martedì 18 ottobre 2016

Rassegna Stampa 18 Ottobre 2016: "Regione, lotta per nomina amministratori unici" - "Arru: date fiducia all'ASL unica" - Luciano Uras: referensum: SI/NO, meglio il SO" - "Indipendentismo Devias "Troppa confusione sulle sigle" - "Cagliari: discussioni aperte su Monte Urpinu".


La Nuova

Rimpasto sospeso fino al referendum. La lotta in giunta ora è sulla nomina degli amministratori unici

Area e Arst, il Pd litiga anche sugli enti CAGLIARI I problemi per la maggioranza di centrosinistra non mancano. Congelato il rimpasto in Giunta fino a dopo il referendum costituzionale di dicembre, anche se Sel non è d’accordo, la maggioranza dovrà scegliere i vertici di due enti: Area e Arst. La scadenza per le nomine è fra non molto e di sicuro sarà prima dell’appuntamento elettorale. 

A contendersi i nuovi amministratori unici dovrebbero essere le correnti del Pd. Nella mappa degli enti sia Area (edilizia popolare) che Arst (trasporti) spetterebbero ai Dem e nel dettaglio al gruppo dei popolari-riformisti (area Cabras-Fadda) e all’ex minoranza in cui i renziani sono una parte consistente. Quale delle due sigle finisca a una componente o all’altra non è ancora deciso, ma già circolo alcuni nomi sui possibili manager. Le prossime
scelte potrebbero entrare anche nella partita della crisi interna del Pd, anche se in questo momento la diatriba è stata congelata dal garante Gianni Dal Moro nominato dalla segreteria nazionale. Area.

Appena centrifugata e rimessa in piedi dalla riforma approvata a fine settembre dal Consiglio regionale, oggi l’Azienda per l’edilizia abitativa è commissariata. Un anno fa la giunta Pigliaru ha affidato la gestione a Stefania Murroni e l’incarico sarebbe dovuto durare fino a all’estate, ma l’è stato rinnovato per altri sei mesi. Però la scelta del nuovo amministratore unico è ormai prossima. 

Se Area dovesse essere scelta dall’ex minoranza del Pd c’è già un possibile candidato. Potrebbe essere Gianvalerio Sanna, ex assessore all’Urbanistica della giunta Soru e nel 2014 non ricandidato dal Pd Oristanese. Dopo quello strappo, oggi sarebbe molto più vicino al gruppo regionale degli ex Diesse-renziani e il suo nome avrebbe ottenuto anche il via libera dell’assessore ai Lavori pubblici Paolo Maninchedda (Partito dei sardi). Arst. È in scadenza il mandato dell’amministratore in carica. Nominato a suo tempo dalla giunta

Cappellacci su indicazione del Udc, Giovanni Caria potrebbe essere sostituito entro novembre. Se l’Azienda di trasporti finisse per essere scelta dai popolari-riformisti il possibile candidato potrebbe essere il professore universitario Italo Meloni. Ma chi insegna trasporti nella facoltà cagliaritana d’ingegneria potrebbe rientrare anche nella rosa dei possibili successori dell’assessore Massimo Deiana, nel caso in cui anche quella delega fosse messa in discussione dal rimpasto. Quella dell’Arst è una partita tutta aperta. Riformatori contro Pd. Nella loro convention di Arborea, i Riformatori – sono all’opposizione in Consiglio e – hanno sparato ad alzo zero proprio sull’egemonia del Pd. 

Secondo la loro ricostruzione, «nell’attuale fallimentare governo del centrosinistra – è scritto nel documento finale – non si muove foglia che il Partito democratico non voglia. Ogni tipo di potere, dai Comuni alle banche, è sotto il controllo dei Dem e tutto sta dentro il sistema che hanno messo in piedi fino a costringere anche la società civile ad omologarsi al pensiero del padrone unico». 

Per la verità i Riformatori non hanno risparmiato critiche anche al loro centrodestra: «È vecchio, a pezzi, senza più idee, risorse e radicamento territoriale. Se vogliamo dar vita a un’alternativa vera al centrosinistra – è stata la conclusione dei Riformatori – dobbiamo ripartire da un centrodestra tutto nuovo».

Unione Sarda

Arru: fidatevi dell'Asl unica, non serve l'ospedale sotto casa L'assessore e le liti sull'Ats: «Addio alla Giunta? Decide Pigliaru, non sgomito»

La rivoluzione d'ottobre, in Sardegna, è quella dell'Asl unica (o Ats, Azienda per la tutela della salute), che ieri ha visto l'insediamento del supermanager Moirano. Sicuramente meno drammatica della rivoluzione più famosa, vecchia di quasi un secolo, ma suscita comunque parecchi timori. «Ingiustificati», assicura l'assessore alla Sanità Luigi Arru: «Ci saranno solo differenze amministrative. I pazienti vedranno gli aspetti positivi. Per esempio migliorerà la gestione delle liste d'attesa».

E perché mai? «Perché avremo un'agenda unica delle prenotazioni, e potremo gestirle in base alla priorità e all'urgenza».

Facciamo qualche esempio di come funzionerà. «Prenda la radioterapia, il caso più delicato. Con l'agenda unica e coordinandosi con gli oncologi, si gestiscono le richieste in base alle disponibilità.  Daremo risposte molto più rapide».

Ma così i pazienti dovranno spostarsi spesso. «Dipende dal problema specifico. Dovremo aumentare le specialità sul territorio. Finora l'ospedale ha avuto funzione onnicomprensiva, riducendo le specializzazioni. Ma è meglio spostarsi da Sassari a Cagliari, o da Cagliari a Nuoro, se serve ad avere prestazioni di alta qualità, con ospitalità alberghiera altrettanto valida».

E di strutture di alta qualità, par di capire, non possono essercene mille. «Attenzione, non è un discorso solo economico. Un'ampia letteratura
scientifica dimostra che i migliori risultati arrivano dove ci sono i più alti volumi di prestazioni. Più casi si trattano, più cresce l'efficacia clinica nelle situazioni straordinarie. Certo, dovremo essere bravi a integrare la medicina territoriale con gli ospedali e l'emergenza-urgenza. Lo sa che, secondo le classificazioni internazionali, 900mila sardi abitano in zone considerate rurali?».

Non avrei detto così tanti, ma a maggior ragione:  questo complica la situazione. «Ma avere l'ospedale sotto casa non è possibile. E se uno ha un tumore dev'essere seguito da un'équipe, non dal singolo oncologo. Poi serviranno il radioterapista, l'anatomo-patologo, il chirurgo plastico. Altra cosa sono le patologie tempo-dipendenti: per quelle c'è l'Azienda dell'emergenza-urgenza, con l'elisoccorso. Vere ambulanze volanti, per superare le barriere orografiche». 

Parlava di ospitalità. Se un paziente si sposta, lo accompagna un parente: cosa farete su questo aspetto? «Il primo passo è mettere in rete l'offerta pubblica e privata. Per esempio vicino ad alcuni reparti di Ematologia ci sono le case dell'Ail per i parenti dei malati di leucemia. Nell'Isola mancano da anni investimenti simili: se sarà approvata rapidamente la nuova rete ospedaliera, accederemo a 250 milioni per infrastrutture, per pazienti acuti e altre esigenze».

Il problema c'è anche per i parti, visto che chiudono diversi punti nascita. «Anche lì si ragiona sulla tutela della donna, che oggi spesso partorisce in età avanzata, e dei neonati: non sui risparmi. Se ci sono complicazioni serve una rianimazione, un centro trasfusionale. La letteratura scientifica dice che le risposte migliori arrivano dalle strutture con più di mille parti all'anno, noi deroghiamo a 500. Ma è un discorso per la tutela della salute, non ragionieristico». Francesco Zavattaro, inizialmente scelto per l'Asl unica, prevedeva “tre anni di turbolenze” gestionali. 

L'Ats sarà a regime solo nel 2020? «Di certo è un iter complesso. Moirano formerà un'équipe coi migliori professionisti: quanto ci vorrà, un anno e mezzo, due? Non so, dipende anche dalla determinazione con cui Moirano saprà fare squadra».

Nella transizione, però... «No, guardi, i cittadini non dovranno percepire disagi. Ci sarà un grande lavoro di back office , dietro le quinte. Ma nel front office , la risposta al pubblico, mi aspetto anzi rapidi miglioramenti». E per il personale? Quanti dovranno trasferirsi da Cagliari a Sassari? «Non ci saranno deportazioni. Ci confronteremo coi sindacati per trovare soluzioni il più possibile condivise e magari incentivare la mobilità volontaria».

Allora le voci di 300, 600 o addirittura 800 trasferimenti sono infondate? «Nessuno vuole stravolgere la vita dei lavoratori, sono il valore aggiunto della nostra sanità. Semmai intendiamo valorizzare le professionalità».

Quanto costa l'accorpamento e l'istituzione della sede a Sassari? «Costi? Lei consideri che passiamo da un sistema con 11 aziende, ciascuna con direttore generale, sanitario e amministrativo, a sole 5 aziende. Da 33 figure apicali a 15. Un risparmio».

Quello finora non garantito dai commissari delle Asl. «La percezione del loro operato non è buona, e invece hanno lavorato molto, in anni difficilissimi, per creare le precondizioni di questa grande riforma. Sento giudizi molto duri, ma su quali basi si dice che la situazione è peggiorata? La Sardegna era uscita dal monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza, per scelta di chi ci ha preceduto. Noi abbiamo ripreso a misurarli. Sono pronto a farmi valutare, ma su parametri precisi: non sull'aneddoto isolato di un problema col Cup».

E della polemica sui laboratori di analisi cosa pensa? Chiudere quelli al di sotto di certi volumi può complicare la vita ai pazienti. «La nostra proposta nasce dal recepimento nel 2011, quando non ero assessore, di un atto della conferenza Stato-Regioni sulle prestazioni ottimali, legate a un volume minimo di esami. Qui c'è un sistema frammentato, 53 laboratori. Serve più integrazione pubblico-privato. Ma non chiediamo chiusure, non vogliamo creare disoccupati. Abbiamo suggerito dei modelli consortili».

Sull'Asl unica si diceva che lei avesse subìto la volontà del presidente Pigliaru. Ora si è convinto del progetto? «Non era così. L'assessorato ha fatto presente che fondere grandi realtà è complesso, ma ci siamo totalmente allineati all'idea. Lui era più convinto e deciso di noi tecnici, ma è un suo merito. Sono sicuro che accentrare gli aspetti amministrativi e gli acquisti ci consentirà di spendere meglio ogni euro, migliorando i servizi».

Anche sulla nomina del super manager si è parlato di contrasti tra lei e Pigliaru. «Io e lui avevamo lo stesso obiettivo: scegliere chi, avendo già esperienze di accorpamenti, desse le maggiori garanzie. E avevamo individuato insieme Moirano, che però sembrava non poter venire per fedeltà a Chiamparino e all'assessore Saitta».

Ed è spuntato Zavattaro, che ha scatenato la bufera. «Ci siamo arrivati applicando all'elenco dei 105 idonei i criteri approvati dalla Giunta: anzitutto avere esperienza di accorpamenti e piani di rientro. Zavattaro rientrava nello schema».

L'assessore Maninchedda ha detto che quei criteri non erano stati concordati. «È un equivoco, un cortocircuito informativo. La delibera c'era da aprile. Non c'entra la sardità: alcuni sardi che lavorano nella penisola non erano disponibili a rientrare. Nessun pregiudizio, io sono orgoglioso di essere sardo. Dell'interno».

I partiti hanno protestato. «Su una scelta così delicata ci sono sempre tensioni. Poi la scrematura decisiva è avvenuta ad agosto, forse c'è stata poca comunicazione. Ma poi ci siamo spiegati. Il sì di Moirano ha aiutato».
Il manager però ha una personalità molto forte: teme tensioni con lui? «No. Ci conosciamo da tempo, sa chi sono io e io so che lui è uomo di grandi qualità. Abbiamo fatto reciproca chiarezza: lui attuerà quanto stabilito dall'indirizzo politico. E intende valorizzare il merito, non l'appartenenza».

Quindi quando dice che i primari non li nomina la politica, ha la sua copertura? «Totale. Questo non vuol dire rifiutare il dialogo coi territori, se si tratta di riorganizzare le strutture. Ma il tecnico fa il tecnico».

Allora neppure lei potrà favorire la scelta di un primario o un direttore sanitario. «Ci mancherebbe, non mi permetterei mai». È vero che, dopo la lite sulle nomine, alcuni partiti hanno chiesto la sua testa, in caso di rimpasto? «Non so, io sono a disposizione dei sardi e del presidente Pigliaru,
che mi ha scelto. Se lui valuterà che le mie capacità non sono più coerenti col suo programma, mi adeguerò». 

Quindi: non va via, ma non rimarrà a ogni costo. «Sto facendo un'esperienza straordinaria, ma capirei eventuali esigenze politiche diverse. Mi considero un servitore pubblico, non sono qui per sgomitare». Giuseppe Meloni

Iniziativa dei parlamentari di Sel. Stefàno: 
«Puntiamo sui Liberi comitati per il confronto»

La terza via col progetto “So” Uras: «Inutili i dogmi “sì” e “no”, noi discutiamo sul merito»

C'è anche chi dice So . È l'idea dei senatori di Sel (ora passati al Gruppo Misto), Luciano Uras e Dario Stefàno, che a meno di due mesi dal voto sulla Riforma costituzionale fanno sapere come intendono affrontare il passaggio referendario. 

A modo loro: senza dire se è giusto mettere la croce sul “Sì” o sul “No”, «convinti - scrive Stefàno su Facebook - che i comitati per il Sì o per il No, di ispirazione partitica, non aiuteranno la discussione con e tra i cittadini all'interno delle nostre comunità territoriali». 

Meglio, invece, «promuovere i “Liberi comitati del So”, perché lo spazio pubblico di questo appuntamento elettorale non deve e non può essere esclusivo appannaggio dei partiti e dei movimenti politici o dei loro rispettivi rappresentanti». Insomma, dire So per far fare al Paese «una scelta consapevole».

LA NUOVA LINEA «La nostra linea si ispira a quella di Giuliano Pisapia», spiega Uras. Cioè alla posizione dell'ex sindaco di Milano che un mese fa ha dichiarato di essere contrario «allo scontro tra guelfi e ghibellini sul Referendum costituzionale», e che «questa nostra guerra fratricida è solo un grande regalo alla destra, per questo mi limito a fare un giro dell'Italia per invitare a confronti nel merito, sui vantaggi e gli svantaggi».

NESSUNA INDICAZIONE «Noi del So - aggiunge Uras - non diamo indicazioni di voto, ognuno faccia la sua scelta, ma dopo il 4 dicembre il centrosinistra deve ritrovare le ragioni dell'unità. Siamo qui per ricomporre e riuscire a far uscire indenne dal referendum l'area progressista». Detto ciò, «con la nostra iniziativa non vogliamo nella maniera più assoluta favorire il centrodestra, né le forze populiste della Lega e del Movimento Cinquestelle». Piuttosto, «discutiamo del contenuto della Riforma». Anche perché, fa notare il consigliere regionale di Sel, Francesco Agus, che sposa le ragioni di
Uras, (ma che ha già chiarito che voterà “no”) «sinora la campagna referendaria si è concentrata solo su una contrapposizione frontale che ha fatto perdere di vista le questioni sostanziali».

GLI SCENARI DEL PARLAMENTO Parlando di merito, nel passaggio del testo in Senato Luciano Uras ha votato “no”. «Non ho grandi perplessità sul superamento del bicameralismo perfetto, anche se avrei preferito l'abolizione totale del Senato - dice - ma per un autonomista come me questa riforma mette in pericolo l'articolo 5 della Costituzione che parla di promozione delle autonomie locali e di adeguamento della legislazione alle esigenze del decentramento». Tutto questo è messo a rischio, nel testo della riforma, «dalla clausola di supremazia che consente alla legge dello Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva».  Si passa, dunque, «da un meccanismo in cui prevale il principio di sussidiarietà, a uno in cui domina l'interesse nazionale». 

Roberto Murgia

Scalas scettico: l'ennesimo tentativo. Devias (Liberu):
 troppa confusione tra le sigle Polo indipendentista? Fortza Paris: serve un progetto

Troppo o troppo poco indipendentismo, valutazione opposta ma stesso risultato: il polo presentato nei giorni scorsi a Cagliari, che punta a raccogliere in un unico sodalizio Progres, Gentes, Sardigna libera, Fronte indipendentista unidu e Sardigna natzione, non piace; tanto a Gianfranco Scalas, presidente di Fortza Paris, quanto a Pier Franco Devias, leader del neonato Liberu dopo l'esperienza con il suo Fronte Indipendentista Unidu.

«Quello che serve non è un ennesimo polo indipendentista», sottolinea Scalas, «ma mettere al centro un progetto politico concreto e immediato, con le forze migliori che abbiamo e che credono nella sardità, non importa se indipendentiste o no». Per il rappresentante di Fortza Paris «per arrivare all'indipendenza ci vogliono anni di radicamento culturale nella società, serve, invece, un'indipendenza culturale e mentale dal solito modus operandi della politica italiana». «Noi siamo e continuiamo a essere federalisti e siamo convinti che ci siano già gli strumenti per battere su quella strada, come l'applicazione della legge del 1998 sui sette punti franchi o il riconoscimento ufficiale della Sardegna come minoranza linguistica», evidenzia Scalas.

Completamente opposto l'assunto da cui parte Devias: «Questa unione è positiva per un motivo», spiega, «è inutile inflazionare questa area politica con piccole forze». Ciò che delude il leader di Liberu, è «l'abbandono della strategicità del concetto dell'indipendenza, nel nome di un generale, quanto vago, obiettivo di difesa della Sardegna». Preoccupa poi «la confusione interna delle posizioni politiche su alcuni temi fondamentali come il referendum costituzionale», spiega il leader nuorese che si è già espresso contro, «in quel polo ci sono forze che fanno campagna per il No e altre che promuovonol'astensione».

Sul No anche Fortza Paris non ha dubbi: «Chiederemo di votare No perché vogliamo mandare a casa questa giunta regionale», precisa Scalas. 

Marzia Piga

MONTE URPINU. Ancora chiuso l'ex deposito carburanti dell'Aeronautica Cittadella del volontariato, il progetto è fermo.

Un anno fa la delibera della Regione: l'ex depositcarburanti dell'Aeronautica militare a Monte Urpinu diventerà la cittadella del volontariato. Non è successo. Nulla si è mosso nei 149 mila metri quadrati tra via Is Guadazzonis, il parco del Binaghi e viale Europa. Un'ex servitù militare, entrata nel patrimonio regionale nel 2011, con un bosco e numerosi edifici abbandonati. Il progetto proposto da viale Trento sembra arenato. 

I rapporti con le associazioni di volontariato si sono fatti tesi. E dal Comune, che doveva essere coinvolto per il rilancio di quell'area di pregio, aspettano ancora una chiamata. «Abbiamo affrontato problemi burocratici», spiega Filippo Spanu, capo di gabinetto del presidente Francesco Pigliaru, legati alla sicurezza. 

Entro due settimane contiamo di avere una proposta operativa e la porteremo al tavolo dell'osservatorio regionale per il volontariato». E Spanu dà un'altra notizia: «L'organo è convocato per il 7 novembre». I componenti dell'osservatorio, tutti rappresentanti della galassia sarda dei volontari, avevano inviato una lettera al governatore, neigiorni scorsi: non vengono convocati dal novembre scorso e accusano la Regione di disinteresse per il settore. 

Ora da viale Trento arriva una promessa, anche per Monte Urpinu. «Le associazioni erano pronte a investire soldi per rimettere in sesto  gli stabili», spiega Pierpaolo Campus, presidente della Misericordia e membro dell'osservatorio regionale del volontariato, «con assegnazioni pluriennali, che dovevano avvenire con bandi trasparenti e, magari, con accesso a fondi europei. Sarebbero stati spazi per i volontari, con servizi per la città». 

Anche in Comune attendono: «Non siamo più stati coinvolti», dice Ferdinando Secchi, assessore alle Politiche sociali, «aspettiamo una convocazione per parlare di progetti concreti e idee».
Enrico Fresu

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Federico Marini
skype: federico1970ca

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