Ho ospitato per qualche giorno un pezzo grosso di Ernst
& Young, una delle maggiori società al mondo di revisione dei conti. Uomo
piuttosto intelligente, milanese, che conosco da molti anni. Viene in Sardegna
da tempo, ma solo sulla costa. Con battuta da bauscia, dice che i nuraghi non
sono che “quattro pietre una sull’altra”. Diceva, anzi. Perché mentre stava da
noi lo abbiamo portato in visita a Su Nuraxi di Barumini e, ovviamente, ha
smesso di fare lo spiritoso.
Siccome ha del sale in zucca, non ha avuto difficoltà ad
ammettere d’essersi nutrito di stereotipi. Il primo e più diffuso: che la
Sardegna non abbia una storia. Tout court. C’è questo lungo lavoro da fare sui
continentali, contraltare del lavoro da fare su noi stessi (conosco molti ragazzi
in età scolare, cagliaritani, che non hanno mai avvicinato un nuraghe). Finché
non si vede non si crede.
Ma spesso, se non si ha a che fare con un vero idiota, basta
vedere e toccare con mano perché cambi completamente l’immagine che i nostri
amici e visitatori di fuori hanno della Sardegna. Sono, sarebbero, tutte anime
guadagnate alla nostra causa.
L’obbiettivo sarà senz’altro più a portata quando non saremo
noi per primi a confinare i “forestieri” alle spiagge, a non saper bene cosa
mostrargli dell’interno, come valorizzarlo, addirittura a non conoscere questo
valore. La debolezza che altri ci attribuiscono è figlia diretta della
debolezza che noi attribuiamo a noi stessi. La cura è una sola: studiare,
meditare su quel che siamo e abbiamo, rivalutarci, amarci.
Di
Maurizio Onnis
Nessun commento:
Posta un commento