Quando ero sindaco un alto esponente di un partito di governo mi disse che un certo ingegnere dello stesso partito aveva bisogno di lavorare. Cosa era? Era una “pressione”? Non direi, non servì alcun particolare eroismo da parte mia per ignorare la “comunicazione” e infatti mica cascò il mondo se quel tale ingegnere non lavorò mai per il mio comune.
Certo è che chi riceve “informazioni” di questo tipo e non le accoglie a dovere, sa che qualche prezzo si potrebbe pagare, quanto meno quello di stare fuori dalla squadra che conta come si conviene ad una che “non risponde”, con tutto ciò che ne consegue.
Sono opportune queste comunicazioni-informazioni? No, non solo non sono opportune, ma con la loro apparente innocenza sono molto gravi. Sono quell’area grigia di borderline dove si seminano clientele, che a volte attecchiscono e a volte no, sono l’humus dove si getta l’amo per i pesci che vogliono abboccare, lasciando anche, per carità, ci mancherebbe, che anche chi non abbocca continui pure a nuotare, possibilmente a vuoto.
Ci sono informazioni che contengono richieste e sono l’acqua di coltura dello scambio di favori, una palude che sembra né sporca né pulita, solo torbida. Uno stagno dove affogano merito, giustizia, uguaglianza, equità, interesse generale.
Ciò che mi stupisce soprattutto, nell’insieme della vicenda banche, è che pezzi importanti del potere che oggi governa l’Italia, neghi queste evidenze elementari. E’stata soppressa la categoria della limpidezza e si fa come che ridicoli aggiustamenti di parole possano ammantare la madre di tutte le grandi piaghe d’Italia: il malaffare, la corruzione, la appropriazione, la spartizione.
Io però credo che alle prossime elezioni nazionali e regionali, come già è successo al referendum del 4 dicembre, la maggioranza degli italiani e dei sardi, dimostrerà ancora una volta di essere migliore di chi li governa, e sceglierà escludendo, oltre che quelli che abboccano, anche coloro che se la tentano.
La vedo così.
Lucia Chessa
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