lunedì 25 settembre 2017

Rassegna stampa 25 Settembre 2017

«Seguiamo Obama, non scelte alla Bertinotti che hanno fatto vincere la destra» Il segretario del Pd chiude la Festa de L'Unità con un partigiano sul palco Renzi: «Noi o i populisti» È già scontro con Di Maio.

«O vincono loro, quelliche urlano, i populisti, o vinciamo noi». Matteo Renzi si mette «in cammino» verso le elezioni. E prova ad andare oltre il dibattito sulla legge elettorale, le alleanze con la sinistra «alla Bertinotti», le liti nel Pd. Sono discussioni che fanno «perdere», ammonisce. Mentre gli altri, i veri avversari da battere, la destra e i Cinque stelle, sono già in campo. Da Rimini, dove si è preso la scena nel weekend, Luigi Di Maio promette di prendere i voti dell'astensione con ricette «né di destra né di sinistra» per un governo «di riscossa». E invece ci vuole «competenza», ribatte Renzi, e una «squadra» che da sinistra crea lavoro e abbassa le tasse: «Abbiamo portato il Paese fuori dalla crisi ma non basta - avverte - sarà una partita difficile per fermare i populisti».

Renzi si cala tra i volontari della festa dell'Unità, che lo invitano a «non mollare», incontra chi gli racconta di aver pianto per la scissione e porta sul palco Vittorio Gardi, partigiano che ha vissuto 71 feste dell'Unità. Da qui, è il messaggio lanciato anche dalla scenografia, trae la sua forza: dai numeri della «più grande comunità politica d'Europa», dai Millennials che devono «mettersi alla stanga» e dalla «squadra» che ha con sé sul palco. Si va dai renziani come Maria Elena Boschi al critico Dario Franceschini, da Marco Minniti - assai applaudito - a Graziano Delrio, ieri assente («L'amalgama funziona, Delrio fa la sinistra, Minniti la destra e se pensate da dove arrivano...»).

Non c'è Paolo Gentiloni ma a lui Renzi ribadisce «sostegno». Ai dirigenti e alla minoranza, i cui leader sono assenti, dice: «Usciamo dalla modalità litigio, ed entriamo in campagna elettorale o c'è il rischio di perdere». Il leader Pd cita Enrico Berlinguer sull'Europa, Walter Veltroni a dieci anni dalla nascita del Pd e Barack Obama, con cui sarà a Chicago il 31 ottobre. Un pantheon ideale con cui lancia l'affondo a D'Alema, Bersani – ma non fa nomi - e alla «presunta sinistra che ci ha educato alla ditta e l'ha lasciata per un risentimento personale». Pisapia gli chiede primarie di coalizione? Mancano le basi - dicono i Dem - se dice no al Rosatellum, la legge con coalizioni proposta dal Pd.

Ma Renzi neanche ne parla e la mette così: «Noi seguiamo Obama, non la sinistra di Bertinotti che ha fatto vincere la destra» e ora minaccia di far cadere il governo per un «ricatto sul Def». Nel giorno dell'avanzata dell'ultradestra in Germania, è però sui «populisti» che va giù duro Renzi. Dopo aver perso in diversi Paesi, afferma, in Italia giocheranno «tutte le loro carte». E allora è feroce l'attacco a Matteo Salvini: «Lega ladrona, Roma vi ha perdonato anche troppo», dice parafrasando lo slogan leghista. Ma anche ai Cinque stelle «I dipendenti di un'azienda che fa software scelgono il leader su base dinastica, di padre in figlio. Noi abbiamo fatto primarie con 2 milioni di elettori, loro con 37 mila. Noi abbiamo creato 900 mila posti di lavoro, loro vogliono farne zero e dare un sussidio a tutti». La battaglia sarà «difficile»: la campagna elettorale è cominciata.


Unione Sarda

Stato-Regione

Entrate, sfida al governo: «Lottiamo fino in fondo»
Da aprile nessuna risposta sugli accantonamenti. Paci: mobilitazione

A parole, tutti disponibili: «Avete ragione a chiedere di ridurre gli
accantonamenti», dicono ministri e sottosegretari ai rappresentanti
della Regione, quando si parla delle somme che la Sardegna versa per
colmare la voragine del debito pubblico nazionale. Solo che non
seguono i fatti: «Nonostante continue sollecitazioni, non c'è ancora
nessuna risposta concreta», lamenta l'assessore al Bilancio Raffaele
Paci: «Solo generiche manifestazioni di “attenzione” per il nostro
problema».
Sa un po' di presa in giro, anche se Paci non lo dice. E però, pur con
tutto il suo aplomb istituzionale, il vicepresidente della Regione
fatica a nascondere l'irritazione della Giunta, per una vertenza che
da aprile sembra del tutto impantanata.

LE CIFRE L'oggetto del contendere è molto concreto: 684 milioni
all'anno di entrate che spettano all'Isola, ma sono trattenute dallo
Stato come contributo al risanamento del debito. Un peso che grava su
tutte le regioni, ma che la Giunta ritiene sproporzionato per due
ragioni: perché la Sardegna ha subìto più di altre la crisi, e senza
quelle risorse non può agganciare la ripresa; e perché lo Stato ha
aumentato unilateralmente il carico, anno dopo anno, tradendo
l'accordo sulle entrate del 2014 (quando gli accantonamenti c'erano
già, ma in misura inferiore).

«Non siamo ingenui, sappiamo che per un governo a fine legislatura è
difficile fare concessioni», riflette Paci: «Però noi abbiamo solide
ragioni, condivise dal sottosegretario agli Affari regionali,
Gianclaudio Bressa». Con lui Paci ha a lungo discusso il dossier della
Giunta che rivendica la «drastica riduzione» degli accantonamenti.
Poi, ad aprile, il confronto si è spostato a Palazzo Chigi (con la
sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi), e
si sperava che fosse il preludio a un accordo.

LA LETTERA Invece, da allora, non si sono più registrate no
vità. Anche di recente il presidente Francesco Pigliaru ha scritto al premier
Paolo Gentiloni per ricordare la questione, ma non si è smosso
alcunché. «Il governo non ha neppure indicato, come controproposta
alle nostre richieste, una cifra da cui avviare la trattativa», nota
Paci. E quindi, di fatto, una vera trattativa non c'è. La Regione ha
indicato in 200 milioni gli accantonamenti “indiscutibili”: non si
pretende di arrivare a tanto, ma tra 200 e 684 si possono trovare vie
di mezzo virtuose.

Che serva un'intesa, sul punto, non lo dicono solo Paci e Pigliaru
(che a marzo definì «fardello inaccettabile» la dimensione dei
sacrifici richiesti alla Sardegna). Lo ha detto anche la Corte
costituzionale, affermando che gli accantonamenti imposti dalla legge
di stabilità nazionale sono legittimi, ma non possono essere eterni, e
neppure - appunto - unilaterali. «La Corte ha respinto il nostro
ricorso contro la legge di stabilità - ricorda l'assessore - ma ci ha
dato ragione su quei princìpi: però non può fissare la cifra corretta
da chiedere alle regioni, e neppure obbligare il governo a trattare».

STRATEGIE Sembra una strada senza uscita, ma non è detto. Paci nei
giorni scorsi, intervenendo in Consiglio regionale, ha rilanciato
questo tema, definendolo cruciale per l'ultima parte della
legislatura. Ora aggiunge: «Serve una grande mobilitazione politica.
Per quanto riguarda la Giunta, proseguiremo il percorso istituzionale.
Ma siamo anche pronti ad andare fino in fondo».
Cosa voglia dire «andare fino in fondo» il vicepresidente non lo dice.
Ma si può fare qualche congettura, data l'intenzione, da lui
dichiarata, di approvare il bilancio regionale entro dicembre, senza
il consueto esercizio provvisorio. Una rapidità che lascia ipotizzare
qualche forzatura sugli accantonamenti, magari per finire nuovamente
davanti alla Corte costituzionale e contestare al governo la mancata
volontà di trattare.

Paci non conferma («certo non possiamo spendere soldi che lo Stato non
ci dà»), ma la partita è ancora tutta da giocare. «Non è solo una
questione di principio», prosegue: «Ormai la Finanziaria è fatta quasi
tutta di spese obbligatorie, ha una massa manovrabile di 30-40
milioni. Anche un taglio di soli 100 milioni degli accantonamenti
libererebbe risorse importanti per lo sviluppo». Ma una cosa è sicura:
«Malgrado accantonamenti e rincari della sanità, la nostra manovra non
prevederà ticket né aumenti di tasse».
Giuseppe Meloni

Tre anni di alti e bassi nel rapporto con Roma- Un muro sulle servitù

Le aspettative iniziali, diciamolo, erano ben altre. L'irruzione di
Matteo Renzi a Palazzo Chigi, nei giorni della vittoria di Francesco
Pigliaru alle Regionali (febbraio 2014), faceva pensare a una proficua
collaborazione tra governo e Giunta. Il Professore e il Rottamatore
sembravano in sintonia sulle idee per lo sviluppo economico, tanto che
Pigliaru si era pronunciato per Renzi già alle primarie del 2012,
quando Bersani andava più di moda. E poi c'era stato quell'incontro
durante la campagna elettorale sarda, una traversata in macchina lungo
tutta la 131 in cui Renzi aveva potuto apprezzare molte idee del
futuro presidente. Sarà un caso, ma poco tempo dopo cominciò a parlare
di un piano nazionale per l'edilizia scolastica, come quello promesso
da Pigliaru.

BILANCI Con queste premesse, è difficile non essere un po' delusi dai
risultati effettivi delle trattative di questi anni tra governo
(Gentiloni compreso) e Regione. Non che l'Isola non abbia ottenuto
niente: anzitutto il Patto per la Sardegna, del luglio 2016 (va detto
che Renzi firmò analoghi “Patti” con tutte le regioni del Sud, per
molti una ricerca di consensi in vista del referendum costituzionale).
Ma su molti fronti il governo è parso tutt'altro che amico, ammesso
che lo sia stato su altri.

Soprattutto sulle servitù militari il «tavolo» spesso citato sembra
poco più che una mera questione di arredamento. Pigliaru ha collocato
in alto l'asticella, chiedendo un «significativo ridimensionamento»
della presenza militare, con chiusura o riduzione di alcuni poligoni.
Ma la resistenza delle forze armate è enorme. Difficile ottenere
qualcosa di concreto. Sbloccati invece gli indennizzi ai pescatori
danneggiati dalle esercitazioni.

Va meglio il dialogo sull'ex Arsenale della Maddalena, per il
completamento della ristrutturazione e la gestione futura.
Nell'ultimo, recente incontro tra Pigliaru e la sottosegretaria alla
presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, si è ipotizzato un
commissario per velocizzare gli interventi.

LA FINANZA Sempre Boschi gestisce la questione accantonamenti, ma dopo
il vertice del 20 aprile con l'assessore al Bilancio Raffaele Paci non
ci sono state aperture. Eppure l'accordo sulle entrate del 2014
sembrava rafforzare l'asse di ferro Renzi-Pigliaru. A prescindere
dall'effettiva convenienza dell'intesa, contestata dal centrodestra e,
in seguito, da parti della maggioranza. È un fatto che da allora la
Regione e i sindaci non protestano più per il Patto di stabilità, che
impediva di spendere tutte le risorse. Ma si dovettero ritirare i
ricorsi finanziari contro lo Stato. «Non sono per niente pentito di
aver firmato», conferma oggi Paci: «Il ritiro dei ricorsi era la
condizione per superare il Patto, e così ora stiamo pagando anno dopo
anno gran parte dei 5 miliardi di debiti residui verso imprese ed enti».

MOBILITÀ Segnali contraddittori anche sulla vertenza trasporti. Dopo
la consegna al governo del dossier che calcolava lo svantaggio
competitivo determinato dall'insularità, Pigliaru ha ottenuto 30
milioni all'anno per la nuova continuità territoriale aerea. Ma gli
investimenti sulla rete ferroviaria, previsti dal Patto per la
Sardegna, per ora sono lontani dall'attuazione.

Nel Patto ci sono anche 400 milioni per la rete del metano, inserita
nella Strategia energetica nazionale. Si tratta di vedere quanto la
concorrenza dei due progetti per la dorsale rallenterà l'operazione. A
proposito di lavori: l'ex assessore Paolo Maninchedda aveva aperto un
duro conflitto con l'Anas, che pur avendo in cassa grandi somme per le
strade dell'Isola fatica a essere puntuale nei suoi interventi.
Tra le note positive ma ancora virtuali, la chimica verde: Claudio
Descalzi, manager Eni, confermando a maggio il progetto Matrica a
Porto Torres, ha dato merito alle insistenze di Pigliaru. Ma anche
qui, dopo le parole, si attendono i fatti. (g. m.)

«Serve più forza, anche sulla continuità»
L'opinione dei parlamentari sardi: si apra un tavolo politico unico

«I rapporti con Roma non sono affatto buoni, e gran parte delle
responsabilità sono della Regione. Questa Giunta non ha preso
iniziative sufficienti sulle entrate, nella gestione di alcuni
capitoli della Sanità, e sulla continuità territoriale. Per non
parlare poi delle servitù militari: abbiamo il peso maggiore e siamo
gli unici a non aver fatto alcun accordo concreto». Luciano Uras,
senatore di Campo Progressista, lo sostiene da tempo e lo ribadisce:
«Il Governo ha disatteso tutti gli impegni assunti in sede
parlamentare nei confronti della Sardegna, eppure l'esecutivo Pigliaru
ha rigettato la strategia proposta da me e dal deputato Roberto
Capelli per aprire un unico tavolo politico di confronto che affronti
tutti i temi, invece dei numerosi tavolini tecnici sulle singole
questioni».

Tutti d'accordo i parlamentari sardi, oltre la grande vertenza sul
fisco, ci sono i trasporti e l'insularità che gridano vendetta.
Il senatore di Forza Italia Emilio Floris non ha dubbi: «Per lo
sviluppo e la competitività dobbiamo avere una vera continuità. Sui
rapporti tra Governo e Regione non conosciamo i dettagli, però
valutiamo i risultati, e sono decisamente poco soddisfacenti. Sulla
continuità territoriale nulla o poco è stato fatto, l'obiettivo del
riconoscimento di un punto di partenza uguale per tutti non è né di
destra né di sinistra. Pari opportunità sugli spostamenti e, insieme,
il riconoscimento dello stato di disagio dovuto all'insularità,
dovrebbero essere i risultati minimi nei quali tutto il popolo sardo
deve trovarsi unito. La Regione ci dovrebbe credere di più, e lo Stato
dovrebbe sostenere la Sardegna in questa battaglia, prima in Italia,
poi in Europa».

Pierpaolo Vargiu, deputato dei Riformatori, sottolinea: «Preferiamo
che ci regalino i pesci o essere messi nelle condizioni di poter
pescare? Il tema è: la Sardegna è Italia? Allora deve avere gli stessi
diritti degli altri territori. Più che chiedere soldi a Roma, è
necessario avere le condizioni infrastrutturali di base che ci
consentano di dimostrare che valiamo. Facilità negli spostamenti,
costi bassi dei trasporti per persone e merci, tariffe energetiche
come le altre regioni, ferrovie interne elettrificate, università con
risorse adeguate, Internet veloce: dobbiamo avere pari opportunità».
Aggiunge Vargiu: «Mi sembra che se l'atteggiamento iniziale della
Giunta era rinunciatario, perché si voleva “andare d'accordo” con lo
Stato, ora, dopo le fregature che ci siamo presi, la prospettiva sia
cambiata».

Dice Bruno Murgia, deputato di Fratelli d'Italia: «Tutte le partite
fondamentali sono aperte, nessun passo avanti è stato fatto su fisco,
insularità, trasporti e continuità territoriali. Un fallimento dietro
l'altro, anche l'immigrazione clandestina dimostra quanto la Giunta
non sia stata capace di farsi sentire e valere. E poi, con i dossier
irrisolti, si preoccupano dell'indipendenza della Catalogna, usandola
come arma di distrazione di massa». (red. pol.)

MOLENTARGIUS. Visita di Pigliaru: una centralina dell'Arpas
verificherà la qualità dell'aria Appello di Zedda: «Chi sa parli»
Il vice presidente del Parco invita a denunciare per tempo

«Ora l'importante è superare l'emergenza, poi sarà necessario
intervenire per le bonifiche». Il sindaco metropolitano Massimo Zedda
è anche alla guida del Parco di Molentargius da quando si è dimessa la
presidente Lalla Pulga ma sulla vicenda dei roghi ha tenuto un basso
profilo: «In questi casi ci si applica per spegnere l'incendio, non
per apparire sui giornali».

Nel frattempo il sindaco di Quartu ha firmato una nuova ordinanza per
chiudere un'altra scuola, l'asilo Forme e colori di via Boccherini, al
limite della zona rossa in cui sono scattati i divieti, e dovrà
restare chiuso per tutta la settimana o comunque fino allo spegnimento
dell'incendio.

LA VISITA DI PIGLIARU Ieri mattina nella terra dei fuochi a pochi
passi da viale Marconi ha fatto un sopralluogo anche il presidente
della Regione Francesco Pigliaru, una visita informale per vedere la
situazione. Questa mattina invece arriva l'Arpas per sistemare una
centralina che dovrà verificare la qualità dell'aria. «La centralina
verrà posizionata in accordo con l'amministrazione comunale secondo le
procedure tecniche necessarie - spiegano dalla Regione - la richiesta
della centralina mobile per il monitoraggio è arrivata venerdì durante
la riunione del Coc, il Centro operativo comunale, attivato dal
sindaco di Quartu. La Regione Sardegna è stata presente a tutti i
tavoli tecnici convocati per l'emergenza con le strutture dell'Arpas,
del Corpo forestale e della Protezione civile, impegnate anche nei
diversi sopralluoghi per monitorare gli eventi in atto e i lavori in corso».

TAVOLO TECNICO Anche il vicepresidente del Parco assicura che
l'impegno per risolvere il problema dei fumi maleodoranti è costante.
«Ero in Prefettura al tavolo tecnico di martedì scorso. Al termine di
quella riunione la prefetta ha dato compito al Comune di Quartu di
coordinare gli interventi e convocare il Coc», spiega Zedda, «il Parco
si occupa della gestione ordinaria e non ha risorse e competenze per
interventi straordinari, ogni qualvolta si verifica un problema in
quell'area non abbiamo capacità di intervento ma ogni Comune opera per
il suo territorio di competenza». Il Centro operativo comunale ha poi
deciso che sarebbe servita una strada per arrivare sul posto perché si
stavano squagliando le scarpe di forestali e vigili del fuoco ed è
stato necessario fare una mini-gara per appaltare i lavori.

LE SCARPE E LE PROCEDURE «Serviva una procedura negoziata d'urgenza e
il direttore del parco Papoff, peraltro dirigente del Comune di
Cagliari, ha detto che avevamo qualcosa disponibile al volo ma non
c'erano i tempi per fare una gara, anzi la mancata adozione di una
procedura in via d'urgenza avrebbe determinato la commissione di un
reato: venerdì l'impresa era già all'opera».
L'urgenza è quella di spegnere il fuoco e far cessare i fumi che
stanno infestando l'aria, ma è altrettanto importante scoprire quali
siano le sostanze che stanno bruciando e verificare se ci siano altre
discariche nascoste nel parco come mine inesplose. «Dopo aver risolto
il problema dei fumi bisogna verificare quali materiali sono presenti
e se c'è veramente una bomba ecologica. A quel punto si dovrà
intervenire con la bonifica e il Comune con la Regione deve fare
verifiche in altri luoghi e cercare di impedire gli ingressi in quelle
aree», dice ancora Zedda che lancia un appello a chi conosce bene la
storia di quelle aree. «Chi sa qualcosa parli, chi conosce altri punti
utilizzati come discariche, e non parlo di piccoli scarti, lo dica
prima che si crei una situazione del genere: denunciate per tempo».

LE BONIFICHE L'intervento da 120 miliardi di lire che ha trasformato
l'area di Molentargius non ha garantito la bonifica da tutte le
discariche e, nonostante ospiti fenicotteri e altre specie pregiate,
c'è ancora tanta spazzatura. «Ci sono quei 15 milioni per i progetti
di rilancio e sono d'accordo che una parte si possa destinare a
interventi urgenti di bonifica ma a un solo patto - conclude il
sindaco metropolitano - che la Regione ce li restituisca perché è
inutile pulire se poi le persone non possono fruirne: quei fondi non
servono solo per sistemare le passeggiate e la cura del parco ma anche
per interventi fondamentali come il rilancio della produzione del sale
a Molentargius». Marcello Zasso

Grillo-choc: i sardisti puzzano
È polemica sulle parole pronunciate dal fondatore dei Cinquestelle al
meeting di Rimini Solinas (Psd'Az): chieda scusa. Puddu (M5S): Beppe ama l'Isola

«Belìn, c'è una puzza di ascelle che neanche nel Partito sardo
d'azione». Le luci del palco di Rimini - quello della festa
pentastellata che ha incoronato Luigi Di Maio - erano già spente da
qualche ora quando Beppe Grillo, nella penombra di un locale notturno,
si lascia scappare una frase: l'obiettivo è strappare un sorriso alle
persone vicine, il risultato è l'indignazione dei sardisti e non solo,
visto che quelle parole sono state captate e trascritte da un
giornalista del Messaggero. «Impossibile, Beppe ama troppo l'Isola per
aver detto una cosa del genere», è la difesa del M5S nell'Isola. Ma ai
tempi dei social network (dove la frase incriminata ha rimbalzato per
tutta la giornata), è difficile arginare la stizza e le polemiche per
certe frasi, come imparò a sue spese Paolo Villaggio.

I SARDISTI Tra quelli che non hanno apprezzato la battuta del
fondatore del Movimento ci sono, ovviamente, gli esponenti del Psd'Az.
Il segretario Christian Solinas non è tenero nei confronti del comico
genovese: «Siamo da sempre, fieramente ed orgogliosamente, un partito
rappresentativo di un popolo e di una terra alla quale Grillo dovrebbe
rispetto e deferenza, se non altro per il sacrificio sulle trincee del
Carso e del Monte Zebio di intere generazioni di propri giovani.
Ragazzi che hanno dato la loro vita per realizzare e difendere i
confini di quell'Italia che oggi egli si candida a governare con il
suo Movimento». Nessuna attenunante.

Non c'è licenza satirica che
tenga: «Certe espressioni qualificano chi le pronuncia e svelano
finalmente quale sia il loro concetto borghese e salottiero del
popolo, da incantare ed usare per i propri fini. Bene farebbe Grillo a
fare ammenda e chiedere pubblicamente scusa ai sardi ed al Partito
sardo d'azione», continua Solinas, che invita Grillo alla prossima
conferenza programmatica sardista, per «verificare personalmente che
l'unico odore che si respira in casa nostra, tolto l'aroma del cisto,
dei ginepri e del vento che spazza dal mare i nostri monti, è quello
della storia».

«INSULTA UN POPOLO» Ancora più ruvido Angelo Carta, capogruppo
sardista in Consiglio regionale: «Grillo ha un'idea distorta della
Sardegna perché non la conosce veramente. Si limita alla Costa
Smeralda, dove va ogni estate come i ricconi. È un giullare, e ai
giullari era concesso dire tutto: purtroppo lo seguono milioni di
persone, che spero si ravvedano». Sulla portata della frase, Carta non
ha dubbi: non si tratta solo di un insulto per il Psd'Az, ma «di
un'offesa indirizzata a tutti i sardi. Evidentemente ha individuato
nel nostro partito un emblema. Però nel suo mirino c'è un popolo intero».

INDIGNAZIONE INUTILE Non tutti sono turbati allo stesso modo dalle
parole di Grillo. Nelle vene di Giovanni Columbu scorre senza dubbio
sangue sardista - è stato segretario del partito, come il padre
Michele -, ma la reazione è ai limiti dell'evangelico: «Si intuisce
che la battuta non è un elogio ai sardi. Non so quali motivi di
avversione possa avere Grillo nei confronti del Psd'Az o della
Sardegna. Difficile entrare nella sua testa. Io però sono poco
propenso a offendermi per sciocchezze. Meglio impegnarci su altre
cose. Non mi piace questa tendenza all'indignazione, alternata a
silenzi e passività: abbiamo tante occasioni per risentirci, ma non
sempre reagiamo. Io poi», conclude Columbu, «personalmente ho simpatia
per il M5S, occupa uno spazio necessario nel panorama politico».

IL GRILLINO A Mario Puddu tocca il compito di rimettere a posto cocci
non suoi: «Io non so se sia vera quella frase. Non mi fido. Ovvio che
se l'avesse detta, non mi farebbe molto piacere, anche perché prima di
tutto sono sardo». Il sindaco pentastellato di Assemini avverte: «So
quanto Beppe sia legato alla Sardegna. Se chi ci ha governato fino ad
ora amasse l'Isola il 10 per cento di quanto la ama lui, vivremmo in
una terra migliore». Fino a ieri sera Grillo non ha smentito le parole
sulla puzza dei sardisti. Puddu però assolve il leader del movimento:
«A volte si fanno battute infelici: questi sono gli inconvenienti di
chi fa ironia». Michele Ruffi

CONSIGLIO COMUNALE. Mauro Contini spiega il perché della nuova votazione
Il Rendiconto torna in Aula per la “convalida”

«Il segretario generale mi ha ribadito il suo parere sulla seduta
dell'8 settembre e chiesto, a maggior tutela, di far ripassare la
delibera in Aula: l'ho inserita all'ordine del giorno». Il presidente
del Consiglio Mauro Contini spiega perché per la seduta di domani sera
ha inserito la “convalida” della delibera con cui il Consiglio
comunale ha approvato il Rendiconto di gestione 2016.
Il calcolo del numero legale necessario per quella votazione ha fatto
scatenare le proteste della minoranza e il caso è arrivato in
Parlamento con un'interrogazione del deputato M5S Andrea Vallascas che
ha chiesto l'intervento del ministro dell'Interno per verificare la
regolarità degli atti ed eventualmente sollecitare la nomina di un
commissario. Rispondendo alle proteste del capogruppo grillino Guido
Sbandi l'assessorato regionale agli Enti locali ha chiesto chiarimenti
all'amministrazione comunale.

«Durante l'ultima seduta della conferenza dei capigruppo è intervenuto
il segretario generale che mi ha confermato la sua posizione,
suffragata da autorevoli pareri, e chiedendo comunque di riportare gli
atti in Aula», spiega l'ex sindaco Mauro Contini, «ora il Rendiconto
torna in Aula in prima convocazione e sarà necessario un numero legale
di 16 consiglieri». Secondo la minoranza l'8 settembre non c'erano i
numeri per la validità della seduta, tra i più polemici il capogruppo
Pd Marco Piras che ha detto di aver avvisato il presidente del
Consiglio e il segretario generale del rischio che correvano. «Non ho
ricevuto nessuna comunicazione formale da parte sua, non ho la Pec del
Comune, ed è stato certificato dal Protocollo che da parte sua non è
arrivato niente - conclude Contini - così come ha già fatto il
segretario generale, valuterò come reagire perché stanno infangando il
mio operato». M. Z.

La Nuova

Scoppia la rivolta dopo l'accostamento infelice fatto dal leader dei 5 Stelle
La risposta dei sardisti: certe espressioni qualificano chi le pronuncia
Grillo: che puzza di ascelle sembra di stare al Psd'Az

di Claudio Zoccheddu
SASSARI «Belin, c'è una puzza di ascelle che neanche nel Partito sardo
d'azione». Beppe Grillo avrebbe deciso di commentare con queste parole
l'aria viziata che si respirava sulla pista da ballo di un disco-pub
in cui si stava tenendo una festa organizzata degli attivisti del
Movimento impegnati nella kermesse di Rimini, subito dopo l'esito
delle primarie che hanno consegnato a Luigi Di Maio il ruolo di
candidato premier. La frase incriminata del leader dei 5 stelle è
stata riportata tra virgolette dal giornalista Mario Ajello sulle
pagine del Messaggero e non è stata smentita dal padre del Movimento.
Al contrario, l'uscita di Grillo ha avuto una forte eco nell'isola,
soprattutto tra gli iscritti del partito fondato nel 1921 da Emilio
Lussu.La replica.

L'associazione d'idee tra il Psd'Az e l'odore per
nulla piacevole che si respirava durante la festa grillina ha stupito
i sardisti che, attraverso il segretario nazionale Christian Solinas,
ha risposto al comico genovese: «In quasi un secolo di storia il
Partito sardo d'azione ha superato la monarchia e la dittatura e ha
partecipato all'assemblea costituente e alle istituzioni repubblicane
senza mai cambiare nome, simbolo e ideali. Siamo da sempre un partito
che rappresenta un popolo e una terra alla quale Grillo dovrebbe
rispetto e deferenza - spiega Solinas -.

Abbiamo sacrificato sulle
trincee del Carso e del Monte Zebio generazioni giovani; ragazzi che
hanno dato la vita per realizzare e difendere i confini di
quell'Italia che oggi Grillo si candida a governare con il suo
Movimento. E noi sardisti siamo gli eredi e portiamo ancora nella
nostra bandiera il listato a lutto per ricordare quel sacrificio
immenso e quei valori eroici che sono nel nostro dna e nella storia
della nostra isola. Certe espressioni qualificano chi le pronuncia e
svelano finalmente quale sia il loro concetto borghese e salottiero
del popolo: da incantare e usare per i propri fini. Bene farebbe
Grillo a fare ammenda e chiedere pubblicamente scusa ai sardi ed al
Partito sardo d'azione».

La replica si chiude con un invito: «lo
invitiamo a venire il 21 ottobre al Villaggio Minerario di Rosas, dove
il Psd'Az terrà la sua conferenza programmatica per lanciare la sfida
del governo, così che possa verificare personalmente che l'unico
"odore" che si respira in casa nostra è quello della storia,
dell'impegno e della passione politica». I grillini. I rappresentanti
sardi del Movimento 5 stelle hanno parecchi dubbi sul fatto che Grillo
abbia effettivamente pronunciato le parole che gli sono state
attribuite. Il senatore Roberto cotti è categorico: «Puzza di ascelle?
No, non l'ha detto. È stato anche confermato in una chat che seguo con
i colleghi del movimento».

Dello stesso parere anche il sindaco di
Assemini, Mario Puddu: «Non mi fido di quello che scrive Il Messaggero
e non credo che Grillo abbia pronunciato questa frase. Inoltre, se i
politici che hanno amministrato la nostra isola negli ultimi 40 anni
la amassero quanto la ama Beppe adesso in Sardegna sarebbe tutto a
posto». La deputata Manuela Corda avrebbe reagito con una
controbattuta: «In sardo e sui genovesi. Comunque non ho sentito
quello che avrebbe detto ma Beppe è uno che gioca con le parole.
D'altra parte è anche il suo lavoro».

Sean Wheeler, sindaco di Porto
Torres, aggiunge un aneddoto: «Quando viene in Sardegna gioca a fare
il finto sardo, parla di porceddu e di maialetto. Non ho sentito
quello che ha detto e, sempre che l'abbia detto, è chiaro che si
trattava di una battuta». La senatrice Manuela Serra affida la sua
replica ai social network: «La comicità è arte. Le battute di spirito
no - scrive la senatrice -. Conosco Beppe e so quanto ama la Sardegna
terra martoriata che ha difeso decine di volte. Io non so se questa
frase sia stata realmente proferita da Beppe. A me piace pensare che
un giorno le parole saranno usate con delicatezza, sempre e con tutti,
nessuno escluso compresi i Down, gli handicappati, i congolesi,
marocchini».

I rappresentanti del M5s minimizzano lo scontro con Fico: «Non è successo nulla»
I grillini sardi stanno con Di Maio

di Claudio ZocchedduwSASSARII rappresentanti sardi del Movimento 5
stelle sono dalla parte di Luigi Di Maio. Non lo dicono chiaramente
perché, secondo loro, lo scontro tra il neo candidato premier e il
"ribelle" Roberto Fico sarebbe poco più che una boutade. Niente di
serio, insomma. O, secondo alcuni, la solita montatura giornalistica.
Tra questi c'è il senatore Roberto Cotti: «Polemica? Quale polemica?
In realtà credo sia tutto un equivoco nato da una forzatura
giornalistica. La verità è che noi non abbiamo alcun capo politico.
C'è Grillo che è il garante, Di Maio adesso è il candidato premier e
poi c'è la gestione collegiale del movimento che proseguirà. Un
esempio: se Di Maio dovesse avere un'idea e il voto degli attivisti
sul blog dovesse invece indicarne un'altra, si seguirà sempre il blog.

Le eventuali divergenze saranno risolte in questo modo. Come abbiamo
sempre fatto». Anche Manuela Corda, deputata del Movimento, non è per
nulla preoccupata: «Non ho prestato attenzione alla reazione di Fico.
La cosa importante è che abbiamo raggiunto un traguardo e che Luigi Di
Maio era la persona con alla spalle il percorso più completo. Il voto
è stata la conseguenza naturale di questo bagaglio. Adesso è lui il
nostro portavoce e ha il compito di portare avanti il programma del
Movimento 5 stelle. Le altre illazioni non mi interessano». Chi invece
ha sentito anche la campana di Roberto Fico è il sindaco di Assemini,
Mario Puddu: «Non entro nel merito della sua scelta ma credo sia
giusto che qualcuno possa avere ed esprima anche un punto di vista
diverso. Non siamo tutti formattati come ci descrivono». Sulla linea
politica, invece, Puddu è in perfetta sintonia con i suoi colleghi:
«Siamo cittadini prestati alla politica, non abbiamo un capo.

Di Maio è il nostro rappresentante e credo sia la persona più adatta per
questo ruolo, al punto che secondo me è stato quasi inutile andare al
voto. Lui è un predestinato». Tra quelli che non hanno reputato
importanti le parole di Fico c'è anche il sindaco di Porto Torres,
Sean Wheeler: «Cos'è successo? Non mi pare sia successo nulla. Ieri
ero a Rimini, ho incontrato Fico sotto il palco e l'ho abbracciato. La
stampa deve smettere di comportarsi così. Noi siamo un movimento in
costante evoluzione, cinque anni fa nessuno avrebbe detto che sarebbe
successo quello che invece sta accadendo. E adesso abbiamo dalla
nostra parte anche l'esperienza di cinque anni di amministrazione».


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Federico Marini
skype: federico1970ca


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