La
Nuova
I veleni
delle elezioni entrano in Consiglio
di Umberto Aime
Le Politiche di marzo sono entrate
come un tornando in Consiglio regionale. Fra nervi tesi nel giorno del rompete
le righe per la campagna elettorale e battibecchi d'ogni tipo fra candidati e non,
l'ultima seduta prima del voto nazionale è stata spumeggiante. Se non fosse per
la partecipazione, il 26 febbraio, del presidente della Repubblica Sergio
Mattarella alle celebrazioni per i settant'anni dello Statuto speciale, il
Consiglio oggi all'ingresso potrebbe esporre il cartello «chiuso, riapriremo il
5 marzo».
Non è bello anche se qualche
commissione continuerà a lavorare, ma evitarlo sarebbe stato impossibile. Sono
dodici su sessanta i consiglieri candidati alle Politiche. Però chissà quanti
di loro rientreranno sconfitti e a testa china nel Palazzo, o quanti saranno
già in volo in volo per Roma. Di certo la campagna in Consiglio è partita con
diversi colpi di cannone.
Il primo. È stato quando Emilio
Usula dei Rossomori, che è dentro l'alleanza elettorale Autodeterminatzione, ha
detto rivolto al presidente del Consiglio Gianfranco Ganau: «Lei è candidato
col Pd e con questa sua candidatura viene meno il ruolo d'imparzialità che dovrebbe
avere - ha detto - Per questo le chiedo di lasciare l'incarico, o come minimo
autosospendersi per una questione di opportunità e stile».
Ganau è stato pronto nella risposta:
«So bene quali sono i ruoli istituzionali e quelli politici e saprò ben distinguerli
come ho sempre fatto». Sostenuto poi nella replica anche dal capogruppo del Pd
Pietro Cocco: «Il consigliere Usula stavolta ha toppato. È come se avesse
chiesto al presidente del Consiglio dei ministri di dimettersi perché ci sono
le elezioni nazionali. In ogni caso il presidente Ganau, in questi anni, ha
dimostrato di saper interpretare il suo ruolo super partes e tutti siamo
convinti che nulla cambierà neanche nelle prossime settimane».
Secondo colpo. È stato quando dai
banchi dell'opposizione il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, che è
candidato alla Camera, ha accusato con toni forti e molto più alti del solito
la giunta di aver organizzato un pasticcio col bilancio consolidato. «L'avete
presentato nonostante non sia stato ancora ratificato dalla Corte dei conti.
Non si è era mai visto e se i giudici dovessero contestarvelo, il Consiglio
dovrà votarlo una seconda volta. Siete dei dilettanti ed è per questo che tanti
sardi sono indignati con la politica. Il problema non la candidatura del
presidente Ganau, ma questa giunta che uscirà sconfitta il 4 marzo e
soprattutto fra un anno alle elezioni regionali».
L'assessore al bilancio Raffaele
Paci ha spiegato i motivi tecnici della scelta, «tra l'altro servirà a
sbloccare decine di stabilizzazione assunzioni a tempo», ma Pittalis ha
continuato nell'attacco frontale. Allora ha ripreso la parola il capogruppo del
Pd Pietro Cocco: «Non siamo in una tribuna elettorale. Capisco che qualche
collega voglia sfruttare l'aula del Consiglio per farsi pubblicità, ma lo
sollecito a senza esagerare».
Alla fine il bilancio consolidato è
stato approvato dalla maggioranza di centrosinistra. I Riformatori, fanno parte
della minoranza, si sono astenuti e c'è chi ha visto in quella decisione la
prima vendetta di sponda, per non aver ottenuto da Forza Italia i posti chiesti
alle Politiche. Movente però escluso dal capogruppo Attilio Dedoni: «Nulla di
tutto questo, quando di mezzo ci sono delle assunzioni, non puoi metterti di traverso».
Terzo colpo. È stato quando sempre
Pittalis ha provato far passare con la procedura d'urgenza la legge sulle
stabilizzazioni dei dipendenti dell'Agenzia Forestas. Il centrosinistra gli ha
detto e lui ha scritto in un comunicato: «È una vergogna che spero non passi inosservata».
A chi? Agli elettori, è ovvio.
Marcialis,
candidato al Senato, ribadisce le critiche sui
“paracadutati”
in lista
«Leu,
casa dei delusi dal Pd Ma in Sardegna troppi errori»
Ancora troppo forte l'eco della
polemica su Claudio Grassi, emiliano
paracadutato nelle liste sarde di
Liberi e uguali, per non iniziare da
lì il colloquio con Yuri Marcialis,
candidato al Senato nel collegio
uninominale di Cagliari e come
capolista nel proporzionale. «È stata
una fase difficile», riflette,
«anche per i dirigenti nazionali. Di
sicuro, sulla Sardegna ci sono stati
errori».
Qual è stato l'errore?
«Ignorare le diversità tra i
territori. La Sardegna meritava un
ragionamento a parte, per la sua
peculiarità storica e politica.
Sarebbe assurdo non avere in
Parlamento un rappresentante della
sinistra. Abbiamo fatto di tutto per
farlo capire, anche in modo
acceso».
Ma non c'è stato verso.
«No, è evidente».
Lei però si candida, a differenza di
altri leader sardi.
«Rinunciare sarebbe stato più
facile. Mi ha convinto l'sms di un
compagno di cui ho grande stima:
accetta perché sono tempi bui,
bisogna battersi per dare fiducia a
chi ci crede ancora . Ma non dico
che chi ha fatto una scelta diversa
abbia sbagliato».
Lei corre al Senato. Che cos'è, una
missione impossibile? Pura testimonianza?
«Non ho fatto calcoli elettorali,
col gioco dei resti è tutto
imprevedibile. Essere capolista in
un collegio senatoriale è comunque
un onore. Ma oggi la priorità è dare
gambe al progetto politico. Il
mondo non finisce il 4 marzo, anzi:
inizia il 5».
Perché nasce Leu?
«Per rappresentare una cultura
politica di sinistra che non si sentiva
più rappresentata dal Pd. Per ridare
una speranza a chi si è
allontanato dal voto».
Come si rappresenta, oggi, la sinistra?
«Noi partiamo dal fatto che le
disuguaglianze sono aumentate, non solo
in Italia. Puntiamo sul lavoro, la
formazione, gli interventi per le
fasce più deboli».
Ma gli ex Pd confluiti in Leu
avevano votato molte riforme degli ultimi governi.
«Sì, ma anche le cose buone sono
state soverchiate da quelle
discutibili. Fino al referendum, che
ha dato un giudizio generalizzato
sul governo. Ora noi proponiamo di
superare la Buona scuola e la
giungla contrattuale del Jobs Act.
Sull'università ragioniamo
sull'eliminazione del numero chiuso,
oltre alla proposta lanciata da
Grasso di eliminare le tasse».
Così trattereste poveri e ricchi
allo stesso modo.
«Chiariamo: i fondi agli atenei
verrebbero dalla fiscalità generale,
che è progressiva, cioè pesa di più
su chi guadagna di più. È già così
per sanità e scuola. Nessuno
protesta se i figli dei ricchi non pagano
la scuola».
Sicuro che uscire dal Pd sia stato
il modo migliore per vincere queste
battaglie?
«Non si poteva più discutere. Un
tempo si mediava tra varie idee, ora
invece basta un voto in più in
direzione nazionale e passa la linea».
Nei programmi di Leu, qual è l'idea
di Sardegna?
«Le linee locali sono ancora da
definire, ma il Grande piano verde,
una delle nostre strategie
principali, pone obiettivi -
decarbonizzazione, meno consumi
energetici, rifiuti zero, immobili
efficienti - su cui si può basare un
modello di sviluppo sardo, che
valorizzi anche il turismo
sostenibile e l'agricoltura di qualità».
Promuovete l'operato della Giunta
Pigliaru?
«Ne facciamo parte, con l'assessore
alla Cultura, e anche grazie alle
proposte del nostro gruppo
consiliare si stanno intensificando gli
interventi per fasce deboli e zone
interne. Si può migliorare, ma
darei un giudizio mediamente
positivo».
Quindi in Sardegna l'alleanza col Pd
è confermata.
«Non apriremo crisi in tutte le
giunte d'Italia che lavorano bene. A
livello nazionale ci è stato detto
no su alcuni punti cruciali; il Pd
sardo mi sembra più dialogante».
Allora è vero che il problema è solo
Renzi.
«No, sono i nodi programmatici. E
non abbiamo fatto noi la scissione:
c'era già stata, in tanti si erano
allontanati dal Pd. Dopo le Europee
si sono perse tutte le elezioni.
Senza mai un'analisi seria del voto.
Noi abbiamo dato voce a chi era già
andato via».
Eppure sui diritti civili non si era
mai fatto così tanto.
«Vero: la cosa migliore dei governi
recenti. Ma è parso quasi un modo
per dire che si faceva anche
qualcosa di sinistra. Non dico che siano
temi meno importanti, ma se ne sono
trascurati altri, come le
disuguaglianze».
Lei, dalemiano, non pensa che
D'Alema avrebbe fatto meglio a non candidarsi?
«In effetti potrei sembrare di
parte, ma ricordo che lui non ha un
posto sicuro: è nel collegio di casa
sua, ritenuto impossibile. Si è
messo a disposizione, più di così...
È che per alcuni incarna ogni
male: anche se non si candidasse gli
direbbero di tutto».
Che cosa pensa del M5S?
«Il solo fatto che pensino di poter
dialogare con altri è un bene. Su
molte cose ci si sarebbe potuti
trovare già cinque anni fa, se
avessero aperto a Bersani. Sta anche
salendo il livello della classe
dirigente, con nomi di chiara
vocazione democratica, a volte di
sinistra. Nel collegio di Cagliari
ho come avversario M5S il mio ex
professore di filosofia, Gianni
Marilotti, che stimo molto».
Insomma, se lei non fosse candidato
avrebbe potuto votarlo?
(risatina) «Beh, col M5S credo di
no».
Giuseppe Meloni
La
Nuova
Marcialis:
«Diamo voce ai delusi dal renzismo»
di Alessandro PirinawSASSARIA
sinistra del Pd per riportare alle urne
i delusi dalla politica renziana. È
con questo obiettivo che Liberi e
uguali si presenta al voto del 4
marzo. Anche in Sardegna il movimento
guidato da Pietro Grasso punta a
intercettare gli ex elettori del Pd
rimasti senza casa. «Noi nasciamo
per dare rappresentanza e voce a un
mondo di sinistra che non è più
rappresentato dal Pd - dice Yuri
Marcialis, coordinatore di Mdp,
assessorea Cagliari e candidato al
Senato -. Ci accusano di avere fatto
la scissione, in realtà noi
abbiamo solo seguito i nostri
elettori che se ne erano già andati».Un
anno fa in questo periodo lei era
candidato alla segreteria regionale
del Pd. «Ho deciso di lasciare il
partito da candidato alla segreteria
per una questione di onestà
intellettuale.
Ero circondato da persone
che mi dicevano: ti diamo una mano e
poi usciamo dal Pd. Il mio
obiettivo era rappresentarli:
restare senza di loro non aveva più
senso».Il Pd sostiene che scegliere
LeU equivalga a votare M5s o
Salvini e invita al voto utile.«C'è
una legge proporzionale per due
terzi, il che significa che ogni
voto vale. Solo nei collegi
uninominali ci sarebbe potuto essere
il voto tattico. Ma è stato il Pd
a non volere il voto disgiunto. È un
argomento che non regge».In
Sardegna governate con il Pd.
L'alleanza rischia?«Non solo nell'isola
ma in tutta Italia governiamo col
Pd. Noi nasciamo con l'idea di
rafforzare il centrosinistra, per
portare alle urne chi non votava
più. Avevamo chiesto discontinuità
su buona scuola, jobs act, pubblica
amministrazione: non c'è stato
l'accordo. Ma non c'è nessuna
preclusione ideologica»
Prodi dice che siete voi ad avere
diviso il
centrosinistra.«Il progetto iniziale
del Pd, a cui tutti noi abbiamo
creduto, non c'è più. La sinistra è
stata relegata a mera
testimonianza e sono aumentate le
diseguaglianze. Noi vogliamo
ridurle».Nell'isola i sondaggi danno
in vantaggio destra e
M5s.«Storicamente in Sardegna chi
governa è sempre giù nei sondaggi e
anche alle elezioni. Ma per Liberi e
uguali i dati sono più alti della
media nazionale».Che ne pensa dell'alleanza
tra Psd'Az e Lega?«La
scelta dei sardisti è antistorica,
va contro gli ideali per cui il
Psd'Az è nato, come una forza
federalista di
sinistra».Sull'imposizione di Grassi
capolista lei è stato sul punto
di ritirare la candidatura...
«L'alternativa era o non presentare
le
liste o assumersi la responsabilità.
Ognuno fa le sue scelte. Io ho
fatto la seconda, il contrario
avrebbe significato aggiungere errore a
errore. Ma Michele Piras ha già
detto che ci darà una mano. Ora
aspettiamo i compagni di Possibile».
Unione
Sarda
Campagna
elettorale
Le
schermaglie:Ganau-Usula, Cappellacci-Mura
Primi botta e risposta in avvio di
campagna elettorale. Ieri, a Emilio
Usula (Rossomori) che gli
consigliava di dimettersi da presidente del
Consiglio regionale a causa della
sua candidatura al Senato,
Gianfranco Ganau (Pd) ha risposto di
conoscere bene la differenza tra
ruolo istituzionale e politico, «e
rassicuro sul fatto che saprò
distinguere il mio ruolo di
presidente di questa Assemblea rispetto a
quello politico in cui tutti siamo
impegnati in questo periodo».
Sempre ieri il candidato alla Camera
nel collegio uninominale di
Cagliari e nel proporzionale sud,
Ugo Cappellacci (Forza Italia) ha
replicato a quanto pubblicato nel
blog delle stelle che l'ha inserito
nello «squadrone degli
impresentabili del centrodestra» ricordando che
l'ex governatore «è condannato in
secondo grado a restituire alla
Regione Sardegna circa 220 mila
euro, e a due anni e mezzo di
reclusione per il crac milionario della
Sept Italia, società fallita
nel 2010».
«Il Movimento Cinquestelle è il
partito degli ipocriti:
sono forcaioli con gli altri e
ipergarantisti con i loro sempre più
numerosi indagati e rinviati a
giudizio in tutta Italia», è stata la
risposta del coordinatore regionale
azzurro. E poi: «Sono tanto
impresentabile che il loro
candidato, Andrea Mura, avrebbe voluto
presentarsi con me e la mia lista
alle elezioni del 4 marzo. Adesso
gli chiederanno di ritirarsi? Il
sottoscritto non ha ancora ricevuto
nessun condanna definitiva. Perché
non parlano del loro leader, Beppe
Grillo, condannato in via definitiva
per omicidio colposo?».
Ro. Mu.
IL
ROSATELLUM. Dal confronto tra candidati nell'uninominale al
sostegno
alle liste. Sfide dirette e proporzionale
Sistema
misto per Camera e Senato: 25 posti in Sardegna
Il 4 marzo gli elettori si dovranno
confrontare con il Rosatellum. La
novità è che i 25 parlamentari sardi
verranno scelti attraverso due
tipi di voto: il sistema uninominale
e quello proporzionale. La
Sardegna è suddivisa in collegi,
corrispondenti a determinati
territori, ed è all'interno di
questi che si svolgeranno le diverse
sfide.
UNINOMINALE La regola generale del
sistema uninominale prevede che i
candidati (espressione di una
coalizione o di un singolo partito) si
sfidino tra loro, in un determinato
collegio, per ottenere l'unico
posto disponibile: chi ottiene più
voti vince e viene eletto. In
Sardegna i collegi uninominali sono
nove, sei per la Camera e tre per
il Senato, che corrispondono anche
al numero di parlamentari che
verranno eletti nell'Isola con
questo sistema. In ognuno dei nove
collegi, ci saranno dieci candidati
che si confronteranno con la conta
voto su voto.vincitore.
Il nome sarà riportato sulla scheda
elettorale: sarà collocato sopra il
simbolo delle lista o i simboli
nel caso di coalizione. L'elezione
del candidato all'uninominale è
indipendente dal risultato
complessivo del partito di riferimento: non
esista alcuna percentuale minima da
raggiungere, la cosiddetta soglia
di sbarramento
PROPORZIONALE Il sistema
proporzionale, invece, non prevede il voto
diretto al candidato, ma alla
singola lista. Viene definito
plurinominale perché in un
determinato collegio si può eleggere più di
un parlamentare, sulla base del
risultato che ogni partito ottiene. In
Sardegna, i collegi plurinominali
sono tre, due per la Camera e uno
per il Senato. Questo sistema
servirà per eleggere 16 parlamentari
sardi: 11 deputati e 5 senatori che
verranno scelti nell'ordine di
lista. Col sistema proporzionale
sono previste due soglie di
sbarramento: il 3% per i singoli
partiti e il 10% per le coalizioni.
LA SCHEDA L'elettore riceverà due
schede una per la Camera e una per
il Senato, molto simili ma di colore
diverso. In ognuna saranno
riportati i nomi dei candidati nei
collegi uninominali (quelli del
territorio di riferimento). Sotto
verranno riportati i riquadri (uno
per ogni partito) con i simboli e i
nomi dei candidati per la parte
proporzionale. Dunque, il candidato
del collegio uninominale è il
rappresentante di uno o più partiti
nella corsa del collegio
uninominale. Nello specifico, in
Sardegna ci saranno per ogni scheda,
dieci nomi di candidati per
l'uninominale: solo per quelli di
centrodestra e centrosinistra ci
saranno più riquadri, essendo queste
due coalizioni formate da più liste.
COME SI VOTA Il voto si può
esprimere in diversi modi. Per esempio,
tracciando un segno sul nome del
candidato al collegio uninominale: in
questo caso il voto viene conteggiato
anche al partito collegato. Se
si tratta di più liste viene
ripartito in proporzione ai voti nel
collegio. La seconda ipotesi è un
segno solo sulla lista: in questo
caso il voto viene assegnato anche
al candidato dell'uninominale.
Potrebbero verificarsi altri casi,
fermo restando che deve essere
chiara l'intenzione dell'elettore.
La legge non prevede il voto
disgiunto.
Matteo Sau
l movimento
di sinistra ha presentato la rosa dei candidati alle
prossime
elezioni politiche
Potere al
popolo: «Lottiamo per gli ultimi»
CAGLIARIGli ultimi comunisti non lo
sono di sicuro, a sinistra si sa
la galassia è infinita, ma i
candidati di «Potere al popolo» sono
orgogliosi delle origini e fra loro,
con enfasi, si salutano ancora
alla vecchia maniera: «Ciao,
compagno». Alle Politiche di marzo, in
questa alleanza rossa, ci sono
dentro Rifondazione, Partito dei
comunisti italiani, collettivi vari
e iscritti ai sindacati di base.
È una pattuglia variegata, ma compatta e
convinta. Soprattutto nella
spiegazione del marchio di fabbrica:
«Perché potere al popolo e non
del popolo? Perché al popolo il
potere è stato strappato via e noi
vogliamo restituirglielo». L'ha
detto Pierina Chessa, insegnante in
pensione, consigliera comunale a
Iglesias e capolista nel listino sud
per la Camera. «Spesso mi chiedono
perché mi sento e sono ancora
comunista», sono state le sue parole
in un altro passaggio della
presentazione dei candidati.
«Perché c'è ancora molto da fare e
da
lottare per gli ultimi, che sono
cacciati sempre più indietro dal
potere della politica e dallo
strapotere della finanza». È contro le
«troppe emarginazioni quotidiane che
vogliamo combattere», ha
sottolineato Stefania Deidda,
candidata nel Sulcis. Con un papillon
arcobaleno appuntato sulla camicia
scura, ha raccontato la sua storia.
«Io e le mia compagna Stefania siamo
state le prime donne omosessuali
a essersi sposate in Sardegna dopo
la legge per le Unioni civili.
Subito dopo il nostro sì, siamo
state minacciate di morte: è contro
questa violenza e altri, troppi,
casi di omofobia che Potere al popolo
è entrato in questa campagna
elettorale». Ma anche per «ottenere la
possibilità di un vero matrimonio
fra le persone dello stesso sesso,
perché le Unioni civili considerano
di fatto ancora fantasmi i figli
di una coppia omosessuale». Sono il
ritorno e la rivendicazione dei
diritti sociali gli obiettivi della
lista.
«La sanità è negata a chi
sta peggio», hanno detto Mariangela
Pedditzi e Sergio Diliberto,
medici e candidati al Senato. «Lo è
anche il diritto allo studio»,
hanno aggiunto gli insegnanti Anna
Cacciatori, Sabina Sechi e Amedeo
Spagnuolo, dopo aver ricordato i
«danni disumani provocati da Renzi a
insegnanti e studenti con la riforma
della falsa buona scuola». Di
altri disastri renziani ha parlato
il sindacalista Giovanni Nuscis,
candidato a Sassari: «Con il Jobs
act ha spazzato via ai giovani
l'ennesimo pezzo di futuro. È
aumentato il precariato e a far soldi
sono state solo le imprese».
A pagare il conto più pesante di
«una
legge al ribasso» è stata la
generazione delle «porte sbattute in
faccia», ha detto Michela Onnis,
classe 1987, la più giovane del
gruppo. «Contro l'esagerata
disoccupazione giovanile e la fuga dei
giovani dalla Sardegna finora non è
stato fatto nulla. Anzi, la
situazione è peggiorata», le sue
parole. Per Potere al popolo, che
parte in svantaggio rispetto ai
grandi pariti e movimenti, non sarà
facile trovare un posto in Parlamento,
ma «non ci arrendiamo - ha
detto Enzo Gamba, candidato nel
listino nord per la Camera - perché
c'è un mondo autoritario, arrogante
e cinico ancora da scalzare». (ua)
L'ex
governatore tra gli impresentabili. Il leader di Fi: sono
forcaioli
e ipocriti. Polemica tra Cappellacci e M5s
CAGLIARIPolemica a distanza fra i
Cinque stelle e Ugo Cappellacci,
capolista nel listino sud di Forza
Italia alla Camera per i cosiddetti
candidati impresentabili. Hanno
cominciato i grillini che, in post
pubblicato sul «Blog delle stelle» e
poi rilanciato dalle agenzie,
hanno inserito l'ex governatore
nella lista nera, Con lui anche altri
aspiranti onorevoli del centrodestra
e del centrosinistra, ma nello
specifico a Cappellacci è
contestato, testuale dal post: «La richiesta
di condanna per abuso d'ufficio
nell'inchiesta sulla P3, la condanna
in secondo grado a restituire 220
milioni alla Regione (dovrebbe
riferirsi al licenziamento del
coordinatore dell'Ufficio stampa della
giunta) e la condanna a due anni e
mezzo di reclusione per il crac
milionario della Sept Italia,
società fallita nel 2010».
La replica di
Cappellaci è stata immediata: «Il
Movimento Cinque stelle è il partito
degli ipocriti: sono forcaioli con
gli altri e ipergarantisti con i
loro sempre più numerosi indagati e
rinviati a giudizio in tutta
Italia». Per continuare nel
comunicato: «Sono tanto impresentabile che
il loro candidato, Andrea Mura,
avrebbe voluto presentarsi con la me e
la mia lista alle elezioni del 4
marzo. Adesso gli chiederanno di
ritirarsi? Il sottoscritto non ha
ancora ricevuto nessun condanna
definitiva. Visto che sono tanto
appassionati al tema, perché non
parlano del loro leader, Beppe
Grillo, condannato in via definitiva
per omicidio colposo?».
Renzi
contro D'Alema «Votarlo aiuta la Lega»
verso il
voto di Serenella Mattera
Mai un governo «con gli estremisti»
M5s e Lega. Perché con le loro
ricette il rischio è «dilapidare»
quanto fatto finora. Nell'uno-due di
Matteo Renzi e Paolo Gentiloni c'è
un pezzo della campagna elettorale
del Pd. Il segretario e il premier
ringraziano all'unisono Romano
Prodi, per il suo endorsement al
centrosinistra. «Siamo noi la
sinistra di governo e che non si
rifugia negli slogan del passato»,
rivendica Gentiloni avviando la sua
campagna a Roma. Mentre Renzi, che
critica le contraddizioni
dell'alleanza tra Forza Italia e Lega e dice
no allo scenario di un futuro
governo con gli «estremisti», invita al
voto utile perché «ogni voto dato al
partito di D'Alema è fare un
favore a Salvini e Grillo». Nel Pd
restano gli strascichi della
vicenda delle liste, con casi come
lo strappo di un gruppo di
siciliani che danno forfait dalla
campagna elettorale. Andrea Orlando
nega ogni ipotesi di nuova scissione
ma, come Michele Emiliano, rinvia
a una resa dei conti interna dopo il
5 marzo, soprattutto se il Pd
sarà sotto il 25%. «Siamo intorno al
23%, la notte del Nazareno ci ha
fatto perdere lo 0,5%», dice Renzi
ai suoi.
Ma aggiunge che il dato è
pienamente recuperabile e
l'obiettivo di primo gruppo parlamentare è
già oggi alla portata, anche grazie
al contributo degli altri partiti
della coalizione.Se centrerà
l'obiettivo, il Pd punta a condurre la
partita del governo. «In un tavolo a
quattro - ragionano
nell'entourage renziano - con M5s,
Lega, Fi e Pd, cosa che non
accadrà, Di Maio davvero pensa di
dare le carte e fare il premier di
un governo di larghe intese?».
Tra l'altro, notano «en passant»,
«metà
dei candidati M5s vengono da noi,
c'è chi due mesi fa era alla nostra
assemblea di Pietrarsa». Nella sua
campagna il segretario Dem punterà
perciò molto non solo contro
l'estremismo della Lega, ma anche a
smascherare le contraddizioni del
candidato M5s. Prodi intanto precisa
che non farà campagna elettorale. Ma
il suo sostegno alla coalizione
di centrosinistra è già tanto,
ragiona Renzi con il suo entourage. Il
professore ha fatto la sua parte.
Massimo D'Alema ricorda che Prodi
fece anche un non fortunato
endorsement per il sì al referendum,
dunque «i suoi appelli non sempre vengono
accolti». Ma Gentiloni, che
al fianco di Nicola Zingaretti apre
la sua campagna a Roma, sottolinea
il valore delle parole di «colui che
inventò il centrosinistra».
«Nonostante il peso delle sconfitte
subite e della scissione siamo noi
la speranza per il futuro», dichiara
il premier. E aggiunge che serve
«una nuova stagione di riforme» - a
partire dal lavoro per donne e
giovani, e una crescita inclusiva
per ridurre le diseguaglianze - per
non invertire il trend positivo.
Renzi va a Porta a porta con Carla
Cantone e Pier Carlo Padoan. E il
ministro dell'Economia si incarica
di un messaggio positivo:
«Non ci sono segni di speculazione o
nervosismo ma solo attesa» delle
elezioni. Quanto al Pd, oggi
presenterà il programma a Bologna.
Ma anticipa alcune proposte: gli 80
euro per ogni figlio a chi abbia un
reddito sotto i 120 mila euro (9
miliardi di costo), gli 80 euro
anche alle partite Iva che guadagnino
meno di 26 mila euro (1,1 miliardi),
una proposta sugli affitti sul
modello di quanto fatto in Spagna da
Zapatero.
Quanto alla campagna
elettorale, Renzi non ha ancora
definito gli impegni ma sta pensando,
oltre alla cura del suo collegio,
anche a tappe in luoghi simbolo e a
un grande evento di piazza sul
finale, magari non il venerdì della
chiusura quando i candidati dovranno
essere nei collegi. Tutti in
campo, è il suo refrain, che
ripeterà lunedì all'Eliseo di Roma
presentando i candidati: «Siamo una
squadra, non gli amici di calcetto
del segretario».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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