La
Nuova
Bruciano
i rifiuti: aria irrespirabile tra i banchi del mercato all'aperto. Tra la
cenere e il fumo del parco avvelenato.
Dimenticate la terra, qui è rimasta
solo la cenere: nera, putrida, che ribolle tra i mozziconi di canne, soffiata
dal vento insieme a un tanfo acre che toglie il respiro. Dimenticate l'acqua
limpida che scorre al confine del parco, nel letto del torrente c'è una
poltiglia verde e immobile, fatta di plastica e fango, con spuntoni di ferro
che salgono oltre le siepi. È quello che resta dopo giorni di
incendi senza fiamme, con i rifiuti accumulati negli anni che ardono sotto la terra
e sprigionano zaffate bollenti di vapore e veleni. Una piaga nel parco di
Molentargius. A destra, oltre un muro di rami bruciati, la colonia dei fenicotteri
rosa. A sinistra, i palazzi di via Bizet: le finestre sprangate, neppure una
maglia stesa sui fili davanti alle facciate marroni.
IL PERCORSO Per capire da dove
arrivano la puzza e il calore e vedere la traccia indelebile dei roghi di
luglio, basta scavalcare il cancello all'angolo di via Mascagni e seguire il
sentiero. Non far caso alla carcassa di un motorino carbonizzato e alle
bottiglie di birra esplose sul cemento: dritti verso il punto in cui il celeste
del cielo è sempre più chiaro, grigio di fumo e vapore, e l'aria è sempre più
calda carica di un odore impossibile da decifrare, una puzza acida, di plastica
bruciata o chissaché. Perché in realtà nessuno lo sa cosa bruci sotto la terra
del parco in questa spianata circondata da canne spezzate dal vento.
«Abitavo qui negli anni Ottanta e chiunque
passasse buttava immondizia in quella zona lì. Me ne sono andato per le
zanzare, meglio così». Mario Orrù, 70 anni, allunga il braccio verso il
cancello mentre passeggia, ormai ospite, in questa strada dove oggi nessuno si
vorrebbe trovare, neppure quelli che davanti a questo pezzetto di parco vivono
e lavorano. «Non capisco, chiudono le scuole, ma noi siamo costretti a
sopportare tutto questo. Mi bruciano gli occhi e la gola», Cristina Sergi è
un'impiegata del Centro lavoro, ha appena lasciato l'ufficio e all'ora di
pranzo si avvia verso casa, mentre qualche traversa più in là nel mercato di
via Della Musica la merce è rimasta sui banchi.
AL MERCATO Marco Mattana e Simone
Locci sono i più sfortunati, il loro banco della Pescheria da Billo è l'ultimo
in fondo alla schiera di tende a colori, il più vicino alla
terra dei fuochi. «È avanzato il cinquanta per cento del pesce, forse persino
di più. Perché molti clienti non sono riusciti ad arrivare per il forte odore e
altri erano preoccupati che questo fumo potesse aver rovinato i prodotti». Nonostante
gli occhi che pizzicano e la gola che brucia, gli ambulanti hanno tenuto duro per tutta la
mattina. Martedì fino all'ultimo istante hanno aspettato che il Comune dicesse
loro cosa fare. Nel gruppo whatsapp che li riunisce tutti e 180 un confronto
serrato: «Ho già preso 1000 euro di merce, caschi il mondo io sono al lavoro».
LA POLEMICA E infatti poco dopo
l'alba si sono trovati come ogni settimana a sistemare pomodori, pesche,
meloni, scarpe, cianfrusaglie, gonne colorate appese agli angoli degli
ombrelloni. «Abbiamo sopportato i disagi perché dobbiamo lavorare, ma sia
chiaro che a noi basta un preavviso di 48 ore per spostarci e a Quartu ci sono
molte aree che potrebbero tornare utili - spiega Marco Medda, presidente dell'associazione
ambulanti -. Noi dobbiamo tutelare il nostro lavoro ma anche la salute dei
nostri clienti, quindi il problema deve essere risolto in tempi brevi».
Tra le due file di bancarelle, le
signore più anziane trascinano svelte i carrelli stracolmi, mentre altre accelerano
il passo con le buste appese alle braccia. Meglio andar via in fretta. «Non si
respira, mi pizzicano gli occhi e mi scoppia la testa. Vede? Ho fatto la spesa
tenendo una maglia sulla bocca e sul naso», Miriam Porcu non perde un minuto di
più. Nel pomeriggio i commercianti smobilitano i banchi, caricano i furgoni e
vanno via dall'uscita di via Giordi. Lontano da quella terra avvelenata e con
la speranza che la prossima settimana la nuvola di fumo non sia più qui.
Mariella Careddu
URBANISTICA
- Stupefacente la mozione dem contro Martino e Borletti - La leadershipè
impalpabile e le elezioni si avvicinanol'opinione di LUCIANO MARROCU
Difficile non essere stupefatti per
l'alzata d'ingegno dei consiglieri
regionali del Pd che con una mozione
sottoscritta in blocco dal gruppo
hanno accusato di impropria
interferenza il soprintendente regionale
per il paesaggio Fausto Martino e la
sottosegretaria ai Beni culturali
Ilaria Borletti Buitoni. I due si
erano espressi criticamente nei
confronti dell'impianto del disegno
di legge sulla legge urbanistica
promosso dalla giunta. Per quanto
aspra, ma forse proprio per questo,
la discussione era stata fino ad
allora seria e impegnata e se
divisioni c'erano state all'interno
del Pd sardo, per una volta non
avevano riguardato gli equilibri di
potere all'interno del partito o
l'assegnazione di incarichi ma temi
di interesse generale per l'oggi e
per le stesse generazioni future.
La mozione del gruppo dem (firmata
anche da consiglieri che sino ad ora
erano sembrati critici nei
confronti del disegno di legge)
sposta il dibattito dai temi del
paesaggio e dello sviluppo e punta
il dito sullo Stato accentratore,
rappresentato nella circostanza da
una istituzione, la Soprintendenza
per il paesaggio, colpevole di
essere intervenuta cercando di fare il
suo mestiere, e cioè difendere il
paesaggio. Da tutta la vicenda
emerge un Pd in grave difficoltà.
Diversamente da quando poco più di
tre anni fa marciava col vento in
poppa facendo eleggere Francesco
Pigliaru alla presidenza della
Regione, il Pd sardo si presenta oggi
con una leadership impalpabile e una
indeterminatezza
politico-strategica logorante. Le
elezioni regionali non sono
vicinissime, ma neppure così lontane
da rendere irrilevante il fatto
che non ci siano all'orizzonte né un
candidato alla presidenza né
possibili alleati. Candidato
presidente e alleanze verranno, si sente
dire. Come espressione di un
percorso intellegibile ai più, ci si
chiede, o come il prodotto di un
accordo raggiunto sul filo di lana in
qualche segreto conclave? È mancata,
tra l'altro, quella capacità di
orientare le realtà locali che sola
rende un partito qualcosa di più
di un aggregato di comitati
elettorali e di interessi personali.
I casi di Sassari, Alghero, Oristano
(ognuno con tratti particolari) ci
parlano di un Pd in buona salute sin
quando si è trattato di portare
un suo candidato alla vittoria
elettorale ma incapace poi di gestire
la vittoria. Proprio nel momento in
cui alcune giunte comunali
espresse dal Pd si sono trovate in
difficoltà, gli organi di direzione
regionale del partito hanno brillato
per la loro assenza, quasi si
prendesse atto senza battere ciglio
di una mutazione talmente profonda
del partito da privarlo della sua
stessa ragion d'essere.Impressiona
che nel Pd nessuno abbia fornito uno
straccio di riflessione su questa
evidente difficoltà. Chi non era
direttamente e ferocemente impegnato
nelle contese locali, si è limitato
a gettare uno sguardo distratto su
quei sindaci che dopo essere stati
eletti uscivano dal partito o su
quei consiglieri comunali
stabilmente impegnati a minare la stabilità
delle giunte che avrebbero dovuto
sostenere.
I singoli casi sono stati
derubricati a incidenti di percorso,
frutto magari di cattiva
comunicazione o di dissapori
personali risolvibili portando i
duellanti di fronte a un giudice di
pace oppure facendoli sdraiare sul
lettino dello psicanalista. Quanto a
ciò che si muove alla sinistra
del Pd, si ha di fronte una realtà
che anche in Sardegna è più simile
a un campo di rovine che a un
edificio in costruzione. Sel non esiste
più, mentre i suoi esponenti più in
vista cercano rifugio in
schieramenti in via di formazione.
Tre consiglieri regionali ex Sel
aderiscono all' Mdp di Bersani, il
quarto consigliere, in accordo con
il senatore anche lui ex Sel Luciano
Uras, ha scelto il Campo
progressista di Pisapia: con una
spiccata propensione (in contro
tendenza, per altro, all'ultimo
Pisapia) ad avvicinarsi al Pd. Una
sinistra, comunque, che non perde il
suo aplomb. Non trovano portavoce
udibili in quest'area critiche che
alla sinistra di una volta
sarebbero venute spontanee, nei
confronti di qualche infelice
passaggio della giunta, come la
nomina di Chicco Porcu ad
amministratore unico dell'Arst
(nella stessa logica e con lo stesso
metodo, qualche settimana fa, la
nomina di Massimo Deiana, da parte
del governo nazionale alla
presidenza dell'Autorità portuale). Nomine
accolte con nonchalance non solo
dalla sinistra ma anche da parte dei
Cinque Stelle sardi che,
evidentemente, si riservano di usare gli
stessi metodi quando questo Pd avrà
consegnato loro le chiavi della
Regione.
Unione
Sarda
QUARTU
L'ex
pattumiera diventata parco-Quella che era la fogna
dell'hinterland
salvata dai fenicotteri e da centoventi miliardi di
lire Per
decenni “terra di nessuno” in mano a vandali e bracconieri
Era una fogna a cielo aperto, un
fiume di liquami che si riversava nel
paradiso di fenicotteri e cavalieri
d'Italia. Ora si scopre che
Molentargius è anche una grande
pattumiera, con montagne di rifiuti
tombati: plastica di tutti i generi,
mattoni, vetro, cemento,
sanitari, cotton fioc che spuntano
come fiorellini degradati nel fango
e chissà cos'altro, se mai si
spenderanno soldi per avviare le
bonifiche. Una poltiglia sotto la
terra nera e i germogli delle canne
che anche ieri bruciava come una
solfatara fumigante e puzzolente, a
cento metri da via Marconi, area
quartese, a due passi da magazzini,
case, scuole, una clinica, uno
studio dentistico con prato e olivi e
negozi di cineserie. E a 500 dal
Bellarosa minore, considerato dai
naturalisti un santuario di
biodiversità.Scuola media Porcu chiusa per
fumi e rischi per la salute , recita
il cartello all'ingresso
dell'istituto di via Turati,
investito in pieno dall'ondata
inquinante.
Con l'incendio del 14 luglio scorso
è come se qualcuno avesse fatto
saltare il coperchio al bidone
maleodorante e nascosto. E rivelato a
chi forse se n'era dimenticato che
questa è stata per decenni una
terra di nessuno. Non solo una
discarica a costo zero dell'hinterland,
con licenza di ospitare ogni genere
di nefandezza. Ma anche un mondo
dove pascolavano le pecore, si
cacciava, si bruciava, si costruivano
case (e ville con piscina e
oliveti), abusive dalle fondamenta al
tetto. Così degradato che un
consigliere comunale cagliaritano lanciò
la brillante idea di aprire un varco
nella spiaggia del Poetto per far
entrare nello specchio d'acqua i
motoscafi (il suo, soprattutto) e
ormeggiarli al riparo dalle
mareggiate, magari vicino ai genti arrubia
e ai polli sultani: per dire della
considerazione di cui godeva
Molentargius anche tra i banchi di
palazzo Bacaredda.
Prima di diventare parco regionale
sull'onda dell'eccezionale
nidificazione dei fenicotteri nel
1993, che trasformò l'oasi in uno
stagno a luci rosa, il grande bacino
tra Cagliari e Quartu era un
malato grave: una fogna che riceveva
i liquami dell'hinterland (questa
fu anche la scusa dei Monopoli di
Stato per bloccare l'attività delle
saline, purtroppo ferme ancora oggi).
Alla fine degli anni Ottanta
fecero scandalo le condizioni in cui
versava la via San Benedetto, nei
pressi di viale Colombo, a due passi
dal Poetto: la strada era un
immondezzaio a cielo aperto,
disponibile a tutti, senza controlli né
sanzioni. Poi arrivarono i 120
miliardi di lire del ministero
dell'Ambiente, per quei tempi il più
colossale investimento in natura
mai fatto in Italia, annunciato dal
ministro Ruffolo in un convegno
nel capoluogo. Un'opera imponente.
Il Consorzio Ramsar puntò con
decisione a debellare l'inquinamento
idraulico, per il risanamento del
terreno si rimandò ad altri
interventi. L'istituzione dell'area
protetta ha arginato gli assalti
anche se né recinzioni né divieti
bloccano i soliti devastatori. Di
recente l'Associazione per il parco
ha sollecitato la Regione a
utilizzare per le bonifiche una parte di
quel tesoretto destinato al bacino
d'acqua e canne.
Non bisogna dimenticare che
Molentargius è un paradiso fragile. Lo
zoologo Helmar Schenk, che ha
dedicato una vita allo stagno e lo ha
fatto conoscere nel mondo, ricordava
che per avere una buona qualità
ambientale nelle aree più pregiate
era necessario gestire bene i
terreni ai margini, dove la città si
incontra con il parco. È stato un
buon profeta, a giudicare da quanto
accade in questi giorni su quei
2000 metri quadrati individuati
dalla Forestale ai margini di via
Marconi, trasformati in terra dei
fuochi. È come se la natura
presentasse il conto a distanza di
anni, complici il fuoco, le alte
temperature e la siccità che fanno lievitare
il calore sotto terra,
provocando la combustione senza
fiamme.
Ce ne eravamo dimenticati,
forse perché le canne cresciute in
modo abnorme ormai nascondono
tutto, compresi i nostri scarti
gettati nel primo angolo libero (da
altre immondizie). Ma evidentemente
non hanno potuto occultare quella
specie di solfatara nel cuore del
parco che ammorba l'aria di case e
scuole e sprigiona nuvole di veleni.
Lello Caravano
Alcune
persone sono finite al pronto soccorso
«Mal di
testa, vomiti e febbre»
Passano i giorni e nelle palazzine e
nelle case dei quartesi, a poche
centinaia di metri da dove brucia la
discarica di Molentargius, la
situazione non migliora. Sono tanti
quelli che hanno deciso di
abbandonare le proprie case, in
attesa che il problema si risolva, per
non respirare il fumo tossico. Tanti
sono quelli che hanno avvertito
malori e che sono finiti anche al
pronto soccorso.
L'odore acre e pungente non da
tregua da giorni e si susseguono le
segnalazioni di cittadini ai quali
il mal di testa non dà tregua, così
come la lacrimazione agli occhi e la
tosse. «È una situazione
allucinante», commenta Mauro Pau,
poco lontano dalla sua abitazione in
via Della Musica. «Quest'odore è
irrespirabile e da giorni ho gli
occhi irritati, lacrimano e ho
accusato anche nausea. Ho tutte le
finestre chiuse».
I racconti di cittadini che si sono
sentiti male non si contano più.
«Ho gli stessi sintomi da giorni»
scrive sui social Marisa Secci. «Mal
di testa, nausea e malessere
generale. Si sente fortissimo questo
odore di bruciato» .
E ancora Graziella Lampis, «mio
figlio ha avuto mal di testa, vomiti e
persino febbre. Non ne possiamo
davvero più». In questi giorni di
maestrale ad avere la peggio sono i
residenti di via Della Musica, via
Allegri e persino Pitz'e Serra.
Quando cala il vento soffre anche chi
sta più vicino, nelle vie Turati e
Bizet. (g. da.)
«La bomba
ecologica sarà disinnescata soffocando la discarica»
La bomba ecologica sarà disinnescata
con un tappeto di terra. Uno
strato sufficientemente profondo da
impedire all'ossigeno di penetrare
e alimentare la brace che cova nel
sottosuolo. La soluzione per
impedire alla discarica di
Molentargius di emanare fumi tossici è
arrivata ieri al termine di una
riunione fiume convocata nel comando
della Polizia locale in viale Colombo
a Quartu dal sindaco Stefano
Delunas e alla quale hanno
partecipato i rappresentanti di tutti gli
enti interessati.
IL PROGRAMMA Sarà l'ente Parco a
stilare il cronoprogramma dei lavori
che dovranno svolgersi in tempi
brevissimi per tutelare la salute dei
cittadini, non prima però di avere
effettuato delle verifiche e dei
sopralluoghi per definire il
percorso delle ruspe che dovranno gettare
la terra, un'operazione che potrebbe
rivelarsi difficoltosa a causa
della natura paludosa dell'area. Nel
frattempo, restano chiuse le
scuole di via Turati e via
Palestrina, presumibilmente fino a lunedì e
comunque - come precisa il sindaco
nell'ordinanza firmata ieri - fino
alla conclusione delle operazioni di
spegnimento dell'incendio e della
fuoriuscita di fumo.
ESPOSTO IN PROCURA Intanto, anche i
genitori dei bimbi che frequentano
le materne di via Allegri, tramite
il comitato “No diossina”, ieri
hanno presentato un esposto in
Procura, il secondo dopo quello
annunciato dal Gruppo di intervento
giuridico. Le mamme e i papà degli
alunni lamentano l'odore
insopportabile che arriva nell'istituto e
chiedono tutela per i loro piccoli.
Non è escluso che oggi si prendano
provvedimenti a riguardo.
TASK FORCE Alla riunione di ieri
insieme al sindaco c'erano gli
assessori e i dirigenti comunali, il
comandante della Polizia locale,
Marco Virdis, il presidente
dell'istituto comprensivo numero 1,
Vincenzo Pisano, la Protezione
civile regionale, l'ente Parco, l'Asl,
l'Arpas e il Corpo forestale. Una
task force che ha deciso la
soluzione immediata e tampone, in
attesa di una successiva bonifica
della grande discarica nell'area tra
il centro per l'impiego in via
Bizet, il market e il distributore
di carburante in viale Marconi, a
pochi passi dalla clinica
Sant'Elena. Durante il vertice il direttore
del Parco, Claudio Papoff, ha
comunicato che - considerata l'urgenza -
attiverà immediatamente la procedura
negoziata, senza pubblicazione di
un bando, per individuare la ditta a
cui affidare i lavori.
Dovrà essere realizzata una sorta di
pista di accesso ai mezzi nella zona
dei fuochi e si dovrà procedere alla
fornitura della terra in
collaborazione con i vigili del
fuoco, con il Corpo forestale e con
gli altri enti competenti. Lo strato
di terra, con l'avvio delle
future operazioni di bonifica della
discarica, dovrà poi essere
rimosso. Per i vigili del fuoco il
colonnello Giampaolo Lampis ha
confermato la disponibilità di
uomini e mezzi per le operazioni di
movimento terra sul posto. Tutte le
operazioni avverranno con la
stretta collaborazione del Corpo
forestale che ha confermato che
l'elicottero è pronto e interverrà
nel caso in cui le fiamme dovessero
colpire la vegetazione. Sono state
così definitivamente scartate le
ipotesi emerse nei giorni scorsi
come quella di gettare acqua sulla
discarica. Anche la Protezione
civile regionale e l'Arpas hanno dato
piena disponibilità.
IL COORDINAMENTO La riunione del Coc
(centro operativo comunale) ha
fatto seguito al tavolo tecnico
convocato martedì sera in prefettura
su richiesta del sindaco che aveva
allertato Arpas e Asl. In
quell'occasione il prefetto aveva
incaricato proprio il Coc del
coordimento delle operazioni poiché
la discarica ricade nel Comune di
Quartu. Adesso non resta che
attendere e sperare che la discarica sia
sepolta il più in fretta possibile.
Giorgia Daga
Il
dibattito in Consiglio comunale. Il sindaco Delunas: chi mi diffama
sarà
denunciato. La Prefettura: sì a procedure di massima urgenza
«Le procedure per intervenire sulle
fumarole sono già partite: da
parte della Prefettura è stata data
la massima urgenza per affidare i
lavori senza pubblicazione di
bando»: il direttore del Parco di
Molentargius, Claudio Papoff, è
intervenuto durante la seduta
straordinaria del Consiglio comunale
di Quartu, convocata per parlare
dell'emergenza roghi. La capogruppo
dei Riformatori, Marcella Marini,
direttamente coinvolta dal problema
delle esalazioni, ha ottenuto che
si facesse chiarezza in Aula per
spiegare la situazione ai cittadini.
Il sindaco Stefano Delunas ha
spiegato tutti i passi fatti in
Prefettura martedì e ieri, con
l'attivazione del Coc (Centro operativo
comunale) per garantire la salute
dei cittadini e trovare una
soluzione ai disagi.
Delunas ha poi ricordato che le
discariche presenti in quelle sponde
di Molentargius sono vecchie di
decine di anni, evidenziando che però
le responsabilità vengono da molti
attribuite a lui: «Sono stanco di
essere additato come il malvagio,
questa campagna diffamatoria deve
finire», ha detto rivolgendosi ai
tanti quartesi che lo attaccano,
soprattutto su social network: «Ho
chiesto al segretario generale e
all'ufficio ragioneria di creare un
capitolo di bilancio per poterci
affidare a un legale e difendere
l'onestà dell'amministrazione, degli
assessori e dei consiglieri. Se
questi leoni da tastiera continuano a
dire falsità chiederemo i danni
morali e materiali».
Durante il dibattito il direttore
del parco di Molentargius Claudio
Papoff ha spiegato le difficoltà a
intervenire dove nascono i fumi:
«Il fondo della foce - ha detto - è
instabile, non si può raggiungere
via terra e l'elicottero della
Forestale non riesce a spegnere le
fumarole, anzi l'acqua dall'alto
provoca l'effetto opposto. È
necessario intervenire con la terra
per togliere l'ossigeno. Non parlo
solo della mia esperienza, ma anche
agli esperti della Forestale non
era mai capitato che si riaccendesse
un fuoco a due mesi di distanza
da un incendio».
Marcello Zasso
CAGLIARI
- Tari, arriva la stangata d'autunno
Forza
Italia: «Il servizio funziona male ed è troppo caro». Il Pd:
«Col
porta a porta meno costi»
Previsti
aumenti sino al quindici per cento, protestano i residenti
Malumori e proteste per la nuova
stangata sui rifiuti. I cagliaritani
stanno ricevendo i bollettini per
pagare la Tari, e scoprono che è
nuovamente aumentata. «Il servizio funziona
male, è tra i più cari
d'Italia e i cittadini sono
costretti a pagare ancora di più», attacca
il capogruppo di Forza Italia,
Stefano Schirru. Il malcontento è al
centro della sua interrogazione
urgente in Consiglio comunale.
«L'aumento dei costi per quest'anno
è legato all'avvio del nuovo
sistema di raccolta porta a porta,
ma se siamo ai vertici nazionali
del ranking per la sola Tari, va
considerato che abbiamo tenuto bassi
gli altri tributi: come imposizione
fiscale totale siamo a metà
classifica», replica Davide Carta
del Pd, presidente della commissione
Bilancio.
LA RACCOLTA Da anni la raccolta dei
rifiuti è in un limbo tra futuro e
passato: ci sono i cassonetti per la
differenziata, ma i risultati
sono molto scarsi e se la
percentuale minima di raccolta separata per
evitare sanzioni è il 65 per cento,
Cagliari si ferma al 31.
L'assessora all'Igiene del suolo,
Claudia Medda, assicura che la
svolta è vicina, perché dal primo
ottobre inizia la fase di
avvicinamento al porta a porta: «Dal
primo giugno del 2018 spariranno
i cassonetti da tutta la città, ci
saranno le nuove regole e,
considerata la fase di assestamento,
avremo più benefici e minori
costi per i cittadini».
LE PROTESTE Se il futuro sembra
roseo, non lo è il presente. «Per un
vecchio appartamento di 110 metri
quadri con cantina di sei», denuncia
Giorgio Ortu da Genneruxi,
contestando gli aumenti, «la mia famiglia
monoreddito di quattro persone dovrà
spendere 630 euro: sono più di 50
euro al mese. Questo sarebbe il
sostegno alle famiglie». La sua è una
delle tante lamentele raccolte dal
centrodestra, che le ha portate in
Consiglio comunale. «L'obiettivo,
come è stato sempre detto anche in
campagna elettorale, non è salassare
i cittadini», commenta Stefano
Schirru: «Stiamo pagando tanto e
male per il mancato traguardo della
raccolta differenziata. Il
centrodestra riusciva a tenere la città
molto più pulita, ora invece è
sporca e ci sono molte discariche
abusive».
GLI AUMENTI Davide Carta spiega
perché ci sono stati aumenti rispetto
all'anno scorso e assicura che poi
comincerà la discesa. «Dal 2019 il
costo sarà di oltre quattro milioni
in meno rispetto al 2016.
Quest'anno gli aumenti sono legati
all'acquisto dei materiali, come i
mastelli, per il porta porta, ma il
Consiglio è intervenuto con tre
milioni di euro di agevolazioni che
hanno ridotto sensibilmente gli
aumenti». Nel 2017, per il servizio
di igiene urbana nelle attività
commerciali si spenderà il 15 per
cento in più rispetto all'anno
scorso, mentre per le utenze
domestiche gli aumenti vanno dal 6,47 al
12,69. «Senza le agevolazioni
concesse dal Consiglio comunale, gli
aumenti avrebbero raggiunto il 30-40
per cento: sarebbe stato
insostenibile per le famiglie.
Proprio a loro abbiamo dedicato massima
attenzione».
IL PIANO Per l'avvio del porta a
porta, il Comune deve spendere sei
milioni per i materiali e, dal
bilancio, ha deciso di inserirne tre
nelle agevolazioni per la Tari, per
dimezzare la stangata. «Ci sono
riduzioni sulla parte variabile per
alcune categorie commerciali di
grandi dimensioni, c'è il -19 per
cento per i nuclei familiari, il -36
per quelli composti da più di
quattro persone e il 50 per cento in
meno per chi è a canone agevolato o
studente fuorisede», spiega
l'assessora Medda. «Dal primo
ottobre parte il nuovo servizio con la
campagna di comunicazione, da
novembre la consegna dei mastelli e i
nuovo servizi come lo spazzamento
stradale e lo svuotamento con
maggiore frequenza dei cassonetti»,
annuncia l'esponente della Giunta
Zedda, «che da giugno spariranno da
tutte le strade di Cagliari».
Marcello Zasso
La
Nuova
Sanità,
il centrosinistra trova il compromesso
politica regionale
CAGLIARILa prima data non si tocca:
martedì 26 settembre la mappa
della nuova rete ospedaliera farà il
suo ingresso ufficiale nell'aula
del Consiglio regionale. Su quello
che accadrà da quel momento in poi
il vertice di maggioranza ha deciso
così: due giorni e non più uno
solo per presentare gli emendamenti
fino a giovedì 28. Poi il ritorno
in commissione sanità per scrivere
le ultime correzioni e infine
riprendere il dibattito non più
tardi dell'inizio della seconda
settimana di ottobre.
Calendario alla mano e con in mezzo
anche la
visita a Cagliari del presidente
della Repubblica Sergio Mattarella,
lunedì 2 ottobre, il centrosinistra
sostiene di aver trovato la
soluzione per non schiantarsi. Di
fatto - come avviene in ogni vertice
- è stata trovata la mediazione fra
chi aveva fretta di andare in
aula, «non possiamo fare brutte
figure e farci dettare i tempi dalla
piazza», hanno detto i velocisti,
Contrapposti a chi invece voleva
allungare la pausa di riflessione
fino a metà ottobre e avere così più
giorni a disposizione per «riaprire
il confronto con i territori
rimasti scontenti dalla bozza
approvata dalla commissione». Alla fine
è stata trovata una via di mezzo,
con quei sette giorni che faranno da
elastico fra l'apertura del
dibattito e l'inizio del voto articolo per
articolo.Il compromesso. Chi era
presente al vertice, durato tre ore
abbondanti, ha detto che all'inizio
il clima era «molto teso, con
diversi musi lunghi».
Non poteva essere diversamente
soprattutto dopo
l'attacco frontale di 24 ore prima
del Partito dei sardi, e
l'ingrossarsi del fronte dei
dissidenti, da Articolo 1 al Campo
progressista. Poi - stando sempre
alle indiscrezioni - la svolta ci
sarebbe stata quando il presidente
Francesco Pigliaru avrebbe detto:
«Stringiamo i bulloni della riforma,
ascoltiamo i sindaci (oggi è in
programma l'incontro in Consiglio),
scriviamo le ultime correzioni,
quelle necessarie, ma non possiamo
allungare i tempi all'infinito». In
sostanza, una breve pausa può anche
starci senza però arrivare alle
due settimane ipotizzate all'inizio
da alcuni consiglieri regionali
del Pd dopo un vertice interno. Per
il presidente della commissione
Raimondo Perra del Psi: «Abbiamo
recuperato tutto il tempo possibile
per scrivere meglio qualche
articolo, aggiungere le precisazioni che
servono, affinare due o tre aspetti,
ma la gerarchia degli ospedali
non cambierà rispetto a quella
approvata».
L'ipotesi delle correzioni
volanti, come qualcuno le ha
ribattezzate, sono state considerate «una
buona apertura al dialogo» anche dal
Partito dei sardi, che resta
critico senza però mettersi di
traverso almeno per ora. Soprattutto
perché l'assessore alla sanità Luigi
Arru avrebbe ribadito che «se in
questi giorni il confronto sarà
costruttivo e non catastrofico,
riusciremo a fare passare meglio il
messaggio che non ci saranno
tagli, ma una riorganizzazione più
efficiente, meno costosa e
soprattutto più vicina ai
cittadini». Anche Articolo 1 avrebbe
ottenuto quello che chiedeva: la
nomina del direttore generale
dell'Areus, è l'Azienda per le
emergenze-urgenze che prenderà il posto
del 118, sarà decisa dalla giunta
prima della conclusione del
dibattito sulla rete ospedaliera.
A questo punto la candidatura di
Giorgio Lenzotti sembra essere in
vantaggio su quella di Piero Delogu,
almeno così pare dalle ultime
indiscrezioni.Gli ultimi scogli. Forse
quello più pericoloso è una verifica
sul costo della sanità dal 2014
in poi. Ha poco a che fare con la
riorganizzazione degli ospedali, ma
la maggioranza ha sollecitato «un
confronto a tutto campo» e il
governatore s'è detto d'accordo.
Anche se «il disavanzo è sceso dal
2014 al 2017», ha aggiunto Arru. Le
correzioni che invece saranno
necessarie rispetto alla bozza
licenziata dalla commissione riguardano
soprattutto il ruolo dei pronto
soccorso negli ospedali delle aree
disagiate, la mappa degli ospedali
di comunità, sono il primo anello
della catena, gli accorpamenti a
Cagliari e la distribuzione dei posti
letto a Sassari.
«Troveremo le soluzioni» ha fatto
sapere Gigi Ruggeri
del Pd, che sarà uno dei due
relatori di maggioranza insieme a Perra.
Per quanto riguarda i pronto
soccorso, c'è un'anticipazione: saranno
aperti 24 su 24 e i reparti di
chirurgia avranno alcuni posti letto
assegnati, mentre finora il numero
era rimasto indefinito. Sugli altri
punti in bilico ci sarà
un'operazione di cesello, per spiegare gli
obiettivi della riforma e provare a
non scontentare nessuno. Infine,
c'è un'ultima novità uno degli
emendamenti dell'ultim'ora riguarderà
il Mater di Olbia, che avrà meno
posti a disposizione e si occuperà
più di oncologia che pediatria. (ua)
«È
scandaloso: la Sardegna ha lo stesso disavanzo accumulato nel 2016
da otto
regioni canaglia». Il centrodestra attacca: «Bilanci bugiardi»
CAGLIARIL'opposizione di
centrodestra non crede neanche a una parola e
ancora meno ai conti del
centrosinistra sulla sanità. «Le bugie sono
dappertutto: nei bilanci, nel
presunto piano di rientro e nelle
delibere», sono state le parole di
Paolo Truzzu, Fdi-An, che per
dimostrare l'accusa ha messo sul
tavolo una tabella da brivido. C'è
scritto che, nel 2016, la Sardegna
ha accumulato quasi lo stesso
disavanzo messo assieme da otto
regioni canaglia, dal Piemonte alla
Sicilia, nella spesa sanitaria: 320
milioni contro 325 milioni.
«Peggio di così - è stato il
commento - c'è solo la bancarotta, La
verità è che questa giunta continua
a trascinare gli ospedali in fondo
al baratro». Oppure, come denunciato
da Stefano Tunis di Forza Italia
«ha ammesso di aver chiesto al
governo un prestito intorno ai 557
milioni per coprire le perdite del
2106 e del 2017.
In altre parole,
vuole scaricare sui sardi il buco di
questi ultimi due anni, fra i
peggiori dal 2014 in poi, per far
ripartire l'Ats da zero: non male
come regalo, peccato che questa
giunta continui a produrre debiti su
debiti». Tanto da essere costretta -
come ha sottolineato Alessandra
Zedda di Fi - «a tappare i vuoti di
cassa delle Asl prima e dell'Ats
adesso con variazioni straordinarie
di bilancio, come quella di oltre
100 milioni che oggi sarà portata in
aula dalla giunta». Il che vuole
dire - ha aggiunto Attilio Dedoni
dei Riformatori - che «il piano di
rientro sbandierato ai quattro venti
non ha funzionato, tra l'altro
sono stati costretti ad allungarlo
di un altro anno, fino al 2019,
perché i costi di produzione sono in
continuo aumento: 3 miliardi e
200 milioni nel 2014, primo anno di
governo del centrosinistra, 3
miliardi e 400 milioni nel 2016».
Sono bilanci ormai fuori controllo,
ha ribadito Truzzu, «in cui i
persino i soldi extra finiscono in
questo pozzo senza fine che il
centrosinistra prova a nascondere sotto
una montagna di bugie ma senza
riuscirci».
Secondo Tunis, «l'Azienda
unica finora è stato un fallimento. Non
è riuscita a incidere sui
costi generali anche se ha
annunciato un risparmio di 30 milioni. Non
è vero, è una finzione contabile,
perché non c'è stato un intervento
deciso ad esempio sulle forniture».
Per il centrodestra «la giunta
Pigliaru farebbe bene a sollevare
bandiera bianca e ad andar via prima
del 2019». E invece, come ha
aggiunto Alessandra Zedda, «ha tirato
fuori dal cilindro la peggiore
riorganizzazione possibile degli
ospedali e infatti è stata bocciata
persino dai loro amici. Farebbero
bene a ritirarla invece d'insistere
nell'errore». In aula
l'opposizione darà battaglia e «le
bugie di questi anni salteranno
fuori una dopo l'altra». (ua)
L'eurodeputato
del Pd a un convegno nella biblioteca Satta
«Politica
comunitaria significa gestire gli ambiti sociali»
Capitale
della culturaSoru è con Soddu: «Una visione nuova»
di Francesco PirisiwNUOROIl dossier
per la candidatura della città a
Capitale della Cultura nel 2020 è da
poco al ministero e già partono i
dibattiti. Il primo alla
"Satta", con l'eurodeputato del Pd, Renato
Soru, accolto da tanti simpatizzanti
della vecchia sinistra nuorese.
Due ore di interventi e dibattito
per dare forza alla convinzione che
identità, ambiente e agroalimentare
siano le carte su cui scommettere
per rilanciare il territorio. A
Nuoro per spiegare la fattibilità del
progetto economico e sociale, anche
il sindaco del comune toscano
Gaiole in Chianti, Michele Piscini.
Paese di 2.700 abitanti, dove ogni
anno si svolge una ciclo-pedalata in
abiti tradizionali tra gli
sterrati del Chianti, con
appassionati da tutto il mondo. Con lui il
giornalista, esperto sul cibo
tradizionale, Mauro Rosati, sostenitore
dei distretti culturali come ambito
dove sviluppare l'economia legata
alla terra. E poi il sindaco di
Nuoro, Andrea Soddu. Massimo Mancini,
direttore del progetto Nuoro
capitale della Cultura 2020. La storica
dell'arte, Giuliana Altea, l'ex
rettore dell'università di Sassari,
Attilio Mastino. Il presidente del
Consorzio universitario di Nuoro,
Fabrizio Mureddu. L'attore della
compagnia Bocheteatro, Giovanni
Carroni. Il presidente della Camera
di Commercio, Agostino Cicalò.
Ognuno col suo apporto di
informazioni e anche sollecitazioni su cosa
inserire in quel concetto di cultura
che a Nuoro sembra riempire il
tempo attuale e persino i sogni di
amministratori civici,
intellettuali. Di meno, ancora, di
coloro che non sanno o non credono
sulla possibilità di ottenerne un
beneficio, uno strumento di
sviluppo, anche perché in diversi
casi il disagio e la difficoltà
materiale chiedono interventi
immediati. Soddu è tra quelli che
scommette. Lo fa con la sua
amministrazione e il progetto per le
periferie, da 39 milioni di euro,
finanziato dal Cipe: «Vogliamo
ridisegnare la città sotto l'aspetto
urbanistico, affinché ci sia
integrazione anche in termini
sociali e partecipazione alla vita
comunitaria». Ribadisce all'uditorio
i percorsi effettivi di questo
programma: l'ambiente, lo sport, la
cultura nella rete fatta dai siti
e presiedi esistenti nella città.
Tra le operazioni specifiche il
cammino Antoniniano (attivo nel
secondo secolo dopo Cristo tra Olbia e
Cagliari) e una sede dell'università
per stranieri. Progetto che
riceve il plauso dello stesso
europarlamentare originario di Sanluri:
«Mi piace l'idea e la visione che ha
Soddu della cultura come un
lievito in grado di produrre un pane
nuovo». Soru condivide il piano
anche a nome dell'Unione Europea.
Perché, dice, «la scelta della
politica comunitaria non è più
quella di finanziare impianti o
strutture, ma la gestione degli
ambiti sociali. Anzi - aggiunge senza
preoccuparsi di colorire il frasario
- se un assessore o qualche
esponente politico viene e vi
propone la realizzazione di un centro
polivalente, dategli un calcio nel
sedere». Visioni nuove in un
percorso dove prima di tutto a mutare
è il concetto di cultura. Tutti
i partecipanti al dibattito
assicurano di vedere come lo strumento per
fare maturare la società. Via dunque
gli stereotipi e le
cristallizzazioni vecchie di qualche
secolo.
C'è chi in questo senso
assicura di avere già fatto dei
passi. La professoressa Altea,
presidente della fondazione
"Nivola", a Orani: «Quando sono arrivata
il museo era considerato come un
sacrario, ossia qualcosa di fisso e
dunque immobile. Abbiamo adeguato
l'esposizione dedicata a Nivola e
avviato alcune rassegne d'arte. Tra
questi due elementi c'è il
quotidiano, con attività nel
territorio, soprattutto di formazione
artistica». Cicalò porta
un'esperienza più recente, quella del
distretto: «Il nostro lavoro è
diretto a mettere in collegamento
soggetti sinora slegati e divisi.
L'operazione non è semplice».
Problemi questi ultimi toccati con
mano dallo stesso Massimo Mancini,
arrivato a Nuoro nei mesi scorsi per
coordinare la candidatura al
concorso Capitale della cultura:
«C'è stata una buona partecipazione,
ma anche una certa diffidenza,
alcune volte dettata da posizioni
politiche diverse dai promotori del
progetto».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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