giovedì 22 marzo 2018

Rassegna stampa 22 Marzo 2018


Unione Sarda

Francesca Ghirra, assessora a Cagliari: cominciamo la campagna elettorale «Noi donne di Campo progressista ricostruiremo l'alleanza di sinistra»

Campo progressista riparte dalla forza delle donne, e apre la campagna elettorale per le Regionali dell'anno prossimo. «Vogliamo iniziare a porre le basi per un progetto collettivo. Dare un segnale forte, per dire che il 4 marzo non è finito il mondo, anzi, ci impegniamo di più per continuare a fare una politica vicina alla gente e ricostruire un'alleanza di sinistra».

Francesca Ghirra, 40 anni a luglio, assessora all'Urbanistica del Comune di Cagliari, annuncia che l'appuntamento - dall'inequivocabile titolo “Il nostro programma per la Sardegna” - è per sabato alle 10 al Teatro Massimo, e avverte: «Siamo aperti al dialogo, ma una serie di punti, i temi fondanti, non sono trattabili».

Quali sono?
«I bisogni delle persone, le azioni vicine alle esigenze dei cittadini più deboli, la solidarietà, l'inclusione sociale, il lavoro come strumento di riscatto, un'economia sostenibile che guardi allo sviluppo e alla tutela dell'ambiente, la cultura, l'istruzione e la formazione. Ancora: c'è la volontà di utilizzare al meglio l'autonomia della Sardegna».

Pensa che lo Statuto sia lettera morta?
«Abbiamo una serie di dispositivi che non sono stati applicati, partendo dal riconoscimento dei valori specifici dell'Isola, non solo come entità geografica ma come nazione, dal punto di vista identitario. Prendiamo, ad esempio, la scuola: noi non abbiamo mai
promosso una legge sulla pubblica istruzione, se l'avessimo fatto, usando lo strumento delle specificità linguistica, avremmo potuto tutelare le scuole dell'interno e non avremmo dovuto usare i numeri del dimensionamento nazionale».

Cioè non si sarebbero chiuse molte scuole nei piccoli paesi?
«Esattamente. Una cosa è fare plessi scolastici da seicento studenti a Milano, un'altra è farlo in Barbagia».

Una politica al femminile per dare valore aggiunto alla politica e per una maggiore rappresentanza nelle istituzioni?
«Sì, decisamente. Noi donne di Campo progressista abbiamo firmato un appello all'unità e fatto un'assemblea molto partecipata in cui eravamo una cinquantina. Il metodo di lavoro riprende quello fatto con le Officine, ogni tavolo sviluppa un argomento specifico. L'idea è di creare un progetto che abbia una forte caratterizzazione femminile, sia nei contenuti che nel metodo, da proporre ovviamente anche agli uomini che si riconoscono nel campo progressista, riformista e democratico».

Pensa che l'allontanamento da quei temi di cui parla sia la causa della sconfitta elettorale?
«Penso che ci sia una forte difficoltà nel comunicare. Mi ha stupito molto che il M5S abbia fatto del reddito di cittadinanza la sua bandiera e il Pd non sia stato in grado di raccontare cosa ha fatto per l'inclusione sociale. Gli 80 euro di Renzi, i 500 euro per gli studenti, il Sia, il Rei, sono una forma di reddito di cittadinanza».

La Giunta regionale ha responsabilità?
«Io credo che non si debbano sovrapporre le elezioni politiche a quelle locali, e il Lazio lo dimostra. La maggior parte dei voti che il M5S ha preso in più rispetto al 2013 proviene dal Pd e da Sel, i nostri elettori hanno votato loro per darci un segnale. Mi preoccupa di più la Lega, questa campagna così smaccatamente discriminatoria rispetto ad alcune categorie ha attecchito anche da noi, e su questo ci dobbiamo interrogare molto».

Cosa pensa dell'idea di Silvio Lai: un soggetto autonomo, un altro nome, un altro simbolo? Saranno sempre vostri alleati? E le vostre lacerazioni interne?
«La situazione è molto critica e dobbiamo fare uno sforzo enorme per ricompattarci e ridare fiducia ai cittadini. Non aver partecipato alle Politiche con una lista nostra ci ha penalizzato, il nostro elettorato era disorientato, perché da un lato c'era Leu, e dall'altro c'era un centrosinistra in cui il partito più di sinistra era il Pd. Però sono convinta che ci sia bisogno di sinistra, se riusciremo a fare quello che purtroppo a Pisapia non è riuscito, potremo gettare buone basi per ripartire. Poi, l'alleanza col Pd non l'abbiamo mai messa in discussione. I simboli sono importanti, ma sono i contenuti che interessano la gente. Dobbiamo essere capaci di restituire ai simboli della sinistra i contenuti tipici della sinistra».

Massimo Zedda sarà il leader della coalizione?
«Essere il leader non significa essere candidato alla presidenza: credo che lui ami la nostra città e voglia portare avanti il suo mandato, abbiamo ancora tanti anni davanti».

Di lei si dice che sarà la prossima sindaca di Cagliari.
«Mi sembra un discorso prematuro. Sono stata molto felice del risultato delle elezioni nel 2016, non immaginavo certo che sarei stata la più votata e sono molto fiera del ruolo che il sindaco mi ha assegnato. Poi si sa, in politica è difficile sapere oggi cosa accadrà domani, figuriamoci fra tre anni e mezzo».

Il suo sogno?
«Come amministratore, riuscire a dare risposte concrete ai problemi delle persone, come donna, mi piacerebbe vivere in una società dove tutti gli uomini sono perbene e non violenti».

Cristina Cossu


La Nuova

Pd, non c'è accordo sulla data dell'assemblea
Cucca propone metà aprile, ma le altre correnti chiedono che sia
convocata prima di quella nazionale

CAGLIARI
All'inizio della prossima settimana Giuseppe Luigi Cucca proverà a
riconvocare la segreteria del Pd. Il primo tentativo, lunedì scorso, è
andato a vuoto, con i popolari-riformisti, oltre ai soriani, che non
si sono presentati. Ma se anche alla l seconda convocazione gli
assenti saranno ancora in maggioranza potrebbe essere un rischio per
loro. Finirebbero spiazzati e sarebbero costretti a subire la scelta
della data dell'ormai certa assemblea regionale. Annunciata all'inizio
di aprile, subito dopo Pasqua, però potrebbe slittare di qualche
giorno ed essere convocata intorno al 13 aprile. La decisione spetta
alla segreteria, lo prevede il regolamento, anche se a convocarla
dovrà essere la presidente Lalla Pulga.

Non è solo un problema di
calendario. Ad esempio alcuni, sempre i popolari-riformisti,
vorrebbero che fosse organizzata prima di quella nazionale, prevista
intorno all'8 aprile. Anticiparla sarebbe il primo segnale che i dem
sardi puntano a essere molto più autonomi rispetto a Roma. Non solo.
La data è fondamentale anche in vista delle elezioni regionali del
2019. Il Pd deve uscire in fretta dallo choc elettorale se non vuole
farsi trovare impreparato al prossimo tavolo del centrosinistra.
Tavolo che da maggio in poi dovrà discutere di alleanze, più o meno
allargate, candidato-premier e programmi.

I popolari-riformisti. Il
gruppo guidato da Antonello Cabras e Paolo Fadda non ha deciso ancora
se dimettersi dalla segreteria prima dell'assemblea regionale.
All'interno del gruppo c'è una discussione in corso, ma nessuno vuole
correre il rischio di far decidere solo al segretario e ai suoi
fedelissimi la data della convocazione. Così lunedì potrebbe accadere
che alla riunione della segreteria si presenti solo Pietro Morittu, è
l'attuale vice di Cucca, con il mandato di trattare proprio sulla data
dell'assemblea. Ma è possibile che il portavoce della corrente ritorni
alla carica anche sulla richiesta che quel giorno Cucca si presenti
già dimissionario.

Quindi vada oltre la decisione di rimettere
l'incarico nelle mani del parlamentino pd, come ha annunciato invece
nella direzione di sabato scorso a Oristano.I soriani. I tre della
segreteria si sono già dimessi e in questi giorni pare che siano alla
ricerca delle firme necessarie, servono quelle di due terzi della
direzione, per accelerare la convocazione. Se dovessero riuscirci,
priverebbero Cucca dell'esclusiva di essere lui a decidere il
giorno.Cucca e i suoi.

L'unico gruppo che ancora sostiene apertamente
il segretario regionale, cioè quello formato dai renziani e dagli ex
diesse, continua a essere fermo sulla scelta di Oristano. Che poi è
quella del pieno rispetto delle direttive del reggente nazionale,
Maurizio Martina. Cioè: congelare le dimissioni delle segreterie
regionali fino a quando Roma non deciderà come gestire il dopo Matteo
Renzi

Vertice con Martina su capigruppo e Camere, assenti Lotti e Boschi
Torna il caminetto, senza renziani

di Giovanni Innamoratiw ROMA «Niente caminetti e niente inciuci», disse
Matteo Renzi il 5 marzo annunciando le dimissioni da segretario del
Pd. Quella frase spiega la decisione dei renziani di non partecipare
al vertice dei Dem in programma nella tarda serata di ieri per
decidere la posizione da tenere in occasione dell'elezione dei
presidenti delle Camere e per affrontare il nodo dei capigruppo Dem
nei due rami del Parlamento, su cui il reggente Maurizio Martina sta
tentando una difficile mediazione tra renziani e le altre componenti
del partito.

Al Nazareno, il «caminetto» aborrito da Renzi ha visto la
presenza, oltre che di Martina, anche dei leader della minoranza
Michele Emiliano e Andrea Orlando, nonché di Dario Franceschini,
Graziano Delrio, Lorenzo Guerini, Ettore Rosato, Luigi Zanda e Matteo
Orfini. Assenti Matteo Renzi, atteso a Roma oggi per l'assemblea
congiunta dei gruppi, e Luca Lotti e Maria Elena Boschi, ufficialmente
per impegni istituzionali ma in realtà per sabotare la riunione. Renzi
aveva detto no ai «caminetti» tra leader di correnti facendo capire di
temere la volontà di un accordo col M5s per il governo. Di qui la sua
insistenza per avere due dei suoi, come Lorenzo Guerini alla Camera e
Andrea Marcucci al Senato a guidare i gruppi.

Certo, ci sono anche le
vicepresidenze di Senato e Camera, e le presidenze delle Commissioni
che spettano all'opposizione (Copasir e Vigilanza); ma i capigruppo
sono in grado di impedire «inciuci». «Inciuci» che però tutti gli
altri leader di corrente negano di voler fare, come ha garantito
Martina anche pubblicamente. Le altre componenti chiedono che almeno
uno dei due presidenti di gruppo non sia renziano. Se fosse Marcucci a
fare il passo indietro (dirottato sulla vicepresidenza del Senato) in
gioco entrerebbero Matteo Richetti, Roberta Pinotti, Gianni Pittella,
ma non il lombardo Franco Mirabelli.

Perché c'è anche il tema
dell'equilibrio regionale: Martina è lombardo, così come Guerini, che
sembra avere più chance, avendo buoni rapporti con Andrea Orlando e
Gianni Cuperlo. Se il passo indietro fosse il suo, alla Camera
entrerebbero in gioco o un esponente delle minoranze (Andrea Orlando,
Francesco Boccia, Barbara Pollastrini) o Graziano Delrio, sempre più
dubbioso se candidarsi alla segreteria.


Il centrodestra cerca un leader E Cicu raduna cento sindaci
Spuntano Nizzi e Tunis, critiche di Zedda. L'effetto Lega-Psd'Az lancia Solinas

Il centrodestra sardo è ancora un cantiere aperto, perché nonostante
la coalizione si sia presentata alle politiche, non è detto che lo
schema rimanga invariato anche per le regionali. Ci sono più dubbi che
certezze nel futuro e alcuni partiti, solitamente collocati in questo
schieramento, sono pronti a far saltare il banco.

STRATEGIE E NOMI Nessuno è disposto ad accettare imposizioni,
tantomeno concedere a Forza Italia la prima scelta. Anche tra gli
azzurri il clima dopo le elezioni politiche non è idilliaco, tanto che
la vice capogruppo in Consiglio regionale, Alessandra Zedda, parla di
«candidature sbagliate». È probabile che Forza Italia punti a un
cambiamento nella scelta del candidato alla presidenza, nonostante ci
siano già alcuni nomi che circolano, come quelli di Settimo Nizzi,

Salvatore Cicu e Stefano Tunis. Ma anche da parte degli altri partiti
le proposte non mancano, come quella dell'esponente di Fratelli
d'Italia, Paolo Truzzu, che potrebbe essere proposto dal partito agli
alleati. Da verificare anche gli equilibri interni, visto che il
connubio Lega-Psd'Az ha ottenuto, in Sardegna, un buon risultato alle
politiche. A livello nazionale la Lega è il primo partito della
coalizione, un aspetto che potrebbe ribaltare quella che per anni è
stata la regola nel centrodestra, ossia che a trainare fosse Forza
Italia, e lasciare al "Carroccio" (e quindi al Psd'Az) la leadership.

L'ADUNATA Un primo passo verso la costruzione di un progetto in chiave
regionale è previsto per sabato a Cagliari, dove alle 11 al T hotel,
l'eurodeputato di Forza Italia, Salvatore Cicu, incontrerà 100
amministratori provenienti da diversi Comuni della Sardegna.
L'obiettivo è la nascita di una «costituente fra sindaci, finalizzata
all'avvio di un nuovo confronto politico su urgenze, temi e vertenze
del territorio regionale», spiega l'esponente azzurro. Sono stati
invitati anche i consiglieri regionali per partecipare a «un'idea di
Sardegna che sviluppi nuova occupazione e rafforzi gli strumenti di
tutela sociale per le nuove povertà».

«CAMBIAMENTO» Il centrodestra nel suo insieme ha raggiunto il 31% alle
ultime politiche, undici punti percentuali in meno rispetto al
Movimento 5 Stelle. Alessandra Zedda, vice presidente del gruppo in
Consiglio regionale, è sicura che «prima di parlare di presidenze e
proposte di singoli dobbiamo pensare veramente alla Sardegna». Le
elezioni politiche hanno lasciato uno strascico, visto che «Forza
Italia non ha ottenuto un risultato a mio avviso soddisfacente», dice
Zedda, commentando il quasi 15% ottenuto dal partito il 4 marzo.

Evidentemente qualcosa non ha funzionato, nonostante «i segnali
positivi nei nostri confronti che non abbiamo saputo interpretare e
intercettare». Dunque, i discorsi di alleanze e coalizione diventano
marginali a scapito della ricerca di un metodo nuovo, in grado di
«valorizzare la democrazia e faccia uscire Forza Italia dalle logiche
dei personalismi».

L'ESPERIMENTO Se l'accordo tra il Psd'Az e la Lega fosse riconfermato
anche alle regionali la scelta del simbolo potrebbe ricadere sui
Quattro Mori, sacrificati alle politiche (anche per questioni
tecniche). Il segretario sardista, Christian Solinas, però, al momento
di siglare l'accordo col Carroccio era stato chiaro dicendo di gradire
il simbolo sardista per le elezioni amministrative e regionali.

«PRIMA LE REGOLE» Da Fratelli d'Italia arriva il via libera per lo
schema di coalizione che si è presentato alle politiche: «E' uno
schieramento forte», spiega Salvatore Deidda, coordinatore regionale
del partito, che sull'individuazione del candidato chiede «un incontro
per decidere i criteri di scelta». Il partito chiede «pari dignità» e
non individua le primarie come unica via d'uscita: «E' un metodo, ma
non l'unico. Serve rinnovamento e su questo ci confronteremo con gli
alleati».

I DUBBI Per i Riformatori, invece, le primarie sono una condizione
necessaria per far parte del centrodestra: «Per noi è l'unico modo per
scegliere il candidato», sottolinea Pietrino Fois, coordinatore
regionale. I Riformatori non hanno partecipato alle ultime politiche,
abbandonando la “quarta gamba centrista”, in polemica con le scelte
romane sull'assegnazione dei collegi uninominali. Esperienza che
conduce a una riflessione sulla necessità di «stringere alleanze fuori
dagli schemi canonici nazionali, senza dimenticare la piena adesione
alla battaglia sul principio di insularità».

Qualche malessere nei
confronti delle scelte nazionali lo ha anche Giorgio Oppi, leader
dell'Udc: «Noi siamo liberi e autonomi». Davanti alle fughe in avanti
o ai nomi di aspiranti governatori, Oppi sottolinea che «non possiamo
pensare che sia ancora Forza Italia a dettare la linea, visto che lo
fa da 25 anni. Dobbiamo scegliere un candidato al di sopra delle
parti, credibile e affidabile».
Matteo Sau

Il vertice al Nazareno
«Esiti già scritti, il Pd resta fuori dagli incontri»

«Il Pd non può partecipare a incontri i cui esiti sono già scritti. Se
c'è già un accordo sulle presidenze da parte di qualcuno, è bene che
chi l'ha fatto se ne assuma tutta la responsabilità», sottolinea in
una nota il Pd. E il reggente del partito, Maurizio Martina, conferma:
«Non ci sono le condizioni perché il Pd partecipi a un incontro i cui
esiti sono già decisi», riferendosi all'ipotesi di incontro di oggi di
tutte le forze politiche sulle presidenze.

Il nuovo corso al Nazareno prende forma. Martina ha convocato ieri
sera i big. Sul tavolo la linea Pd sulla presidenza delle Camere ma
anche i nuovi capigruppo in Parlamento. Né Matteo Renzi né i suoi
fedelissimi erano presenti. L'ex segretario si tiene lontano dai
“caminetti”, già rottamati durante la sua gestione, e che adesso
tornano nel Pd post sconfitta.

Certo, alla riunione c'erano Matteo Orfini, Ettore Rosato, Lorenzo
Guerini, tutti dirigenti vicini a Renzi ma la distanza, anche fisica,
del “giglio magico” è volutamente marcata. Sulla questione presidenze,
i dem sono in attesa di verificare le decisioni di centrodestra e M5S.
Oggi ci saranno nuovi incontri, alcuni già annunciati come quelli con
i capigruppo di FI, Renato Brunetta e Paolo Romani. Le quotazioni di
quest'ultimo come candidato alla presidenza del Senato sono tornate a
crescere e dal Pd le reazioni sono «positive». Insomma, i dem
sosterrebbero l'esponente azzurro a palazzo Madama. Ci sono poi le
questioni interne, i nuovi capigruppo. Oggi alle 18 si riuniscono gli
eletti dem all'auletta dei gruppi e lì verrà data indicazione sui
nomi.
  
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Federico Marini
skype: federico1970ca

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