Pari opportunità elettorali. Bisogna modificare subito la
legge elettorale sarda. In occasione del Plenum del Coordinamento3 donne di
Sardegna, tenutosi il 14 gennaio ad Arborea, avevo evidenziato l'importanza di
modificare la legge elettorale regionale che nella precedente competizione
aveva lasciato circa 150.000 mila sardi privi di rappresentanza. Una situazione
assurda!
Ribadisco quanto già detto in quell'occasione: occorrerebbe
mobilitazione generale che, come in occasione della battaglia sull'introduzione
della doppia preferenza di genere, faccia si che questo tema diventi il primo
punto all'ordine del giorno della politica isolana. Una democrazia, infatti,
non può dirsi compiuta se lascia priva di rappresentanza una larga fetta della
sua popolazione . Gli effetti del grave deficit di rappresentanza in atto è
sotto gli occhi di tutti. Qui di sotto il testo del mio intervento ad Arborea.
“Il principio della parità di genere ha registrato un
cammino lento e travagliato , fin dall' entrata in vigore della Carta
Costituzione del 48, con l'affermarsi del principio di uguaglianza e di non
discriminazione fra i sessi, sanciti nell' art. 3 . della costituzione. Dopo l'
affermazione del pari diritto dell' elettorato attivo per entrambi i generi, la
conquista di maggiori spazi di libertà si è spostata verso l' effettiva
garanzia del diritto di elettorato passivo, e prima ancora del diritto della
piena partecipazione delle donne alla vita politica e istituzionale, quali
nuovi orizzonti della cittadinanza di genere.
Si è trattato di un problema non
più di riconoscimento formale dei relativi diritti e libertà, ma di democrazia
sostanziale che va ben oltre i diritti delle sole donne, ancora sotto
rappresentate nelle assemblee elettive, negli organismi di governo e nei luoghi
decisionali in genere. Tale sotto rappresentazione, infatti, non è dovuta al
fatto che le donne sono disinteressate a incarichi politici o
deresponsabilizzate per ruoli di vertice ma continua ad essere il frutto di
ostacoli , diretti ed indiretti che vengono frapposti alle donne per l'ingresso
in politica.
Una democrazia compiuta non può non passare dal
riconoscimento dell' eguaglianza sostanziale del diritto di elettorato passivo
fra uomini e donne . Ed infatti in Sardegna abbiamo assistito ad un deficit
grave di democrazia paritaria con tutte le inevitabili conseguenze, a causa
della grave e perdurante sotto rappresentazione delle donne nelle Assemblee
elettive. Nei più moderni paesi civili, la rappresentanza democratica non
tollera discriminazioni fondate sul genere e non può non tenere conto del fatto
che la cittadinanza e i contributi che ognuno può dare alla vita pubblica
variano in relazione anche al genere di appartenenza arricchendo il dibattito
democratico e le scelte decisionali cui sono chiamate, in particolare, le
assemblee elettive e gli organi di governo, nell' esercizio, a diversi livelli
, della funzione legislativa ed esecutiva .
Gli effetti di tale grave e perdurante sotto
rappresentazione sono sotto gli occhi di tutti, sopratutto in Sardegna con il
grave e importante fenomeno della denatalità che, permettetemi di dire,
colpisce in primis noi donne che siamo state private della libertà di scegliere
se diventare o meno anche madri. Tutto sardo è il primato delle donne primipare
attempate ultra quarantenni e quello dell'età media per il primo figlio
superiore alla media nazionale e tra le più alte in Italia. Nessuno può negare,
poi, che il tasso di natalità sia più accentuato nelle zone spopolate anche se
in Sardegna ha raggiunto livelli preoccupanti anche nelle zone urbane.
È evidente che la battaglia che è stata condotta in Sardegna
per il riconoscimento della doppia preferenza di genere con la modifica della
legge statutaria, è da ricondursi all'affermazione del principio
dell'eguaglianza sostanziale e all'aspirazione per una compiuta democrazia
paritaria Non mi pare eccessivo considerarla come una delle più importanti
conquiste democratiche degli ultimi decenni in Sardegna che sia, chiaro, andrà
a vantaggio non solo delle donne ma dell'intera società perché rende sicuramente
più rappresentata la Sardegna con la possibile elezione di un numero maggiore
di donne.
Ma la modifica della legge statutaria con l'introduzione
della doppia preferenza di genere e l'obbligo dell'alternanza dei due generi
nella composizione delle liste non basta. Perché ci sia una reale ed effettiva
democrazia per la quale tante donne hanno combattuto, occorre una rinnovata
mobilitazione a cui noi del Coordinamento 3 - donne di Sardegna non possiamo
esimerci in modo tale che nel 2019 si vada a votare con delle nuove regole che
assicurino un'adeguata rappresentanza democratica in seno al Consiglio
Regionale e che tenga conto di una più ampia platea elettorale, altrimenti
elusa.
L' obiettivo primario di una legge elettorale è quello di consentire la
formazione di maggioranze che assicurino l'effettiva rappresentatività proprio
alla luce dei principi della Corte costituzionale e dell'art. 1 comma 2 della
Costituzione per cui la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei
limiti e nelle forme della Costituzione.
Ciò non è evidentemente accaduto in Sardegna con la legge
statutaria n. 3 del 2013 che ha lasciato privi di rappresentanza circa 75000
sardi con una astensione prossima al 50%. La legge attualmente in vigore che
auspichiamo venga modificata al più presto pone essenzialmente due ordini di
problemi. Il primo è quello del premio di maggioranza che attribuisce il 55%
dei seggi al Presidente più votato, prevedendo la norma l'attribuzione di un
premio a colui che ottiene una percentuale di voti tra il 25 e il 40% e
trasformando pertanto un consenso elettorale limitato in una maggioranza
politica di governo.
Il secondo è quello delle soglie di sbarramento per i
gruppi di liste e per le coalizioni che certamente incentiva la mancata
partecipazione al voto a priori di chi parteggia per piccoli schieramenti.
Infatti, se so che c'è una soglia di sbarramento e il mio partito è piccolo,
neanche vado a votare perché tanto sarebbe inutile.
Pensiamo ai continui richiami al c.d. voto utile oppure al
non voto o all'appello di questi giorni all'obiezione di coscienza nazionale
nelle elezioni per il parlamento. Sembrano quasi abdicazioni al voto da parte
di chi non si sente rappresentato nei maggiori schieramenti. Che fare allora?
Innanzitutto giacciono in Consiglio Regionale diverse proposte di modifica
della legge elettorale e noi dobbiamo certamente chiedere che sia riscritta la
legge elettorale statutaria per la Regione Sardegna che potrà permettere al
popolo sardo di tornare massicciamente alle urne e scegliere i propri
rappresentanti.
È urgente una legge che garantisce uguaglianza di voto , sia
che si voti per la maggioranza che per l'opposizione, senza quegli
stravolgimenti generati dal sistema maggioritario che quando attribuisce ad un
voto dato un maggior peso a quello di maggioranza rispetto a quello di
opposizione , è sempre ingiusto e genera diseguaglianze.
In nome della governabilità, che non significa durabilità
fine a se stessa, non può sacrificarsi la giusta rappresentanza anche dei
partiti o liste minori perché la democrazia è fatta di una pluralità di
opinioni che sempre devono trovare sintesi in tutti gli organi di origine
elettiva. In conclusione: la donna in Sardegna non sta bene e di riflesso la
famiglia e la società sarda: la denatalità è ai minimi storici, la
disoccupazione femminile insieme a quella giovanile allarmante, l'aggravio di
responsabilità a carico delle donne a causa dell'invecchiamento della
popolazione è intollerabile. Vogliamo continuare di questo passo? Io non credo:
abbiamo un’importante responsabilità che è quella di lottare e provare a
cambiare una società ingiusta.
Di Simona (Simonetta)
Corongiu
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