Domenica
06 Agosto dalle ore 19:00 alle ore 20:30
Festa
dei Tacchi. Cada die Teatro, Cagliari.
Di e con Marco Paolini /Produzione
Jolefilm /reading di e con Marco Paolini
U è un’odissea tascabile ridotta ad un oratorio diviso in movimenti, rapsodie ballate e frottole. È preceduto da un’invocazione, un Preludio diviso in cadenze che anticipa brevemente sia la vicenda che le chiavi di lettura. La storia di U non finisce con il ritorno in Patria. Un epilogo serve a narrare la morte di U non come prevista dall’indovino Tiresia, ma come immaginata da Dante, in mare.
La narrazione di Paolini viaggia su invenzioni di linguaggio immediato, pop, politicamente scorretto ma che mantiene fedelmente tutte le corrispondenze con le tappe, gli incontri e le peripezie del viaggio omerico.
L’oralità riassume i canti dell’Odissea attraverso una sorta di verso libero che a tratti si fa ritmo sonoro, ballata che viaggia tra luoghi comuni, gli oggetti simbolo e feticci del nostro tempo trattati come isole di spazzatura galleggianti in mare. Non c’è compassione nella lingua quando descrive la terra, il mare è l’unico luogo dove essa può ancora avere un senso. È una storia tagliente questa narrata dal punto di vista di chi per salvarsi deve mentire, travestirsi, ingannare, combattere.
La rotta tortuosa di U incrocia altre traiettorie di naufraghi. La barca di U è diventata una flotta. Per ridare dignità a un milione di odissee serve immaginarne il coraggio, la bellezza e l’astuzia e non solo l’orrore. Serve stupore e non solo pietà, serve ironia dentro la tragedia. Andrea Zanzotto diceva che la poesia è come una lettera che deve mendicare ascolto viaggiando fino a trovare un destinatario. Anche se non ambisce al titolo di poeta, l’attore sa che dovrà mendicare attenzione in questo tempo alla sua storia. E sa anche che sta a lui riuscirci.
U è un’odissea tascabile ridotta ad un oratorio diviso in movimenti, rapsodie ballate e frottole. È preceduto da un’invocazione, un Preludio diviso in cadenze che anticipa brevemente sia la vicenda che le chiavi di lettura. La storia di U non finisce con il ritorno in Patria. Un epilogo serve a narrare la morte di U non come prevista dall’indovino Tiresia, ma come immaginata da Dante, in mare.
La narrazione di Paolini viaggia su invenzioni di linguaggio immediato, pop, politicamente scorretto ma che mantiene fedelmente tutte le corrispondenze con le tappe, gli incontri e le peripezie del viaggio omerico.
L’oralità riassume i canti dell’Odissea attraverso una sorta di verso libero che a tratti si fa ritmo sonoro, ballata che viaggia tra luoghi comuni, gli oggetti simbolo e feticci del nostro tempo trattati come isole di spazzatura galleggianti in mare. Non c’è compassione nella lingua quando descrive la terra, il mare è l’unico luogo dove essa può ancora avere un senso. È una storia tagliente questa narrata dal punto di vista di chi per salvarsi deve mentire, travestirsi, ingannare, combattere.
La rotta tortuosa di U incrocia altre traiettorie di naufraghi. La barca di U è diventata una flotta. Per ridare dignità a un milione di odissee serve immaginarne il coraggio, la bellezza e l’astuzia e non solo l’orrore. Serve stupore e non solo pietà, serve ironia dentro la tragedia. Andrea Zanzotto diceva che la poesia è come una lettera che deve mendicare ascolto viaggiando fino a trovare un destinatario. Anche se non ambisce al titolo di poeta, l’attore sa che dovrà mendicare attenzione in questo tempo alla sua storia. E sa anche che sta a lui riuscirci.
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