chiediamo chiusure, non vogliamo creare
disoccupati. Abbiamo suggerito dei modelli consortili».
Sull'Asl unica si diceva che lei avesse subìto la
volontà del presidente Pigliaru. Ora si è convinto del progetto? «Non era così. L'assessorato ha fatto presente che
fondere grandi realtà è complesso, ma ci siamo totalmente allineati
all'idea. Lui era più convinto e deciso di noi tecnici, ma è un suo
merito. Sono sicuro che accentrare gli aspetti amministrativi e gli
acquisti ci consentirà di spendere meglio ogni euro, migliorando i servizi».
Anche sulla nomina del super manager si è parlato di
contrasti tra lei e Pigliaru. «Io e lui avevamo lo stesso obiettivo: scegliere chi,
avendo già esperienze di accorpamenti, desse le maggiori
garanzie. E avevamo individuato insieme Moirano, che però sembrava non
poter venire per fedeltà a Chiamparino e all'assessore Saitta».
Ed è spuntato Zavattaro, che ha scatenato la bufera. «Ci siamo arrivati applicando all'elenco dei 105
idonei i criteri approvati dalla Giunta: anzitutto avere esperienza di
accorpamenti e piani di rientro. Zavattaro rientrava nello schema».
L'assessore Maninchedda ha detto che quei criteri non
erano stati concordati. «È un equivoco, un cortocircuito informativo. La
delibera c'era da aprile. Non c'entra la sardità: alcuni sardi che
lavorano nella penisola non erano disponibili a rientrare. Nessun
pregiudizio, io sono orgoglioso di essere sardo. Dell'interno».
I partiti hanno protestato. «Su una scelta così delicata ci sono sempre tensioni.
Poi la scrematura decisiva è avvenuta ad agosto, forse c'è
stata poca comunicazione. Ma poi ci siamo spiegati. Il sì di
Moirano ha aiutato».
Il manager però ha una personalità molto forte: teme
tensioni con lui? «No. Ci conosciamo da tempo, sa chi sono io e io so
che lui è uomo di grandi qualità. Abbiamo fatto reciproca chiarezza: lui
attuerà quanto stabilito dall'indirizzo politico. E intende
valorizzare il merito, non l'appartenenza».
Quindi quando dice che i primari non li nomina la
politica, ha la sua copertura? «Totale. Questo non vuol dire rifiutare il dialogo coi
territori, se si tratta di riorganizzare le strutture. Ma il tecnico
fa il tecnico».
Allora neppure lei potrà favorire la scelta di un
primario o un direttore sanitario. «Ci mancherebbe, non mi permetterei mai». È vero che, dopo la lite sulle nomine, alcuni partiti
hanno chiesto la sua testa, in caso di rimpasto? «Non so, io sono a disposizione dei sardi e del
presidente Pigliaru,
che mi ha scelto. Se lui valuterà che le mie capacità
non sono più coerenti col suo programma, mi adeguerò».
Quindi: non va via, ma non rimarrà a ogni costo. «Sto facendo un'esperienza straordinaria, ma capirei
eventuali esigenze politiche diverse. Mi considero un servitore pubblico,
non sono qui per sgomitare». Giuseppe Meloni
Iniziativa dei parlamentari di Sel. Stefàno:
«Puntiamo sui Liberi comitati per il confronto»
La terza via col progetto “So” Uras: «Inutili i dogmi “sì” e “no”, noi
discutiamo sul merito»
C'è anche chi dice So . È l'idea dei
senatori di Sel (ora passati al Gruppo Misto), Luciano Uras e Dario Stefàno,
che a meno di due mesi dal voto sulla Riforma costituzionale fanno
sapere come intendono affrontare il passaggio referendario.
A modo
loro: senza dire se è giusto mettere la croce sul “Sì” o sul “No”,
«convinti - scrive Stefàno su Facebook - che i comitati per il
Sì o per il No, di ispirazione partitica, non aiuteranno la
discussione con e tra i cittadini all'interno delle nostre comunità
territoriali».
Meglio, invece, «promuovere i “Liberi comitati del
So”, perché lo spazio pubblico di questo appuntamento elettorale
non deve e non può essere esclusivo appannaggio dei partiti e dei
movimenti politici o dei loro rispettivi rappresentanti». Insomma, dire So
per far fare al Paese «una scelta consapevole».
LA NUOVA LINEA «La nostra linea si ispira a
quella di Giuliano Pisapia», spiega Uras. Cioè alla posizione
dell'ex sindaco di Milano che un mese fa ha dichiarato di essere
contrario «allo scontro tra guelfi e ghibellini sul Referendum
costituzionale», e che «questa nostra guerra fratricida è solo un grande
regalo alla destra, per questo mi limito a fare un giro dell'Italia
per invitare a confronti nel merito, sui vantaggi e gli svantaggi».
NESSUNA INDICAZIONE «Noi del So - aggiunge
Uras - non diamo indicazioni di voto, ognuno faccia la sua
scelta, ma dopo il 4 dicembre il centrosinistra deve ritrovare le
ragioni dell'unità. Siamo qui per ricomporre e riuscire a far uscire
indenne dal referendum l'area progressista». Detto ciò, «con la
nostra iniziativa non vogliamo nella maniera più assoluta favorire
il centrodestra, né le forze populiste della Lega e del Movimento
Cinquestelle». Piuttosto, «discutiamo del contenuto della Riforma».
Anche perché, fa notare il consigliere regionale di Sel, Francesco
Agus, che sposa le ragioni di
Uras, (ma che ha già chiarito che voterà
“no”) «sinora la campagna referendaria si è concentrata solo su una
contrapposizione frontale che ha fatto perdere di vista le questioni
sostanziali».
GLI SCENARI DEL PARLAMENTO Parlando di
merito, nel passaggio del testo in Senato Luciano Uras ha votato “no”. «Non
ho grandi perplessità sul superamento del bicameralismo perfetto,
anche se avrei preferito l'abolizione totale del Senato - dice - ma
per un autonomista come me questa riforma mette in pericolo l'articolo
5 della Costituzione che parla di promozione delle autonomie locali e
di adeguamento della legislazione alle esigenze del decentramento».
Tutto questo è messo a rischio, nel testo della riforma, «dalla
clausola di supremazia che consente alla legge dello Stato, su proposta
del Governo, di intervenire in materie non riservate alla
legislazione esclusiva». Si passa, dunque, «da un meccanismo in cui
prevale il principio di sussidiarietà, a uno in cui domina
l'interesse nazionale».
Roberto Murgia
Scalas
scettico: l'ennesimo tentativo. Devias (Liberu):
troppa confusione tra
le sigle Polo
indipendentista? Fortza Paris: serve un progetto
Troppo o troppo
poco indipendentismo, valutazione opposta ma stesso risultato: il
polo presentato nei giorni scorsi a Cagliari, che punta a raccogliere
in un unico sodalizio Progres, Gentes, Sardigna libera, Fronte
indipendentista unidu e Sardigna natzione, non piace; tanto a Gianfranco
Scalas, presidente di Fortza Paris, quanto a Pier Franco Devias, leader
del neonato Liberu dopo l'esperienza con il suo Fronte Indipendentista
Unidu.
«Quello che
serve non è un ennesimo polo indipendentista», sottolinea Scalas, «ma
mettere al centro un progetto politico concreto e immediato, con
le forze migliori che abbiamo e che credono nella sardità, non
importa se indipendentiste o no». Per il rappresentante di Fortza Paris
«per arrivare all'indipendenza ci vogliono anni di radicamento
culturale nella società, serve, invece, un'indipendenza culturale e
mentale dal solito modus operandi della politica italiana». «Noi
siamo e continuiamo a essere federalisti e siamo convinti che ci
siano già gli strumenti per battere su quella strada, come
l'applicazione della legge del 1998 sui sette punti franchi o il riconoscimento
ufficiale della Sardegna come minoranza linguistica», evidenzia
Scalas.
Completamente
opposto l'assunto da cui parte Devias: «Questa unione è positiva per un
motivo», spiega, «è inutile inflazionare questa area politica con
piccole forze». Ciò che delude il leader di Liberu, è «l'abbandono
della strategicità del concetto dell'indipendenza, nel nome di un
generale, quanto vago, obiettivo di difesa della Sardegna». Preoccupa poi
«la confusione interna delle posizioni politiche su alcuni temi
fondamentali come il referendum costituzionale», spiega il leader nuorese
che si è già espresso contro, «in quel polo ci sono forze che fanno
campagna per il No e altre che promuovonol'astensione».
Sul No anche
Fortza Paris non ha dubbi: «Chiederemo di votare No perché vogliamo
mandare a casa questa giunta regionale», precisa Scalas.
Marzia Piga
MONTE URPINU. Ancora chiuso l'ex deposito carburanti dell'Aeronautica Cittadella del volontariato, il progetto è fermo.
Un anno fa la delibera della Regione: l'ex depositcarburanti dell'Aeronautica militare a Monte Urpinu diventerà la
cittadella del volontariato. Non è successo. Nulla si è mosso nei 149
mila metri quadrati tra via Is Guadazzonis, il parco del Binaghi
e viale Europa. Un'ex servitù militare, entrata nel patrimonio
regionale nel 2011, con un bosco e numerosi edifici abbandonati. Il progetto
proposto da viale Trento sembra arenato.
I rapporti con le associazioni
di volontariato si sono fatti tesi. E dal Comune, che doveva essere
coinvolto per il rilancio di quell'area di pregio, aspettano ancora una
chiamata. «Abbiamo affrontato problemi burocratici», spiega
Filippo Spanu, capo di gabinetto del presidente Francesco Pigliaru, legati
alla sicurezza.
Entro due settimane contiamo di avere una proposta
operativa e la porteremo al tavolo dell'osservatorio regionale per il
volontariato». E Spanu dà un'altra notizia: «L'organo è convocato per
il 7 novembre». I componenti dell'osservatorio, tutti rappresentanti
della galassia sarda dei volontari, avevano inviato una lettera al
governatore, neigiorni scorsi: non vengono convocati dal novembre
scorso e accusano la Regione di disinteresse per il settore.
Ora da viale
Trento arriva una promessa, anche per Monte Urpinu. «Le associazioni erano pronte a investire soldi per
rimettere in sesto gli stabili», spiega Pierpaolo Campus, presidente
della Misericordia e membro dell'osservatorio regionale del volontariato,
«con assegnazioni pluriennali, che dovevano avvenire con bandi
trasparenti e, magari, con accesso a fondi europei. Sarebbero stati spazi per
i volontari, con servizi per la città».
Anche in Comune attendono:
«Non siamo più stati coinvolti», dice Ferdinando Secchi, assessore
alle Politiche sociali, «aspettiamo una convocazione per parlare di
progetti concreti e idee».
Enrico Fresu
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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