Unione Sarda
Ong, lo sfogo passa da Cagliari «Fango in cambio dei soccorsi» Intervista sulla Minden, una delle navi sotto accusa lungo la rotta dei migranti.
Quel nome, Minden, è finito nel rapporto Frontex che ha metteva sotto accusa le navi delle Ong, impegnate a salvare migranti nel mar Mediterraneo. Ed è stato, immediatamente, utilizzato dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro nell'inchiesta sui collegamenti, mai dimostrati, tra Ong e trafficanti libici di esseri umani. Un'inchiesta che sembra essersi arenata. Ma che, nel frattempo, ha portato il Governo Gentiloni ad adottare la linea dura: non a caso, qualche mese più tardi il ministro dell'Interno Marco Minniti ha varato il codice di comportamento che porta il suo nome.
IL RIENTRO «Il Minniti codex ha ucciso la nostra attività». Roland Treinzen è il portavoce della Minden, la nave della Ong tedesca “LifeBoat project” che, ieri, ha sostato per qualche ora nella “calata via Roma” del porto di Cagliari, prima di riprendere il viaggio di rientro verso la Germania. I volontari hanno cercato di resistere per un po'. Poi, quando hanno capito che l'attività di salvataggio era diventata praticamente impossibile, hanno deciso di arrendersi. «Ci siamo fermati in attesa che cali il maestrale», dice Treinzen, «poi riprenderemo il mare diretti a Gibilterra da dove risaliremo, poi, verso la Germania».
L'ATTIVITÀ È durata, così, appena un anno l'attività di salvataggio della Minden nel mar Mediterraneo. «Un periodo nel quale abbiamo salvato circa diecimila persone». Un numero che sembra spropositato per un'imbarcazione tanto piccola («è stata progettata per cinquanta persone ma è stata riadattata per trasportarne centocinquanta). Non alto, invece, a giudicare dal tipo di intervento. «Questa nave è veloce: dunque, noi avevamo il compito di andare a recuperare nel minor tempo possibile i rifugiati. Poi, li caricavamo nelle navi più grandi». Tante persone salvate all'ultimo momento. «Ma abbiamo visto anche tanta altra gente morire davanti ai nostri occhi».
LA PARTENZA L'attività è andata avanti per un anno. «Qualche tempo dopo l'organizzazione ha acquistato la nave con una sottoscrizione popolare. Inizialmente, abbiamo operato tra la Grecia e la Turchia, in particolare nella attorno all'isola di Lesbo. Poi, quando la crisi si è spostata nel Mediterraneo centrale, siamo intervenuti». Un lavoro durissimo, in cui si è alternata la gioia per i salvataggi al dolore per le tante morti che i volontari non sono riusciti a evitare. Sino al “codice Minniti”.
L'ADDIO A quel punto, l'unica scelta possibile. «È diventato impossibile poter lavorare serenamente con tutte quelle restrizioni». La Minden, insieme alle altre navi delle Ong, si è ritrovata tra due fuochi. «Tra le richieste del governo italiano e le situazioni con le quali dovevamo fare i conti al largo delle coste libiche: ci è capitato più di una volta che le imbarcazioni di quel Paese si siano avvicinate minacciosamente a noi. Ci mostravano le armi e ci minacciavano». Tutte queste cose insieme hanno convinto la Minden a issare un'ideale bandiera bianca.
LE ACCUSE “Codice Minniti”, minacce libiche. E anche le accuse di Frontex e di alcuni magistrati italiani. «È vero, è stato detto che eravamo d'accordo con i trafficanti libici. Ma nessuna di queste accuse è stata mai provata. Era impossibile farlo dal momento che non c'era niente di vero». Secondo la “ricostruzione complottista”, le navi di alcune Ong spegnevano il transponder per poter entrare nelle acque libiche dove, d'accordo con i trafficanti di esseri umani, caricavano i migranti.
«Basta fare solo un ragionamento per rendersi conto della illogicità di queste accuse: è vero, staccando il transponder non si viene localizzati dalle autorità. Ma non si può essere neanche localizzati dai trafficanti. Come potrebbe avvenire il trasbordo se questi non saprebbero dove trovarci?». Accuse infondate. «Sarebbe stato sufficiente entrare nel sito “Marine traffic” per sapere in qualunque momento dove ci trovavamo».
IL FUTURO Ora la Minden (il nome deriva da una città Renania Settentrionale-Vestfalia) tornerà in Germania. E, forse, non prenderà più il mare. «Dopo il blocco della rotta del Mediterraneo centrale, c'è da capire che nuove strade prenderanno i migranti. Perché una cosa è certa: gli spostamenti non si fermeranno di certo. I rifugiati potrebbero arrivare in Grecia o in Spagna. A quel punto, cercheremo di capire se e come intervenire». Ma la nave (sulla sua attività Der Spiegel , la più importante rivista tedesca, ha realizzato uno splendido video di mezz'ora intitolato “Minden Replying”) potrebbe restare in porto. Ma l'attività dei volontari non si fermerà: loro, normalmente impiegati in altri lavori («io sono un uomo d'affari ma qui ci sono medici, professionisti», dice Treinzen), sono intenzionati ad andare avanti. «Faremo altre attività per aiutare queste persone. Potremmo spostarci in Africa, se riterremmo che il nostro contributo possa essere determinante».
Marcello Cocco
La Nuova
Guerra fredda tra la giunta e il governo
Settimana ad alta tensione: dall'impugnazione della legge sulle
manutenzioni alla questione migranti
CAGLIARIL'autunno della giunta sembra diventare sempre più rovente.
Sul tavolo la madre di tutte le battaglie, la legge urbanistica. Ma il
fronte si allarga anche per i rapporti sempre più freddi tra la giunta
e il governo. Il presidente Francesco Pigliaru ha chiesto al governo
di fermare gli sbarchi incontrollati di algerini nelle coste
dell'isola. Pigliaru lo ha fatto con una lettera formale al ministro
dell'Interno Marco Minniti.
L'offensiva del sabato sera è continuata
con una lettera al vetriolo dell'assessore all'Urbanistica Cristiano
Erriu al ministro della Cultura Dario Franceschini. Nella lettera una
critica forte al soprintendente Fausto Martino. «Attraverso molteplici
e discutibili dichiarazioni tanto alla stampa che attraverso blog e
social network, il Sovrintendente Fausto Martino, assume un
atteggiamento considerato da tanti inappropriato per un alto
funzionario dello Stato nei confronti dell'istituzione regionale,
esprimendo pareri di merito sulle scelte politiche dell'attuale
Giunta. L'atteggiamento critico e irrituale tenuto dal Soprintendente
- prosegue Erriu - si accompagna a una estenuante difficoltà di
interlocuzione con gli uffici locali del Ministero dei Beni e delle
Attività culturali sin dal momento dell'insediamento dell'attuale
governo regionale».
Una sorta di risposta di fuoco alle critiche
ricevute appena 24 ore prima dalla sottosegretaria alla Cultura Ilaria
Borletti Buitoni alle scelte urbanistiche della giunta Pigliaru,
definite in continuità con quelle della giunta di centrodestra guidata
da Ugo Cappellacci. Rapporti tesissimi, perché la settimana si era
aperta con un'altra bocciatura di Stato contro la giunta. La scelta
del consiglio dei ministri di impugnare la legge sulle manutenzioni
appena approvata dal consiglio regionale. La legge è considerata in
contrasto con le prerogative del governo. Ma il clima ad alta tensione
sembra destinato a crescere. Difficile che la sottosegretaria faccia
marcia indietro e chieda scusa alla giunta.
Al contrario la frattura
tra la giunta e una parte di intellettuali, architetti, ambientalisti
e urbanisti sardi sembra diventare profonda e incolmabile. Una
frattura ancora più dolorosa, perché arriva dalla stessa parte
politica, il centrosinistra, in cui la maggioranza cerca il consenso.
All'orizzonte si staglia l'altra montagna che la giunta Pigliaru dovrà
scalare in queste settimane: la riorganizzazione della rete
ospedaliera.Il Cal ha espresso parere negativo, e in molte parti
dell'isola continua la contestazione.
Autovelox fantasma lo stop del ministero
La direttiva del governo impone che siano segnalati con grande evidenza
Nell'isola a rischio gli occhi elettronici fissi messi dai Comuni sulle statali
di Luca Rojch
SASSARIIl governo rimette ordine nella giungla degli occhi
elettronici. La sfida tra autovelox sempre più sofisticati e
automobilisti dal piede di piombo è interrotta dallo stop del
ministero. Non ci saranno più le paparazzate autostradali, gli scatti
rubati da sistemi di controllo quasi invisibili.Macchine fotografiche
di postazioni fisse e mobili dovranno essere segnalate in modo
adeguato, con cartelli messi a breve distanza dal posto in cui c'è
l'autovelox. E in tutta la strada si dovrà segnalare se esistono
dispositivi che misurano la velocità e indicare anche quali sono le
forze dell'ordine che rilevano la velocità. Questa disposizione vale
sia per i dispositivi fissi, che per quelli mobili. Le nuove
disposizioni arrivano dal ministro dell'Interno Marco Minniti che ha
cercato di fare un po' di chiarezza nella giungla degli autovelox. Si
cerca in questo modo di evitare che le multe fatte con gli autovelox
vengano impugnate. Le norme.
Le nuove regole sono precise. La distanza
massima tra il cartello con la segnalazione del controllo di velocità
e la postazione deve essere al massimo di 4 chilometri. E il cartello
deve essere ripetuto ogni volta che c'è un intersezione con una strada
secondaria. Indicativamente le segnalazioni devono avere una distanza
minima: 150 metri per le strade extraurbane, secondarie e urbane a
scorrimento veloce in cui si va a più di 50 chilometri all'ora. 80
metri per tutte le altre. Guai per i Comuni. Nella direttiva si
critica anche l'utilizzo indiscriminato degli autovelox. Si devono
utilizzare in tratti di strada pericolosi e devono essere segnalati in
modo adeguato. In altre parole l'automobilista deve essere in grado di
vederli. Questo mette in difficoltà molti Comuni nell'isola.
Perché in
Sardegna gli unici autovelox fissi sono stati messi dai Comuni. I
maligni dicono per fare cassa, gli amministratori sostengono per
dissuadere gli automobilisti dallo schiacciare il pedale
dell'acceleratore in tratti particolarmente pericolosi. In Sardegna i
pericoli della strada sembrano essere concentrati tutti nel sud
dell'isola.La mappa. Il più famoso è sulla 131 poco prima del bivio di
Monastir. L'ha installato il Comune otto anni fa. Solo nel 2016 ha
rilevato oltre 5 mila infrazioni. La metà sono turisti. Per un totale
di 1,2 milioni di euro finiti nelle casse dell'amministrazione. Su un
totale complessivo del bilancio di 6 milioni. L'Anas ha scritto al
Comune e chiede che l'autovelox venga spento per sempre.
L'amministrazione si oppone e ritiene che il ruolo di deterrente resti
fondamentale. Gli altri autovelox si trovano tutti nel sud dell'isola.
A Cagliari ne è stato installato uno nell'asse mediano dopo una lunga
serie di incidenti mortali. Uno a Elmas in direzione Iglesias. Uno a
Decimomannu nella statale 130 che porta a Cagliari. Uno a Iglesias,
all'altezza della frazione di Bindua. Un altro potrebbe esserci a
Nuraminis. La sindaca vorrebbe installarne uno sulla 131 all'altezza
del bivio, ancora un punto pericoloso che doveva essere messo in
sicurezza dall'Anas. Ma ora le autorizzazioni sembrano più complicate
da ottenere.
C'era anche l'autovelox fisso a Las Plassas, sempre nel
sud dell'isola, ma una serie infinita di ricorsi e contenziosi ha di
fatto spegnere per sempre il sistema. Il tutor sulla 131 all'altezza
di San Teodoro non è mai entrato davvero in funzione dopo una pioggia
di ricorsi. Ma in fondo in Sardegna le regole vengono rispettate molto
di più. Il dato nazionale rivela che il 70 per cento delle infrazioni
rilevate nelle città è fatto con autovelox nascosti.
Unione Sarda
Ong, lo sfogo passa da Cagliari «Fango in cambio dei soccorsi»
Intervista sulla Minden, una delle navi sotto accusa lungo la rotta dei migranti
Quel nome, Minden, è finito nel rapporto Frontex che ha metteva sotto
accusa le navi delle Ong, impegnate a salvare migranti nel mar
Mediterraneo. Ed è stato, immediatamente, utilizzato dal procuratore
di Catania Carmelo Zuccaro nell'inchiesta sui collegamenti, mai
dimostrati, tra Ong e trafficanti libici di esseri umani. Un'inchiesta
che sembra essersi arenata. Ma che, nel frattempo, ha portato il
Governo Gentiloni ad adottare la linea dura: non a caso, qualche mese
più tardi il ministro dell'Interno Marco Minniti ha varato il codice
di comportamento che porta il suo nome.
IL RIENTRO «Il Minniti codex ha ucciso la nostra attività». Roland
Treinzen è il portavoce della Minden, la nave della Ong tedesca
“LifeBoat project” che, ieri, ha sostato per qualche ora nella “calata
via Roma” del porto di Cagliari, prima di riprendere il viaggio di
rientro verso la Germania. I volontari hanno cercato di resistere per
un po'. Poi, quando hanno capito che l'attività di salvataggio era
diventata praticamente impossibile, hanno deciso di arrendersi. «Ci
siamo fermati in attesa che cali il maestrale», dice Treinzen, «poi
riprenderemo il mare diretti a Gibilterra da dove risaliremo, poi,
verso la Germania».
L'ATTIVITÀ È durata, così, appena un anno l'attività di salvataggio
della Minden nel mar Mediterraneo. «Un periodo nel quale abbiamo
salvato circa diecimila persone». Un numero che sembra spropositato
per un'imbarcazione tanto piccola («è stata progettata per cinquanta
persone ma è stata riadattata per trasportarne centocinquanta). Non
alto, invece, a giudicare dal tipo di intervento. «Questa nave è
veloce: dunque, noi avevamo il compito di andare a recuperare nel
minor tempo possibile i rifugiati. Poi, li caricavamo nelle navi più
grandi». Tante persone salvate all'ultimo momento. «Ma abbiamo visto
anche tanta altra gente morire davanti ai nostri occhi».
LA PARTENZA L'attività è andata avanti per un anno. «Qualche tempo
dopo l'organizzazione ha acquistato la nave con una sottoscrizione
popolare. Inizialmente, abbiamo operato tra la Grecia e la Turchia, in
particolare nella attorno all'isola di Lesbo. Poi, quando la crisi si
è spostata nel Mediterraneo centrale, siamo intervenuti». Un lavoro
durissimo, in cui si è alternata la gioia per i salvataggi al dolore
per le tante morti che i volontari non sono riusciti a evitare. Sino
al “codice Minniti”.
L'ADDIO A quel punto, l'unica scelta possibile. «È diventato
impossibile poter lavorare serenamente con tutte quelle restrizioni».
La Minden, insieme alle altre navi delle Ong, si è ritrovata tra due
fuochi. «Tra le richieste del governo italiano e le situazioni con le
quali dovevamo fare i conti al largo delle coste libiche: ci è
capitato più di una volta che le imbarcazioni di quel Paese si siano
avvicinate minacciosamente a noi. Ci mostravano le armi e ci
minacciavano». Tutte queste cose insieme hanno convinto la Minden a
issare un'ideale bandiera bianca.
LE ACCUSE “Codice Minniti”, minacce libiche. E anche le accuse di
Frontex e di alcuni magistrati italiani. «È vero, è stato detto che
eravamo d'accordo con i trafficanti libici. Ma nessuna di queste
accuse è stata mai provata. Era impossibile farlo dal momento che non
c'era niente di vero». Secondo la “ricostruzione complottista”, le
navi di alcune Ong spegnevano il transponder per poter entrare nelle
acque libiche dove, d'accordo con i trafficanti di esseri umani,
caricavano i migranti. «Basta fare solo un ragionamento per rendersi
conto della illogicità di queste accuse: è vero, staccando il
transponder non si viene localizzati dalle autorità. Ma non si può
essere neanche localizzati dai trafficanti. Come potrebbe avvenire il
trasbordo se questi non saprebbero dove trovarci?». Accuse infondate.
«Sarebbe stato sufficiente entrare nel sito “Marine traffic” per
sapere in qualunque momento dove ci trovavamo».
IL FUTURO Ora la Minden (il nome deriva da una città Renania
Settentrionale-Vestfalia) tornerà in Germania. E, forse, non prenderà
più il mare. «Dopo il blocco della rotta del Mediterraneo centrale,
c'è da capire che nuove strade prenderanno i migranti. Perché una cosa
è certa: gli spostamenti non si fermeranno di certo. I rifugiati
potrebbero arrivare in Grecia o in Spagna. A quel punto, cercheremo di
capire se e come intervenire».
Ma la nave (sulla sua attività Der
Spiegel , la più importante rivista tedesca, ha realizzato uno
splendido video di mezz'ora intitolato “Minden Replying”) potrebbe
restare in porto. Ma l'attività dei volontari non si fermerà: loro,
normalmente impiegati in altri lavori («io sono un uomo d'affari ma
qui ci sono medici, professionisti», dice Treinzen), sono intenzionati
ad andare avanti. «Faremo altre attività per aiutare queste persone.
Potremmo spostarci in Africa, se riterremmo che il nostro contributo
possa essere determinante».
Marcello Cocco
I consiglieri Meloni (Pd), Rubiu (Udc) e Locci (FI) d'accordo con Pigliaru
«Giusto limitare i flussi nel Sulcis, basta con l'accoglienza sbagliata»
«La lettera al ministro Minniti? Credo che la preoccupazione del
presidente Pigliaru sia del tutto legittima. La questione migranti è
complessa. Sono d'accordo che i numeri finora registrati in Sardegna,
almeno rispetto ad altre regioni, siano irrilevanti o, quantomeno, non
drammatici». Giuseppe Meloni, gallurese, consigliere regionale del
Partito democratico, è d'accordo sulla forma scelta dal capo
dell'esecutivo per sollevare il problema sardo degli sbarchi. Che sono
quelli avvenuti nelle coste sulcitane in questi ultimi anni e che
stanno proseguendo senza soluzione di continuità.
MALESSERE «Il malessere e l'insofferenza di molti cittadini - spiega
Meloni - sono diffusi anche da noi, si percepiscono.
Ma non credo che
Pigliaru si sia mosso per assecondare una certa politica populistica
alla Salvini. Piuttosto, penso che sia il giusto timore che l'attuale
fenomeno diventi incontrollabile. Già stiamo vedendo le difficoltà nel
gestire l'accoglienza, ammesso che la si voglia definire tale in
queste condizioni. E sappiamo pure che molti immigrati, appena
identificati, cercano ogni possibilità per andarsene dall'Isola. Ma
fin quando restano qui spetta a noi dare delle risposte».
FUORI CONTROLLO La preoccupazione del governatore è la stessa di Gigi
Rubiu, iglesiente, consigliere regionale dell'Udc: «È una situazione
fuori controllo - dice - e non mi sembra che la giunta Pigliaru abbia
adottato una linea chiara sull'argomento. Se ora ha deciso di alzare
la voce va bene, è corretto da parte sua e, per quanto ci riguarda,
non possiamo che auspicare che ottenga i risultati sperati. È arrivato
il momento in cui occorre mettere da parte l'ipocrisia e guardare alle
cose concrete».
OSPITALITÀ Aggiunge Rubiu: «L'ospitalità è un concetto nobile e
condivisibile ma nel modo in cui viene declinato in Sardegna non può
andar bene. Pensi che in Spagna, in un anno intero sono arrivati solo
mille migranti, da noi questo numero viene raggiunto a Porto Pino e
Sant'Antioco, ma se aggiungiamo le migliaia che sbarcano dalle navi
delle organizzazioni non governative, la cifra va moltiplicata».
L'esponente politico ha un altro dubbio: «Mi chiedo come facciano ad
arrivare nel Sulcis con dei barchini improbabili. Perché nessuno è mai
andato a controllare le navi che si avvicinano alla Sardegna per
capire se non abbiano viaggiato con quelle? È una risposta che aspetto
da tempo. Comunque sia, sono obiettivo: la sortita di Pigliaru è
positiva e apprezzabile. E in questa battaglia sarò al suo fianco».
TUTTI A SPASSO Posizione, seppure con dei distinguo, simile a quella
di Ignazio Locci, sulcitano, sindaco di Sant'Antioco e consigliere
regionale di Forza Italia: «Sono d'accordo sul fatto che bisognerebbe
limitare i flussi - dice - soprattutto perché questi giovani
nordafricani finiscono per incrementare il numero di chi sta a zonzo
nel quartiere Marina di Cagliari, a chiedere l'elemosina se non, come
è accaduto, a delinquere. Io non sono allarmista, anzi. Però,
l'accoglienza pelosa va superata, bisogna trovare una soluzione che
non sia il semplice parcheggio, peraltro pagato profumatamente, in
edifici abbandonati o alberghi chiusi da anni.
Prendo atto della
lettera di Pigliaru, ma non vorrei che fosse un messaggio per una
partita di scambio, una lamentela finta per puntare ad altro. Mi
spiego: quando la giunta regionale è in difficoltà su temi come
urbanistica, sanità e fisco, di solito tira fuori le servitù militari
e altri argomenti per tentare di sviare le attenzioni del momento.
Staremo a vedere».
IL PROGETTO Intanto, la giunta Pigliaru comunica che “per i migranti
presenti nel territorio regionale sarà possibile svolgere attività di
volontariato sociale”. L'iniziativa è stata inserita nel sito
dell'Osservatorio interregionale cooperazione e sviluppo. È stata
pubblicata la manifestazione di interesse per la presentazione di
progetti sperimentali per realizzare attività di pubblica utilità
promosse dai Comuni con le associazioni e gli enti gestori delle
strutture straordinarie di accoglienza. Il coordinamento sarà curato
dalla Protezione civile. ( v. f. )
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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