venerdì 20 aprile 2018

Rassegna stampa 20 Aprile 2018


Unione Sarda

Un nuovo Pd solo sardo? Ok dai militanti galluresi:  «Abbiamo interessi diversi» Assemblea, si ipotizza uno slittamento

Mentre il Pd regionale sceglie la data per l'assemblea (l'incontro di domani sembra destinato a saltare), riparte il dibattito su un partito della sinistra sarda federato con quello nazionale, di recente proposto da Silvio Lai. A rilanciarlo è un documento della direzione provinciale della Gallura.

L'APPELLO «Troppo spesso - vi si legge - ci siamo sentiti periferici rispetto a comportamenti e decisioni calate dall'alto, anche quando riguardavano le nostre comunità». E ancora: «Abbiamo tollerato fin troppo atteggiamenti dispotici, frutto di scelte centralistiche, talvolta cagliaricentriche ma molto più spesso romane, che hanno minato la nostra credibilità. È giunto il momento di recidere i cordoni ombelicali che hanno legato molti (troppi) esponenti del Pd - sotto Veltroni, Franceschini, Bersani e Renzi - alla deriva correntizia romana».

Il Partito democratico di Sardegna, secondo i galluresi, è la via giusta: «Abbiamo bisogno di stringerci alle nostre popolazioni, ragionare con loro, rispettarle nei loro bisogni primari. C'è la necessità di un nuovo patto tra noi e i cittadini sardi, oggi disillusi». Il Pd va «rifondato su nuove basi, come partito di massa, organizzato, presente sui territori, fondato sulle periferie umane, sociali e insediative. Con un proprio autonomo statuto, che ponga la Sardegna al centro delle aspirazioni ideali, delle politiche, dell'organizzazione. Un partito che metta al centro le povertà, e poi disoccupati, studenti, precari, partite Iva, pastori, piccoli commercianti, artigiani».

Perché «gli interessi dei sardi sono differenti dagli interessi dell'Italia» su trasporti, servitù militari, entrate, industria e bonifiche, politiche energetiche, poteri locali. «Occorre, sia chiaro, un progetto non isolazionista, ma aperto: al Mediterraneo e all'Europa. Capace di dialogare, anche su programmi comuni, con tutte le forze della sinistra sarda e quelle che si rifanno ai temi dell'autogoverno della sovranità e dell'indipendenza della Sardegna.

Per un progetto di governo chiaro: aumento dei poteri della Sardegna attraverso la scrittura di un nuovo patto costituzionale con l'Italia; la rappresentanza reale delle classi emarginate della nostra terra». Ma serve anche «una classe dirigente radicalmente alternativa, che abbia l'idea di tagliare il cordone ombelicale con la deriva correntizia romana che ha prodotto effetti nefasti anche nell'Isola. La nascita del Partito Democratico di Sardegna potrebbe definirsi storica e realmente innovativa nella misura in cui, anzitutto, contempli una classe dirigente completamente rinnovata».

L'ASSEMBLEA Ieri intanto il segretario Giuseppe Luigi Cucca ha chiesto di rinviare al 27 aprile, con prosecuzione il 4 maggio, l'incontro fissato per domani a Su Baione su richiesta dei soriani. «Apprezziamo la tensione unitaria e la sollecitudine a favorire la più ampia partecipazione», dice una nota dell'area Cucca: «Ci auguriamo che la presidente, che rappresenta tutto il partito, accolga l'appello del segretario». La componente non sarà presente domani, e anche l'area Cabras-Fadda avrebbe deciso di non andare.


La Nuova

Domani A Abbasanta. Tre le richieste di rinvio dell'assemblea Pd


La richiesta di rinviare l'assemblea del Pd, in programma domani ad
Abbasanta, è ufficiale. Sono state ben tre le lettere spedite, in
queste ore, alla presidente Lalla Pulga e in tutte è sollecitato lo
slittamento della riunione autoconvocata dalla corrente di Renato
Soru. La prima è firmata dal segretario quasi dimissionario Giuseppe
Luigi Cucca, che ipotizza lo spostamento di almeno una settimana, dal
21 al 27, perché «l'assemblea sia realmente un momento di confronto
per discutere il futuro del partito e non quello delle
contrapposizioni».

Tra l'altro, nella lettera, Cucca conferma che
comunque non sarà presente: è stato convocato a Roma dalla segreteria
nazionale. La seconda è firmata dai renziani più gli ex Ds, i
sostenitori di Cucca: «Scegliamo insieme - si legge - un percorso
condiviso e non sollecitato invece da una sola componente». La terza è
dei popolari-riformisti in cui c'è scritto: «L'auspicato rinvio
permetterà tra l'altro che prima dell'assemblea possa svolgersi un
referendum fra gli iscritti per la nascita di un Pd sardo». Oggi la
presidente Pulga dovrà decidere il da farsi.

Manca (Pd) saluta dopo 15 anni Entra Cacciotto

CAGLIARI
Quindici anni consecutivi in Consiglio regionale. Era inevitabile:
Gavino Manca del Pd, nel giorno dell'addio, è stato eletto alla
Camera, s'è commosso. Nel leggere un breve ma appassionato discorso,
ha trattenuto le lacrime più volte. «Mi dimetto dalla casa di tutti i
sardi - ha detto - dove ho conosciuto i problemi e le speranze di
tante persone, cercando di fare e dare il massimo sempre con
interventi concreti destinati a risolvere i problemi della gente».
Dopo aver salutato i consiglieri, in particolare il vicino di banco
Franco Sabatini, ha aggiunto: «Il mio unico rammarico è non essere
riuscito a portare in aula, dopo un lavoro durato due anni, la legge
sulla lingua sarda, ma sono sicuro che, prima della fine della
legislatura, sarà approvata».

Per concludere: «Questo Consiglio spesso
è circondato da discredito ma la politica è un'altra cosa. È
l'inesauribile confronto fra opinioni diverse che non ammette
scorciatoie e io ho sono sempre stato trasparente con tutti. Dalla
Camera mi batterò ancora per il bene della Sardegna». Al posto di
Manca è subentrato l'algherese Raimondo Cacciotto.

Tregua armata nel Pd segreterie in campo per incollare i cocci
Mediazione di Cordedda dopo la spaccatura sul Consorzio
Congelate dimissioni e "rappresaglie" tra le correnti in lotta

di Giovanni Bua
SASSARI
Niente dimissioni, niente esternazioni, niente liti. Almeno per ora.
Il partito democratico prova a rimettere insieme i cocci dopo il
devastante scontro in aula di martedì, con il gruppo Dem spaccato in
due (o tre) che ha prima emendato e poi bocciato la sua stessa mozione
sul consorzio industriale provinciale. Troppo alto il livello dello
scontro, e non solo per le parole grosse volate durante il consiglio,
ma per la manifestazione plastica della frammentazione del partito
uscita per una volta dai retroscena e dalle stanze chiuse e andata in
diretta streaming.Abbastanza per convincere il segretario provinciale
del Pd Gianpiero Cordedda a bloccare sul nascere tutte le ipotesi di
rappresaglia allo studio dei contendenti.

Niente dimissioni degli
assessori, tanto per iniziare, con il vicesindaco Fabio Pinna che ieri
sera si è presentato alla programmata riunione di giunta con tutti i
suoi colleghi, nella quale ci si è ben guardati dal parlare del
consorzio industriale. Niente conferenza stampa del capogruppo Carla
Fundoni, che sembrava avesse intenzione di spiegare le ragioni della
clamorosa rottura, e tenere il punto sulla linea scelta da parte del
gruppo Dem. Niente forzature da parte del sindaco, che proprio del
comportamento della capogruppo sembrava intenzionato a chiedere conto.
Non è il momento di lavare i panni sporchi in pubblico, men che mai
con una delicatissima assemblea regionale alle porte.Non che questo
calmi gli animi.

I vari gruppi Pd sono infatti in riunione semi
permanente. L'altro ieri si sono visti i consiglieri d'area
Spissu-Lai. Ieri invece è stata la volta del gruppo dei "manchiani"
Taras. Pala e Ghi, inizialmente firmatari della mozione anti-Taula ma
poi smarcatisi durante il furioso dibattito e autori, con Pala,
dell'emendamento (approvato con l'appoggio di monogruppo e civiche)
che proponeva di portare tutta la faccenda in una commissione speciale
da istituire ad hoc. «Ci siamo inseriti nella discussione sul Cip -
spiegano - senza avere la pretesa di emettere una condanna nei
confronti di chicchessia ma perché abbiamo a cuore il futuro di un
importante ente strumentale e strategico per il nord ovest dell'isola.
Per questo motivo prendere le distanze in aula da certe posizioni
estreme è stato per noi naturale.

La nostra priorità su questa mozione
è sempre stata e resterà il bisogno di entrare nel merito della
critica situazione che attraversa ormai da tempo il Consorzio. Con
rammarico però constatiamo che parte di questa maggioranza, compresi
chi la guida e chi dovrebbe avere un ruolo di imparzialità in
consiglio, abbia preferito arroccarsi sulle proprie posizioni e non
lavorare nel merito al sevizio della collettività». Sul consorzio
torna anche il vicecapogruppo del Pd Giuseppe Masala, uno dei più duri
in aula nella replica «per fatto personale» al sindaco Sanna. «Il
dibattito di martedì - spiega - ha reso chiare ed evidenti le
questioni che avevamo sollevato in merito alla gestione del Cip.

Abbiamo dato disponibilità ad una mediazione a tutela dei lavoratori e
per bloccare la preoccupante deriva che abbiamo denunciato
pubblicamente, mediazione che non è stata accettata e che chiedeva al
sindaco di assumere direttamente la guida del consorzio confermando
fiducia nei suoi confronti. È compito del sindaco tenere unita la sua
maggioranza e già dalla prima votazione avrebbe dovuto lavorare per
l'unita tenendo in considerazione le proposte maggioritarie nel gruppo
del Pd. Non abbiamo voluto votare una soluzione annacquata e
inefficace rispetto alle preoccupazione e mortificante nei confronti
del consiglio che è unica sede della trasparenza della gestione
pubblica».

Posizioni lontane, che ben rendono quanto è profonda la
frattura tra i Dem. Ma è proprio sul consorzio e sul suo futuro che si
potrebbe costruire una possibile mediazione. Che però dovrà avvenire
inevitabilmente a livello regionale. A Palazzo Ducale intanto ci si
lecca le ferite. E si cerca di capire come e se sarà possibile andare
avanti.


Gelo M5S-centrodestra
La reazione di Salvini: ora provo io, se non funziona si torna al voto
Di Maio: io premier, solo appoggio esterno da FI

ROMA Lo spiraglio non si è chiuso del tutto, ma è calato comunque il
buio sulle consultazioni di Elisabetta Alberti Casellati. L'accordo
tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio resta ancorato a una minima
apertura, che non può essere tradotta in un'intesa per la formazione
di un governo. Non sono bastati i contatti, continui, tra Salvini e Di
Maio, e un «ci penserò» di quest'ultimo, interpretato dal centrodestra
come un passo in avanti.

A palazzo Giustiniani il leader del Carroccio
lancia l'ultimo appello alla responsabilità a Di Maio: «Nutriamo la
fondata speranza che si riesca finalmente a superare la politica del
no che hanno portato avanti fino a oggi». Lui stesso, del resto,
ammette di aver esaurito la pazienza: «Basta tatticismi, ora proverò
io personalmente, se non va bene si torna a votare».

LE POSIZIONI Dal Movimento traspare un'apertura a un sostegno esterno
di Forza Italia e Fratelli d'Italia, ma senza rinunciare alla
premiership per il capo politico Luigi Di Maio. Insomma, «andremo
avanti, ma senza pensare a colpi di scena con Di Maio al tavolo con
quattro partiti a trattare sui ministri». Ed è proprio sul premier,
sull'uomo che dovrebbe andare a palazzo Chigi, che salta il potenziale
accordo di governo, ormai quasi a un passo. Di Maio resta, secondo i
pentastellati, la persona che deve guidare il prossimo esecutivo e
come un mantra ripete: «Resta aperto l'invito a formare il governo con
due forze politiche», Lega e M5S, «ma oltre determinate barricate e
limiti non possiamo andare».

LA DISTANZA La replica di Salvini arriva a stretto giro: «O si fa un
tavolo Centrodestra-M5s o non ho più tempo da perdere». Anche palazzo
Grazioli dà una stoccata, con un comunicato al vetriolo firmato da
Forza Italia: «Il supplemento di veto pronunciato dal M5S dimostra il
rifiuto di formare un governo. È l'ennesima prova di immaturità a
danno degli italiani».

GLI SCENARI Si attende ora che la Casellati si rechi al Quirinale, da
Sergio Mattarella, per riferire dei colloqui di questi giorni. L'esito
appare scontato con la palla che passerà ancora nelle mani del capo
dello Stato. Restano così in piedi varie possibilità, dal pre-incarico
a un nuovo esplorativo, affidato a Roberto Fico, che potrebbe aprire
il secondo forno: quello M5S-Pd. Ma interviene a gamba tesa Ettore
Rosato: «Secondo noi il balletto tra M5S e centrodestra è tutta
tattica sulla pelle degli italiani. Di Maio ha sdoganato Forza Italia
purché la trattativa sia in forma indiretta attraverso Salvini.».

Renzi ribadisce: «Il Pd resta fuori»

ROMA Matteo Renzi continua a tenere il Pd fuori dai giochi. L'ex
segretario, ieri ha rotto il silenzio via enews per ribadire la
formula che ripete sin dal 5 marzo: «Come abbiamo detto dal primo
giorno, tocca ai vincitori delle elezioni. E vediamo se saranno in
grado di farcela. Tocca a loro». La linea non cambia. Al netto delle
voci sullo “scongelamento” del Pd, la tentazione Fico, le letture pro
M5S sulle proposte lanciate da Maurizio Martina. «È una linea che sta
pagando -osserva un big renziano - ora dobbiamo solo aspettare che la
trattativa tra centrodestra e M5S imploda del tutto. E dopo, reset.
Comincia un nuovo film, con i vincitori del 4 marzo ammaccati da due
mesi di balletto finito con un fallimento».

Intanto la minoranza dem ha chiesto che si tenga al più presto una
Direzione per fare il punto sulla formazione del governo e il ruolo
del Pd. «Serve un chiarimento», scrive Andrea Orlando, la cui area per
prima ha chiesto di convocare la riunione. «Il Pd - argomenta Gianni
Cuperlo - ha tenuto una posizione coerente. Ma ora è più utile e
limpido monitorare un passaggio così difficile in una sede
democratica».

MONSERRATO. Il primo cittadino oggi potrebbe confermare le dimissioni
I cinque “ribelli” dicono no «La proposta del sindaco Locci è antidemocratica»

No ai quattordici “comandamenti” del sindaco. Parte della maggioranza
si rifiuta di firmare il protocollo d'intesa di Tomaso Locci, che a
questo punto non incassa gli undici consensi necessari per
ricompattare la sua coalizione e ritirare le dimissioni. «È la
negazione della politica e del dialogo - commentano i due consiglieri
del gruppo Monserrato libera, Paolo Lai e Filippo Marras - Un
protocollo che di fatto mette un inaccettabile bavaglio al nostro
ruolo di consiglieri e alle nostre funzioni di indirizzo e di
controllo politico-amministrativo previste dalla legge, e a cui non
intendiamo assolutamente rinunciare».

ROTTURA Nessun accordo in maggioranza, quindi, che in parte ieri ha
disertato la riunione convocata dal sindaco dimissionario. Assenti i
cinque “dissidenti” che nelle scorse settimane hanno preso posizione
contro Locci: Paolo Lai e Filippo Marras del movimento “Monserrato
libera”, Mario Argiolas di “Monserrato la tua città” e i Riformatori
Valentina Picciau e Tore Zuddas. Sull'Aventino anche l'assessore allo
Sport Franco Ghiani, espresso da “Monserrato la tuacittà“”. Un chiaro
segnale che la crisi politica c'è ancora e il protocollo d'intesa
imposto dal sindaco non ha di certo risolto i dissidi interni alla
coalizione, anzi. «È ben lontano dall'essere un'apertura al dialogo -
sottolineano Lai e Marras - Nessun diritto ma solo doveri per noi
consiglieri.

Concordiamo solamente circa il ritiro delle dimissioni
del sindaco, perché la conferma sarebbe il fallimento della politica.
Ma non cerchi altrove la responsabilità della crisi, che risiedono
unicamente nei suoi comportamenti poco democratici e il protocollo
d'intesa ne è una testimonianza».

IL VERTICE Ieri il sindaco ha tentato, invano, un avvicinamento con i
due esponenti del suo stesso gruppo politico durante un incontro a
tre. «Rimaniamo sulla nostra posizione - aggiungono Lai e Marras - Non
firmeremo quel documento e non parteciperemo alla riunione di
maggioranza».

Stessa posizione per il gruppo “Monserrato la tua città”. «La proposta
del sindaco è irricevibile - precisa Mario Argiolas - non lo firmerò
mai perché lede i miei diritti costituzionali di consigliere comunale
e avvalla quello che viene chiamato il vincolo di mandato che in
Italia è vietato dalla Costituzione. Obbligarci a votare ogni atto
prodotto dalla Giunta è una pazzia, anche perché se ci sono delle
irregolarità o semplicemente sviste o imprecisioni chi vota ne
risponde in solido». Gli fa eco il segretario cittadino Lionello
Meloni: «Il protocollo toglie la parola e la libertà di agire ai
consiglieri».

E poi Meloni lancia un chiaro messaggio alla consigliera
Bernardette Ibba, che ieri ha partecipato al vertice di maggioranza:
«Qualora qualcuno del movimento dovesse sottoscrivere documenti non
concordati con la segreteria, lo farà a titolo puramente personale con
tutte le implicazioni del caso».
Federica Lai

ASSEMINI. È la terza candidata sindaca: corro per vincere le elezioni
L'ex grillina Irene Piras a capo di una lista civica

Da fuoriuscita del Movimento 5 stelle a candidata a sindaca per una
lista civica: sarà Irene Piras a guidare Progetto LiberAssemini verso
le amministrative del 10 giugno. Dietista non esercitante, sposata e
mamma di due figli, 51 anni, è stata nominata dall'assemblea del
gruppo, nato dall'alleanza tra i consiglieri Enrico Salis (Liberi e
uguali) e le ex grilline confluite in “Assemini libera” Stefania Frau,
Rita Piano e, appunto, Piras. Le tre avevano presentato un esposto
contro il sindaco pentastellato Mario Puddu, accusato di abuso
d'ufficio (si difenderà con il rito abbreviato). Piras è la terza
candidata a sindaco di Assemini (seconda donna), dopo Sabrina Licheri
(M5s) e Antonio Scano, scelto dal centrodestra.

«La nostra - dice - sarà una lista trasversale, con tanti giovani
motivati, fatta di anime provenienti da diverse esperienze politiche e
civiche: abbiamo ex Pd come Ignazio Nioi e dovremmo chiudere con
“Potere al popolo”. Non ci interessa il passato dei nostri esponenti
ma quello che possono dare adesso. Assegneremo gli assessorati in base
alle competenze».

Il programma è pronto?
«Al centro c'è la comunità. I servizi sociali sono una nota dolente,
per questo punteremo sul diritto alla casa. Ci sono aspetti che
correggeremo, come l'igiene urbana, per la quale contiamo di avere un
bando entro il 2018, e la viabilità. Ci concentreremo su ambiente,
tradizioni, impresa, agricoltura e ridaremo voce ai cittadini».

Sarete semplici outsider?
«Quando si scende in campo non si può pensare a stare in panchina ma a
giocare la partita. Molti si stanno avvicinando a noi e puntiamo anche
agli scontenti del M5s e del centrosinistra».

Che cosa pensa degli altri candidati?
«La nostra non è una campagna elettorale contro nessuno. Sabrina la
conosco e la sua candidatura è una mossa politica intelligente. Scano
non è un volto nuovo e siamo molto distanti. A differenza degli altri,
non abbiamo avuto discussioni interne e chi ha aderito al progetto non
se n'è andato: tutti hanno collaborato alla stesura del programma con
le proprie idee e competenze che, se messe in sinergia, possono
portare a sviluppo sostenibile e lavoro».

Ripresenterebbe l'esposto contro Puddu?
«I consiglieri hanno il compito di vigilare sulla correttezza degli
atti. Farlo con grande serietà era un nostro dovere».

La prima cosa da fare?
«Sceglierne una è difficile. Sicuramente riordino della macchina
amministrativa e maggiore apertura nei confronti dei dipendenti
comunali. Promettiamo tanto impegno, sapendo bene che quanto si
propone deve poi essere realizzabile». (l. e.)

La Nuova

L'alto prelato: mi piange il cuore non poter fare nulla per i tanti disoccupati
Becciu sulla crisi nell'isola: basta aspettare aiuti, agire

di Mario Girau
CAGLIARI
Anche negli uffici più vicini al Papa, in Vaticano, si guarda con
angoscia alla situazione della Sardegna. Monsignor Angelo Becciu,
sostituto della Segreteria di Stato, spazia sulla Chiesa mondiale, ma
dal suo radar personale non scompare mai l'isola. «Sono preoccupato
per la disoccupazione terribile che affligge la nostra terra. Troppi
giovani costretti a emigrare. Tanti - dice l'alto prelato, tra i
principali collaboratori del Sommo Pontefice - vengono da me e mi
chiedono lavoro. Ma in Vaticano che cosa posso offrire? Mi piange il
cuore non poter fare nulla per loro». «Vedo che il Papa ha un grande
amore per la nostra isola. Lui è così con tutte le aree del mondo dove
è maggiore la sofferenza, a causa dei problemi sociali ed economici -
aggiunge monsignor Becciu -.

La disoccupazione è troppa. Allora che si
cerchi in Sardegna di essere più creativi, di non aspettarsi nulla
dall'alto. Oramai il tempo degli interventi dall'esterno è finito.
Però chi ha la responsabilità della cosa pubblica deve sentire questo
impegno a cercare di cambiare una situazione difficile per il popolo
sardo».Un cambiamento che monsignor Angelo Becciu ha chiesto anche al
clero sardo riunito, ieri, per celebrare il novantesimo di fondazione
del Seminario regionale, per 44 anni nella sede di Cuglieri, e poi nel
capoluogo dell'isola. Il seminarista Becciu, di Pattada, c'era anche
nel settembre del 1971 quando un centinaio di chierici si sistemarono,
«sembravamo accampati», in un'ala del seminario diocesano di Cagliari
a seguito di un trasloco improvviso e improvvisato.

«Una sistemazione
accolta con gioia - ricorda il sostituto della Segreteria di Stato -
perché vedevamo utile e necessario il trasferimento da un paesino
bellissimo, Cuglieri, in una città dove le opportunità di crescita
spirituale e culturale erano sicuramente maggiori».Monsignor Becciu,
davanti ai vescovi sardi, guidati da monsignor Arrigo Miglio, e oltre
150 sacerdoti con il rettore del seminario Antonio Mura e il preside
della facoltà teologica, Francesco Maceri, parla del ruolo del prete
nella missione della Chiesa d'oggi.

La stella polare, il riferimento è
papa Francesco, che predica contro la solitudine dei preti. «Escono
dai seminari - dice Becciu - sacerdoti preparati, ma isolati. Invece
devono essere preti tra i preti in una situazione di famiglia col
proprio vescovo e i confratelli». Preti di comunità, per evitare «il
clericalismo che sta prendendo piede nel giovane clero».Il papa
propone un chiesa in uscita e, «come detto in una delle prime omelie
in san Pietro, preti con l'odore delle pecore, cioè che stanno con le
gente, si preoccupano dei problemi concreti delle persone e della loro
fedeltà alla Chiesa e al Vangelo». Ma la Chiesa esce non per allargare
il più possibile i propri confini, ma per incontrare il Cristo
nell'umanità sofferente. Il prete è «l'uomo dell'inclusione, che
abbonda in misericordia per ricevere misericordia», spiega il vescovo
pattadese.

Monsignor Becciu lascia in consegna al prete un
interrogativo. «È realmente senza Dio la realtà non in sintonia con la
Chiesa?». E anche con un suggerimento di Papa Francesco: «Davanti a
tutto ciò che è negativo non pensare in termini di condanna, ma di
comprensione». Anche in Vaticano monsignor Angelo Becciu non dimentica
la sua sardità: la lingua logudorese, i valori della Sardegna ricevuti
in famiglia, in parrocchia, in paese: la franchezza, l'onestà. «Anche
la testardaggine nel portare avanti le cose belle».

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Federico Marini
skype: federico1970ca

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