mercoledì 7 marzo 2018

La necessaria modifica della legge statutaria. Di Simona (Simonetta) Corongiu.




Pari opportunità elettorali. Bisogna modificare subito la legge elettorale sarda. In occasione del Plenum del Coordinamento3 donne di Sardegna, tenutosi il 14 gennaio ad Arborea, avevo evidenziato l'importanza di modificare la legge elettorale regionale che nella precedente competizione aveva lasciato circa 150.000 mila sardi privi di rappresentanza. Una situazione assurda! 

Ribadisco quanto già detto in quell'occasione: occorrerebbe mobilitazione generale che, come in occasione della battaglia sull'introduzione della doppia preferenza di genere, faccia si che questo tema diventi il primo punto all'ordine del giorno della politica isolana. Una democrazia, infatti, non può dirsi compiuta se lascia priva di rappresentanza una larga fetta della sua popolazione . Gli effetti del grave deficit di rappresentanza in atto è sotto gli occhi di tutti. Qui di sotto il testo del mio intervento ad Arborea.

“Il principio della parità di genere ha registrato un cammino lento e travagliato , fin dall' entrata in vigore della Carta Costituzione del 48, con l'affermarsi del principio di uguaglianza e di non discriminazione fra i sessi, sanciti nell' art. 3 . della costituzione. Dopo l' affermazione del pari diritto dell' elettorato attivo per entrambi i generi, la conquista di maggiori spazi di libertà si è spostata verso l' effettiva garanzia del diritto di elettorato passivo, e prima ancora del diritto della piena partecipazione delle donne alla vita politica e istituzionale, quali nuovi orizzonti della cittadinanza di genere.

Si è trattato di un problema non più di riconoscimento formale dei relativi diritti e libertà, ma di democrazia sostanziale che va ben oltre i diritti delle sole donne, ancora sotto rappresentate nelle assemblee elettive, negli organismi di governo e nei luoghi decisionali in genere. Tale sotto rappresentazione, infatti, non è dovuta al fatto che le donne sono disinteressate a incarichi politici o deresponsabilizzate per ruoli di vertice ma continua ad essere il frutto di ostacoli , diretti ed indiretti che vengono frapposti alle donne per l'ingresso in politica.

Una democrazia compiuta non può non passare dal riconoscimento dell' eguaglianza sostanziale del diritto di elettorato passivo fra uomini e donne . Ed infatti in Sardegna abbiamo assistito ad un deficit grave di democrazia paritaria con tutte le inevitabili conseguenze, a causa della grave e perdurante sotto rappresentazione delle donne nelle Assemblee elettive. Nei più moderni paesi civili, la rappresentanza democratica non tollera discriminazioni fondate sul genere e non può non tenere conto del fatto che la cittadinanza e i contributi che ognuno può dare alla vita pubblica variano in relazione anche al genere di appartenenza arricchendo il dibattito democratico e le scelte decisionali cui sono chiamate, in particolare, le assemblee elettive e gli organi di governo, nell' esercizio, a diversi livelli , della funzione legislativa ed esecutiva .

Gli effetti di tale grave e perdurante sotto rappresentazione sono sotto gli occhi di tutti, sopratutto in Sardegna con il grave e importante fenomeno della denatalità che, permettetemi di dire, colpisce in primis noi donne che siamo state private della libertà di scegliere se diventare o meno anche madri. Tutto sardo è il primato delle donne primipare attempate ultra quarantenni e quello dell'età media per il primo figlio superiore alla media nazionale e tra le più alte in Italia. Nessuno può negare, poi, che il tasso di natalità sia più accentuato nelle zone spopolate anche se in Sardegna ha raggiunto livelli preoccupanti anche nelle zone urbane.

È evidente che la battaglia che è stata condotta in Sardegna per il riconoscimento della doppia preferenza di genere con la modifica della legge statutaria, è da ricondursi all'affermazione del principio dell'eguaglianza sostanziale e all'aspirazione per una compiuta democrazia paritaria Non mi pare eccessivo considerarla come una delle più importanti conquiste democratiche degli ultimi decenni in Sardegna che sia, chiaro, andrà a vantaggio non solo delle donne ma dell'intera società perché rende sicuramente più rappresentata la Sardegna con la possibile elezione di un numero maggiore di donne.

Ma la modifica della legge statutaria con l'introduzione della doppia preferenza di genere e l'obbligo dell'alternanza dei due generi nella composizione delle liste non basta. Perché ci sia una reale ed effettiva democrazia per la quale tante donne hanno combattuto, occorre una rinnovata mobilitazione a cui noi del Coordinamento 3 - donne di Sardegna non possiamo esimerci in modo tale che nel 2019 si vada a votare con delle nuove regole che assicurino un'adeguata rappresentanza democratica in seno al Consiglio Regionale e che tenga conto di una più ampia platea elettorale, altrimenti elusa. 

L' obiettivo primario di una legge elettorale è quello di consentire la formazione di maggioranze che assicurino l'effettiva rappresentatività proprio alla luce dei principi della Corte costituzionale e dell'art. 1 comma 2 della Costituzione per cui la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti e nelle forme della Costituzione.

Ciò non è evidentemente accaduto in Sardegna con la legge statutaria n. 3 del 2013 che ha lasciato privi di rappresentanza circa 75000 sardi con una astensione prossima al 50%. La legge attualmente in vigore che auspichiamo venga modificata al più presto pone essenzialmente due ordini di problemi. Il primo è quello del premio di maggioranza che attribuisce il 55% dei seggi al Presidente più votato, prevedendo la norma l'attribuzione di un premio a colui che ottiene una percentuale di voti tra il 25 e il 40% e trasformando pertanto un consenso elettorale limitato in una maggioranza politica di governo. 

Il secondo è quello delle soglie di sbarramento per i gruppi di liste e per le coalizioni che certamente incentiva la mancata partecipazione al voto a priori di chi parteggia per piccoli schieramenti. Infatti, se so che c'è una soglia di sbarramento e il mio partito è piccolo, neanche vado a votare perché tanto sarebbe inutile.

Pensiamo ai continui richiami al c.d. voto utile oppure al non voto o all'appello di questi giorni all'obiezione di coscienza nazionale nelle elezioni per il parlamento. Sembrano quasi abdicazioni al voto da parte di chi non si sente rappresentato nei maggiori schieramenti. Che fare allora? Innanzitutto giacciono in Consiglio Regionale diverse proposte di modifica della legge elettorale e noi dobbiamo certamente chiedere che sia riscritta la legge elettorale statutaria per la Regione Sardegna che potrà permettere al popolo sardo di tornare massicciamente alle urne e scegliere i propri rappresentanti. 

È urgente una legge che garantisce uguaglianza di voto , sia che si voti per la maggioranza che per l'opposizione, senza quegli stravolgimenti generati dal sistema maggioritario che quando attribuisce ad un voto dato un maggior peso a quello di maggioranza rispetto a quello di opposizione , è sempre ingiusto e genera diseguaglianze.

In nome della governabilità, che non significa durabilità fine a se stessa, non può sacrificarsi la giusta rappresentanza anche dei partiti o liste minori perché la democrazia è fatta di una pluralità di opinioni che sempre devono trovare sintesi in tutti gli organi di origine elettiva. In conclusione: la donna in Sardegna non sta bene e di riflesso la famiglia e la società sarda: la denatalità è ai minimi storici, la disoccupazione femminile insieme a quella giovanile allarmante, l'aggravio di responsabilità a carico delle donne a causa dell'invecchiamento della popolazione è intollerabile. Vogliamo continuare di questo passo? Io non credo: abbiamo un’importante responsabilità che è quella di lottare e provare a cambiare una società ingiusta.

Di Simona (Simonetta) Corongiu

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