Unione sarda
La Sardegna
aspetta Pigliaru Dal 2 gennaio il presidente in cura all'ospedale Brotzu,
l'esecutivo è coordinato da Paci Si rincorrono voci di dimissioni, ma arrivano
solo smentite.
La politica sarda è in fibrillazione più del
solito. Non bastassero le questioni, diciamo così, di ordinaria amministrazione
(tra le quali le dimissioni di due assessori all'indomani del referendum
costituzionale e un rimpasto rimasto a metà) adesso si è diffuso l'incubo sulle
possibili dimissioni del presidente della Regione. Le voci si rincorrono, hanno
iniziato a circolare qualche settimana fa, poi si sono spente, infine
riacutizzate: il governatore lascia?
In Consiglio, e pure in ambienti paralleli, sono
in molti a darlo per sicuro, addirittura qualcuno si spinge a sostenere (certo,
anonimamente) che la lettera d'addio sarebbe già stata firmata e l'annuncio
arriverà entro la settimana. Ma da Villa Devoto la smentita è categorica: solo chiacchiere
in libertà. Il governatore sta molto meglio - dicono dal suo entourage - e
presto tornerà in ufficio. Altro che dimissioni - aggiungono - sta insistendo
per riprendere a lavorare sul campo, con tutte le cose che ci sono da fare fino
al termine della legislatura. Nel frattempo l'esecutivo è retto dal
vicepresidente, l'assessore al bilancio Raffaele Paci.
IL RICOVERO Francesco Pigliaru, 62 anni, è
ricoverato dal 2 gennaio. Le ultime notizie ufficiali risalgono a una settimana
fa, un bollettino medico del direttore sanitario aziendale, Vinicio Atzeni, spiega
che «il presidente è in cura presso l'ospedale San Michele dell'azienda
ospedaliera Brotzu, attualmente in regime di ricovero, per una patologia
immunologica. Il quadro clinico, iniziato con un interessamento delle vie
respiratorie, è attualmente in fase di remissione ma richiede ancora un periodo
di riposo e cure».
BOTTA E RISPOSTA La vicenda è cominciata il 7
dicembre scorso, quando il leader di Forza Italia Ugo Cappellacci ha divulgato
la notizia sulla sua pagina Facebook. «Ho appena saputo che il presidente Pigliaru
è ricoverato al Brotzu, mi dispiace molto. Presidente, voglio combatterla
politicamente e far capire a tutti quanto sia dannosa e deleteria per la
Sardegna la sua presidenza in stile anti autonomista, ma lo voglio fare contro
un presidente nel pieno delle forze ed in ottima salute. È per questo che sul
piano personale mi spiace sinceramente sapere che non sta bene e che è molto
provato. Le faccio gli auguri più sinceri di pronta guarigione».
Dal suo staff subito la replica - «il presidente
non è affatto ricoverato, si trovava in ospedale per fare alcune analisi» - e
dal diretto interessato un'ironica smentita: «Ho chiamato Ugo Cappellacci, l'ho
ringraziato per la sua solerte preoccupazione e rassicurato sulle mie
condizioni di salute. Facendo gli opportuni scongiuri, conservo i suoi auguri
per quando e se ce ne sarà bisogno. E ora continuo a lavorare come tutti i
giorni».
IL BOLLETTINO. Subito dopo le feste, il comunicato
stampa: «Il presidente è ricoverato dalla sera del 2 gennaio in un ospedale di Cagliari,
a causa del riacutizzarsi della patologia di cui ha sofferto nei giorni
immediatamente precedenti il Natale e che rende necessario portare avanti la
terapia sotto lo stretto controllo medico». Allora si era parlato di una
bronchite a lungo trascurata. «Il presidente dovrà trattenersi in ospedale
alcuni giorni. Comunque, continua ad occuparsi delle attività istituzionali in
raccordo con il vicepresidente Raffaele Paci e il direttore generale Alessandro
De Martini». Il 10 gennaio, un'altra nota fa sapere che le sue condizioni «migliorano»
e il bollettino medico spiega appunto che è necessario ancora un periodo di
riposo e di cure. Poi più niente. Ed è così che radio Palazzo ha iniziato a
diramare avvisi, considerazioni, appelli e timori. Mentre è atteso per oggi un
aggiornamento da parte dell'ufficio stampa.
LO SCENARIO Francesco Pigliaru è stato eletto
governatore dell'Isola in seguito alle elezioni del febbraio 2014, dunque, la
scadenza naturale della legislatura è nel 2019. Se si dovesse dimettere prima, automaticamente
e immediatamente si scioglierebbe il Consiglio regionale, insomma, andrebbero
tutti a casa, come si usa dire, e nel giro di un brevissimo lasso di tempo
tecnico, i sardi dovrebbero tornare alle urne. E allo stato attuale, la nuova
legge elettorale è in fase di stallo (manca la parità di genere) e né il
centrosinistra né il centrodestra hanno candidati forti e spendibili.
Cristina Cossu
La
classifica del Sole24Ore: il governatore è penultimo
Tra
i sindaci Massimo Zedda (Cagliari) e Andrea Soddu (Nuoro) sono
quindicesimi
in Italia
Il gradimento per Francesco Pigliaru
a metà legislatura è in forte
calo, tanto da non andare oltre il
penultimo posto nella classifica
“Governance Poll 2017” stilata
dall'Istituto Ipr Marketing per il
Sole24Ore.
Secondo il sondaggio il governatore
sardo si piazza al 17esimo posto
(Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta
non rientrano nell'indagine
perché lì non c'è l'elezione diretta
del presidente), davanti solo al
collega siciliano Rosario Crocetta:
rispetto al 42,5% delle preferenze
ottenute il giorno della sua
elezione, nel Governance Poll 2017
ottiene solo il 30%, con una
differenza in negativo del 12,5%.
Dall'indagine, che mette ai primi
posti due habitué del gradimento
popolare (entrambi al secondo
mandato) il veneto Luca Zaia e il
toscano Enrico Rossi, emerge che
agli ultimi posti della lista ci sono
i governatori di tre Regioni a
Statuto speciale (prima di Pigliaru la
presidente del Friuli Venezia
Giulia, Deborah Serracchiani).
I SINDACI In Sardegna fanno meglio i
sindaci, a partire da quello di
Cagliari, Massimo Zedda, che ottiene
il quindicesimo posto nazionale
(su 104) con un gradimento in
aumento rispetto al giorno della sua
elezione (al secondo mandato), di
oltre il sette per cento (58%
rispetto al 50,9% del risultato
elettorale). Una crescita tra le più
significative nella lista dei primi
cittadini, basti pensare che
Chiara Appendino, sindaca
pentastellata di Torino, si trova al primo
posto della classifica con un balzo
in avanti del 7,4%. «È un
risultato che fa piacere: significa
che i cittadini apprezzano il
lavoro che si sta facendo in
continuità con la scorsa consiliatura.
Nonostante le difficoltà che i
Comuni affrontano ogni giorno, è uno
stimolo a fare meglio», ha
commentato Zedda.
A pari merito con il
sindaco del capoluogo c'è un altro
primo cittadino sardo, Andrea
Soddu, alla guida di Nuoro, ma in
calo di 10,4 punti percentuali
rispetto alle amministrative di
giugno (58% anziché 68,4%). Seguono il
sindaco di Sassari, Nicola Sanna, al
56esimo posto (- 11,8%) e Guido
Tendas di Oristano, 71esimo gradino,
anche lui in calo (-7,1%). «È un
grande onore», ha sottolineato
Soddu, «la strada intrapresa è quella
giusta, ma c'è ancora tanto da
fare». (m. p.)
SELARGIUS.
L'annuncio su Fb
Gruppo
grillino in campo per le Comunali
Le stelle si sono riaccese. Dopo lo
strappo interno - con tanto di
scioglimento del gruppo e il sito
oscurato - ecco che a Selargius
ricompaiono i grillini. L'annuncio
parte da Facebook, esattamente dove
si era scatenata la guerra tra gli
attivisti del meetup a dicembre del 2015.
“Abbiamo costituito da un po' di
tempo un bel Gruppo 5 Stelle nel
nostro Comune di appartenenza. Siamo
in crescita e vorremmo esserlo
ancora di più nei prossimi mesi”, si
legge nella pagina di Selargius.
Segue la campagna di reclutamento:
“Stiamo cercando candidati, e
potrebbe essere una buona occasione
prender parte a un Movimento di
partecipazione con chiari intenti di
programma e di crescita della
comunità selargina”. Tempismo
perfetto, considerando che mancano pochi
mesi alle Comunali.
La pace sembra fatta, ma il passato
resta. Tra accuse e contro-accuse,
scatenate dall'intervista rilasciata
tempo fa da Ignazio Marteddu, ex
coordinatore del meetup selargino,
che definiva attivisti e portavoce
«assettati di potere» ed etichettava
il movimento come «una
pagliacciata». Presa di posizione
forte, che aveva portato l'ex
consigliere comunale Francesco
Mameli a parlare di diffamazione e a
richiedere l'intervento dei
portavoce regionali. Da allora non si
erano avute più notizie di loro. Ma
il richiamo delle elezioni sembra
aver riportato la pace all'interno
del gruppo. Resta l'incognita su
chi schiereranno per la corsa alla
poltrona da sindaco.
Sara Marci
ORISTANO
- COMUNALI. Il Partito dei sardi scarica il Pd e punta a una
coalizione
con le liste civiche
«Riuniamo
il centrodestra» - Oscar Cherchi (Forza Italia): divisi
perdiamo
un'altra volta
Per un tavolo politico che si cerca
di unire un altro si frantuma. È
il bello della campagna elettorale
che a quattro mesi dal voto regala
ancora tante sorprese. Nel
centrodestra, Forza Italia chiama gli
alleati e lancia un appello
all'unità per cercare di riprendere le
redini della città. Dall'altra parte
invece uno scossone scuote il
centrosinistra: il Partito dei sardi
lascia il tavolo politico. E
intanto prende sempre più piede un
grande schieramento trasversale con
liste civiche centriste e
autonomiste.
L'appello arriva dal consigliere
regionale di Forza Italia Oscar
Cherchi : «Noi siamo pronti, una
coalizione compatta potrà ridare
vigore alla città - ha detto - solo
con un centrodestra unito potremo
tornare al governo. Il passato ci
insegna che le divisioni non portano
da nessuna parte». E ci sono già
stati numerosi incontri con i
Riformatori, Fratelli d'Italia, un
gruppo che fa capo all'ex
presidente della Provincia Pasquale
Onida e una lista civica (con i
consiglieri comunali Mauro Solinas e
Massimiliano Sanna ).
Ma si guarda anche all'asse
Salvatore Ledda (capogruppo in Consiglio
comunale di Idee rinnovabili) e
Giuliano Uras , segretario cittadino
dell'Udc. «Le condizioni per andare
insieme ci sono - ha osservato
Ledda - Ci incontreremo e ne
discuteremo, noi non ci vogliamo fermare
sulle barriere classiche del
centrodestra o del centrosinistra.
Puntiamo a uno schieramento
trasversale che metta insieme tutte le
forze possibili per risollevare la
città».
E infatti gli incontri
vanno avanti anche con l'ex
assessore regionale Gian Valerio Sanna .
«L'obiettivo è mettere in secondo
piano i vecchi partiti - precisa
Marco Piras , consigliere comunale
vicino a Sanna - e creare una
coalizione che unisca liste civiche
e autonomiste, senza preclusioni di sorta».
E a questo nuovo raggruppamento
potrebbe unirsi presto il Partito dei
Sardi che una settimana fa aveva
partecipato al tavolo del
centrosinistra. Ieri dal partito dell'assessore
regionale Paolo
Maninchedda hanno comunicato l'addio
a Pd e alleati per una diversa
visione politica. «Abbiamo avviato
un dialogo con forze civiche di
area socialdemocratica e
liberaldemocratica decise a creare una
coalizione che riparta dall'identità
storica della città» spiega
Augusto Cherchi , consigliere
regionale del Partito dei sardi. Punta
su una coalizione diversa e
progressista e addirittura, per creare
«questa innovazione civica, è pronto
a presentarsi alle elezioni
oristanesi spogliandosi del suo
simbolo di partito».
Valeria Pinna
La Nuova
Il
presidente della giunta perde in un anno il 12,5% dei consensi, ora
è
penultimo
Pesa
la litigiosità dei partiti della maggioranza e il peso delle riforme
Classifica
dei governatori
Pigliaru
scivola in coda
di Luca Rojch wSASSARI Precipita
piombato dall’autocannibalismo della
sua maggioranza. Francesco Pigliaru
è in fondo alla classifica di
gradimento dei governatori. Più in
basso c’è solo Rosario Crocetta, il
vulcanico e contestatissimo
presidente della Sicilia. Ma a preoccupare
è anche un altro dato. Pigliaru è il
governatore che ha perso più
punti percentuali di gradimento in
un anno, 12,5. Il governatore al
momento della sua elezione aveva il
42,5 per cento dei consensi. Ora
si ferma appena al 30 per cento.
Secondo la scienza lunedì 16 gennaio
è il blue monday, il giorno più
triste dell’anno.
E la classifica non
avrà contribuito a sollevare l’umore
del governatore, ancora
convalescente. Ma non si può
ricondurre il crollo dei consensi
all’assenza forzata e agli acciacchi
di salute di Pigliaru. Il
sondaggio è stato fatto tra novembre
e dicembre 2016, quando il
presidente era iperattivo
all’interno della sua giunta. La classifica
sembra più essere lo specchio di una
giunta e di una maggioranza che
vedono appannarsi il sostegno
popolare. In questi anni Pigliaru ha
dovuto risolvere emergenze ereditate
dalla giunta Cappellacci. La
Saremar tecnicamente fallita sotto
una montagna di debiti, e il
naufragio della Flotta sarda.
L’aeroporto di Alghero che rischiava di
essere travolto dalla sentenza
dell’Ue e dai 20 milioni di euro di
aiuti dati dalla Regione alle
compagnie low cost. Il costo monstre
della sanità arrivato a oltre 3
miliardi di euro.
Il caos della
abolizione pasticciata delle
Province. La giunta dei professori ha
risolto emergenze, ma non ha saputo
vendere sogni. Almeno questo
indica il crollo del gradimento.
Pigliaru ha portato avanti una serie
di riforme coraggiose. Dagli enti
locali, alla sanità, al sistema
della rete ospedaliera. Gli effetti
con molta probabilità si
coglieranno solo sul medio periodo.
Ma nell’immediato resta il lento
lavoro di demolizione che la
maggioranza ha fatto di sé stessa. Per
mesi si è parlato di un cambio di
passo. Ma l’accelerazione non si è
vista. Ora si percepisce più uno
stallo. La responsabilità è anche dei
partiti. Difficile che l’elettorato
possa cogliere le sfumature di
posizione tra le correnti del Pd. E
per paradosso ad appannare
l’immagine della giunta è stato
proprio il dibattito che si è aperto
nella maggioranza. Quando si è
iniziato a parlare di rimpasto. Il
crollo di consensi è legato anche
alla crisi del Pd. Il principale
partito della maggioranza che è
rimasto da un anno senza segretario. E
la lunga battaglia di trincea
iniziata tra le correnti non ha portato
ancora alla scelta di una nuova
guida.
La lotta tra le anime viene
percepita come una lotta per le
poltrone. Come se non bastasse gli
altri partiti della maggioranza hanno
iniziato a cannoneggiare contro
la giunta. Il fuoco amico non
contribuisce a portare stabilità nella
compagine di governo. In mezzo c’è
la crisi feroce e infinita che da
nove anni ha fatto precipitare il
pil dell’isola e ha fatto crescere i
disoccupati a livelli record.
Soddu
è 15esimo, ma ha perso il 10% dei consensi. Male Sanna, solo 56esimo
Tra
i sindaci cresce solo Zedda
SASSARI Il potere non logora il
sindaco di Cagliari Massimo Zedda. È
sempre lui il più amato dai sardi.
Nella classifica nazionale si
piazza al 15esimo posto, con un 58
per cento di gradimento. Zedda a
sorpresa guadagna 7 punti
percentuali rispetto all’elezione. Segno che
nel secondo mandato continua a
convincere i cagliaritani. La città
metropolitana viene promossa. Con
lei anche il nuovo corso del golden
boy del centrosinistra sardo, sempre
più candiato a un ruolo da
leader. Stessa posizione per il
sindaco di Nuoro Andrea Soddu. Anche
lui è 15esimo con il 58 per cento.
Ma in questo caso il dato non avrà
entusiasmato in modo eccessivo il
primo cittadino.
Soddu ha perso nel
primo anno e mezzo di
amministrazione oltre il 10 per cento dei
consensi. Era stato eletto con il
68,4 per cento dei voti. Ma si trova
ad amministrare una città in
affanno, che sente più di altre il peso
di una crisi infinita che rischia di
desertificare il tessuto
imprenditoriale del capoluogo
barbaricino. Ma i due viaggiano nelle
zone nobili della classifica. Per
trovare il sindaco di Sassari si
deve scendere fino al 56esimo posto.
Nicola Sanna era stato eletto nel
2014 con il 65,3 per cento dei
consensi. È sceso al 53,5. Ha perso
oltre l’11 per cento dei consensi.
L’iperattivismo del primo cittadino
sembra non trovare riscontro nel
gradimento dei sassaresi. Sanna dovrà
giocarsi la grande carta della Rete
metropolitana, che lo metterebbe
alla guida di un territorio più
vasto di quello che ora amministra. E
neanche la giunta amica in Regione
sembra averlo favorito, almeno nel
gradimento della gente. Un tonfo
anche per il primo cittadino di
Oristano Guido Tendas, che nella
graduatoria è 71esimo. Lontano il
58,1 per cento dell’elezione. Ora il
primo cittadino di Oristano si
ferma a un modesto 51 per cento, con
un meno 7,1 per cento. Inutile
cercare gli altri sindaci, come
quello di Olbia. La classifica
elaborata dal Sole 24Ore comprende
solo i capoluoghi storici, non
quelli delle ex Province regionali.
(l.roj)
Il
tribunale si pronuncerà il 25 sul ricorso presentato da Ciccolini
Anci,
assemblea rinviata al 27
SASSARI I maligni sostengono che più
di un sindaco abbia fatto la
danza della neve per evitare che si
consumasse un nuovo strappo
nell’Anci. La riunione per scegliere
il nuovo presidente convocata per
oggi non si terrà. Troppa neve che
impedisce alla maggior parte dei
sindaci di andare all’assemblea a
Tramatza. Tutto rinviato al 27
gennaio. Ma questo slittamento
cambia del tutto lo scenario. Il motivo
è semplice. Il 25 gennaio il
tribunale si pronuncerà sul ricorso
presentato da uno dei candidati,
Giuseppe Ciccolini. Il sindaco di
Bitti era stato il più votato
nell’assemblea del 23 settembre 2016.
Poi annullata. Aveva battuto il
primo cittadino di Bortigiadas
Emiliano Deiana. Ma una serie di
ricorsi sullo svolgimento del voto
avevano convinto il presidente
uscente, Piersandro Scano, e il
segretario dell’assemblea, Mario
Bruno a chiedere una nuova votazione.
Ciccolini non ha mai condiviso la
lettura degli eventi data da Bruno e
Scano. Prima ha cercato la
conciliaizione. Alla fine si è rivolto al
tribunale.
La scelta di convocare l’assemblea
qualche giorno prima del
pronunciamento del tribunale è stato
intrepretato da alcuni come una
contromossa nella infinita battaglia
di scacchi che si combatte per
trovare il nuovo sindaco dei
sindaci. Ma neanche il rinvio potrebbe
servire per mettere chiarezza. Se il
tribunale dovesse dare ragione a
Ciccolini nell’assemblea del 27 ci
potrebbe essere un definitivo
chiarimento. Anche se la via
giudiziaria non sembra essere troppo
gradita ai sindaci. Ma ci potrebbe
essere anche la scelta di andare
comunque al voto. In questo caso si
rischierebbe il caos, con due
presidenti dell’Anci regionale. Le
diplomazie sono già al lavoro e si
preparano a tutte le opzioni. Da
capire anche chi saranno i candidati
nel caso in cui il giudice dovesse
dare torto a Giuseppe Ciccolini e
considerare nulla l’elezione di
settembre.
La
Commissione europea chiede una manovra aggiuntiva per 3,4 miliardi
Il
Fondo monetario taglia la stima della crescita. Padoan: «Sono stupito»
I
conti non tornano L’Italia è sotto esame
di
Maria Berlinguer
ROMA La lettera non è ancora
arrivata ma è già noto l’ammontare del
«buco», 3,4 miliardi di euro.
Bruxelles chiede chiarimenti all’Italia
sui conti e sull’andamento del
debito pubblico. E pretende una
correzione entro il primo febbario se
vuole evitare l’apertura di una
procedura di infrazione e le
eventuali sanzioni. La notizia, in realtà
attesa, arriva nel giorno in cui a
Roma arriva anche un’altra mazzata.
L’Italia è l’unica tra le principali
economie dell’Eurozona a subire
una sforbiciata al ribasso sulla
crescita secondo le stime del Fondo
monetario internazionale che ieri ha
tagliato le stime sul Pil al +
0,7 nel 2017 e al + 0,8 nel 2018, a
fronte dello 0,9 e del 1,1
previsti solo nell’ottobre scorso.
Colpa della situazione delle
banche, della deflazione e del
rallentamento sulle riforme del governo
di Matteo Renzi che «devono andare
avanti», spiega l’Fmi.
Ma la richiesta di rientro partita
da Bruxelles e le stime del Fmi sono
contestate subito dal ministro del
Tesoro. «Vedremo se sarà il caso di
prendere misure ulteriori per
rispettare gli obiettivi, ma la via
maestra è la crescita che resta la
priorità del governo», dice al Tg3
il ministro dell’Economia, Pier
Carlo Padoan. Quanto al Fmi aggiunge:
«sono un po’ stupito dagli annunci del
Fmi», rivendicando la perfetta
continuità del governo Gentiloni con
quello Renzi e rivendicando
ancora il lavoro per ridurre al
minimo i rischi sulle banche italiane.
Ma è sulla possibile procedura di
infrazione che il governo deve
correre ai ripari per evitare che
una nuova tensione Roma Bruxelles
porti l’Italia a dover prendere
misure drastiche per saldare quello
che Il M5S già denuncia come «il
conto Renzi» ovvero la manovra
elettorale che l’ex premier avrebbe
messo in campo per vincere il
referendum. Passato il referendum
con la successiva incertezza
politica, e dato tempo al nuovo
governo Gentiloni di prendere in mano
tutti i dossier, la Commissione
europea torna alla carica con la
richiesta di aggiustamento dei conti
che aveva già messo nero su
bianco nell’opinione di novembre
sulla legge di stabilità. Bruxelles
vorrebbe una correzione dello 0,2%
del Pil, pari a circa 3,2 miliardi.
La richiesta della Ue, contenuta in
una lettera dei commissari
Moscovici e Dombrovskis, è di
presentare impegni precisi di riduzione
del deficit entro il primo febbraio,
giorno delle nuove previsioni
economiche. Se non ci fosse alcuna
garanzia da parte italiana, il
peggioramento del deficit
strutturale, parametro a cui è legato
l’andamento del debito, non
lascerebbe altra scelta che l’apertura di
una procedura. A stretto giro,
sarebbe quindi pubblicato l’atteso
rapporto ad hoc sul debito che
evidenzierebbe la violazione palese
delle regole del Patto. Matteo Renzi
era stato già avvertito a
novembre, quando la Commissione scriveva
nel suo giudizio sulla
manovra che nel 2017 il deficit
strutturale peggiora di 0,5%, a fronte
di un miglioramento richiesto (per
essere «pienamente» in linea con il
Patto) di 0,6%. Il “gap” nei conti
era quindi salito a 1,1%.
Rispondendo alle pressanti richieste
del premier italiano, Bruxelles
si era detta disponibile a sottrarre
uno 0,33 per le spese eccezionali
legate a migranti e sisma. La
deviazione dall’obiettivo era quindi
scesa a 0,8. Per l’Italia non è
necessario essere «pienamente» in
linea con le regole, basterebbe
esserlo «sostanzialmente»: ovvero fare
un aggiustamento di almeno 0,5. Il
gap finale diventava quindi 0,3,
che nelle richieste di oggi scende
ancora a 0,2. Il ministro degli
Esteri, Angelino Alfano, sottolinea
come dal governo «non c’è
disponibilità a fare una manovra che
comprima o deprima la crescita»,
e i contatti di queste ore tra il
Tesoro e la Commissione cercano di
scongiurare sia questa ipotesi che
quella della procedura. Il
viceministro dell’Economia, Enrico
Morando, parla di disponibilità a
«misure di aggiustamento», «ma senza
penalizzare la crescita e senza
ostacolare il contrasto alla povertà
e all’eccesso di diseguaglianze».
Considerazione che anche Bruxelles
sta facendo. Misure troppo
impopolari potrebbero favorire il
fronte euroscettico.
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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