lunedì 9 ottobre 2017

Basta guardare il dito che la indica. Il popolo sardo ha diritto a quella luna! Di Pier Franco Devias.


"Els carrers seran sempre nostres", “Le strade saranno sempre le nostre”, gridavano a migliaia, con cori da stadio, davanti alla polizia. Perché la strada, la piazza, la manifestazione è uno strumento di democrazia irrinunciabile. Per loro.

Perché, per loro, abbandonare la strada è come perdere la voce che – appunto – “manifesta” le proprie ragioni. Mi ha molto colpito la loro capacità di mobilitazione. Mi ha colpito e mi ha fatto riflettere profondamente, perché io vivo in una terra in cui la mobilitazione popolare sta diventando un vecchio ricordo. Qui da noi oramai non si scende più in piazza. A parte le mobilitazioni sindacali, con apparati che pagano anche il viaggio a migliaia di persone, le piazze non si riempiono più.

Ci hanno rifilato una legge elettorale antidemocratica e nessuno ha sentito il bisogno di scendere in piazza a protestare. Inquinano la nostra terra, assicurando un futuro di veleno per i nostri figli, ma in una terra piena di disoccupati e pensionati tutti hanno sempre troppo da fare nella loro giornata per poter andare a protestare. Le manifestazioni contro l’occupazione militare, tolte un paio di eccezioni passate alla storia, molto raramente mettono insieme più di poche centinaia di persone.

Alla manifestazione unitaria contro il riordino della rete ospedaliera, ma anche a quella contro le ipotesi di stoccaggio di scorie nucleari, eravamo poche centinaia. E sempre gli stessi. Come è possibile che i Sardi non sentano più nessuna volontà di manifestare il proprio parere su questioni che condizioneranno la loro vita per sempre. Davvero il pessimismo e il fatalismo sono arrivati a tanto? Davvero vogliamo lasciare passivamente che tutto ci crolli addosso ammazzando noi e i nostri figli?

Da tanto, troppo tempo, ci siamo abituati a delegare i social abbandonando la piazza. Stiamo diventando gente per cui tutto “è un casino.” Andare a manifestare “è un casino”, lottare per i propri diritti “è un casino”, andare ovunque “è un casino”.

Tutti si risolve con qualche mi piace su facebook o con qualche attestato per cui “sarò con voi col cuore”. Ma con i mi piace e a colpi di presenza col cuore non si cambiano le cose. Adesso potrete impermalosirvi, insultarmi, dirmi con tutte le ragioni del mondo che dovete campare la famiglia, che non avete tempo per niente e che se poteste trovare una giornata la vorreste dedicare a vostro figlio visto che non lo portate mai da nessuna parte. E avreste ragione.

Ma in fondo alla vostra coscienza, proprio lì, dove tenete ben legata la paura, voi lo sapete che tutto sta andando a rotoli, che il mondo ci sta crollando addosso e non sapete più come fermarlo. Voi lo sapete, in fondo, che mandare a quel paese tutto e tutti non salverà il futuro di vostro figlio, così come l’orchestra che continuava a suonare non ha impedito al Titanic di affondare. E allora non prendete queste mie parole come una critica sterile (e sarebbe facile demonizzarmi per potervi altrettanto facilmente perdonare) ma come una critica costruttiva, anzi, come la più costruttiva delle critiche. 

Questa è una critica che ti dice: “Sveglia, in piedi, andiamo a costruire il nostro futuro. Se ci mettiamo tutti insieme vedrai che ce la faremo!”E smettiamola una buona volta di denigrarci, di dire che non siamo buoni a niente, che non possiamo fare niente, che tanto non otterremo niente. Smettiamola di insultare il televisore del bar, di fare le ficche alle foto dei giornali, di maledire cielo e terra.

E smettiamola anche di ammirare gli altri pensando che altrove siano tutti in gamba e uniti mentre noi siamo irrimediabilmente votati alla sconfitta, perché queste sono posizioni ipocrite e di comodo. I Catalani, i Baschi, i Corsi, non è vero che “sono tutti uniti”. Non è vero che sono migliori di noi. Non è vero che amano la loro terra più di noi. Ciò che ci differenzia è che loro si sbattono per difendere i loro diritti. Noi no. E allora, forza, anziché stare sempre a piagnucolare, in piedi, diamoci una mossa, costruiamola con sudore ed entusiasmo questa Sardegna che vogliamo!

“Riprendiamoci la vita, la terra, la luna e l'abbondanza”

Di Pier Franco Devias


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