Ultramiliardario, volgare, razzista, sessodipendente, maschilista,
politicamente scorretto, anti-establishment, elusore ed evasore fiscale, amante
del lusso e immobiliarista di discutibile successo, inviso al suo stesso
partito repubblicano che fino a pochi giorni fa avrebbe voluto sostituirlo in
campagna elettorale in corso: questo è Donald Trump.
Ha vinto, penso, perché ha interpretato ed ha soffiato sul fuoco degli
istinti più bassi del popolo. Che, sentendosi oppresso da un capitalismo sempre più in crisi, ha risposto con l'unica arma a disposizione: quella di comabatterlo con ciò che, in questo momento, passava il convento politico americano e che meglio interpretava i suoi tormenti di pancia.
Poco importa se questo signore rispondesse al nome di
Donald Trump. Tuttavia, il popolo non si illuda. Adesso i mercati sono crollati
a picco ma tempo qualche giorno o mese e tutto tornerà come prima perché Trump,
al governo, non potrà far altro che proseguire quella politica del meno stato e
più libero mercato contro la quale proprio quelle classi medie che lo hanno
votato si sono duramente scagliate.
Ne riparleremo fra qualche tempo. Come ho scritto nel
mio precedente breve commento di stamattina, un populista costretto a fare i
conti con la realtà è tutt'altra cosa da quello che andava dicendo e
promettendo in campagna elettorale. La Grecia, con Alexīs
Tsipras, e fatte le debite proporzioni, è forse l'ultimo esempio in ordine di
tempo che conferma questa teoria. Una mia teoria, ovviamente.
Enrico
Chessa.
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