La legge elettorale della Sardegna è un porcellum. Ha un
funzionamento semplice. Crea sbarramenti tali che entrano in consiglio solo i
partiti molto grandi oppure i piccoli che i grandi, bontà loro, prendono come
alleati. Non tiene conto del voto di centinaia di migliaia di elettori nel
senso che proprio li cancella, li elimina, fa come se non fossero andati a
votare.
Poi prende i voti che rimangono, li conta, li gira, li
rigira, li strizza e li distorce componendo un consiglio che non c’entra niente
con i voti espressi e dove, per i primi due/tre anni, raffiche di ricorsi
determinano file di insediamenti e decadenze perché non si capisce bene neanche
chi è stato eletto e chi no. Con questo giochetto alle precedenti regionali
sono rimasti privi di rappresentanti più di 100.000 sardi che sono andati a
votare.
E con lo stesso giochetto, sempre alle precedenti elezioni,
pur avendo preso più voti le liste di centro destra, abbiamo un consiglio
regionale di centro sinistra perché il premio di maggioranza dato a Pigliaru ha
stravolto tutto. Ecco! In queste condizioni, l’altro giorno, una combriccola di
capigruppo in Consiglio regionale, che del resto si trovano li proprio grazie a
questa legge elettorale truffaldina, hanno preso una decisione senza onore.
Hanno stabilito che va bene così, che non si cambia. Tutti
d’accordo e tutti contenti perché si sa, stanno bene come stanno. La pietra l’ha
lanciata il partito dei sardi di Manichedda dicendo che la legge elettorale non
è un problema e che ci sono altre priorità, ad esempio la sanità e Ottana, e
gli altri ne hanno approfittato tutti contenti. Prendendo subito la palla al
balzo hanno sbrigativamente chiuso il discorso. Tranquilli come scolaretti che
possono dire alla maestra: “io volevo fare il compito ma purtroppo non ci sono
riuscito”.
Ora, a parte che non si capisce come possa migliorare la
sanità sarda se si lascia sopravvivere questo schifo di legge elettorale. A
parte che non mi risulta che Maninchedda abbia geniali idee di urgentissima
applicazione per rilanciare Ottana. A parte che le sue percentuali non mi
sembrano tali, se si volesse, da bloccare l’azione del Consiglio. A parte che
ci sono intere aree della Sardegna dove a tutti è chiaro quale varietà del
sardo si parla in certe asl.
A parte che mi sfugge la linearità del Partito dei Sardi che
non si presenta alle politiche perché dice che ritiene la legge elettorale
nazionale scarsamente democratica ma non ravvisa lo stesso problema nella legge
regionale. Ecco, a parte tutto questo, rimane il fatto che andremo a votare
alle regionali con un sistema indegno di una democrazia e a questi mediocri va
bene così. Per ciò non vogliono cambiare.
Di Lucia Chessa.
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