L’elemento che
mi sconcertava maggiormente, quando militavo nei partiti politici, era
l’arrivismo e la sete di potere presente tra alcuni compagni (che poi
s’accompagnavano soltanto a loro stessi). Alcuni erano diventati maestri
impareggiabili nell’arte dei sotterfugi e dei colpi bassi. In quel piccolo
assembramento di persone l’obbiettivo di alcuni non era di certo il
miglioramento della società, oppure il socialismo, ma piuttosto
l’accaparramento di posizioni di potere, e talvolta di becera ricchezza
personale.
Per riuscirci erano utilizzati i mezzi più abietti, così la
delazione e gli attacchi personali s’erano lentamente trasformati in
un’abitudine condivisa, in cui primeggiavano soprattutto i mediocri ed i privi
di scrupoli. Tra i personaggi maggiormente pericolosi, più astuti nonché
vigliacchi c’erano i leader, ovvero i dirigenti del Partito.
I
leader più scaltri, astuti conoscitori delle miserie umane, sfruttavano sia le
spropositate ambizioni d’alcuni, sia l’idealismo e lo spirito di sacrificio
che, nonostante tutto, albergava in numerosi compagni (soprattutto tra i più
giovani, ma non solo).
Questi ultimi erano reclutati soprattutto durante i
Congressi e le votazioni: erano coloro che alzavano la mano, erano coloro che
andavano a volantinare, erano coloro sempre e per sempre presenti, instancabili,
costanti, il corpo vivo del Partito. Questi sentivano come un dovere l’ideale
che dominava nei loro cuori, e non bastavano tutte le nefandezze a cui erano
sottoposti per farli desistere dai loro intenti.
I
leader erano inoltre delle persone accorte, e sapevano conservare il proprio
ruolo con delle astuzie sorprendenti.
Un principio fondamentale era quello di
prevenire eventuali concorrenti, per questo si circondavano di persone che non
potessero mettere in discussione il loro potere e sapessero, oltre a ciò,
contrastare con la dovuta efficacia gli avversari.
Attorno ai “capi”, così, bazzicavano personaggi rozzi ed ignoranti, pronti
persino a menar le mani se mai qualcuno avesse osato mettere in discussione la
parola del capo.
Chi poteva fare questo, chi poteva osare tanto? Non tutti nel
Partito erano disposti a tollerare i soprusi, così qualcuno decideva di
denunciare i comportamenti antidemocratici che si ripetevano con puntualità
sistematica ad ogni vigilia Congressuale.
Con questi compagni i Leader avevano un comportamento ambivalente. A
seconda dei casi, potevano decidere di calmarli grazie a delle lusinghe,
promettendo o donando qualcosa, e talvolta ci riuscivano. Con le teste dure,
ossia con chi non intendeva piegarsi, mettevano in atto delle guerre
psicologiche, grazie all’ausilio dei loro insolenti sicari.
Per esempio,
quando qualcuno osava essere critico su qualcosa, veniva
sistematicamente isolato dal resto del gruppo. Si scrutavano le sue mosse con
sospetto, come se fosse una minaccia, un delinquente, oppure una sorta di
pericolo che occorreva isolare. Comportamenti e stratagemmi avevano
l’obbiettivo di rendergli la vita impossibile. La situazione poteva durare anche
mesi, sino a quando questo qualcuno
non decideva di rimettersi nei binari della maggioranza di turno (oppure
d’andarsene, cosa ancora più gradita ai leader).
Mario Puddu.
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