La Nuova
Sardegna
Lega-M5S,
lite sul governo Ma al Senato è patto
anti-Pd Nessun questore ai Dem, renziani infuriati. E Salvini sfida Di Maio
Non cala la tensione tra Matteo
Salvini e Luigi Di Maio e la partita per costruire una maggioranza di governo
si intreccia con quella per gli uffici di presidenza di Camera e Senato. Ieri a
Palazzo Madama i grillini hanno consumato lo strappo col Pd, lasciando alla sola
Anna Rossomando una vicepresidenza e escludendo i dem dal lotto dei questori. E
ora il Pd minaccia di disertare gli incontri indetti per oggi dai Cinquestelle
per la trattativa sul governo.
LO STRAPPO Tutto come da copione per
i vice della presidente Elisabetta Casellati: oltre alla candidata del Pd
vengono eletti Roberto Calderoli (Lega), Ignazio La Russa (FdI) e Paola Taverna
(M5S). I Dem invece non entrano nella partita dei questori, a cui pure puntavano
dato che, a sovrintendere collegialmente alla polizia, ai servizi del Senato e
al cerimoniale, predispongono il progetto di bilancio e il conto consuntivo del
palazzo.
Ma nella votazione se li spartiscono
grillini e centrodestra: i primi piazzano Laura Bottici, mentre la Lega Paolo
Arrigoni e la cosiddetta quarta gamba, Noi con l'Italia, ottiene Antonio De
Poli. E così sui segretari d'aula, con Tosato e Nisini (Lega), Giro e Carbone
(FI). Del Movimento 5 Stelle Castaldi, Montevecchi, Puglia e Pisani.
LE REAZIONI «Un fatto gravissimo»,
denuncia il capogruppo dem Andrea Marcucci, «per la prima volta nella storia
repubblicana l'opposizione parlamentare non avrà accesso al funzionamento della
macchina del Senato». «Quando lo facevamo noi era spartizione, ora che lo fanno
loro è volontà popolare», ironizza Matteo Renzi. Si unisce alla protesta il
reggente Maurizio Martina, e dalla Camera si fa sentire molto duramente anche
il neo deputato sardo Gavino Manca: «Mai vista una simile indecenza. Una
spartizione pura e semplice: chi vorrebbe rappresentare il nuovo in realtà
mostra solo un'assurda fame di poltrone».
GLI SVILUPPI La polemica potrebbe
incidere sugli incontri chiesti per oggi dal M5S a tutti i partiti. Lega, Leu e
Forza Italia ci saranno, FdI no perché bolla i 5Stelle come «inaffidabili». Ora
il timore è che anche il Pd respinga l'invito. L'asse M5S-centrodestra sulle
nomine non significa però che sarà facile creare una maggioranza di governo,
come dimostra il nuovo scambio di battute tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
Col primo che esclude di andare a Palazzo Chigi solo per cambiare la legge elettorale
(«per quello trovino qualcun altro») e su Di Maio chiede: «Da solo dove va?
Voglio vederlo trovare 90 voti», quelli che gli mancano per avere la
maggioranza alla Camera.
Secca la replica del capo politico
dei Cinquestelle: «Salvini dice che gli bastano 50 voti. Vuole fare il governo
con i 50 voti del Pd in accordo con Berlusconi? Auguri!». Tirato per la giacca
il Pd replica con Matteo Orfini: i dem saranno all'opposizione, non ci sarà
nessun governo con i voti dei democratici.
Unione
Sarda
C'è vita
dopo la politica: cosa fanno gli ex parlamentari - Uras nello
staff di
Pigliaru, Pes e Sanna insegnanti. E Piras scrive un noir
In una mattina di primavera a metà
settimana l'ex senatore Luciano
Uras sta lavando i piatti. Libero
ormai da impegni istituzionali (è
stato sconfitto il 4 marzo dallo
skipper del Movimento Cinque Stelle)
risponde al telefono dopo parecchi
squilli, da casa sua, dalla cucina
per la precisione, contento e
fiducioso - così dice - per il futuro
che lo aspetta. «Cosa farò adesso?
Bé, torno al mio lavoro di
funzionario regionale, sarò nello
staff del presidente, sto per andare
a vedere il mio nuovo ufficio».
C'è chi l'ha presa sportivamente,
chi invece si sta ancora rodendo il
fegato per la rabbia, chi ha già
superato la botta e con una sana dose
di realismo ha preso atto che la
vita continua, chi si è ritirato a
meditare e scrivere. Comunque, tutti
i parlamentari non riconfermati
continueranno con la politica,
«quella a contatto con la gente».
Sottolineano i giornalisti Gian
Antonio Stella e Sergio Rizzo in uno
dei loro libri-inchiesta che «che la
Casta, una volta che sei dentro,
ti permette di campare per sempre.
Un po' in Parlamento, un po' nei
consigli di amministrazione, un po'
ai vertici delle municipalizzate,
un po' nelle segreterie. Basta un
po' di elasticità». Vedremo cosa
faranno i “nostri” per sbarcare il
lunario e/o mantenere il potere.
Per adesso, tutti raccontano di
un'esistenza che più normale non si
può.
Luciano Uras , 63 anni, viene eletto
per la prima volta nel 2004
consigliere regionale tra le fila di
Rifondazione comunista e poi di
nuovo nel 2009. Alle Politiche del
2013 diventa senatore di Sinistra
ecologia e libertà, in seguito
aderisce a Campo progressista e alle
scorse Politiche rappresenta la
coalizione di centrosinistra
nell'uninominale alla Camera a
Cagliari.
«Sono un funzionario
regionale, ero in aspettativa, sono
andato via quando dirigevo
l'Agenzia del lavoro, ora tornerò
alla mia vecchia professione, sarò
in presidenza, Pigliaru potrà fare
affidamento sulle mie competenze.
Lo stipendio? Circa 2400 euro. Il
vitalizio? Dal Consiglio inizierò a
percepirlo da aprile; dal Parlamento
a ottobre 2019, quando compirò 65
anni. Inoltre, sto contribuendo a
ricostruire la base organizzativa di
Campo progressista, puntando
soprattutto sulle donne».
Ignazio Angioni , 50 anni, Pd, anche
lui ex inquilino di Palazzo
Madama (per una legislatura) è
tornato a fare quello che faceva prima,
il dirigente della Lega delle
cooperative; così come Giampiero Scanu ,
64 anni, Pd, tre legislature - da
deputato e da senatore - e due anni
al Governo da sottosegretario, che
ha ripreso a fare il dirigente
dell'Inps, a Roma, ma «dal primo
agosto andrò in pensione e me ne
andrò al mare, a Olbia. Se mi manca
il Parlamento? Sì, se uno vuole lì
lavora, e a me piaceva lavorare».
Francesco Sanna , 52 anni, Pd,
eletto consigliere regionale con la
Margherita nel 2004 poi, prima
senatore e dopo deputato, riprenderà a
fare l'avvocato, «mi occupo di
imprese soprattutto, il mio studio avrà
come base Iglesias, con la politica
continuo come cittadino e
dirigente del partito, la politica
non può essere una carriera
professionale, oggi è importante
avere una professione “robusta”, in
modo da non dover dipendere dalla
remunerazione dell'attività politica
e poter uscire di scena in maniera
elegante, senza recriminazioni e
senza cercare ossessivamente campo
d'atterraggio».
Caterina Pes , 57 anni, dieci in
Parlamento, spiega: «Come sto? Bene,
mi sto riappropriando di ritmi
umani. Ovviamente la passione per la
politica e la militanza vanno
avanti. Riprenderò a insegnare al liceo
classico di Oristano, filosofia e
storia, e intanto proseguo con un
master in filosofia contemporanea e
logica, all'Università Tor
Vergata».
Anche Giovanna Sanna , 57 anni, ex
sindaca di Florinas ed ex deputata,
tornerà a insegnare, matematica e
scienze a Sassari, la sconfitta,
spiega, «fa parte del gioco, nulla
resta immutato, io continuerò a
fare politica nel Pd, uno dei pochi
partiti rimasti».
Roberto Capelli , 61 anni, dichiara
di essere «in pensione dal
Consiglio regionale», cioè dal mese
prossimo avrà il vitalizio e
spiega che si sta «godendo la
famiglia e un periodo di riflessione».
Ancora: «Mi sto occupando del Centro
Democratico a livello
nazionale».Mauro Pili , 51 anni,
dopo dodici anni a Montecitorio
avverte: «Devo seguire il mio
movimento, Unidos, e le numerose
battaglie in corso. Ora sono
impegnato nella class action contro
Abbanoa, dopo Pasqua inizierò un
tour dell'Isola, 10 comuni al giorno.
A settembre deciderò cosa fare».
Roberto Cotti , ex senatore del M5S
non ricandidato, prima insegnava
economia del turismo in corsi
regionali. «Non ho ancora trovato
qualcosa da fare, male che vada ci
sarà il reddito di cittadinanza».
Michele Piras , 46 anni, ex Sel, ex
Mdp, spiega che si sta rilassando.
«Sono tornato al mio paese, Borore,
e a quattro mani con un amico sto
scrivendo un noir politico. È un
esercizio utile per razionalizzare,
per indagare sul collasso della
sinistra e capire cosa si può fare per
la ricostruzione».
Silvio Lai , già senatore e
segretario regionale del Pd, non è in vena
di chiacchiere: «Cosa farò? Scusa,
non ho voglia di rispondere».
Cristina Cossu
La
Nuova
Lega-Psd'Az,
Solinas eletto vice capogruppo al Senato
SASSARI
Christian Solinas vice presidente
del gruppo della Lega al Senato.
Gruppo che si chiamerà Lega-Psd'Az.
Al vertice del gruppo dei 58
senatori leghisti è stato eletto per
acclamazione Gian Marco
Centinaio. Solinas sarà il suo
numero due. Una scelta che va a
rafforzare il legame tra il partito
di Salvini e i sardisti guidati da
Solinas. Un accordo che era stato
accolto con molte perplessità
nell'isola, anche dalla stessa base
sardista, ma che invece è stato
premiato dagli elettori.
Il 4 marzo il tandem Lega-Psd'az ha
superato
quota 10 per cento. Un risultato che
neanche i più ottimisti avevano
messo in conto. E alla luce di
questo accordo si fa sempre più strada
la possibilità che i due partiti
possano presentarsi insieme anche
alle regionali del 2019. L'elezione
di Christian Solinas al Senato -
che nonostante fosse candidato anche
in un seggio blindato in
Lombardia è stato eletto in Sardegna
- segna il ritorno dei sardisti
in Parlamento dopo 22 anni di
assenza.
«Non farò
il suo ministro. Voglio vederlo trovare 90 voti»
Delrio
chiude ai pentastellati: «Non siamo a disposizione»
La sfida
di Salvini Crisi con Di Maio
di
Serenella Mattera
ROMA«Oggi ci siamo scritti e vedrò
Di Maio prima delle consultazioni
ma dire «io io io» non è il miglior
modo di dialogare. Gli servono 90
voti. Da solo dove va?», dice Matteo
Salvini. «Vuole fare il governo
con i 50 voti del Pd di Renzi in
accordo con Berlusconi? Auguri!»,
ribatte Luigi Di Maio. Prosegue così
la schermaglia tra i due
protagonisti della partita per il
governo. Sullo sfondo, il nodo di
chi sarà il premier: «Non farò il
ministro di Di Maio», dice Salvini.
Ma il capo M5s su Palazzo Chigi non
sembra transigere. E un possibile
nome terzo, non si vede
all'orizzonte.
Le consultazioni al Quirinale
inizieranno mercoledì 4 marzo. Ma il
primo giro rischia di andare a
vuoto. Perché la via di un'intesa
giallo-verde è irta di ostacoli, a
partire dalla volontà di Salvini di
includere Forza Italia. Il M5s
prova a rilanciare la propria
iniziativa convocando già per domani un
incontro «sui programmi» dei
capigruppo di tutti i partiti. Ma il Pd,
corteggiato dai grillini e agitato
dalle sue divisioni, si tira fuori:
«Non avranno i nostri voti», dice
Matteo Renzi.
Anche Salvini prova a
spingere sull'acceleratore: «O parte
un governo o si va subito al
voto. Non ci sto a tirare a campare,
discutere per un anno di legge
elettorale sarebbe devastante». Il
leader della Lega assicura che il
centrodestra è «granitico», anche se
al primo giro di consultazioni
ognuno si presenterà per proprio
conto. E aggiunge che con il M5s «c'è
un dialogo»: un governo è possibile.
I Cinque stelle proseguono in
realtà un corteggiamento sotto
traccia al Pd. Ma Salvini, che fa
sapere che non accetterebbe un
incarico «al buio» senza avere prima un
accordo, mostra di non crederci:
«Voglio veder Di Maio trovare 90 voti
in giro che si convincono...».
Il leader della Lega esclude un
esecutivo con i Dem, ma assicura che
M5s non ha l'esclusiva dei
contatti: «Sento tutti i pezzi del
Pd». L'accenno di Salvini ai
«pezzi» del Pd non è casuale, perché
dietro l'unità sulla linea
dell'opposizione, il partito
democratico sembra diviso in due, tra
renziani e orfiniani che rifiutano
ogni dialogo e il correntone
«governista» che non vuole
l'Aventino. Ma per consentire a un governo
M5s di nascere servirebbero un
centinaio di voti e tutti i
parlamentari Dem dovrebbero dire sì
alla fiducia, mentre per un
esecutivo del centrodestra
basterebbe il sostegno esterno di una
cinquantina di deputati Pd.
Ecco perché Di Maio alla
provocazione di
Salvini risponde: «Vuole fare il
governo con i 50 voti del Pd di
Renzi? Auguri!». «I voti del Pd non
sono a disposizione. Decidiamo
noi», replica il capogruppo Graziano
Delrio. E nel giorno in cui i Dem
lamentano di essere stati tagliati
fuori da M5s e Lega dagli incarichi
negli uffici di presidenza di Camera
e Senato, tutto il partito tiene
la linea. «Opposizione», ripete come
un mantra Matteo Renzi, che
sottoscrive le parole di Matteo
Orfini, che a Di Maio su Twitter
risponde: «Scusate se interrompo il
corteggiamento, ma il Pd starà
all'opposizione». In serata, infine,
è il reggente Maurizio Martina a
tirare per ora fuori il partito,
rispondendo picche all'invito dei
capigruppo M5s a un confronto sui
programmi: «Non parteciperemo,
attendiamo con rispetto le
consultazioni del Quirinale».
Lo fanno «per
ripicca», ribattono i capogruppo M5s
Giulia Grillo e Danilo Toninelli,
che stamani riceveranno i presidenti
dei gruppi Fi e Lega. I Cinque
stelle sperano di dipanare la
matassa governo a partire dai programmi.
L'incontro difficilmente sarà
risolutivo ma l'assenza del Pd al tavolo
potrebbe indicare la via maestra: un
accordo M5s-centrodestra.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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