martedì 21 agosto 2018

Non tutti sono mascalzoni. Considerazioni a proposito delle recente legge regionale sull’allevamento dei suini. Di Daniela Falconi.



Post - giuro giuro giuro! – sul commercio dei maiali  senza nessun intento polemico, ma solo con lo spirito di riflessione e sana discussione su un argomento che non solo mi sta estremamente a cuore, sia per il lavoro che faccio (che non sono fatta di plastica) ma soprattutto perché ho a cuore (repeat) le tradizioni, il mio territorio e le persone che lo abitano.

Dunque, mi chiedo: la tradizione dei nostri paesi, delle nostre famiglie, dei nostri nonni, era allevare maialetti o acquistare dal pastore migliore che si conoscesse qualche piccolo maialetto da ingrassare? Quello che chiamiamo “su mannale” per intenderci. Da far crescere come solo nei nostri paesi sappiamo fare, e da utilizzare tanto per le provviste di tutto l’anno, quanto per produrre salumi e insaccati che ogni famiglia prepara con le proprie specifiche tradizioni.

Da quando in Sardegna si è sviluppata la cultura "dell’allevamento dei porcetti" per consumi estranei a pranzi familiari preparati in occasione di battesimi, comunioni, festività natalizie, etc... o semplicemente per spuntini tra amici? A quanto ammontava “quella” produzione per tutte queste feste e a quanto ammonta oggi la stessa produzione nell’era dei pranzi con i pastori, delle “cene sarde” negli hotel, nei ristoranti e negli agriturismo? Esiste uno studio serio sul reale fabbisogno?

Provando a rispondere a queste domande, il primo dato per chi vuole allevare “su mannale” come ai vecchi tempi, è che la legge non pone nessun problema. Tradizione salva? Chissà. Il problema si pone per chi vuole far nascere e crescere "in casa" i suini“per le feste familiari” o magari per un baratto con altri prodotti della terra: un’usanza che in Sardegna si perde nella notte dei tempi.

Questo sì, è un problema. Ed è il problema che la legge non si è minimamente posto il problema di affrontare. Perché nei nostri paesi non siamo tutti mascalzoni che traffichiamo illegalmente carni di maiale per “fini turistici” (definizione per semplificare). Però saremmo ipocriti nel non ammettere che qualche distorsione c'è, e va del tutto a contrastare con chi fa allevamento serio, controllato ed integra il suo reddito agricolo.

Per chiudere: concordo totalmente con chi dice che una legge così importante non può non essere condivisa e dibattuta pubblicamente. Concordo ancor di più  con chi dice che il legislatore non è infallibile, anche se approva all’unanimità, e quando sbaglia, non chiede scusa, ma piuttosto ripara gli errori ripartendo proprio da dove ha (spero ingenuamente) sbagliato. Mi spaventa che in un periodo elettorale, argomenti così importanti vengano dati in pasto a mistificazioni ed a chi intravede apocalissi.

Di Daniela Falconi.

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