ROMA.
Palazzo Chigi parte civile contro Berlusconi nel “Ruby ter” Renzi: «Non mollerò
mai Gentiloni? Mi fido di lui»
ROMA «Non ho mollato e, a questo
punto, non mollerò mai». L'ex premier Matteo Renzi interviene dopo l'anteprima
di un'intervista rilasciata a Panorama secondo cui avrebbe dichiarato che, nel
caso di un'altra sconfitta, «mi pare evidente che stavolta me ne andrò
davvero».
LA PRECISAZIONE «Ho semplicemente
detto che, senza voti niente impegno politico e che sarei tornato alla politica
solo con i voti. È cosa ben diversa. Così lo ribadisco: non ho mollato e non
mollerò». La precisazione di Matteo Renzi, candidato alle primarie Pd, fa riferimento
a una sua eventuale sconfitta nella corsa alla segreteria. L'ex presidente del
Consiglio, dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre che l'ha portato alle
dimissioni, rivendica un'uscita senza compromessi: «Ripartendo da zero: nessuna
poltrona, nessun ruolo che fosse la fiducia data a me e che non mi sentissi in
grado di ripagare».
Le primarie, avvisa, «restano un
forte messaggio per certificare il consenso di un leader. Sarei per farle a
livello europeo». Nell'intervista rilasciata a Panorama, un accenno allo scandalo
Consip (inchiesta che ha coinvolto il padre Tiziano): «Che lo si segua da
vicino in tutti il suo iter. Voglio la verità. Nessuno insabbi. E vedrete come
andrà a finire». A una domanda su Paolo Gentiloni ha risposto: «Mi fido di lui:
l'importante è che alla fine il gatto prenda il topo»; mentre attacca il
Movimento 5 Stelle: «Chi comanda nel M5S? C'è un capo, è Casaleggio, il figlio
del fondatore. Non il mister congiuntivo Di Maio, o il povero Di Battista».
SERATE AD ARCORE Intanto la
presidenza del Consiglio, rappresentata dall'Avvocatura dello Stato, ha chiesto
di costituirsi parte civile contro Silvio Berlusconi nell'ambito del processo
che si è aperto ieri a Milano (rinviato al 3 luglio), filone del Ruby ter. Il
governo punta a una richiesta di risarcimento nel caso in cui Berlusconi
venisse condannato.
L'ACCUSA L'ex presidente del
Consiglio è accusato di corruzione in atti giudiziari per aver «comprato»
diversi testimoni dei processo del Rubygate. Sono 80 i testimoni nella lista
presentata dai legali di Berlusconi. Tra i personaggi noti la conduttrice
Barbara D'Urso, l'ex ministro Mariastella Gelmini, il medico personale dell'ex
premier Alberto Zangrillo, il ragioniere di fiducia del leader di Forza Italia Giuseppe
Spinelli.
Unione Sarda
Oggi
D'Alema, domani Nannicini, sabato Tajani
Inizia oggi, con la visita di
Massimo D'Alema, l'arrivo dei big della
politica in Sardegna. Domani sarà a
Cagliari l'ex sottosegretario alla
presidenza del consiglio Tommaso
Nannicini e sabato il presidente del
Parlamento europeo Antonio Tajani.
D'Alema a mezzogiorno sarà a
Selargius per un incontro a sostegno
di Francesco Lilliu, candidato
del centrosinistra alle
amministrative di giugno. Alle 16 la visita di
Casa Gramsci a Ghilarza per poi
concludere alle 18 a Sassari con un
incontro organizzato da Articolo
Uno, il progetto politico degli
scissionisti Pd.
Domani, Nannicini parteciperà
all'iniziativa “Dal Lingotto ai
territori”, alle 17.30 nella sala
Universo in piazza Unione Sarda.
Presenti i due candidati alla
segreteria Pd, Francesco Sanna e
Giuseppe Luigi Cucca. Sabato, il
presidente, Antonio Tajani terrà a
Cagliari una serie di incontri con
il mondo politico, economico e
universitario. Accompagnato
dall'eurodeputato Salvatore Cicu, Tajani
alle 9.30 saluterà il sindaco di
Cagliari, Massimo Zedda. Alle 10.30
sarà nell'Aula Magna della facoltà
di studi umanistici per
l'inaugurazione dell'anno
accademico. Dalle 15 alle 16.15, Tajani sarà
all'Unione Sarda prima di
incontrare, alle 18, le associazioni di
categoria nella sede di
Confindustria. (m. s.)
Serramanna, scontro tra il
segretario e l'ex sindaco
Al congresso Pd volano gli insulti
Lite al congresso cittadino del Pd
tra il segretario Gigi Piano e l'ex
sindaco Sandro Marongiu con tanto di
scambio di battute pesanti.
Piano, che evidentemente non vede
l'ora di archiviare l'alterco, parla
«di un momento acceso di
discussione, iniziato e chiuso all'interno
dell'assemblea, così come ho
chiarito di fronte a tutti gli iscritti
presenti». Per l'ex primo cittadino
Marongiu, tra i fondatori del Pd
serramannese, «quelle pronunciate da
Piano sono state offese personali
con parole irripetibili».
A Serramanna, nel circolo Pd di via
Roma si svolgevano le operazioni
congressuali e si discutevano le tre
mozioni Renzi, Emiliano e
Orlando. «Ho chiesto al presidente
dell'assemblea di intervenire per
illustrare la mozione congressuale
di Matteo Renzi», spiega Sandro
Marongiu che avrebbe subito il veto
di Piano. Poi la frase
incriminata. «Nutro stima personale
e politica per Marongiu, così come
ho chiarito di fronte a tutta
l'assemblea», dice Piano. Sandro
Marongiu parla di «offese
personali». E rincara la dose: «Quello che è
successo venerdì è solo l'ultimo
episodio di una gestione del Pd a
Serramanna da parte di Piano che ha
soffocato la partecipazione
attiva, esclusione di iscritti non
graditi e tesseramento 2016 mai
ufficialmente aperto, che hanno
portato molti fondatori del Pd a non
riconoscersi più nel partito».
Ignazio Pillosu
Centrodestra
«Primarie
per la scelta del candidato presidente»
Le primarie potrebbero diventare una
regola per la scelta del
candidato alle prossime regionali
anche nel centrodestra. Il comitato
Ora scelgo io, formato da una
sessantina di sindaci, assessori e
consiglieri comunali, pressa per
rendere effettiva questa pratica. A
supporto dell'iniziativa si sono
schierati i Riformatori che da tempo
hanno lanciato l'appello nei
confronti dei partiti alleati. La tesi è
chiara e non prescinde dal fatto che
le primarie siano la nuova
frontiera del principio di legalità.
Nelle parole dei componenti un
messaggio velato che riguarda le
ultime tornate elettorali: «Troppe
volte la scelta della guida è stata
presa fuori dalla Sardegna e senza
il necessario coinvolgimento della
gente».
Individuare il candidato attraverso
le primarie è una responsabilità
come «proporre un'alternativa di
governo credibile e legittimata da un
grande coinvolgimento popolare». Il
Comitato lavora a una bozza di
regolamento visto che «l'inerzia
della Giunta e del Consiglio
regionale non permettono di
percorrere la via di una proposta di
legge». Nel vademecum, sono
contenute le regole e gli strumenti per
dare la possibilità alla coalizione
di convocare le primarie. (m. s.)
La Nuova Sardegna
Sassari, incontro con D’Alema
L’ex premier in mattinata a
Selargius e di sera nel capoluogo
SASSARI Full immersion in Sardegna
per l’ex presidente del Consiglio
Massimo D'Alema, oggi protagonista
di due appuntamenti a Selargius e
Sassari organizzati dal nuovo
partito Articolo Uno Movimento
democratico e progressista, nato
dall'unione tra gli ex Pd di Bersani
e Speranza e gli ex Sel di Scotto.
Alle 12 l’ex premier sarà a
Selargius per un incontro con il
candidato sindaco del centrosinistra
Francesco Lilliu. Parteciperanno
l'ex candidato alla segreteria Pd e
assessore al Comune di Cagliari,
Yuri Marcialis, e il consigliere
regionale ex Sel Eugenio Lai. Alle
17.30 D’Alema è atteso alla Camera
di commercio di Sassari per
l'incontro "Per un nuovo centrosinistra.
Lavoro e diseguaglianze in un Paese
povero di giovani con giovani
sempre più poveri". Moderati da
Gianni Rassu, interverranno Marcialis,
il consigliere regionale ex Sel
Daniele Cocco, l'ex sindaco di Ossi
Pasquale Lubinu, il deputato Michele
Piras, l'ex Sel Maria Pia
Pizzolante e il costituzionalista
Omar Chessa. Toccherà a D’Alema
chiudere l’incontro.
Ap
e Mdp eleggono a sorpresa Salvatore Torrisi in Commissione al Senato
Gentiloni
preoccupato chiama Alfano. L’ira dei renziani contro gli scissionisti
La
maggioranza si spacca Scontro tra Pd e centristi
di
Serenella Mattera
ROMA Lo spettro di una crisi di
governo si materializza improvviso. In
Senato non regge il patto di
maggioranza e, con voto segreto, viene
eletto alla presidenza della
commissione Affari costituzionali
Salvatore Torrisi, di Ap, invece del
candidato Pd Giorgio Pagliari. La
reazione di Matteo Renzi e dei
parlamentari a lui vicini è immediata e
furente: «È un patto della
conservazione tra M5S e FI, Mdp e Ap per
non cambiare la legge elettorale»,
accusano. E a stretto giro i
vertici Dem chiedono un incontro al
premier Paolo Gentiloni e al
presidente Sergio Mattarella per un
chiarimento politico. Così non si
può andare avanti, dicono i
renziani. E anche Andrea Orlando osserva
che l'episodio può portare al voto
anticipato. Dopo un colloquio con
Gentiloni, Angelino Alfano chiede a
Torrisi di dimettersi per
permettere l'elezione del candidato
Pd.
Poi il premier vede i vertici
Dem e garantisce il suo «impegno per
la coesione della maggioranza».
Ma la tensione è alle stelle, anche
tra i Dem. E torna lo spettro
delle urne a settembre. Dopo il
referendum, ragionano i renziani, la
legislatura si è sfilacciata, come
dimostrano gli screzi con alfaniani
e bersaniani, dal Def ai voucher,
alla legge elettorale. A questo
punto tra gli uomini vicini all'ex
premier cresce la tentazione di
sfidare i Cinque stelle per votare
insieme in tempi brevi il Legalicum
(cioè l'Italicum corretto, senza i
capilista bloccati). A quel punto
ci sarebbero le condizioni per
chiudere la legislatura e andare al
voto. Intanto il «casus belli» è il
voto per la presidenza della
commissione del Senato da cui passa
la legge elettorale. Il Pd candida
Pagliari. Ma il voto segreto finisce
16 a 11 per il centrista Torrisi.
Chi lo ha eletto? Partono accuse
incrociate: ai voti di M5s e Fi si
sono sommano senatori di maggioranza
e il Pd punta subito il dito
contro Mdp e Ap.
«Guardino in casa loro», replicano
Bersani e
Speranza, che invitano a guardare
alle divisioni dei Dem. Anche Alfano
invita a cercare i franchi tiratori
nel Pd (perché non i renziani?,
sibila qualcuno) e Torrisi tiene il
punto: per il momento non si
dimette. «Una tempesta in un
bicchier d'acqua, Torrisi è stato
presidente supplente in questi
mesi», invita alla calma il presidente
del Senato Pietro Grasso. Ma per i
Dem il voto ha un senso politico:
dimostra che non c'è volontà di
cambiare la legge elettorale, si vuole
il proporzionale. «Si è superato il
limite», dice Luigi Zanda, nel
mirino dei renziani per non aver
saputo gestire la vicenda. «La lealtà
in maggioranza non è un optional»,
avverte Ettore Rosato. Mentre
Matteo Orfini, reggente del Pd,
attacca Mdp: «Sono in maggioranza? Non
mi pare...». . A Gentiloni e
Mattarella il Pd chiede un confronto e
Guerini e Orfini vanno a Palazzo
Chigi.
Tra premier e capo dello Stato
nel pomeriggio di ieri ci sarebbero
stati contatti ma al Quirinale
reputano la richiesta di esser
ricevuti irrituale. Interviene
Gentiloni: ad Alfano, che gli
assicura il passo indietro di Torrisi, e
al Pd esprime «preoccupazione» per
quello che reputa un «episodio
grave». Anche nel Pd è scontro. I
sostenitori di Emiliano e di Orlando
attaccano i renziani: «Il Pd rischia
di diventare fattore di
instabilità», dice Cuperlo.
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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