Unione
Sarda
Muledda,
l'addio del guerriero Dal Pci all'indipendentismo
Si è
spento a 76 anni il fondatore dei Rossomori: fu assessore con Mario Melis
«Quando eravamo comunisti sapevamo di
non poter aspettare l'ora X della rivoluzione, per metterci a lavorare per
migliorare le condizioni della gente. Questo vale ancora oggi (per l'indipendentismo,
ndr ), se poi sarà indipendenza lo deciderà il popolo. Prima o poi bisognerà
chiederglielo: vuoi diventare indipendente?» (Gesuino Muledda, 2012)
Per il cinismo popolare è normale
nascere incendiari e morire pompieri, ma non vale per tutti. Non valeva per
Gesuino Muledda. Aveva 76 anni, una malattia diventata ormai quasi una compagna
di strada, e alcune solide certezze. In politica. A sinistra. Ieri si è arreso
al male, ma non si è mai arreso alla pratica dei cambi di campo ideologico: lui
semmai ha cambiato modo di fare l'incendiario, militando sotto vari simboli e
sbarcando su sponde indipendentiste dopo una vita nel partito statalista per
eccellenza.
Perché la sua storia politica si
identifica in gran parte col Pci, con cui divenne consigliere regionale nel
1974 e poi assessore negli anni '80. Prima all'Urbanistica, nelle Giunte di
Franco Rais (quella strana legislatura in cui il Psi ondeggiò dalla maggioranza
con la Dc a quella col Pci, e ritorno). E poi legò il suo nome all'assessorato all'Agricoltura,
presidiato durante il regno di Mario Melis sostenuto dall'accordo Pci-Psd'Az. Si deve a lui, tra l'altro, l'idea della Regione
come sponsor delle squadre sportive (chi non ricorda le maglie del Cagliari con
la scritta Fos, Formaggi ovini sardi?).
LA FORMAZIONE L'agricoltura sarda è
rimasta la grande passione di Muledda, ma la sua formazione era di altro tipo:
laureato in storia a Sassari, poi insegnante alle scuole medie e preside. Al
lavoro affiancava l'impegno politico: è stato anche sindaco di Gairo, il paese
della moglie, e consigliere comunale di Lanusei, lui che - nativo di Oniferi -
era diventato orgogliosamente ogliastrino “sul campo”.
Il Consiglio regionale è stato casa
sua fino al '94. Nel frattempo il Pci non c'era più, e Mulè (come si definiva
quando riferiva dei colloqui con qualche interlocutore) aveva logorato molti
rapporti. Mente politica raffinatissima e carattere non facile, non teneva la sua
intelligenza tagliente nel cassetto se doveva contraddirti. Non gli mancavano i
nemici. È stato molto criticato il suo sostegno a Nicola Grauso all'epoca del Nuovo
Movimento, presente alle Regionali del 1999. In seguito è passato al Psd'Az,
continuando comunque a guardare a sinistra: inevitabile la rottura col
segretario Giacomo Sanna, timoniere dell'approdo col centrodestra nel 2009. Fu
allora che Muledda capeggiò la scissione da cui nacquero i Rossomori, alleati
di Renato Soru.
GLI ANNI RECENTI Proprio in quel
periodo “Mulè” iniziava la battaglia col tumore che avrebbe domato per quasi
dieci anni. Lunghe terapie e correlate sofferenze, una lotta che ha suscitato
l'ammirazione di tutti: parlava del suo male come si è soliti fare di un
raffreddore, con animo guerriero e la consueta ironia a denti stretti. E senza mollare
un centimetro nell'impegno politico quotidiano. Nel frattempo aveva virato
verso l'indipendentismo, con la formula sovranista («soberania est
indipendentzia», lo slogan del primo congresso dei Rossomori) ancora non
associata a Salvini e Le Pen.
Nel 2014 il suo partito si alleò col
centrosinistra guidato da Francesco Pigliaru, e Muledda incise ancora una volta
sulle scelte in materia di agricoltura, presentando Elisabetta Falchi al futuro
governatore durante la campagna elettorale e poi indicandola per l'assessorato
in quota Rossomori.
Il feeling con Pigliaru non è
sopravvissuto all'uscita della stessa Falchi dalla Giunta, dopodiché Muledda
era diventato molto severo col presidente. Riavvicinandosi invece, nel Progetto
Autodeterminatzione, ad altre sigle indipendentiste che avevano assai criticato
l'alleanza con i partiti italiani. I suoi ultimi post su Facebook erano tutti contro
Salvini e l'intesa Lega-Psd'Az.
REAZIONI Al di là delle divergenze,
Pigliaru è stato tra i primi, ieri, a commemorare Muledda: «Ci mancherà la
schiettezza dell'uomo e la capacità del politico e della persona colta di
leggere la nostra realtà. Era un comandante naturale», autorevole ma «corretto
e dialogante anche nei momenti di massimo disaccordo». Ma il cordoglio,
espresso sui social network o nei comunicati, accomuna tanti: da Emilio Usula e
Paolo Zedda, eletti alla Regione coi Rossomori, al gruppo consiliare Sdp con
l'assessore alla Cultura Giuseppe Dessena, fino al presidente Anci Emiliano
Deiana, Thomas Castangia di Possibile, i leader indipendentisti Bustianu
Cumpostu e Pier Franco Devias.
Molti si sono ritrovati nella camera
mortuaria del policlinico di Monserrato, dove Muledda si è spento. Oggi sarà ricordato
in una cerimonia laica al cimitero cagliaritano di San Michele (alle 16.30),
poi il suo corpo sarà cremato e le ceneri, come da lui richiesto, troveranno
riposo a Oniferi, dove il guerriero era nato.
Giuseppe Meloni
La
Nuova
Pd, nuove
fibrillazioni sull'assemblea di lunedì
I soriani
potrebbero non firmare il foglio delle presenze e mettere a
rischio
il numero legale
CAGLIARIL'assemblea del Pd sardo è
pronta a eleggere il nuovo
segretario, lunedì prossimo ad
Abbasanta? Forse, ma ancora non è
detto. Se i popolari-riformisti, che
hanno proposto l'ex deputato
Emanuele Cani come successore di
Giuseppe Luigi Cucca, hanno trovato
l'accordo col blocco renziani più
gli ex Diesse, i soriani sarebbero
per il no. Anche se ci sarebbe una
spaccatura, per ora solo appena
accennata, all'interno della
corrente guidata dall'ex presidente della
Regione.
Per la verità, la maggioranza di
quel gruppo è ancora ferma
alla sua prima richiesta, è quella
di un congresso straordinario a
pochi mesi dalle Regionali del 2019,
però alcuni soriani avrebbero
cominciato a prendere in
considerazione l'ipotesi di eleggere un
segretario all'inizio della prossima
settimana. Forse la scelta finale
della corrente potrebbe dipendere
anche da come andrà a finire
l'assemblea nazionale del Pd,
convocata per questo sabato a Roma.
Nell'attesa, c'è chi ipotizza questa
strategia da parte del gruppo
guidato dall'eurodeputato.
Eccola: lunedì, all'inizio dell'assemblea,
i delegati soriani potrebbero non
firmare subito il foglio delle
presenze, lasciando così in bilico
il numero legale e mettere sotto
pressione chi ha invece già un nome
per la segreteria, per poi
costringerli a una resa sul campo.
Va ricordato che l'assemblea è
composta da 160 delegati e perché
sia valida i presenti dovranno
essere la metà più uno. Ma se il
piano dovesse essere questo, sarebbe
pronta la contromossa delle altre
correnti, che sulla carta quella
maggioranza dovrebbero avercela, ma
esiste sempre la variabile delle
assenze.
Per evitare che l'assemblea si
blocchi a causa di un numero
legale ballerino, molto prima
potrebbero chiedere che lunedì, ad
Abbasanta, sia aperto il seggio per
l'elezione del segretario. Se così
fosse, la clausola dei presenti, non
inciderebbe più sulla validità
dell'assemblea. A quel punto,
Emanuele Cani dovrebbe sì raggiungere
quella quota, 81, ma solo come
numero di voti a favore. Tetto non
difficile da superare visto che
insieme popolari-riformisti, renziani
ed ex Ds hanno un buon margine di
vantaggio, con 110 delegati su 160.
La
Nuova
L'isola
piange Muledda, sardista di sinistra
Assessore
Pci nella giunta Melis, aveva fondato i Rossomori. Pigliaru:
perdiamo
un politico di razza
CAGLIARISe n'è andato Gesuino
Muledda, dal Pci ai Rossomori, passando
per il Pds e il Psd'Az. Un sardista
comunista. Nato il 27 marzo 1942 a
Oniferi ha vissuto principalmente
tra l'Ogliastra e Cagliari, dove
arriva nel 1974 come consigliere
regionale del Pci. Vi rimarrà fino al
1994. Negli anni Ottanta è assessore
all'Urbanistica prima e
all'Agricoltura poi nella giunta di
sinistra guidata dal leader
sardista Mario Melis.
Rimarrà in Consiglio regionale fino
al 1994. Nel
1997 è stato per qualche tempo
consigliere politico del Nuovo
Movimento fondato da Nichi Grauso
per poi passare al Psd'Az. Che
lascerà nel 2009, quando i sardisti
stringeranno l'accordo con il
centrodestra. Muledda fonda i
Rossomori, di cui era ancora adesso
presidente, che si schierano col
centrosinistra, salvo poi negli
ultimi tempi unirsi alle forze
indipendentiste nel Progetto
Autodeterminatzione con cui si sono
presentati alle politiche.
Muledda, ammalato da tanto tempo, è
morto ieri mattina al Policlinico
di Monserrato a Cagliari. «La
Sardegna perde un politico di razza, un
protagonista appassionato di tante
battaglie, con principi forti e
grande talento - ha dichiarato il
governatore Francesco Pigliaru -. Ci
mancherà la schiettezza dell'uomo e
la capacità del politico e della
persona colta di leggere la nostra
realtà». «Gesuino ha dedicato la
sua vita alla politica aderendo al
patrimonio valoriale della sinistra
- si legge nella nota del gruppo
consiliare Articolo 1 Sdp - vogliamo
ricordarlo per la sua passione e la
sua tenacia nel portare avanti
lotte e temi condivisi».
«Con Gesuino la Sardegna perde un
uomo che ha
vissuto l'impegno politico con
passione e che ha dedicato tutta la sua
vita al servizio della sua terra»,
ha scritto su Facebook l'ex
senatore Pd Silvio Lai. «Ho
conosciuto Gesuino qualche tempo fa,
quando ci sedemmo a un tavolo per
decidere che cosa si potesse fare,
insieme, per salvare questa nostra
terra benedetta - lo ha ricordato
il leader di Liberu, Pierfranco
Devias -. Ho avuto la netta
impressione che lui fosse in realtà
sempre animato da grandi ideali e
sempre guidato dalla speranza di un
mondo migliore».
Imbarazzo
al Parlamento europeo, l'incognita di popolari e M5s
Superlega,
i populisti si contano di Giuseppe Maria Laudani
STRASBURGO
Indifferenza, imbarazzo e «no
comment»: l'Europarlamento di Strasburgo
reagisce così all'annuncio di Matteo
Salvini di volere costruire una
Lega europea, una sorta di
«internazionale» populista che alle
prossime elezioni europee possa
contare alleati tra i conservatori
euroscettici. Con un duplice
obiettivo: scardinare i tradizionali
schieramenti politici
all'Eurocamera, a partire dai Popolari, ma anche
mettere all'angolo le forze
socialdemocratiche e quelle liberali.
Davanti alla sortita di Salvini, i
pentastellati di Strasburgo
preferiscono non commentare.
Ma dietro le quinte c'è chi ricorda
che
il gruppo al Pe formato da
personaggi come Marine Le Pen (Fn) e Geert
Wilders, leader del movimento
xenofobo olandese, alleati della Lega,
non rappresentano lo «sbocco
naturale» del movimento in Europa. Che
era e resta più orientato al dialogo
con i Verdi o con le forze
neoliberali e di Ciudadanos. A
spiegare il progetto politico
transnazionale lanciato dal leader
leghista a Pontida è comunque
l'eurodeputato leghista Marco Zanni,
del Gruppo Europa delle Nazioni e
della Libertà (En/Enf) di cui fa
parte il Carroccio al Parlamento
europeo.
Un piccolo «esercito» di 6 leghisti
su 73 eurodeputati
italiani. L'idea, dice, è «federare
in un unico gruppo le forze
euroscettiche», che al momento
siedono tra i Conservatori e riformisti
dell'Ecr e nell'Efdd, o Europa della
libertà e democrazia diretta,
dove c'è il britannico Nigel Farage.
«È chiaro che andando verso il
2019 e anche forte dei maggiori
consensi ottenuti in giro per l'Europa
- prosegue Zanni - il pensiero e il
lavoro che cercherà di fare la
Lega è proprio questo», magari con
«un centinaio di eurodeputati». E
poi c'è la figura di Orban, il
premier ungherese che siede tra i
banchi dei Popolari, «apprezzato» da
Salvini che lo vorrebbe nel suo
progetto. Un proposito però non
semplice da realizzare.
Secondo
l'eurodeputato leghista il Ppe
avrebbe infatti tutto l'interesse a
tenerlo con sé, malgrado non pochi
imbarazzi, per «poterlo così
controllare meglio». Un imbarazzo
che assume la forma dei «no comment»
raccolti dai portavoce dei popolari
rispetto alle dichiarazioni dei
politici italiani sui media «perché
tali politici fanno dichiarazioni
ogni giorno». Il presidente del Pe,
Antonio Tajani, in un'intervista
al Gr1 ha spiegato che l'idea di
Salvini gli sembra «molto propaganda
nazionale» e per la Lega stare con
il M5S è contro natura.
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Federico Marini
skype: federico1970c
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