C’è un problema di fondo: come si può pensare di
interrompere o addirittura debellare il razzismo, le politiche discriminatorie
e la guerra tra poveri innescata con le ondate migratorie, senza porsi il
problema di fermare le ondate migratorie? E come fermare le ondate migratore
senza prima capire il perché nascano?
Se noi vogliamo davvero fermare le ondate migratorie dobbiamo chiederci da che cosa sono causate e intervenire sulla causa. La realtà è sotto gli occhi di tutti: esse sono causate dalle aggressioni imperialiste, dai rapporti coloniali imposti da Stati e multinazionali occidentali, dall’incredibile fonte di guadagni generata dalla vendita delle armi, dalle misure estorsive e dal sottosviluppo indotto da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale.
Uno degli slogan più in voga negli ambienti della reazione è
quello che dice “Aiutiamoli a casa loro”. In questo slogan è racchiusa tutta
l’ipocrisia e la violenza tipica del colonialismo europeo, cent’anni fa come
oggi sempre impegnato a inculcare all’opinione pubblica occidentale l’idea che
il colonialismo in Africa abbia una qualche forma di missione civilizzatrice.
Questa necessità di dover andare in Africa ad aiutare i poveri selvaggi era ed
è, come sappiamo, nient’altro che il bisogno delle classi dominanti europee di
soddisfare la loro sete di rapina.
Questo slogan che pare essere la quintessenza del
pensiero coloniale e che inizia a riscuotere simpatia anche in ambienti
distanti dalla destra, propagandando questo bisogno samaritano di andare ad
“aiutarli a casa loro” mostra il suo lato più abominevole, come quello che
implicitamente asserisce che gli Stati europei abbiano il diritto di
intervenire in Africa, seppure con supposte finalità umanitarie: si vuole
ricacciare indietro i poveri però si propone di invadere l’Africa per aiutarli!
Uno slogan che appare come il manifesto del colonialismo, capace di racchiudere
in una frase tutto il pensiero coloniale di un secolo e mezzo di aggressioni
europee in Africa.
A questo slogan e a questo modo di vedere le cose noi possiamo solo rispondere che il modo migliore di aiutarli è smettere di sfruttarli a casa loro, smettere di utilizzare l’Africa come discarica di tutte le sostanze più nocive prodotte dall’industria europea, lasciare che le loro ricchezze siano utilizzate da loro per il loro sviluppo, che i giacimenti di petrolio, oro, diamanti, metalli preziosi, che le loro terre, le loro foreste e i loro mari pescosi siano giustamente utilizzati dai legittimi proprietari africani e non dalle multinazionali europee, che il loro continente sia la terra su cui edificare società fiorenti e progredite.
“Via da casa loro” dovrebbe essere il nostro slogan contrapposto, ma sappiamo che il colonialismo europeo non ha nessuna intenzione di rinunciare alle immense ricchezze presenti in Africa. Per questo motivo non è onestamente pensabile che l’attuale situazione si possa superare senza porsi nel lungo periodo in maniera fattiva e coerente nel campo anticolonialista e antimperialista.
Non si può pensare che le ingiustizie che il colonialismo
europeo compie ogni giorno da oltre un secolo in Africa non abbiano nessun
effetto, non creino fame e disperazione, non mettano le persone nella
condizione di voler fuggire da morte e distruzione per cercare una vita
migliore.
Se davvero vogliamo fermare le ondate migratorie, se davvero
vogliamo fermare le immani tragedie che portano milioni di esseri umani ad
abbandonare la loro terra, sia essa la nostra martoriata terra di Sardegna o
quella di ogni continente, costruiamo rapporti di solidarietà e di lotta con
tutti gli oppressi, combattiamo i nemici dell’umanità, togliamo le ricchezze
dalle grinfie di un pugno di avidi psicopatici e riconsegniamole ai popoli
sfruttati, per poter costruire un futuro di pace e felicità, per poter vivere
in un mondo di persone libere, rispettate, uguali.
Libe.r.u. - Lìberos Rispetados Uguales
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