«Seguiamo
Obama, non scelte alla Bertinotti che hanno fatto vincere la destra» Il
segretario del Pd chiude la Festa de L'Unità con un partigiano sul palco Renzi:
«Noi o i populisti» È già scontro con Di Maio.
«O vincono loro, quelliche urlano, i
populisti, o vinciamo noi». Matteo Renzi si mette «in cammino» verso le
elezioni. E prova ad andare oltre il dibattito sulla legge elettorale, le
alleanze con la sinistra «alla Bertinotti», le liti nel Pd. Sono discussioni
che fanno «perdere», ammonisce. Mentre gli altri, i veri avversari da battere,
la destra e i Cinque stelle, sono già in campo. Da Rimini, dove si è preso la
scena nel weekend, Luigi Di Maio promette di prendere i voti dell'astensione
con ricette «né di destra né di sinistra» per un governo «di riscossa». E
invece ci vuole «competenza», ribatte Renzi, e una «squadra» che da sinistra crea
lavoro e abbassa le tasse: «Abbiamo portato il Paese fuori dalla crisi ma non
basta - avverte - sarà una partita difficile per fermare i populisti».
Renzi si cala tra i volontari della
festa dell'Unità, che lo invitano a «non mollare», incontra chi gli racconta di
aver pianto per la scissione e porta sul palco Vittorio Gardi, partigiano che
ha vissuto 71 feste dell'Unità. Da qui, è il messaggio lanciato anche dalla
scenografia, trae la sua forza: dai numeri della «più grande comunità politica
d'Europa», dai Millennials che devono «mettersi alla stanga» e dalla «squadra»
che ha con sé sul palco. Si va dai renziani come Maria Elena Boschi al critico
Dario Franceschini, da Marco Minniti - assai applaudito - a Graziano Delrio,
ieri assente («L'amalgama funziona, Delrio fa la sinistra, Minniti la destra e
se pensate da dove arrivano...»).
Non c'è Paolo Gentiloni ma a lui
Renzi ribadisce «sostegno». Ai dirigenti e alla minoranza, i cui leader sono assenti,
dice: «Usciamo dalla modalità litigio, ed entriamo in campagna elettorale o c'è
il rischio di perdere». Il leader Pd cita Enrico Berlinguer sull'Europa, Walter
Veltroni a dieci anni dalla nascita del Pd e Barack Obama, con cui sarà a
Chicago il 31 ottobre. Un pantheon ideale con cui lancia l'affondo a D'Alema,
Bersani – ma non fa nomi - e alla «presunta sinistra che ci ha educato alla
ditta e l'ha lasciata per un risentimento personale». Pisapia gli chiede primarie
di coalizione? Mancano le basi - dicono i Dem - se dice no al Rosatellum, la
legge con coalizioni proposta dal Pd.
Ma Renzi neanche ne parla e la mette
così: «Noi seguiamo Obama, non la sinistra di Bertinotti che ha fatto vincere
la destra» e ora minaccia di far cadere il governo per un «ricatto sul Def».
Nel giorno dell'avanzata dell'ultradestra in Germania, è però sui «populisti»
che va giù duro Renzi. Dopo aver perso in diversi Paesi, afferma, in Italia giocheranno «tutte le loro carte». E
allora è feroce l'attacco a Matteo Salvini: «Lega ladrona, Roma vi ha perdonato
anche troppo», dice parafrasando lo slogan leghista. Ma anche ai Cinque stelle
«I dipendenti di un'azienda che fa software scelgono il leader su base dinastica,
di padre in figlio. Noi abbiamo fatto primarie con 2 milioni di elettori, loro
con 37 mila. Noi abbiamo creato 900 mila posti di lavoro, loro vogliono farne
zero e dare un sussidio a tutti». La battaglia sarà «difficile»: la campagna
elettorale è cominciata.
Unione
Sarda
Stato-Regione
Entrate,
sfida al governo: «Lottiamo fino in fondo»
Da aprile
nessuna risposta sugli accantonamenti. Paci: mobilitazione
A parole, tutti disponibili: «Avete
ragione a chiedere di ridurre gli
accantonamenti», dicono ministri e
sottosegretari ai rappresentanti
della Regione, quando si parla delle
somme che la Sardegna versa per
colmare la voragine del debito
pubblico nazionale. Solo che non
seguono i fatti: «Nonostante
continue sollecitazioni, non c'è ancora
nessuna risposta concreta», lamenta
l'assessore al Bilancio Raffaele
Paci: «Solo generiche manifestazioni
di “attenzione” per il nostro
problema».
Sa un po' di presa in giro, anche se
Paci non lo dice. E però, pur con
tutto il suo aplomb istituzionale,
il vicepresidente della Regione
fatica a nascondere l'irritazione
della Giunta, per una vertenza che
da aprile sembra del tutto
impantanata.
LE CIFRE L'oggetto del contendere è
molto concreto: 684 milioni
all'anno di entrate che spettano
all'Isola, ma sono trattenute dallo
Stato come contributo al risanamento
del debito. Un peso che grava su
tutte le regioni, ma che la Giunta
ritiene sproporzionato per due
ragioni: perché la Sardegna ha
subìto più di altre la crisi, e senza
quelle risorse non può agganciare la
ripresa; e perché lo Stato ha
aumentato unilateralmente il carico,
anno dopo anno, tradendo
l'accordo sulle entrate del 2014
(quando gli accantonamenti c'erano
già, ma in misura inferiore).
«Non siamo ingenui, sappiamo che per
un governo a fine legislatura è
difficile fare concessioni»,
riflette Paci: «Però noi abbiamo solide
ragioni, condivise dal
sottosegretario agli Affari regionali,
Gianclaudio Bressa». Con lui Paci ha
a lungo discusso il dossier della
Giunta che rivendica la «drastica
riduzione» degli accantonamenti.
Poi, ad aprile, il confronto si è
spostato a Palazzo Chigi (con la
sottosegretaria alla presidenza del
Consiglio, Maria Elena Boschi), e
si sperava che fosse il preludio a
un accordo.
LA LETTERA Invece, da allora, non si
sono più registrate no
vità. Anche di recente il presidente
Francesco Pigliaru ha scritto al premier
Paolo Gentiloni per ricordare la
questione, ma non si è smosso
alcunché. «Il governo non ha neppure
indicato, come controproposta
alle nostre richieste, una cifra da
cui avviare la trattativa», nota
Paci. E quindi, di fatto, una vera
trattativa non c'è. La Regione ha
indicato in 200 milioni gli
accantonamenti “indiscutibili”: non si
pretende di arrivare a tanto, ma tra
200 e 684 si possono trovare vie
di mezzo virtuose.
Che serva un'intesa, sul punto, non
lo dicono solo Paci e Pigliaru
(che a marzo definì «fardello
inaccettabile» la dimensione dei
sacrifici richiesti alla Sardegna).
Lo ha detto anche la Corte
costituzionale, affermando che gli
accantonamenti imposti dalla legge
di stabilità nazionale sono
legittimi, ma non possono essere eterni, e
neppure - appunto - unilaterali. «La
Corte ha respinto il nostro
ricorso contro la legge di stabilità
- ricorda l'assessore - ma ci ha
dato ragione su quei princìpi: però
non può fissare la cifra corretta
da chiedere alle regioni, e neppure
obbligare il governo a trattare».
STRATEGIE Sembra una strada senza
uscita, ma non è detto. Paci nei
giorni scorsi, intervenendo in
Consiglio regionale, ha rilanciato
questo tema, definendolo cruciale
per l'ultima parte della
legislatura. Ora aggiunge: «Serve
una grande mobilitazione politica.
Per quanto riguarda la Giunta,
proseguiremo il percorso istituzionale.
Ma siamo anche pronti ad andare fino
in fondo».
Cosa voglia dire «andare fino in
fondo» il vicepresidente non lo dice.
Ma si può fare qualche congettura,
data l'intenzione, da lui
dichiarata, di approvare il bilancio
regionale entro dicembre, senza
il consueto esercizio provvisorio.
Una rapidità che lascia ipotizzare
qualche forzatura sugli
accantonamenti, magari per finire nuovamente
davanti alla Corte costituzionale e
contestare al governo la mancata
volontà di trattare.
Paci non conferma («certo non
possiamo spendere soldi che lo Stato non
ci dà»), ma la partita è ancora
tutta da giocare. «Non è solo una
questione di principio», prosegue:
«Ormai la Finanziaria è fatta quasi
tutta di spese obbligatorie, ha una
massa manovrabile di 30-40
milioni. Anche un taglio di soli 100
milioni degli accantonamenti
libererebbe risorse importanti per
lo sviluppo». Ma una cosa è sicura:
«Malgrado accantonamenti e rincari
della sanità, la nostra manovra non
prevederà ticket né aumenti di
tasse».
Giuseppe Meloni
Tre anni
di alti e bassi nel rapporto con Roma- Un muro sulle servitù
Le aspettative iniziali, diciamolo,
erano ben altre. L'irruzione di
Matteo Renzi a Palazzo Chigi, nei
giorni della vittoria di Francesco
Pigliaru alle Regionali (febbraio
2014), faceva pensare a una proficua
collaborazione tra governo e Giunta.
Il Professore e il Rottamatore
sembravano in sintonia sulle idee
per lo sviluppo economico, tanto che
Pigliaru si era pronunciato per
Renzi già alle primarie del 2012,
quando Bersani andava più di moda. E
poi c'era stato quell'incontro
durante la campagna elettorale
sarda, una traversata in macchina lungo
tutta la 131 in cui Renzi aveva
potuto apprezzare molte idee del
futuro presidente. Sarà un caso, ma
poco tempo dopo cominciò a parlare
di un piano nazionale per l'edilizia
scolastica, come quello promesso
da Pigliaru.
BILANCI Con queste premesse, è
difficile non essere un po' delusi dai
risultati effettivi delle trattative
di questi anni tra governo
(Gentiloni compreso) e Regione. Non
che l'Isola non abbia ottenuto
niente: anzitutto il Patto per la
Sardegna, del luglio 2016 (va detto
che Renzi firmò analoghi “Patti” con
tutte le regioni del Sud, per
molti una ricerca di consensi in
vista del referendum costituzionale).
Ma su molti fronti il governo è
parso tutt'altro che amico, ammesso
che lo sia stato su altri.
Soprattutto sulle servitù militari
il «tavolo» spesso citato sembra
poco più che una mera questione di
arredamento. Pigliaru ha collocato
in alto l'asticella, chiedendo un
«significativo ridimensionamento»
della presenza militare, con
chiusura o riduzione di alcuni poligoni.
Ma la resistenza delle forze armate
è enorme. Difficile ottenere
qualcosa di concreto. Sbloccati
invece gli indennizzi ai pescatori
danneggiati dalle esercitazioni.
Va meglio il dialogo sull'ex
Arsenale della Maddalena, per il
completamento della ristrutturazione
e la gestione futura.
Nell'ultimo, recente incontro tra
Pigliaru e la sottosegretaria alla
presidenza del Consiglio, Maria
Elena Boschi, si è ipotizzato un
commissario per velocizzare gli
interventi.
LA FINANZA Sempre Boschi gestisce la
questione accantonamenti, ma dopo
il vertice del 20 aprile con
l'assessore al Bilancio Raffaele Paci non
ci sono state aperture. Eppure
l'accordo sulle entrate del 2014
sembrava rafforzare l'asse di ferro
Renzi-Pigliaru. A prescindere
dall'effettiva convenienza
dell'intesa, contestata dal centrodestra e,
in seguito, da parti della
maggioranza. È un fatto che da allora la
Regione e i sindaci non protestano
più per il Patto di stabilità, che
impediva di spendere tutte le
risorse. Ma si dovettero ritirare i
ricorsi finanziari contro lo Stato.
«Non sono per niente pentito di
aver firmato», conferma oggi Paci:
«Il ritiro dei ricorsi era la
condizione per superare il Patto, e
così ora stiamo pagando anno dopo
anno gran parte dei 5 miliardi di
debiti residui verso imprese ed enti».
MOBILITÀ Segnali contraddittori
anche sulla vertenza trasporti. Dopo
la consegna al governo del dossier
che calcolava lo svantaggio
competitivo determinato
dall'insularità, Pigliaru ha ottenuto 30
milioni all'anno per la nuova
continuità territoriale aerea. Ma gli
investimenti sulla rete ferroviaria,
previsti dal Patto per la
Sardegna, per ora sono lontani
dall'attuazione.
Nel Patto ci sono anche 400 milioni
per la rete del metano, inserita
nella Strategia energetica
nazionale. Si tratta di vedere quanto la
concorrenza dei due progetti per la
dorsale rallenterà l'operazione. A
proposito di lavori: l'ex assessore
Paolo Maninchedda aveva aperto un
duro conflitto con l'Anas, che pur
avendo in cassa grandi somme per le
strade dell'Isola fatica a essere
puntuale nei suoi interventi.
Tra le note positive ma ancora
virtuali, la chimica verde: Claudio
Descalzi, manager Eni, confermando a
maggio il progetto Matrica a
Porto Torres, ha dato merito alle
insistenze di Pigliaru. Ma anche
qui, dopo le parole, si attendono i
fatti. (g. m.)
«Serve
più forza, anche sulla continuità»
L'opinione
dei parlamentari sardi: si apra un tavolo politico unico
«I rapporti con Roma non sono
affatto buoni, e gran parte delle
responsabilità sono della Regione.
Questa Giunta non ha preso
iniziative sufficienti sulle
entrate, nella gestione di alcuni
capitoli della Sanità, e sulla
continuità territoriale. Per non
parlare poi delle servitù militari:
abbiamo il peso maggiore e siamo
gli unici a non aver fatto alcun
accordo concreto». Luciano Uras,
senatore di Campo Progressista, lo
sostiene da tempo e lo ribadisce:
«Il Governo ha disatteso tutti gli
impegni assunti in sede
parlamentare nei confronti della
Sardegna, eppure l'esecutivo Pigliaru
ha rigettato la strategia proposta
da me e dal deputato Roberto
Capelli per aprire un unico tavolo
politico di confronto che affronti
tutti i temi, invece dei numerosi
tavolini tecnici sulle singole
questioni».
Tutti d'accordo i parlamentari
sardi, oltre la grande vertenza sul
fisco, ci sono i trasporti e
l'insularità che gridano vendetta.
Il senatore di Forza Italia Emilio
Floris non ha dubbi: «Per lo
sviluppo e la competitività dobbiamo
avere una vera continuità. Sui
rapporti tra Governo e Regione non
conosciamo i dettagli, però
valutiamo i risultati, e sono
decisamente poco soddisfacenti. Sulla
continuità territoriale nulla o poco
è stato fatto, l'obiettivo del
riconoscimento di un punto di
partenza uguale per tutti non è né di
destra né di sinistra. Pari
opportunità sugli spostamenti e, insieme,
il riconoscimento dello stato di
disagio dovuto all'insularità,
dovrebbero essere i risultati minimi
nei quali tutto il popolo sardo
deve trovarsi unito. La Regione ci
dovrebbe credere di più, e lo Stato
dovrebbe sostenere la Sardegna in
questa battaglia, prima in Italia,
poi in Europa».
Pierpaolo Vargiu, deputato dei
Riformatori, sottolinea: «Preferiamo
che ci regalino i pesci o essere
messi nelle condizioni di poter
pescare? Il tema è: la Sardegna è
Italia? Allora deve avere gli stessi
diritti degli altri territori. Più
che chiedere soldi a Roma, è
necessario avere le condizioni
infrastrutturali di base che ci
consentano di dimostrare che
valiamo. Facilità negli spostamenti,
costi bassi dei trasporti per
persone e merci, tariffe energetiche
come le altre regioni, ferrovie
interne elettrificate, università con
risorse adeguate, Internet veloce:
dobbiamo avere pari opportunità».
Aggiunge Vargiu: «Mi sembra che se
l'atteggiamento iniziale della
Giunta era rinunciatario, perché si
voleva “andare d'accordo” con lo
Stato, ora, dopo le fregature che ci
siamo presi, la prospettiva sia
cambiata».
Dice Bruno Murgia, deputato di
Fratelli d'Italia: «Tutte le partite
fondamentali sono aperte, nessun
passo avanti è stato fatto su fisco,
insularità, trasporti e continuità
territoriali. Un fallimento dietro
l'altro, anche l'immigrazione
clandestina dimostra quanto la Giunta
non sia stata capace di farsi
sentire e valere. E poi, con i dossier
irrisolti, si preoccupano
dell'indipendenza della Catalogna, usandola
come arma di distrazione di massa».
(red. pol.)
MOLENTARGIUS.
Visita di Pigliaru: una centralina dell'Arpas
verificherà
la qualità dell'aria Appello di Zedda: «Chi sa parli»
Il vice
presidente del Parco invita a denunciare per tempo
«Ora l'importante è superare l'emergenza,
poi sarà necessario
intervenire per le bonifiche». Il
sindaco metropolitano Massimo Zedda
è anche alla guida del Parco di
Molentargius da quando si è dimessa la
presidente Lalla Pulga ma sulla
vicenda dei roghi ha tenuto un basso
profilo: «In questi casi ci si
applica per spegnere l'incendio, non
per apparire sui giornali».
Nel frattempo il sindaco di Quartu
ha firmato una nuova ordinanza per
chiudere un'altra scuola, l'asilo
Forme e colori di via Boccherini, al
limite della zona rossa in cui sono
scattati i divieti, e dovrà
restare chiuso per tutta la
settimana o comunque fino allo spegnimento
dell'incendio.
LA VISITA DI PIGLIARU Ieri mattina
nella terra dei fuochi a pochi
passi da viale Marconi ha fatto un
sopralluogo anche il presidente
della Regione Francesco Pigliaru,
una visita informale per vedere la
situazione. Questa mattina invece
arriva l'Arpas per sistemare una
centralina che dovrà verificare la
qualità dell'aria. «La centralina
verrà posizionata in accordo con
l'amministrazione comunale secondo le
procedure tecniche necessarie -
spiegano dalla Regione - la richiesta
della centralina mobile per il
monitoraggio è arrivata venerdì durante
la riunione del Coc, il Centro
operativo comunale, attivato dal
sindaco di Quartu. La Regione Sardegna
è stata presente a tutti i
tavoli tecnici convocati per
l'emergenza con le strutture dell'Arpas,
del Corpo forestale e della
Protezione civile, impegnate anche nei
diversi sopralluoghi per monitorare
gli eventi in atto e i lavori in corso».
TAVOLO TECNICO Anche il
vicepresidente del Parco assicura che
l'impegno per risolvere il problema
dei fumi maleodoranti è costante.
«Ero in Prefettura al tavolo tecnico
di martedì scorso. Al termine di
quella riunione la prefetta ha dato
compito al Comune di Quartu di
coordinare gli interventi e
convocare il Coc», spiega Zedda, «il Parco
si occupa della gestione ordinaria e
non ha risorse e competenze per
interventi straordinari, ogni
qualvolta si verifica un problema in
quell'area non abbiamo capacità di
intervento ma ogni Comune opera per
il suo territorio di competenza». Il
Centro operativo comunale ha poi
deciso che sarebbe servita una
strada per arrivare sul posto perché si
stavano squagliando le scarpe di
forestali e vigili del fuoco ed è
stato necessario fare una mini-gara
per appaltare i lavori.
LE SCARPE E LE PROCEDURE «Serviva
una procedura negoziata d'urgenza e
il direttore del parco Papoff,
peraltro dirigente del Comune di
Cagliari, ha detto che avevamo
qualcosa disponibile al volo ma non
c'erano i tempi per fare una gara,
anzi la mancata adozione di una
procedura in via d'urgenza avrebbe
determinato la commissione di un
reato: venerdì l'impresa era già
all'opera».
L'urgenza è quella di spegnere il
fuoco e far cessare i fumi che
stanno infestando l'aria, ma è altrettanto
importante scoprire quali
siano le sostanze che stanno
bruciando e verificare se ci siano altre
discariche nascoste nel parco come
mine inesplose. «Dopo aver risolto
il problema dei fumi bisogna
verificare quali materiali sono presenti
e se c'è veramente una bomba
ecologica. A quel punto si dovrà
intervenire con la bonifica e il
Comune con la Regione deve fare
verifiche in altri luoghi e cercare
di impedire gli ingressi in quelle
aree», dice ancora Zedda che lancia
un appello a chi conosce bene la
storia di quelle aree. «Chi sa
qualcosa parli, chi conosce altri punti
utilizzati come discariche, e non
parlo di piccoli scarti, lo dica
prima che si crei una situazione del
genere: denunciate per tempo».
LE BONIFICHE L'intervento da 120
miliardi di lire che ha trasformato
l'area di Molentargius non ha
garantito la bonifica da tutte le
discariche e, nonostante ospiti
fenicotteri e altre specie pregiate,
c'è ancora tanta spazzatura. «Ci
sono quei 15 milioni per i progetti
di rilancio e sono d'accordo che una
parte si possa destinare a
interventi urgenti di bonifica ma a
un solo patto - conclude il
sindaco metropolitano - che la
Regione ce li restituisca perché è
inutile pulire se poi le persone non
possono fruirne: quei fondi non
servono solo per sistemare le
passeggiate e la cura del parco ma anche
per interventi fondamentali come il
rilancio della produzione del sale
a Molentargius». Marcello Zasso
Grillo-choc:
i sardisti puzzano
È
polemica sulle parole pronunciate dal fondatore dei Cinquestelle al
meeting
di Rimini Solinas (Psd'Az): chieda scusa. Puddu (M5S): Beppe ama l'Isola
«Belìn, c'è una puzza di ascelle che
neanche nel Partito sardo
d'azione». Le luci del palco di
Rimini - quello della festa
pentastellata che ha incoronato
Luigi Di Maio - erano già spente da
qualche ora quando Beppe Grillo,
nella penombra di un locale notturno,
si lascia scappare una frase:
l'obiettivo è strappare un sorriso alle
persone vicine, il risultato è
l'indignazione dei sardisti e non solo,
visto che quelle parole sono state
captate e trascritte da un
giornalista del Messaggero.
«Impossibile, Beppe ama troppo l'Isola per
aver detto una cosa del genere», è
la difesa del M5S nell'Isola. Ma ai
tempi dei social network (dove la
frase incriminata ha rimbalzato per
tutta la giornata), è difficile
arginare la stizza e le polemiche per
certe frasi, come imparò a sue spese
Paolo Villaggio.
I SARDISTI Tra quelli che non hanno
apprezzato la battuta del
fondatore del Movimento ci sono,
ovviamente, gli esponenti del Psd'Az.
Il segretario Christian Solinas non
è tenero nei confronti del comico
genovese: «Siamo da sempre,
fieramente ed orgogliosamente, un partito
rappresentativo di un popolo e di
una terra alla quale Grillo dovrebbe
rispetto e deferenza, se non altro
per il sacrificio sulle trincee del
Carso e del Monte Zebio di intere
generazioni di propri giovani.
Ragazzi che hanno dato la loro vita
per realizzare e difendere i
confini di quell'Italia che oggi
egli si candida a governare con il
suo Movimento». Nessuna attenunante.
Non c'è licenza satirica che
tenga: «Certe espressioni
qualificano chi le pronuncia e svelano
finalmente quale sia il loro
concetto borghese e salottiero del
popolo, da incantare ed usare per i
propri fini. Bene farebbe Grillo a
fare ammenda e chiedere pubblicamente
scusa ai sardi ed al Partito
sardo d'azione», continua Solinas,
che invita Grillo alla prossima
conferenza programmatica sardista,
per «verificare personalmente che
l'unico odore che si respira in casa
nostra, tolto l'aroma del cisto,
dei ginepri e del vento che spazza
dal mare i nostri monti, è quello
della storia».
«INSULTA UN POPOLO» Ancora più
ruvido Angelo Carta, capogruppo
sardista in Consiglio regionale:
«Grillo ha un'idea distorta della
Sardegna perché non la conosce
veramente. Si limita alla Costa
Smeralda, dove va ogni estate come i
ricconi. È un giullare, e ai
giullari era concesso dire tutto:
purtroppo lo seguono milioni di
persone, che spero si ravvedano».
Sulla portata della frase, Carta non
ha dubbi: non si tratta solo di un
insulto per il Psd'Az, ma «di
un'offesa indirizzata a tutti i
sardi. Evidentemente ha individuato
nel nostro partito un emblema. Però
nel suo mirino c'è un popolo intero».
INDIGNAZIONE INUTILE Non tutti sono
turbati allo stesso modo dalle
parole di Grillo. Nelle vene di
Giovanni Columbu scorre senza dubbio
sangue sardista - è stato segretario
del partito, come il padre
Michele -, ma la reazione è ai
limiti dell'evangelico: «Si intuisce
che la battuta non è un elogio ai
sardi. Non so quali motivi di
avversione possa avere Grillo nei
confronti del Psd'Az o della
Sardegna. Difficile entrare nella
sua testa. Io però sono poco
propenso a offendermi per
sciocchezze. Meglio impegnarci su altre
cose. Non mi piace questa tendenza
all'indignazione, alternata a
silenzi e passività: abbiamo tante
occasioni per risentirci, ma non
sempre reagiamo. Io poi», conclude
Columbu, «personalmente ho simpatia
per il M5S, occupa uno spazio
necessario nel panorama politico».
IL GRILLINO A Mario Puddu tocca il
compito di rimettere a posto cocci
non suoi: «Io non so se sia vera
quella frase. Non mi fido. Ovvio che
se l'avesse detta, non mi farebbe
molto piacere, anche perché prima di
tutto sono sardo». Il sindaco
pentastellato di Assemini avverte: «So
quanto Beppe sia legato alla
Sardegna. Se chi ci ha governato fino ad
ora amasse l'Isola il 10 per cento
di quanto la ama lui, vivremmo in
una terra migliore». Fino a ieri
sera Grillo non ha smentito le parole
sulla puzza dei sardisti. Puddu però
assolve il leader del movimento:
«A volte si fanno battute infelici:
questi sono gli inconvenienti di
chi fa ironia». Michele Ruffi
CONSIGLIO
COMUNALE. Mauro Contini spiega il perché della nuova votazione
Il
Rendiconto torna in Aula per la “convalida”
«Il segretario generale mi ha
ribadito il suo parere sulla seduta
dell'8 settembre e chiesto, a
maggior tutela, di far ripassare la
delibera in Aula: l'ho inserita
all'ordine del giorno». Il presidente
del Consiglio Mauro Contini spiega
perché per la seduta di domani sera
ha inserito la “convalida” della
delibera con cui il Consiglio
comunale ha approvato il Rendiconto
di gestione 2016.
Il calcolo del numero legale
necessario per quella votazione ha fatto
scatenare le proteste della
minoranza e il caso è arrivato in
Parlamento con un'interrogazione del
deputato M5S Andrea Vallascas che
ha chiesto l'intervento del ministro
dell'Interno per verificare la
regolarità degli atti ed
eventualmente sollecitare la nomina di un
commissario. Rispondendo alle
proteste del capogruppo grillino Guido
Sbandi l'assessorato regionale agli
Enti locali ha chiesto chiarimenti
all'amministrazione comunale.
«Durante l'ultima seduta della
conferenza dei capigruppo è intervenuto
il segretario generale che mi ha
confermato la sua posizione,
suffragata da autorevoli pareri, e
chiedendo comunque di riportare gli
atti in Aula», spiega l'ex sindaco
Mauro Contini, «ora il Rendiconto
torna in Aula in prima convocazione
e sarà necessario un numero legale
di 16 consiglieri». Secondo la
minoranza l'8 settembre non c'erano i
numeri per la validità della seduta,
tra i più polemici il capogruppo
Pd Marco Piras che ha detto di aver
avvisato il presidente del
Consiglio e il segretario generale
del rischio che correvano. «Non ho
ricevuto nessuna comunicazione
formale da parte sua, non ho la Pec del
Comune, ed è stato certificato dal
Protocollo che da parte sua non è
arrivato niente - conclude Contini -
così come ha già fatto il
segretario generale, valuterò come
reagire perché stanno infangando il
mio operato». M. Z.
La
Nuova
Scoppia
la rivolta dopo l'accostamento infelice fatto dal leader dei 5 Stelle
La
risposta dei sardisti: certe espressioni qualificano chi le pronuncia
Grillo:
che puzza di ascelle sembra di stare al Psd'Az
di Claudio Zoccheddu
SASSARI «Belin, c'è una puzza di
ascelle che neanche nel Partito sardo
d'azione». Beppe Grillo avrebbe
deciso di commentare con queste parole
l'aria viziata che si respirava
sulla pista da ballo di un disco-pub
in cui si stava tenendo una festa
organizzata degli attivisti del
Movimento impegnati nella kermesse
di Rimini, subito dopo l'esito
delle primarie che hanno consegnato
a Luigi Di Maio il ruolo di
candidato premier. La frase
incriminata del leader dei 5 stelle è
stata riportata tra virgolette dal
giornalista Mario Ajello sulle
pagine del Messaggero e non è stata
smentita dal padre del Movimento.
Al contrario, l'uscita di Grillo ha
avuto una forte eco nell'isola,
soprattutto tra gli iscritti del
partito fondato nel 1921 da Emilio
Lussu.La replica.
L'associazione d'idee tra il Psd'Az
e l'odore per
nulla piacevole che si respirava
durante la festa grillina ha stupito
i sardisti che, attraverso il
segretario nazionale Christian Solinas,
ha risposto al comico genovese: «In
quasi un secolo di storia il
Partito sardo d'azione ha superato
la monarchia e la dittatura e ha
partecipato all'assemblea
costituente e alle istituzioni repubblicane
senza mai cambiare nome, simbolo e
ideali. Siamo da sempre un partito
che rappresenta un popolo e una
terra alla quale Grillo dovrebbe
rispetto e deferenza - spiega
Solinas -.
Abbiamo sacrificato sulle
trincee del Carso e del Monte Zebio
generazioni giovani; ragazzi che
hanno dato la vita per realizzare e
difendere i confini di
quell'Italia che oggi Grillo si
candida a governare con il suo
Movimento. E noi sardisti siamo gli
eredi e portiamo ancora nella
nostra bandiera il listato a lutto
per ricordare quel sacrificio
immenso e quei valori eroici che
sono nel nostro dna e nella storia
della nostra isola. Certe
espressioni qualificano chi le pronuncia e
svelano finalmente quale sia il loro
concetto borghese e salottiero
del popolo: da incantare e usare per
i propri fini. Bene farebbe
Grillo a fare ammenda e chiedere
pubblicamente scusa ai sardi ed al
Partito sardo d'azione».
La replica si chiude con un invito:
«lo
invitiamo a venire il 21 ottobre al
Villaggio Minerario di Rosas, dove
il Psd'Az terrà la sua conferenza
programmatica per lanciare la sfida
del governo, così che possa
verificare personalmente che l'unico
"odore" che si respira in
casa nostra è quello della storia,
dell'impegno e della passione
politica». I grillini. I rappresentanti
sardi del Movimento 5 stelle hanno
parecchi dubbi sul fatto che Grillo
abbia effettivamente pronunciato le
parole che gli sono state
attribuite. Il senatore Roberto
cotti è categorico: «Puzza di ascelle?
No, non l'ha detto. È stato anche
confermato in una chat che seguo con
i colleghi del movimento».
Dello stesso parere anche il sindaco
di
Assemini, Mario Puddu: «Non mi fido
di quello che scrive Il Messaggero
e non credo che Grillo abbia
pronunciato questa frase. Inoltre, se i
politici che hanno amministrato la
nostra isola negli ultimi 40 anni
la amassero quanto la ama Beppe
adesso in Sardegna sarebbe tutto a
posto». La deputata Manuela Corda
avrebbe reagito con una
controbattuta: «In sardo e sui
genovesi. Comunque non ho sentito
quello che avrebbe detto ma Beppe è
uno che gioca con le parole.
D'altra parte è anche il suo
lavoro».
Sean Wheeler, sindaco di Porto
Torres, aggiunge un aneddoto:
«Quando viene in Sardegna gioca a fare
il finto sardo, parla di porceddu e
di maialetto. Non ho sentito
quello che ha detto e, sempre che
l'abbia detto, è chiaro che si
trattava di una battuta». La
senatrice Manuela Serra affida la sua
replica ai social network: «La
comicità è arte. Le battute di spirito
no - scrive la senatrice -. Conosco
Beppe e so quanto ama la Sardegna
terra martoriata che ha difeso
decine di volte. Io non so se questa
frase sia stata realmente proferita
da Beppe. A me piace pensare che
un giorno le parole saranno usate
con delicatezza, sempre e con tutti,
nessuno escluso compresi i Down, gli
handicappati, i congolesi,
marocchini».
I
rappresentanti del M5s minimizzano lo scontro con Fico: «Non è successo nulla»
I
grillini sardi stanno con Di Maio
di Claudio ZocchedduwSASSARII
rappresentanti sardi del Movimento 5
stelle sono dalla parte di Luigi Di
Maio. Non lo dicono chiaramente
perché, secondo loro, lo scontro tra
il neo candidato premier e il
"ribelle" Roberto Fico
sarebbe poco più che una boutade. Niente di
serio, insomma. O, secondo alcuni,
la solita montatura giornalistica.
Tra questi c'è il senatore Roberto
Cotti: «Polemica? Quale polemica?
In realtà credo sia tutto un
equivoco nato da una forzatura
giornalistica. La verità è che noi
non abbiamo alcun capo politico.
C'è Grillo che è il garante, Di Maio
adesso è il candidato premier e
poi c'è la gestione collegiale del
movimento che proseguirà. Un
esempio: se Di Maio dovesse avere
un'idea e il voto degli attivisti
sul blog dovesse invece indicarne
un'altra, si seguirà sempre il blog.
Le eventuali divergenze saranno
risolte in questo modo. Come abbiamo
sempre fatto». Anche Manuela Corda,
deputata del Movimento, non è per
nulla preoccupata: «Non ho prestato
attenzione alla reazione di Fico.
La cosa importante è che abbiamo
raggiunto un traguardo e che Luigi Di
Maio era la persona con alla spalle
il percorso più completo. Il voto
è stata la conseguenza naturale di
questo bagaglio. Adesso è lui il
nostro portavoce e ha il compito di
portare avanti il programma del
Movimento 5 stelle. Le altre
illazioni non mi interessano». Chi invece
ha sentito anche la campana di
Roberto Fico è il sindaco di Assemini,
Mario Puddu: «Non entro nel merito
della sua scelta ma credo sia
giusto che qualcuno possa avere ed
esprima anche un punto di vista
diverso. Non siamo tutti formattati
come ci descrivono». Sulla linea
politica, invece, Puddu è in
perfetta sintonia con i suoi colleghi:
«Siamo cittadini prestati alla
politica, non abbiamo un capo.
Di Maio è il nostro rappresentante e
credo sia la persona più adatta per
questo ruolo, al punto che secondo
me è stato quasi inutile andare al
voto. Lui è un predestinato». Tra
quelli che non hanno reputato
importanti le parole di Fico c'è
anche il sindaco di Porto Torres,
Sean Wheeler: «Cos'è successo? Non
mi pare sia successo nulla. Ieri
ero a Rimini, ho incontrato Fico
sotto il palco e l'ho abbracciato. La
stampa deve smettere di comportarsi
così. Noi siamo un movimento in
costante evoluzione, cinque anni fa
nessuno avrebbe detto che sarebbe
successo quello che invece sta
accadendo. E adesso abbiamo dalla
nostra parte anche l'esperienza di
cinque anni di amministrazione».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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