Unione
Sarda
La Corte
d'appello di Roma: «Legittimo lo stop ai lavori»
Tuvixeddu,
Cualbu avrà “solo” un milione
«La Regione autonoma della Sardegna
deve essere ritenuta responsabile solo per i giorni di ritardo compresi tra il
9/8/2006 e l'8/9/2006». La Corte d'appello di Roma ha ridimensionato le
responsabilità della Regione per aver bloccato i progetti edilizi sul colle di
Tuvixeddu della società Nuova Iniziative Coimpresa. Ad agosto del 2006 era arrivato
un provvedimento della Giunta regionale per bloccare i lavori della società di
Gualtiero Cualbu ma quell'atto in seguito era stato dichiarato illegittimo dal
Tar assieme ad altri atti successivi.
Nel frattempo, però, la Giunta di Renato
Soru aveva dato vita al Piano paesaggistico regionale e secondo i giudici
romani i vincoli introdotti da quello strumento erano regolari e la
responsabilità della Regione - coi relativi danni economici - va limitata all'intervallo
di tempo tra i due provvedimenti: 31 giorni. Il lodo arbitrale che si era
occupato di fare chiarezza tra le due posizioni contrapposte aveva stabilito
che all'impresa spettavano in tutto 77,8 milioni di euro di danni, la Regione
aveva chiesto la sospensione dell'esecuzione del lodo ma la Corte d'appello di
Roma aveva detto di pagare subito.
Considerati gli interessi, nel 2014
la Regione era così stata costretta a pagare 83 milioni e 850 mila euro ma la
sentenza pubblicata ieri ha drasticamente ridimensionato l'importo. «Tenuto
conto che per ogni giorno di ritardo è stato calcolato un pregiudizio della
società Coimpresa pari a euro 38.900 - si legge nel documento - la Regione deve
essere condannata al pagamento dell'importo complessivo di euro 1.205.900
(38.900 per 31 giorni)».
Sono questi gli effetti principali
del ricorso presentato dagli avvocati della Regione Federico Sorrentino e
Giovanni Parisi che hanno portato all'esame dei giudici romani il lodo
arbitrale che aveva dato ragione alla Nuova Iniziative Coimpresa, difesa dagli
avvocati Francesco Astone, Alberto Picciau e Marcello Vignolo. Non sono state accolte
tutte le richieste della Regione, ma quelle principali, riducendo notevolmente
il risarcimento per il privato. Allo stesso tempo stesso la sentenza certifica
alcuni errori: dal primo stop dichiarato illegittimo fino all'entrata in vigore
del Ppr la Regione targata Renato Soru ha provocato un danno da un milione e duecentomila
euro.
La seconda sezione civile della Corte
d'Appello di Roma, presieduta da Edoardo Cofano e composta dai consiglieri
Benedetta Thellung e Patrizia Mannaciom ha stabilito che i vincoli introdotti
dal Ppr del 2006 potevano essere applicati anche su atti precedenti, come l'accordo
di programma del 2000 che aveva dato il via libera all'intervento su Tuvixeddu.
Condividendo la linea della Regione i giudici hanno puntato sull'articolo 49
delle norme tecniche di attuazione del Ppr evidenziando che in più circostanze
il Consiglio di Stato e il Tar avevano confermato
questa interpretazione. La sentenza precisa che sui lavori a Tuvixeddu sono
intervenuti provvedimenti della Soprintendenza che hanno contribuito al blocco
delle ruspe.
A Coimpresa non resta che il ricorso
in Cassazione: i giudici non potranno più entrare nel merito della vicenda, ma
valutare solo gli aspetti di legittimità della sentenza pubblicata ieri.
L'introduzione del Piano paesaggistico regionale del 2006 ha previsto che per
un intervento delicato come quello nell'area tra via Is Maglias e la necropoli
punica fosse necessario passare per lo strumento della copianificazione. Tutte
le parti coinvolte si sono poi sedute intorno allo stesso tavolo, il lavoro è
ormai alle battute finali e i risultati formali non ci sono ancora ma appare
chiaro che gli spazi a disposizione per le nuove costruzioni di Coimpresa
saranno ridimensionati rispetto ai progetti iniziali.
Marcello Zasso
CENTROSINISTRA.
«Reis e Lavoras, serve una svolta»
Non solo
l'urbanistica tra i temi al centro del vertice di domani con Pigliaru
La
maggioranza chiede procedure più snelle sui due programmi
«La burocrazia è il nemico numero
uno». Il centrosinistra lo sa ed è
per questo che nel vertice di domani
un altro tema chiave sarà
snellire le procedure per il Reis
(Reddito di inclusione sociale) e
Lavoras, il piano da 130 milioni. A
dieci mesi dalla fine della
legislatura e con un basso
gradimento da parte dell'elettorato, la
maggioranza che governa la Regione
non può permettersi di non giocarsi
bene le proprie carte. Nell'incontro
di domani si parlerà, dunque,
anche di come dimostrare all'esterno
che i due provvedimenti sono cosa
buona e giusta, per poi affrontare il
nodo sull'urbanistica.
Lo stesso presidente Pigliaru nei
giorni scorsi ha ribadito la necessità di
migliorare il percorso per dare un
segnale importante ai cittadini.
«UN CAPPIO» Il presidente della
commissione Bilancio del Consiglio
regionale, Franco Sabatini (Pd), non
ha dubbi: «La burocrazia è il
cappio al collo della Regione». Per
quanto riguarda le azioni concrete
da mettere in campo, Sabatini si
sofferma sul Piano per il lavoro:
«Sta partendo, non credo ci saranno
problemi per i cantieri, la parte
che rimane sospesa è quella dei
bonus sulle assunzioni che possono
essere la risposta definitiva». Per
evitare difficoltà sarebbe
opportuno «verificare bene i criteri
e non sovrapporli a quelli
ministeriali, ma integrarli».
Il capogruppo di Art.1-Sdp, Daniele
Cocco, su questo aspetto propone di
«studiare una norma che permetta
di non far entrare i beneficiari dei
bonus nelle piante organiche dei
Comuni per la questione dei vincoli
sulle assunzioni». Ma c'è un'altra
questione sulla quale Cocco si
sofferma e riguarda il bando Terre ai
giovani che può «aiutare soprattutto
le zone interne» e il contratto
dei dipendenti di Forestas.
LE DIFFICOLTÀ Il Reddito di
inclusione sociale è una misura studiata
per consentire a chi si trova in
difficoltà economica di intraprendere
un percorso per uscire da questa
condizione. Si realizzerà attraverso
dei progetti che i Comuni devono
presentare, anche se in questa prima
fase la difficoltà da parte delle
amministrazioni sta relegando il
Reis a un sussidio a fondo perduto.
«Bisogna facilitare le procedure,
renderle più snelle e aumentare la
dotazione finanziaria di ulteriori
20 milioni rispetto ai 45 già
stanziati», propone Pierfranco
Zanchetta, capogruppo dei Cristiano
popolari socialisti. Per fare
questo sarebbe utile «un
coinvolgimento dell'Aspal (Agenzia sarda per
le politiche attive del lavoro) che
potrebbe avere un ruolo
fondamentale». La difficoltà dei
Comuni a strutturare progetti è stata
sollevata da molti primi cittadini,
soprattutto di amministrazioni
costrette a portare avanti la
macchina con un personale ridotto.
Daniele Cocco propone di «interagire
maggiormente perché se i Comuni
saranno messi in condizione di
progettare, le risorse arriveranno a
chi ne ha diritto».
«TEMPI LUNGHI» La burocrazia si
traduce anche in tempi lunghi per
portare a termine le procedure,
allungando l'attesa e lo stato di
difficoltà dei potenziali
beneficiari. Il presidente della commissione
Autonomia, Francesco Agus (Cp)
chiede un «cambio di passo soprattutto
sui temi che impattano sulla qualità
della vita di chi ne ha più
bisogno». Su Lavoras «non è
possibile che si debba attendere mesi per
ottenere risposte dal ministero»,
dice Agus, «il Reis è partito a
rilento ma grazie ai Comuni si sta
uscendo dalla situazione di
difficoltà».
Matteo Sau
MONSERRATO.
Piero Comandini (Pd) commenta la crisi politica
«Occorre
creare un'alternativa a Locci»
«Non rinnego l'amicizia con Tomaso
Locci, ma non c'è assolutamente
nessuna vicinanza politica». Così il
consigliere regionale del Partito
democratico Piero Comandini commenta
le affermazioni del sindaco
dimissionario di Monserrato che in
più occasioni ha sbandierato la sua
amicizia con lui. «Cappellacci è un
caro amico - ha detto Locci
durante l'inaugurazione del nuovo
asilo cittadino, giustificando la
presenza del leader di Forza Italia
all'incontro - Come lo è anche
Piero Comandini e tanti altri».
Amicizia sì, ma avversari sul ring
politico. «Ho amicizie anche con
esponenti di Forza Italia e di
Fratelli d'Italia - dice Comandini - Ma
la politica non si deve confondere.
Nel 2016 abbiamo concorso alle
elezioni comunali di Monserrato con
due schieramenti opposti: noi con
un candidato di centrosinistra,
Locci con uno schieramento civico e
autorevoli esponenti del
centrodestra. La situazione non è cambiata:
politicamente non c'è nessuno
avvicinamento, anzi. Personalmente
faccio politica per il Pd e il
centrosinistra, e a Monserrato non
siamo al governo con Locci».
Sulla sua assenza all'inaugurazione
del nuovo asilo monserratino di
sabato scorso, nonostante l'invito
del sindaco esteso a tutte le
cariche della Regione, Comandini
precisa: «Avevo altri impegni
istituzionali». E poi lancia un
appello al Pd e all'intero
centrosinistra cittadino: «Occorre
ragionare insieme per trovare una
soluzione alternativa a un momento
politico che non è particolarmente
esaltante. Sono preoccupato per il
clima che si sta creando e che i
cittadini non meritano». (f.l.)
Azioni
Alcoa, il 5% ai dipendenti - Piace la proposta del ministero.
Attesa
per il piano industriale
Calenda:
un operaio nel consiglio di sorveglianza. Pigliaru:
confermata
prospettiva positiva
«Cinque per cento di azioni ai
lavoratori e una partecipazione di
Invitalia»: sono queste le novità
presentate dal ministro Carlo
Calenda alle organizzazioni
sindacali durante il vertice che si è
svolto al Ministero dello Sviluppo
con la Sider Alloys. La
partecipazione degli operai, con un
loro rappresentante nel Consiglio
di sorveglianza e una partecipazione
agli utili, sarebbe il primo caso
in Italia. Va avanti il percorso
tracciato il 15 febbraio scorso,
quando gli svizzeri sono subentrati
ad Alcoa nella fabbrica di
Portovesme. «È stata confermata e
consolidata una prospettiva molto
positiva», ha detto il Presidente
della Regione, Francesco Pigliaru,
«frutto di un lavoro lungo e
complesso che abbiamo condiviso fin dal
primo giorno». «Entro aprile», ha
detto l'ad Giuseppe Mannina, «saremo
nelle condizioni di scegliere tra le
tre proposte di revamping e di
presentarvi il piano industriale».
Un piano che dipenderà, nei numeri
e nei tempi, da quale proposta (tra
quella cinese, americana e
italiana) sarà scelta per il
riavvio. C'è già una data fissata per il
prossimo incontro: il 3 maggio.
Oltre ai dettagli del piano
industriale, si avranno maggiori
informazioni anche sulla proroga
degli ammortizzatori sociali: fino
ad ora la copertura è garantita al
30 giugno, l'auspicio è arrivare a
fine anno.
I SINDACATI Moderatamente
soddisfatti i sindacati. «È apprezzabile lo
sforzo del Ministro per spingere
Sider Alloys a fornire risposte in
tempi certi», dice Antonello Congiu,
segretario della Cgil del Sulcis.
Per Massimo Cara, della Cisl del
Sulcis, «siamo all'interno del
percorso che ci era stato già
ipotizzato, adesso aspettiamo di
conoscere i dettagli del piano
industriale». Soddisfatto per la «quota
di azioni ai lavoratori», Simone
Loi, Cub, «ma preoccupato per i fondi
della mobilità e per gli organici».
La vera novità, che sarebbe
davvero unica nel panorama
industriale italiano, è la partecipazione
dei lavoratori: un'ipotesi già molto
avanzata nei ragionamenti del
Ministero. «È un'operazione
positiva», commenta Rino Barca, Fsm Cisl,
«sia per la partecipazione diretta
degli operai, che avrebbero diritto
ad una parte di utili, sia per la
partecipazione di Invitalia, che dà
garanzie sugli investimenti futuri».
LE NOVITÀ «Dobbiamo valutare nel
dettaglio la partecipazione dei
lavoratori alle azioni, a carico della
stessa Invitalia», dicono
Samuele Piddiu e Roberto Forresu,
segretario regionale e territoriale
Fiom Cgil. Vincenzo Marrocu,
segretario della Uilm: «Abbiamo visto che
Sider Alloys ha fretta di iniziare a
produrre, è un dato positivo,
inoltre abbiamo avuto certezza che
si sono sbloccate le pratiche sulla
mobilità fino a giugno».
Moderatamente ottimista si dichiara
Manolo
Mureddu, segretario dei
metalmeccanici Cisl :«Un ottimismo
condizionato agli altri passaggi per
discutere nel merito il piano
industriale». Sul documento «i tempi
sembrano abbastanza brevi, quello
sarà un passo avanti», dice Renato
Tocco, Uilm. Intanto si organizza
la prossima assemblea dei
lavoratori. «È fissata per mercoledì alle
9,30, all'oratorio di San Ponziano»,
dice Bruno Usai della Rsu Fiom
Cgil.
Antonella Pani
Veleni
nel mare di Porto Torres La Cassazione: processo da rifare
La Corte
costituzionale ha raddoppiato i tempi di prescrizione per i manager
Si riapre il processo sul
petrolchimico dei veleni. Resta in piedi il
reato di disastro ambientale a
carico dei quattro imputati per
l'inquinamento del tratto di mare
davanti allo stabilimento del
Petrolchimico di Porto Torres.
COLPO DI SCENA I giudici della
Cassazione hanno annullato senza rinvio
la sentenza del gip di Sassari Carla
Altieri che il 6 marzo del 2014
aveva prosciolto Gianfranco Righi,
52 anni, Guido Safran (72), Diego
Carmello (62), rispettivamente
rappresentanti legali all'epoca dei
fatti della Syndial, della Sasol e
della Ineos e Francesco Maria
Apeddu, 70 anni, ex direttore dello
stabilimento Ineos a Porto Torres.
Cancellati quattro anni fa per
intervenuta prescrizione i reati per i
veleni scaricati in mare, i giudici
romani hanno raddoppiato i termini
della prescrizione solo per il reato
di disastro ambientale,
portandoli da sei a quindici anni.
Una decisione che riporta in
tribunale i quattro manager che
secondo le accuse organizzarono fino
al 2006 lo smaltimento a mare di
sostanze inquinanti provenienti da
alcuni impianti dell'ex
petrolchimico, attraverso le fogne dello
stabilimento, scaricando cadmio,
mercurio, cromo, rame, cianuri e
solventi tra i pesci nelle acque di
La Marinella.
GLI AVVOCATI Tutto da rifare per
Piero Arru e Fulvio Simoni, legali
dell'ex manager Eni, Gian Franco
Righi. «Io e Simoni avevamo
presentato una mozione di
illegittimità dicendo che la legge che
raddoppiava i termini della
prescrizione era incostituzionale», spiega
l'avvocato Piero Arru, «la Corte di
Cassazione ci ha dato ragione
ritenendo che la questione non era
manifestamente infondata invece la
Corte Costituzionale aveva detto che
era valida, quindi occorre
partire dall'udienza preliminare».
Nell'articolo 157 del codice
penale, la prescrizione, ossia il
tempo necessario per estinguere un
reato è passato da sei a dodici
anni, un termine raddoppiato per i
reati di disastro ambientale. Dunque
si arriva a 12 anni che aumentano
di altri tre quando il processo
subisce interruzioni, come nel caso
dello sversamento delle sostanze che
avrebbero avvelenato la Darsena.
I termini del processo
dell'inquinamento, iniziato nel 2006, scadranno
dunque nel 2021.
«NESSUNA PROVA» Per Giovanni Mattu
avvocato difensore di Apeddu, ex
direttore dello stabilimento Ineos,
«la palla ora passa alla Procura
di Sassari perché tutto si gioca
sulla configurazione del reato
colposo o doloso. Ritengo che manchi
l'anello di congiunzione tra il
sistema unico di scarico adottato
dalle tre realtà industriali e lo
sversamento a mare; non esiste,
infatti, nessuna prova conclamata di
doloso sversamento dei veleni
collegato al sistema consortile. Si
tratta di capire cosa farà il nuovo
pm designato». Per ora la strada
tracciata resta quella dell'ipotesi
colposa e non dolosa, come era
stata ipotizzata all'inizio
dall'allora pubblico ministero Michele
Incani. La differenza sta nella
responsabilità e nella pena massima in
caso di condanna: quasi 15 anni in
meno.
LE ACCUSE Fino al 2006 nello
specchio acqueo dell'ex petrolchimico ci
fu una probabile violazione delle
norme di tutela ambientale le cui
conseguenze furono insanabili. La
nuova imputazione di reato colposo
firmata anche dal procuratore
Roberto Saieva, sosteneva che i manager
avessero scaricato i reflui
industriali attraverso la rete fognaria
del petrolchimico poi dismesso,
collegando gli scarichi degli impianti
produttivi con quelli di
raffreddamento e usando un canale unico.
Un sistema per condurre tra i flutti
di La Marinella sostanze cancerogene
e pericolose, idrocarburi pesanti in
grado di alterare in modo
permanente la flora e la fauna
marina non potendo essere oggetto di
risanamento. Di sicuro
quell'inquinamento disseppellito nel 2003, dopo
il blitz degli indipendentisti di
Irs nella collina di Minciaredda, la
cosiddetta collina dei veleni , ha
fatto partire un'inchiesta fatta di
continui colpi di scena che si spera
non lasci nel territorio, come
unica eredità, le drammatiche
conseguenze ambientali, visto che le
bonifiche sono ancora da realizzare.
Mariangela Pala
Governo,
Di Maio gela Salvini: «No ammucchiate col centrodestra»
Il leader
della Lega aveva chiesto un incontro all'M5S. Oggi vertice
del Pd
sulle trattative
ROMA Altro che intesa vicina, altro
che accordo fatto: tra Matteo
Salvini e Luigi Di Maio volano gli
stracci. «Ci sono il 51% di
possibilità di fare governo tra
centrodestra e Cinquestelle», ha detto
ieri il segretario del Carroccio. Il
leader del M5s affida la sua
replica a Twitter: «C'è lo 0% di
possibilità che il Movimento 5 stelle
vada al governo con Berlusconi e con
l'ammucchiata di centrodestra».
Sullo sfondo l'attesa per il secondo
giro di consultazioni al Colle in
vista della formazione del nuovo
Governo, dove Lega, FI e FdI, come
annunciato dopo il verice domenicale
di Arcore, si presenterà unito.
LO STALLO Durante un comizio a
Spilimbergo, in Friuli, Salvini ha
chiarito: «È ovvio che per dialogare
con uno, questo deve aver voglia
di ascoltare e rispondere. Se questo
mi dice “il presidente del
Consiglio lo faccio io, la squadra è
mia, il programma è mio, comando
io, quello là non mi piace, parlo
con chi ho voglia”, capite che non è
esattamente il modo migliore per
dialogare. Di quello che dice Di Maio
me ne frega meno di zero». Parole
che confermano la fase di stallo
nelle trattative con il capo
politico del M5s.
DIALOGO Il segretario del carroccio
ha poi aggiunto: «Per governare
una famiglia, un'azienda occorrono
umiltà, buonsenso, voglia di
ascoltare e spirito di sacrificio. A
nome della coalizione che ha
preso più voti alle elezioni io sono
pronto a dialogare con tutti. Ma
se mi rendessi conto che dall'altra
parte c'è gente che non vuole
dialogare e ha voglia solo di dire
no, no e no per mantenere la
poltrona, piuttosto che tirare a
campare senza combinare niente,
torniamo dagli italiani e chiediamo
un mandato per governare da soli
senza star lì a perdere tempo. Il
nostro obiettivo non è regalare 800
euro a chi sta a casa, in attesa che
succeda qualcosa. In un Paese
normale non si fa l'elemosina, si
fanno pagare meno tasse a chi crea
ricchezza e a chi crea lavoro».
OGGI VERTICE DEL PD Intanto nel Pd
resistono i dialoganti con l'M5S.
Oggi è previsto un vertice del
partito proprio per fare il punto su
questo tema e potrebbe trasformarsi
in una resa dei conti. Anche se
non ci sarà un voto finale.
Franceschini prenderà la parola per
ribadire la sua tesi: bisogna
guardare agli interessi del Paese e
all'Europa e non consegnare i Cinque
stelle nelle mani della Lega,
occorre aprire un dibattito. «Mentre
regna il caos tra i cosiddetti
vincitori del 4 marzo, noi proviamo
a fare buona politica», ha detto
il segretario reggente Maurizio
Martina.
La
Nuova
I vincoli
erano legittimi Cualbu deve rendere i soldi
tuvixeddu »la sentenza di roma
di Mauro Lissia
CAGLIARINon c'è stato alcun danno
economico all'impresa perché non ci
sono stati atti illegittimi e
comunque il bene-paesaggio viene prima
degli interessi imprenditoriali:
quando l'amministrazione regionale
guidata da Renato Soru ha bloccato
la costruzione di decine di edifici
attorno alla necropoli punico-romana
di Tuvixeddu non ha fatto altro
che applicare le norme del piano
paesaggistico, che prevedevano tutele
rigorose su compendi
storico-archeologici come quello di Cagliari.
A stabilire la legittimità di quei
vincoli imposti sui colli della città
era stato già nel 2011 il Consiglio
di Stato ed ora, a distanza di
quasi cinque anni dal ricorso
firmato dall'ufficio legale della
Regione, è arrivata la sentenza della
Corte d'Appello civile di Roma a
cancellare gli effetti del lodo
arbitrale definitivo del 23 aprile
2013, che aveva disposto un
risarcimento milionario a favore
dell'impresa per la mancata
realizzazione del piano immobiliare di
Tuvixeddu, allineando le statuizioni
civili all'esito del procedimento
amministrativo.
Per la Nuova Iniziative Coimpresa di
Gualtiero Cualbu
è un colpo durissimo: non appena la
sentenza verrà messa in esecuzione
il costruttore dovrà restituire alla
Regione i 77 milioni e 827 mila
euro che il collegio arbitrale gli
aveva assegnato con una decisione
assunta a maggioranza, in aperto
contrasto con la relazione di uno
degli arbitri, l'ex magistrato
Gianni Olla, il solo nominato dal
tribunale. Quella relazione, riletta
oggi, è molto simile a quella
emessa ieri dai giudici ordinari di
Roma e ricalca le posizioni
manifestate a suo tempo dalle
associazioni ecologiste.
Con gli
interessi maturati negli anni la
cifra da riportare nelle casse
pubbliche dovrebbe salire a circa
83-84 milioni, dai quali Cualbu
potrà detrarre il milione e 205 mila
euro che i magistrati romani gli
hanno riconosciuto come risarcimento
per 31 giorni di stop ai lavori,
peraltro mai iniziati - tra il 9
agosto 2006 e l'8 settembre 2006 -
imposto dalla Regione con un
provvedimento di vincolo giudicato a suo
tempo illegittimo e quindi
annullato, il solo in tutta la lunga
vicenda: sono 38.900 euro al giorno,
esattamente quanto calcolato
dalla Deloitte Financial Advisory
Service spa a conclusione della
consulenza tecnica fornita al
collegio arbitrale nel 2013 ma esteso,
nel lodo, ai tredici anni di ritardo
sulla realizzazione del piano
immobiliare a partire dalla firma
dell'accordo di programma del 2000
tra Regione, Comune di Cagliari e
Coimpresa.
Per il collegio arbitrale
la Regione avrebbe dovuto rimborsare
l'impresa per il mancato guadagno
sulla vendita degli immobili,
calcolata sulla previsione dei valori di
mercato. In altre parole la
Coimpresa avrebbe dovuto prendere dalle
casse pubbliche l'intero profitto
atteso dalla vendita senza neppure
la fatica di cercare gli acquirenti.
Per altro verso la Regione
avrebbe dovuto rispondere anche dei
provvedimenti assunti dalla
Soprintendenza ai Beni culturali,
che ha sempre difeso il compendio
archeologico dal cemento.
A leggere le 29 pagine della
sentenza
firmata dal presidente Edoardo
Cofano emerge come la Corte abbia
accolto in pieno le ragioni del
ricorso presentato dagli avvocati
regionali Federico Sorrentino e
Gianni Parisi, bocciando la difesa dei
legali privati Francesco Astone,
Alberto Picciau e Marcello Vignolo:
senza entrare nella complessità
delle argomentazioni, per i giudici la
Regione ha solo tutelato l'interesse
pubblico a conservare un bene
storico-culturale. Difficile che la
lunga e complessa battaglia legale
sulla necropoli più grande del
Mediterraneo si chiuda qui: Coimpresa
dovrà restituire subito i soldi, ma
potrà ricorrere per Cassazione.
Di contro la Regione potrebbe
presentare un ricorso incidentale sulla
quota residua di risarcimento
riconosciuta a Coimpresa: la Corte
sostiene infatti che per quanto lo
stop ai lavori iniziale fosse
illegittimo, la precedente adozione
del Ppr li avrebbe fermati
comunque. Però poi - in apparente
contraddizione - gli stessi giudici
dispongono il risarcimento. Se i
lavori dovevano essere comunque
bloccati, dove starebbe il danno?
Ancora: venuta meno l'efficacia
dell'accordo di programma del 2000
il costruttore Cualbu potrà
chiedere di riavere indietro le aree
cedute al Comune per la
realizzazione del parco
archeologico. Dall'altra parte la decisione
della Corte, riconfermando la
legittimità dei vincoli paesaggistici
imposti col Ppr, sancisce
l'illegittimità delle palazzine costruite da
Coimpresa sotto il colle dei Punici
prima del blocco imposto dalla
Regione. Facile prevedere l'apertura
di nuovi contenziosi, la storia
non finisce qui.
Vertice,
trattative con il Pds
Forse un
incontro tra Pigliaru e la delegazione del partito prima della riunione
CAGLIARIQualche spiraglio potrebbe
esserci per far sì che domani il
vertice di maggioranza, convocato in
Consiglio regionale dal
governatore Francesco Pigliaru, sia
al completo con la partecipazione
anche del Partito dei sardi.
Sarebbero in corso diverse trattative per
evitare che i cinque consiglieri del
Pds non siano presenti, come
hanno annunciato, per protestare
contro il silenzio del centrosinistra
sul caso Ottana, con all'orizzonte
le possibili dimissioni della
giunta comunale allarmata da una
«desertificazione industriale in
corso», e poi denunciare - era
scritto nel comunicato firmato dai
cinque - anche per «le troppe
partite aperte sulla sanità».
Anche se
il capogruppo del Pds, Gianfranco
Congiu, ha fatto sapere: «Per adesso
non siamo stati convocati a incontri
bilaterali o, se vogliano
chiamarli così, di chiarimento. Se
ci saranno prima del vertice di
domani pomeriggio, andremo ma con la
stessa richiesta avanzata nei
giorni scorsi: chiediamo chiarezza
sulla mancanza di lavoro nel Centro
Sardegna e sulla sanità. Se le
risposte non arriveranno, in queste
ore, a quel punto non ci resterebbe
che confermare la nostra assenza».
Come accennato, qualche piccolo
passo avanti ci sarebbe stato fra
domenica e lunedì, con diversi
mediatori che avrebbero aperto più di
un canale per la trattativa.
C'è chi ipotizza, non ci sono però
conferme, anche la possibilità di un
incontro preliminare fra oggi e
domani mattina fra il governatore e
una delegazione del Partito dei
sardi. Uno simile c'è stato ad
esempio alcuni giorni fa fra lo stesso
Pigliaru e, in quell'occasione, il
gruppo di Mpd per sbrogliare pare
con successo la matassa della legge
urbanistica, quindi stavolta
l'eventuale vertice bilaterale
potrebbe servire a ricucire lo strappo
col Pds. Con o senza i cinque
consiglieri dissidenti, ci sarà comunque
la prima riunione di maggioranza
dopo la sconfitta elettorale del
centrosinistra alle Politiche di
marzo.
L'urbanistica sarà uno dei
punti forti del vertice, ma
«troveremo di sicuro anche lo spazio -
fanno sapere dal Pd -per discutere
di lavoro, sanità e di tutto quello
che siamo decisi a portar avanti e
in porto negli ultimi dieci mesi
della legislatura».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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