Se dovessimo trasferire in Sardegna, solo per ipotesi e per
comodità di narrazione, ciò che sta avvenendo oggi in Catalogna dovremmo
raccontarla cosi. Sarebbe come se il consiglio regionale sardo, a maggioranza
indipendentista, indicesse un referendum per chiedere ai sardi se vogliono
ancora essere italiani o se scelgono l'indipendenza.
Sarebbe come se tutti i sindaci sardi si schierassero a
favore del referendum e si rendessero disponibili a collaborare alla
consultazione popolare. E poi sarebbe come se il governo di Roma, in nome dell'
unità nazionale, commissariasse praticamente il Consiglio Regionale,
togliendogli possibilità di spesa e non riconoscendo le sue deliberazioni.
Sarebbe come se i sindaci sardi venissero convocati nelle caserme e nei
tribunali e minacciati di arresto in caso di loro collaborazione alla
realizzazione del referendum.
Sarebbe come se una polizia aggressiva ed occhiata
setacciasse il territorio e le tipografie alla ricerca di schede e di materiale
propagandistico intimidendo e minacciando chi collabora alla organizzazione del
referendum. Ecco, questo avviene oggi in Catalogna. E sono fatti che proiettano
l'Europa alcuni secoli in dietro nella storia. Io credo che non sia corretto
dire che in Catalogna si scontrano due diritti, quello del potere costituito,
cioè dello stato unitario spagnolo e quello del popolo alla autodeterminazione.
Ogni potere costituito deriva solo dalla sovranità popolare
ed è per ciò che non c'è niente che stia al di sopra e neanche sullo stesso
piano della sovranità popolare. Impedire una consultazione popolare indetta da
istituzioni, da organismi eletti è un atto di inaudita gravità che costituirà
un precedente gravissimo in Europa. Io non credo che la storia no si chiuderà
con gli Stati nazionali e so per certo che la direzione verso la quale la
storia debba andare può essere decisa solo per via democratica. Per ciò io credo che questi non siano buoni giorni. W il
referendum per la Catalogna indipendente.
Di Lucia Chessa.
Nessun commento:
Posta un commento