Stamattina il mio amico treno delle 9.03 ha pensato bene di
fare giusto 2 ore di ritardo. Ci sono centinaia di persone che usano questi
treni per andare a lavorare, e che ovviamente sono disperati per un servizio
così scadente. Dicono sia per un guasto, e non mi stupisco visto che i treni
sono vecchi e malmessi su questa linea. Intanto penso a tutte le discussioni
che abbiamo fatto in questi anni sulle privatizzazioni delle ferrovie, sulle
esternalizzazioni delle manutenzioni (che hanno bruciato alle grandi
officine di Foligno - e non solo - più di qualche centinaia di posti di
lavoro), sui tagli al trasporto pubblico locale, sulla riduzione del personale.
Dicevano che erano misure per modernizzare il paese,
parlavano di quanto fosse meravigliosa la concorrenza tra privati nel settore
ferroviario, blateravano di maggiore efficienza e di taglio degli sprechi. Ecco,
in realtà i risultati sono biglietti sempre più costosi e un servizio sempre
peggiore su tutte le linee che non siano quelle molto remunerative come l’alta
velocità.
Basta un po’ di vita quotidiana per capire perché le persone
non vanno più a votare, perché disertano persino la visione dei dibattiti
politici in tv (che parlano quasi sempre d’altro) e l’acquisto dei giornali,
perché non credono più nelle parole roboanti che vengono associate ad un certo
riformismo di matrice liberista che ad un certo punto l’ha fatta da padrona
anche nel centro-sinistra e che è ancora il dominus dei programmi del Pd, delle
destre liberali, dell’impianto di politica economica dei 5 stelle.
È tempo per la sinistra che ha attraversato la Seconda
Repubblica di ammettere gli errori del passato, di respingere la logica del
mercato applicata ad ogni ambito della vita e tornare a dire parole semplici e
credibili: la sinistra da sempre crede che i servizi fondamentali per i
cittadini debbano essere pubblici, debbano funzionare con efficienza, debbano
tutelare i più deboli e i lavoratori che vi sono impiegati.
Pensa che il trasporto su rotaia sia un investimento
fondamentale anche per la tutela dell’ambiente e della salute collettiva. Pensa
quindi che sia necessario aumentare le risorse per questo settore e rimetterlo
saldamente in mano pubbliche, in mano alla collettività, che è l’unica capace
di intercettare i bisogni mentre altro cercano solo i profitti. Un pezzo di
programma semplice semplice, ma che a tanti sembrerebbe finalmente, di nuovo e
ancora, quasi una rivoluzione.
Elisabetta Piccolotti
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