Unione
Sarda
Calenda-L'ex
ministro: l'industria sarda ha ancora un futuro
«Il Pd è
a fine corsa: troppa arroganza»
Carlo Calenda si è iscritto al Pd
quando le ceneri della disfatta elettorale erano ancora calde, e tanti hanno
pensato: sta uscendo allo scoperto, ora vuole guidare il partito, qualcuno
addirittura ha ipotizzato un ruolo da candidato premier al prossimo giro.
Niente di più sbagliato: «Il Pd va sciolto», ripete adesso che ha la tessera in
tasca, «e si devono utilizzare le parti migliori per un progetto più ampio».
Romano, quarantacinque anni, figlio
di un economista-scrittore e di una regista (Cristina Comencini), quattro
figli, nella sua prima vita è stato un manager. Ferrari, Sky, Confindustria.
Nella seconda si è buttato in politica: in principio con l'associazione Italia
Futura dell'amico Montezemolo, poi con Scelta civica e infine, dopo l'esperienza
di governo, l'approdo sulle sponde dem.
Sul
suo profilo Facebook l'immagine di copertina è una foto di gruppo con operai e sindacalisti
dell'ex Alcoa (ora Sider Alloys), al fianco del governatore Pigliaru. Non è una
coincidenza:
«Quello è un modello che va
replicato in tutta Italia».
Si
riferisce alla partecipazione azionaria del 5% divisa tra i dipendenti?
«Nel caso dell'Alcoa è un riconoscimento
al lavoro straordinario fatto dagli operai. Come nel caso di Eurallumina, hanno
impedito che questi poli industriali sparissero dalla carta geografica. Sono
convinto che il sistema vada riproposto: i dipendenti, così, sono più coinvolti
nella gestione. È da estendere non solo alle industrie che vanno male, ma anche
a quelle che vanno bene».
L'Eurallumina
è ancora ferma.
«Tutta la fase degli investimenti è
chiusa. La fabbrica, per quanto riguarda la parte ministeriale, è pronta per
ripartire».
Le previsioni
parlavano di una nuova messa in moto a gennaio 2019.
«Mancano solo alcuni aspetti che
riguardano l'amministrazione locale. In Eurallumina ci sono imprenditori molto
seri, gli operai hanno fatto una grande battaglia. Pensate: noi importiamo
alluminio. Chiudere le fabbriche sarebbe una follia».
Il
futuro dell'Isola può essere ancora nell'industria pesante?
«Non può essere la vocazione unica,
nel mondo contemporaneo non esiste più un modello simile. Il turismo nel caso
della Sardegna, unito al terziario avanzato e al commercio fanno parte del mix
produttivo ottimale di una regione. Ma all'industria non si può rinunciare».
Trovare
investitori per ripartire è difficile perché quasi tutti i
siti
sono da bonificare. Una tassa d'ingresso milionaria.
«Nel caso di Eurallumina è stato
raggiunto un accordo, insieme a Glencore, per la bonifica della falda. Non sono
ammesse deroghe: gli investimenti ambientali sono parte dell'efficienza della
fabbrica. Non siamo più nel Novecento».
Il
governo è scettico sul metanodotto nell'Isola.
«Credono che il gas sia come il
carbone: è una visione da incompetenti e ignoranti. La Sardegna va metanizzata
in modo intelligente. È la grande energia di transizione, fino a che la
tecnologia non permetterà di stoccare l'elettricità prodotta con le
rinnovabili. Non capire questo e fare una battaglia, come con la Tav, a tubi di
90 centimetri che passano sotto terra, è una semplice follia».
Air
Italy, nata dalle ceneri di Meridiana col vostro aiuto,
trasferisce
i dipendenti a Malpensa.
«Sono cose che vanno gestite. Ci
sono diverse categorie di lavoratori: alcune si possono muovere con facilità,
incentivandole e tenendo conto della differenza del costo della vita. Poi c'è
chi ha famiglia ed è più difficile da spostare. Si può fare tutto tenendo conto
dell'età e delle particolarità dei singoli lavoratori».
Alitalia:
si parla ancora di nazionalizzazione.
«Noi abbiamo già speso otto
miliardi. Ma in Italia dimentichiamo tutto. Alitalia non è più una compagnia di
bandiera. È piccola, ha difficoltà a stare sul mercato, le ha pure Lufthansa
che è molto più grande. Quella dei tedeschi era un'offerta seria».
La
compagnia ora garantisce, nel bene e nel male, la continuità sarda. Non si
rischia di vendere all'estero un'azienda strategica per lo Stato?
«È una questione che si risolve con
gli incentivi. La cosa importante per i sardi è avere i servizi e i
collegamenti. Per le tratte non remunerative si fa come si è sempre fatto, con
i bandi e il sostegno pubblico: si spende molto meno che nazionalizzando
l'Alitalia».
Capitolo
Pd. Lei ha chiesto un nuovo congresso.
«Penso che si debba decidere in
fretta, ora non stiamo facendo un'opposizione sufficientemente forte. Ho
proposto una segreteria costituente per contrastare quello che secondo me sarà
un autunno difficile per il Paese, con un grandissimo rischio di default finanziario».
Siamo
già di fronte al baratro? Eppure fino a poco fa c'eravate voi al governo.
«Ma Lega e M5S hanno ricominciato a
parlare di uscite dall'Euro, mini Bot, manovre fatte in deficit. E chi ci
compra il debito, cioè i signori che gestiscono le pensioni, che so?, dei
norvegesi, dicono che questo significa default immediato. E dunque non prendono
più i nostri titoli».
Salvini
e Di Maio hanno qualcosa in comune con Renzi?
«No, sono molti diversi. Salvini e
Di Maio sono pericolosi perché sono incompetenti. Il primo non va oltre le
dirette Facebook, ha respinto due navi da 300 persone quando noi avevamo già
ridotto gli sbarchi dell'80%».
Però
guadagna consensi.
«Perché ha fatto l'opposto di quello
che abbiamo fatto noi. Il nostro governo ha gestito il fenomeno senza
accorgersi della paura della gente. Lui ha alimentato la paura e gestito quanto
ereditato da noi. I timori dei cittadini, e in questo momento ce ne sono tanti,
vanno sempre riconosciuti. Noi non lo abbiamo fatto».
E Di
Maio?
«Il decreto Dignità è disastroso.
Porterà una perdita di 80mila posti di lavoro, dichiarati da loro».
Quando
è che il Pd ha perso il contatto con l'elettorato?
«Abbiamo dato l'idea di considerare
risolti i problemi che il Paese ancora aveva. E questa si
chiama arroganza. Avevamo fatto solo progressi, un primo passo
per recuperare le perdite della crisi. Invece abbiamo detto che
l'Italia andava bene e chi non lo capiva era un gufo».
Su
Facebook scrive che la segreteria Pd è fatta di «anime morte».
«Il futuro non è il Partito
democratico, ma un movimento più ampio, che il Pd deve contribuire a costruire»
Un
ritorno all'Ulivo?
«No. Penso a una cosa nuova, che
levi di mezzo alcuni pezzi della sinistra che si sono comportati poco
seriamente, come una parte di Liberi e uguali. Qui bisogna rifondare,
raccontare l'associazionismo e il mondo dei sindacati. Si può mettere insieme
un soggetto ampio, io lo chiamo fronte repubblicano, che
non si deve esaurire in una semplice alleanza».
In
Sardegna c'è chi guarda a un Pd federato.
«Non ci credo alle federazioni. Va
creato un grande fronte progressista, non federare cose che già ci sono. Solo
così si possono superare le divisioni, a tutti i livelli».
Eppure
sull'Autonomia e sul sovranismo si è giocata la campagna
elettorale,
non solo nell'Isola.
«Va bene l'Autonomismo. Ma come in
Germania ci deve essere una clausola di supremazia nazionale».
Quanto
dura la legislatura?
«Poco, molto poco. Secondo me
andremo a votare entro l'anno».
La Nuova 12 agosto 2018
La Lega:
accordo col Psd'Az, con Fi si vedrà
Il numero
due Giagoni: con i sardisti è un patto di ferro, le altre
alleanze
dipendono dal programma
SASSARI
L'unica certezza è il patto con il
Psd'Az. Sui rapporti con Forza
Italia da una parte e con il
Movimento 5 stelle dall'altra regna
l'incertezza. La Lega si prepara
alle regionali. Un appuntamento in
cui cercherà di portare a casa un
bottino superiore al già ottimo
risultato delle politiche, quando ha
superato quota 10 per cento.
Una percentuale figlia dell'intesa con il Partito sardo d'Azione. Che
Una percentuale figlia dell'intesa con il Partito sardo d'Azione. Che
infatti viene riconfermata senza se
e senza ma. «Col Psd'Az c'è una
alleanza forte che andrà anche oltre
le regionali - dice Dario
Giagoni, vice commissario regionale
della Lega -.
È un patto di ferro
che ha già ottenuto eccellenti
risultati alle politiche. Con i
sardisti stiamo già lavorando al
programma e da questo poi
dipenderanno le altre alleanze». La
Lega ovviamente guarda a destra,
ma, anche alla luce di quello che sta
succedendo in Abruzzo, potrebbe
correre da sola. «Sarà Matteo
Salvini a indicarci la linea da seguire.
Ma quello che conta sono soprattutto
i programmi. È su quello che
verterà la discussione con Forza
Italia, Fratelli d'Italia, altre
forze indipendentiste. Se poi le
linee non saranno condivise si andrà
da soli. Basta vedere quanto sta
accadendo in Abruzzo. Ma, ripeto,
saranno i vertici della Lega a
valutare la situazione». Più difficile
un'alleanza con il Movimento 5
stelle, anche dopo il no ribadito dal
candidato-governatore dei grillini,
Mario Puddu.
Ma la rivalità in
campagna elettorale non dovrebbe
avere ripercussioni sul patto di
governo. Di questo Giagoni ne è
convinto. «Il contratto tra Salvini e
Di Maio è su alcuni punti importanti
e non credo proprio che le
regionali possano causare una
spaccatura nella maggioranza di governo.
Anche perché parlando con la gente
nei mercati, nelle piazze mi sto
rendendo conto che verso l'esecutivo
gialloverde c'è molta
soddisfazione. Chi non ci ha votato
a marzo dice che oggi ci
voterebbe». A marzo Giagoni non è
entrato in Parlamento per un soffio,
e proprio per questo ha presentato
due ricorsi. «La giunta per le
elezioni si è insediata una ventina
di giorni fa e dovrà esaminarne
almeno una cinquantina». (al.pi.)
Unione
Sarda
Il giallo
delle coalizioni Verso il voto: tramonta il tempo del bipolarismo
Il gelo
Lega-Forza Italia aumenta le incognite. Pd in cerca di alleanze
Le coalizioni diventano sempre di
più un'icona sbiadita, difficile da
declinare rispetto al presente e in
affanno agli occhi dell'elettorato
più orientato verso il singolo
partito.
In questo scenario, una parte della
politica sarda è costretta a
muoversi con i piedi di piombo e
affrontare un passaggio ulteriore che
è proprio quello della costruzione
di un'eventuale coalizione.
NUOVA FASE Il governo Lega-Movimento
5 Stelle ha contribuito ad
accelerare l'agonia delle
coalizioni.
Il consenso aumenta, anche se
per dare vita al contratto di
governo, il Carroccio abbia abbandonato
la casa madre del centrodestra e i
pentastellati abbiano rinunciato al
principio di governare in
solitudine. Non c'è stato un effetto
negativo nell'elettorato che,
soprattutto nel caso della Lega,
sostiene il partito, dimenticandosi
la coalizione. Questo significa
che nessuna alleanza è scontata,
tantomeno in Sardegna dove proprio il
centrodestra aspetta segnali dal
Carroccio che ha come unica certezza
il sodalizio con il Psd'Az. Lo
stesso Eugenio Zoffili, coordinatore
della Lega nell'Isola, ha sempre
detto che «non ci sono ancora
certezze sulla coalizione».
CONSUETUDINE C'è da dire, però, che
gran parte della classe politica
attuale è cresciuta con il
bipolarismo nel proprio Dna. Ragionare in
maniera differente non è semplice,
tanto che ogni ipotesi alternativa
rimane sempre nell'alveo della
suggestione senza essere mai
concretizzata.
LA RINCORSA Il prezzo da pagare,
soprattutto per chi in questo momento
non ha la certezza di un grande
consenso, è il ritardo nella corsa
alle regionali. Forza Italia si
concentra soprattutto sul rinnovamento
tendendo la mano al mondo degli
amministratori. Il lavoro del vice
coordinatore regionale, Ivan Piras,
punta a «una nuova generazione che
guidi il rinnovamento». La discesa
in campo di Sardegna Venti20, lista
strutturata solo ed esclusivamente sul
civismo, è il segnale che non
c'è più paura di appendere le
casacche storiche.
IL TENTATIVO Nel centrosinistra, la
tesi sul ritorno del partito
rispetto alla coalizione ha un
effetto contrario. A farne le spese in
questo momento è il Pd, sempre meno
corteggiato dagli alleati storici.
Eppure il neo segretario Emanuele
Cani, ha ribadito che «il nostro
lavoro è rendere il progetto del
partito appetibile proprio per la
costruzione della coalizione».
Dall'alleanza si è smarcato ormai il
Partito dei sardi, concentrato sul
progetto di convergenza nazionale
che spacca proprio i vecchi schemi.
I partiti della sinistra faticano
a dare subito l'adesione, ma
soprattutto dopo anni di egemonia dem,
non riconoscono più al Pd il comando
della coalizione. L'unica forza
senza dubbi è Campo progressista
che, oltre puntare su Massimo Zedda
per la Regione, sta lavorando per un
ampliamento importante del
centrosinistra, per dare al sindaco
di Cagliari una base solida che
attualmente non esiste.
IN PISTA Tutti questi ragionamenti
si fermano fuori dall'uscio del
Movimento 5 Stelle che ha fatto
della corsa in solitaria una sua
peculiarità. I pentastellati hanno
già scelto con le regionarie Mario
Puddu per la corsa verso Villa
Devoto e i candidati consiglieri. Un
vantaggio non da poco rispetto alle
altre forze politiche condizionate
maggiormente proprio
dall'appartenenza ideale a una coalizione.
Matteo Sau
La legge
elettorale e i calcoli dei partiti
La legge elettorale ha un'importanza
fondamentale nella definizione
dello scacchiere per le prossime
regionali. Quella sarda prende spunto
proprio dallo schema di centrodestra
e centrosinistra. Le coalizioni,
infatti, hanno una soglia di
sbarramento pari al 10%, mentre per le
forze politiche che si presentano da
sole la soglia è al 5%. Significa
che i piccoli partiti sono portati a
scegliere di far parte di uno
schieramento per sperare di
raggiungere il quoziente e magari piazzare
un proprio consigliere regionale.
Non solo, quelli che viaggiano tra
l'1 e il 3% potrebbero essere
determinanti nella conta dei voti
per la vittoria. Chi deciderà di
fare coalizioni alternative dovrà
mettere in conto che il 10% era
stato deciso pensando comunque a
Forza Italia, da una parte, e Partito
democratico, dall'altra, come
capofila. Sdoganarsi da questo schema
significa mettere in conto il limite
del 10% che mediamente significa
raggiungere almeno 70 mila voti di
coalizione e non del candidato
presidente.
Nello scenario attuale l'unico
partito che per ora ha la
certezza di presentarsi da solo
(salvo sorprese dell'ultima ora) è il
Movimento 5 Stelle che, stando ai
risultati delle ultime elezioni
politiche, non dovrebbe avere
problemi a superare il 5%. È bene
ricordare che nel 2019 anche per le
regionali si voterà con la doppia
preferenza di genere e le liste
dovranno essere composte in parità tra
uomini e donne. (m. s.)
Truzzu:
il centrodestra riprenda il dialogo con giovani e imprese
Il
consigliere regionale di Fratelli d'Italia traccia la sua linea per
rilanciare
il centrodestra «Con facce nuove si può vincere»
La «rivoluzione generazionale» è
l'unica medicina in grado di curare i
mali del centrodestra. Paolo Truzzu,
coordinatore regionale di
Fratelli d'Italia, non ha dubbi sul
futuro del partito che sposa la
campagna del cambiamento: «Non si
può affidare nuovamente il futuro di
tanti giovani sardi a chi, finora,
non è stato in grado di
assicurarglielo».
Esiste ancora il centrodestra?
«Io penso di sì, ma dobbiamo
immaginarlo diverso rispetto agli ultimi anni».
A casa tutti i sessantenni?
«La rivoluzione generazionale non è
solo un fattore anagrafico. Serve
un cambiamento radicale di modalità
e persone».
L'obiettivo è dare spazio a chi è
stato dietro le quinte?
«Di sicuro c'è tanta gente, a cui
non è stata data nessuna opportunità
perché respinta dalle classi
dirigenti dei partiti».
Il rinnovamento sarà sufficiente a
vincere le regionali?
«Tanti cittadini non si sentono
rappresentati da un certa politica. Ci
sono giovani, artigiani,
imprenditori e numerose categorie
dimenticate. Il centrodestra deve
riprendere il dialogo con queste
parti di società».
Il lavoro sarà un tema cavalcato da
tutte le forze.
«Si ma il centrosinistra fa soltanto
politica di assistenza, rendendo
le persone ancora più schiave. Basta
pensare al piano Lavoras, un
mostro burocratico, mentre noi
vogliamo creare lavoro in maniera
virtuosa. C'è un popolo che non si
sente rappresentato dall'élite che
ha creato questa situazione».
L'élite c'è anche nel centrodestra?
«Forse sì. Io sicuramente non la
rappresento e nemmeno Fratelli d'Italia».
Sarete saldamente nella coalizione?
«Sì, anche perché siamo l'unico
partito che non l'ha mai abbandonata».
In base alla situazione attuale,
cambieranno gli equilibri interni?
«Sono aspetti determinati dal
risultato delle elezioni. Chi ha più
voti pesa di più. Poi, sta a ogni
partito la capacità di proporre
sfide e temi all'alleanza e noi
lavoriamo su questo».
Sosterrebbe un candidato della Lega?
«Non è importante l'appartenenza
politica. Serve una persona di
rottura, in grado di cancellare
clientele e assistenzialismo di questi
anni».
Salvini ha detto che la Sardegna ha
sfruttato male lo Statuto. È così?
«Non ha detto niente di nuovo visto
che lo pensa l'80% dei sardi. Mi
sorprende la levata di scudi del
centrosinistra che dimentica gli
accordi firmati da Pigliaru e Paci
con Padoan, mentre il Trentino
imponeva il tetto agli
accantonamenti. Dunque, Salvini ha ragione».
Lei ha ipotizzato anche una corsa
solitaria di Fratelli d'Italia.
«È messo in conto. Noi vogliamo
vincere e lavorare per il futuro dei
tanti sardi costretti ad andare via.
Vogliamo dare un'opportunità a
tutti per potersi affermare. Per
farlo servono delle condizioni, ma se
non dovessero esserci ci
presenteremo per conto nostro».
Quanto è importante il rapporto tra
istituzione e territorio?
«Fondamentale, perché il confronto
con i cittadini è quello per cui
siamo stati eletti. Come dimostra il
lavoro fatto in questi anni in
Consiglio regionale e alla Camera».
In quel caso sarà lei il candidato
presidente?
«Non lo so, la scelta spetta al
coordinamento regionale. Potrei essere
uno dei nomi ma non ci sono solo
io».
La destra è Fratelli d'Italia o la
Lega?
«Io mi considero di destra e il mio
partito è presente su temi come
lavoro, migranti, famiglia,
sicurezza, legalità e meritocrazia. Se poi
questi valori sono condivisi anche
dalla Lega non può che far
piacere».
La vostra destra sta cercando di
riappropriarsi di temi come cultura e
arte spesso appannaggio della
sinistra.
«Sono settori occupati in maniera
militaresca negli anni '70. Ma c'è
tanta gente a destra che sa fare
cultura, di sicuro in maniera più libera».
Promuoverebbe uno spettacolo su
Gramsci?
«Perché no? Però anche Gramsci
dell'ultimo periodo, quello che piace
meno alla sinistra per le sue
posizioni critiche verso il Partito
comunista».
Matteo Sau
COMUNE.
Cosa
succede se Zedda lascia Ecco i nomi degli aspiranti sindaco in
caso di
voto anticipato
Nel 2019
potrebbe puntare sulla candidatura alla presidenza della Regione
Il mandato da sindaco di Massimo
Zedda termina nel 2021. Sono passati
2645 giorni da quando nel maggio
2011 ha vinto il ballottaggio e
festeggiato la conquista di palazzo
Bacaredda col coro “Emilio, dacci
le chiavi”.
Indossata la fascia tricolore Zedda
si era dimesso da consigliere
regionale, pochi mesi prima di
maturare il vitalizio, e ora potrebbe
fare il percorso inverso. In un
mandato e mezzo da sindaco ha portato
avanti diversi interventi e
l'avvicinarsi delle elezioni regionali
coincide con l'ultima parte del
doppio incarico, quella che si rivela
sempre priva di stimoli per i sindaci
che non possono ricandidarsi.
Lui non scioglie le riserve, ma nel
centrosinistra sono in tanti a
spingere per una candidatura di
Zedda come presidente della Regione.
Da sindaco è incompatibile, ma non è
ineleggibile: in pratica,
potrebbe candidarsi restando alla
guida del Comune per poi
eventualmente dimettersi. Ma una sua
discesa in campo per la conquista
di Villa Devoto potrebbe comunque
segnare la fine della sua esperienza
da primo cittadino e le forze
politiche, impegnate nella difficile
corsa verso le Regionali, devono già
ipotizzare un ritorno anticipato
alle urne nel capoluogo.
CENTROSINISTRA Sono tanti i nomi che
circolano come possibili
successori del sindaco di Cagliari.
Nell'area politica più vicina a
Zedda c'è l'assessora
all'Urbanistica Francesca Ghirra , da molti
indicata come erede designata, ma la
fascia tricolore potrebbe piacere
anche al consigliere regionale
Francesco Agus . Tra le varie anime del
Partito democratico ci sono molti
nomi da spendere, come quello del
consigliere regionale Piero
Comandini - che un pensiero sulla
candidatura l'ha già fatto in
passato - e c'è il capogruppo Dem in
Consiglio comunale e vicesindaco
metropolitano Fabrizio Rodin .
Un'altra figura emergente è quella
di Danilo Fadda , che sta ben
figurando da assessore al Personale
e agli Affari generali, mentre
gode di consensi anche il nuovo
assessore ai Lavori pubblici Maurizio
Chessa e sono in ascesa le
quotazioni di Chiara Cortese , rimasta
nello staff di Zedda dopo essere
stata a un passo dall'ingresso in Giunta.
CENTRODESTRA Anche sul versante del
centrodestra regna l'incertezza.
Dopo anni di predominio di Forza
Italia, gli azzurri sono in crisi ed
è cominciata la corsa ad abbandonare
la nave che porterà a cambi di
casacca e nascita di liste civiche.
Se le Regionali dovessero
confermare il sorpasso di
Psd'Az-Lega e Fratelli d'Italia nei
confronti del partito di Berlusconi
diventerebbe difficile per gli
azzurri proporre un candidato
sindaco.
Anche nel centrodestra c'è
l'ipotesi di puntare su una donna, e
la più quotata potrebbe essere la
consigliera regionale Alessandra
Zedda , già assessora comunale con
Emilio Floris e regionale con Ugo
Cappellacci. L'ex sindaco sta
sponsorizzando il movimento Sardegna
20venti di Stefano Tunis , che
potrebbe candidarsi come presidente
della Regione ma non è escluso che
possa poi puntare al dopo Zedda.
Dopo gli errori del 2016, con le
divisioni interne di Forza Italia che
hanno dato un contributo
determinante alla sconfitta di Piergiorgio
Massidda, potrebbe riprendere la
strada verso la candidatura Giuseppe
Farris , che ha guidato
l'opposizione durante il primo mandato di Zedda.
Un altro azzurro che sogna di
conquistare il Municipio è il
consigliere regionale Edoardo Tocco
e potrebbe tentare il grande salto
anche il capogruppo di Forza Italia
in Consiglio comunale Stefano
Schirru ma vorrebbe fare il sindaco
anche il compagno di
bancoAlessandro Balletto . Ma c'è
chi sta cercando un nome nuovo da
proporre come sindaco. Per non
puntare sui soliti nomi, si guarda alla
cosiddetta società civile e un nome
che circola, per la presidenza
della Regione e per il Comune, è
quello del leader di Confindustria
Alberto Scanu.
Sul versante di Fratelli d'Italia
c'è il consigliere regionale e
coordinatore Paolo Truzzu e il
consigliere comunale e coordinatore
cittadino Pierluigi Mannino , ma
anche in questo caso ogni scelta
potrà arrivare solo dopo lo spoglio
delle Regionali.
Dopo la sconfitta di Massimo Fantola
nel 2011, nel 2016 Pierpaolo
Vargiu aveva deciso di candidarsi
per poi fare un passo indietro e ora
potrebbe arrivare il suo momento.
Per i Riformatori in prima linea ci
potrebbero essere anche i due
attuali consiglieri comunaliGiorgio
Angius e Raffaele Onnis
PSD'AZ-LEGA Più difficile fare i
conti in casa Quattro Mori. Con la
Lega al Governo e la costante
espansione dei sardisti nell'Isola, da
più parti nel centrodestra
continuerà la corsa a salire sul Carroccio.
Chi non nasconde il suo sogno di
diventare sindaco è il segretario
cittadino Gianni Chessa ma il nome
forte potrebbe essere quello del
commissario provinciale Christian
Stevelli , molto vicino all'omonimo
senatore e segretario nazionale
Solinas.
MOVIMENTO CINQUE STELLE Dovranno
trovare una sintesi con le loro
procedure virtuali gli iscritti al
M5S. Alle scorse Amministrative si
stavano presentando con due liste e
due candidati sindaco, ma la
squadra di Emilio Floris (omonimo
del senatore azzurro) era stata
messa da parte e il Movimento aveva
puntato su Antonietta Martinez.
Con quella tornata elettorale in
Consiglio era entrato anche Pino
Calledda e l'astronomo a cinque
stelle sta studiando da sindaco. Una
strada che potrebbe essere tentata
anche dall'ex senatore Roberto
Cotti.
Marcello Zasso
L'Isola
di Grillo e Berlusconi
Il leader
del M5S scherza sulla spiaggia. Il Cav a pranzo con Briatore
Vacanze vip in Sardegna documentate
sui social. Beppe Grillo “inventa”
uno dei suoi sketch in spiaggia e
pubblica il video, mentre Silvio
Berlusconi appare in una foto
postata dal suo amico Flavio Briatore,
insieme con l'imprenditore francese
Martin Bouygues.
IL GARANTE DEL M5S Beppe Grillo, che
trascorre le sue vacanze
nell'Isola, ieri si trovava
nell'affollata spiaggia di Costa
Corallina, a sud di Olbia, davanti a
Tavolara.
Lui è seduto su una
sdraio sotto un ombrellone e vende,
per 1 euro, un pezzetto di ombra.
Un ragazzo corre - evidentemente si
sta ustionando i piedi sulla
sabbia bollente - raggiunge
l'attore, gli dà la moneta e sosta qualche
secondo. Poi gli stringe la mano e
divertito corre via. Il video è
stato postato sulla pagina Facebook
di Grillo, ieri in tarda serata
aveva quasi 400mila visualizzazioni
e oltre 1200 commenti, con persone
che plaudono alla sua ennesima
curiosa trovata (senza peraltro
comprendere il senso, dato che lui
non si è espresso in merito) e
altre che scherzano dicendogli che
sta incassando soldi in nero, un
“servizio” balneare senza il
rilascio del relativo scontrino fiscale.
IL CAVALIERE Silvio Berlusconi in
questi giorni è a Villa Certosa, la
splendida dimora che affaccia sul
mare di Porto Rotondo, una delle sue
case più amate, dove venerdì scorso
ha festeggiato i 52 anni della
primogenita Marina, insieme con i
nipoti e gli amici.
Flavio Briatore
- che il 10 agosto ha festeggiato i
vent'anni del suo locale
“Billionaire” a Porto Cervo - ha
postato su Twitter una foto con a
corredo il “cinguettio”: «Lunch con
Silvio Berlusconi molto in forma e
Martin Bouygues #villacertosa
#sardegna». Uno scatto fatto nel parco
della residenza, che immortala una
scena di amicizia e goliardia, con
il Cav in completo bianco e molto
sorridente. Bouygues è
l'amministratore delegato
dell'azienda di famiglia, la Bouygues, uno
dei più importanti gruppi
industriali di Francia, che ha tra le sue
attività anche una società di
produzione cinematografica.
La
Nuova 13 agosto 2018
Tajani
parla di strada sbagliata e chiede a Salvini di cambiare rotta:
«Dividerci
farà vincere Pd e M5s. «Il
centrodestra è una categoria dello spirito» dice Giorgetti che teme
presto un attacco speculativ Il
"grande freddo" tra Lega e FI Dall'Abruzzo alla Rai, è scontro di Serenella
Mattera
ROMA
Strappi continui. Tensione costante,
avvertimenti reciproci. E,
sottotraccia, il tentativo di non
rompere davvero. Procede così il
bollente ferragosto del
centrodestra. Sulle regionali in Abruzzo (ma
anche in Basilicata e Trentino Alto
Adige) pende la minaccia della
Lega di correre da sola. Sul
grattacapo Rai, pesano le condizioni
poste da Forza Italia sul nome di
Marcello Foa. Gli azzurri sperano
che la partita della prossima legge
di bilancio scavi un solco nel
governo gialloverde: Salvini
«chiuda» con il M5s, è l'appello di
Antonio Tajani.
Ma la Lega, con un dirigente
autorevole come Giancarlo
Giorgetti, avverte che il governo
avrà vita «non breve» e che sulle
alleanze nulla è scontato, anche
perché ormai «il centrodestra è una
categoria dello spirito». Il
sottosegretario, plenipotenziario di
Salvini a Palazzo Chigi, in
un'intervista ferragostana torna a
paventare, per fine mese, un attacco
speculativo contro l'Italia, come
quello che subì «sette anni fa il
governo Berlusconi». È in corso
inoltre, afferma, una battaglia
permanente dell'Ue contro l'esecutivo
perché l'esperienza M5s-Lega rischia
di alimentare i populismi in Ue.
Ma la manovra, assicura Giorgetti,
si farà e avrà dentro un po' di
flat tax, un po' di reddito di
cittadinanza e un ritocco alla legge
Fornero: se ci sono state tensioni
con Giovanni Tria (si rincorrono
voci sull'ipotesi che venga
sostituito) è perché il ministro
dell'Economia «deve ancora
calibrarsi» ed è «andato oltre» - dice
Giorgetti - il suo ruolo. Tutto bene
(salvo fattori «esterni») sul
fronte gialloverde, insomma, nel
racconto del dirigente leghista. Se
problemi ci sono, sono sul versante
Forza Italia. C'è «freddino»,
riconosce. La vicenda Rai ha
lasciato scorie.
La Lega sembra
determinata a settembre a insistere
sul nome di Foa per la presidenza.
E Tajani non chiude: «Su Foa non c'è
stato un problema legato alla
persona, ma solo al metodo». Ma
quali siano gli esiti del confronto è
a tutt'oggi un'incognita. Anche
perché intanto Salvini ha aperto un
altro fronte, in vista delle
regionali. La Lega corre da sola? «Allora
anche noi: basta veti», dice FI
dall'Abruzzo. È ancora Giorgetti,
però, a lasciare aperto uno
spiraglio: «La decisione finale spetta a
Salvini e per esigenze superiori i
dirigenti leghisti abruzzesi
potrebbero essere costretti ad
allearsi con gli azzurri». «Il
centrodestra vince se unito,
dividerci vorrebbe dire far vincere Pd e
M5s», replica Tajani.
«Salvini dimostri di saper guidare e
tutelare il
centrodestra», è l'appello da Fdi di
Guido Crosetto. Ma il sospetto
degli azzurri è che al fondo la Lega
voglia replicare anche sui
territori una forma di alleanza con
i pentastellati. L'obiettivo
proclamato dalla Lega è guidare il
centrodestra con una «nuova
formula»: «Fdi ci segue, FI e i suoi
colonnelli no». Da Fi c'è chi, di
sponda, sostiene che il partito
dovrebbe rinnovarsi con «congressi
veri». Ma silente Silvio Berlusconi,
che è in vacanza in Sardegna, i
berlusconiani rivendicano la loro
centralità (a partire - ricorda
Michaela Biancofiore - da territori
come l'Alto Adige dove si paventa
un'alleanza Lega-Svp).
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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