lunedì 10 settembre 2018

Rassegna stampa 10 settembre 2018


Gli anti-euro crescono ma non sfondano. Socialdemocratici giù al 28,3%. Il governo è un rebus Svezia, la destra populista al 17,7% di Mattia Bernardo Bagnoli

Non raggiunge le aspettative trionfali della vigilia, ma la destra radicale compie un consistente balzo in avanti in Svezia. Quando è stato scrutinato oltre l'85% dei voti, il partito anti-immigrati degli Svedesi Democratici raggiunge il 17,7% (+4,7% rispetto al 2014). Il primo partito resta quello dei Socialdemocratici con il 28,3%, temperando la debacle che gli assegnavano i primi exit poll.

I Moderati si attestano al 19,7%, secondo partito, mentre quel che appare certa è l'affermazione dei piccoli. In primis gli ex comunisti di Sinistra, che hanno quasi raddoppiato il loro ultimo risultato e si sono aggiudicati l'8% dei voti. Bene anche il partito di centrodestra, Centro, e i cristiano democratici che hanno incrementato di un terzo le preferenze del 2014.

Al termine di una tornata elettorale che ha tenuto l'Europa col fiato sospeso, sondaggio dopo sondaggio, con le indicazioni dell'ascesa degli Svedesi Democratici, il futuro governo di Stoccolma è al momento un enigma: se si escludono accordi con la destra populista, il blocco di centrodestra e quello di centrosinistra si trovano imbrigliati in un testa a testa, entrambi attorno al 40%.

La campagna elettorale che ha preceduto il voto è stata tesa e difficile. E i segnali sono arrivati da aggressioni, ai seggi, di militanti neonazisti contro giornalisti e elettori. La corsa alle urne si è incentrata essenzialmente su come frenare l'arrivo di nuovi stranieri, tema forte ovunque in Europa, e cavalcato abilmente dagli Svedesi Democratici. Solo nel 2015 erano stati accolti più di 160mila nuovi migranti, un'enormità per un paese di 10 milioni di abitanti.

Le limitazioni degli anni successivi non hanno arginato un sentimento diffuso di crescente esasperazione. Sfruttato dagli Svedesi Democratici, che hanno denunciato in maniera martellante - con toni spesso violenti - i problemi dell'integrazione, tra segregazione residenziale e gang criminali. Il futuro governo dovrà in ogni caso metter mano alle riforme che il Paese si aspetta.

In Italia, intanto, esulta già dopo gli exit poll il leader della Lega Matteo Salvini, che invita a non definire «destra estrema» quella di chi vuole «il controllo dell'immigrazione». «La Svezia, patria del multiculturalismo e modello della sinistra, dopo anni di immigrazione selvaggia ha deciso finalmente di cambiare. Ora anche lì dicono no a questa Europa di burocrati e speculatori, no ai clandestini, no all'estremismo islamico. La forte affermazione di Åkesson è l'ennesimo avviso di sfratto ai Socialisti: a maggio, alle elezioni europee, completeremo l'opera del cambiamento fondato sui valori del lavoro, della sicurezza e della famiglia», afferma.



La Nuova

Centrodestra in fermento Il Pd: oltre il centrosinistra
Non c'è solo Forza Italia, anche Fdi propone un suo governatore: Truzzu
I sondaggi danno un boom di Lega e Psd'Az. Il Pds vuole allargare la coalizione

SASSARI
Il viaggio dei partiti sulle montagne russe delle Regionali è appena
iniziato, ma promette già salite, picchiate e giri della morte. I
candidati ai nastri di partenza si moltiplicano. Alcuni servono solo a
fare da disturbo, a marcare il territorio. Altri hanno già la forza
magnetica di attrarre alleati. I sondaggi. Ma più dei nomi a
funzionare sono i sondaggi. Tutta roba di contrabbando per ora.
Esistono, commissionati dai partiti o da singoli candidati, ma non
vengono resi ufficiali.

Un po' per non deprimere la piazza, un po' per
non far capire il reale peso di ogni pezzo della coalizione. Uno di
questi accredita il duo Lega-Psd'Az di una forbice molto ampia che va
dal 14 al 20 per cento. E sarebbero loro la vera sorpresa di queste
Regionali. Un altro sondaggio, che risale a luglio, dava il
centrodestra in vantaggio, vicino al 40 per cento. Il movimento 5
Stelle intorno al 32-35 per cento.

E il centrosinistra intorno al 25
per cento. Ma sette mesi nella politica sono come due ere geologiche.
Tutto può cambiare. Anche perché possono cambiare gli schieramenti.
Centrodestra. Il vero magma è il centrodestra. Sente che la vittoria è
possibile, ma serve non perdere neanche un pezzo. Dentro Forza Italia,
Fratelli d'Italia, Riformatori, Udc, Lega-Psd'Az. Ma si deve trovare
una linea comune. Per prima cosa sul candidato. Se è vero che Fi e
Lega hanno già deciso come spartirsi le poltrone da governatore in
base a un accordo nazionale, il Psd'Az non sembra avere gradito
troppo. E la base ha già manifestato la propria contrarietà a un
accordo calato dall'alto.

Per il candidato governatore è in vantaggio
Pietro Pittalis. Ma Fi sonda anche altri nomi, come Salvatore Cicu,
sponsorizzato da Antonio Tajani, o Stefano Tunis, sostenuto dal
senatore Emilio Floris. Che poi Tunis la sua candidatura a governatore
l'ha già avanzata, come leader del movimento "Sardegna venti-venti".E
in questo quadro già affollato scende in campo anche Fdi. Fratelli
d'Italia punta su Paolo Truzzu, attuale consigliere regionale. Il
miracolo sarà trovare la convergenza e cercare di portare nella
coalizione qualche altro partito. Pds.

Il Partito dei sardi continua
la sua corsa. Il progetto è noto, la "Convergenza nazionale", si parte
dai temi condivisi che riguardano la Sardegna, non dagli schieramenti.
Paolo Maninchedda è l'anima di questo partito e punta tutto
sull'incontro del 23 settembre a Tramatza. Là ci saranno almeno 200
amministratori, ma la riunione è aperta a tutti. Il Pds lavora per
creare una coalizione che superi gli steccati di destra e sinistra.
Anche per questo dialoga con tutti.

Dai Riformatori a Forza Italia, a
Campo progressista a Più Europa. Il Pd. Oggi il Pd ribadirà ancora una
volta con un documento programmatico che è necessario andare al di là
del centrosinistra tradizionale. I Dem cercano la svolta, la grande
chiamata per cercare di uscire dall'angolo in cui sembra essere
rimasto chiuso. Per ora c'è un'intesa con Campo progressista. E ci
sarebbe anche un possibile candidato governatore: Massimo Zedda. Ma è
tutto troppo prematuro.

I Dem provano ad allargare le alleanze e
vogliono partire dal partito che non c'è. Quello dei sindaci. Il
movimento che ha un tesoretto di competenze, volti, credibilità, e
voti, che servirebbero come l'ossigeno a una coalizione che rischia di
restare asfissiata. Il Pd ha anche un altro possibile candidato.
L'attuale governatore Francesco Pigliaru.

Ma prima di mettere il tetto
è indispensabile costruire le fondamenta della coalizione. L'altra
grande speranza dei Dem è trovare la saldatura con il Partito dei
sardi. 5 Stelle. Non ci sono incertezze nel Movimento. Mario Puddu
tiene dritta la barra dei grillini e si definiscono liste e programma.
Il lavoro dal basso è già stato fatto. E per paradosso il partito meno
strutturato di tutti sulla carta è quello che ha già una base solida e
un programma. (l.roj)

Per il ministro, inutile sforare il deficit se lo spread drena le risorse
«Obiettivo 1,6%? Sì, ma di crescita». Palazzo Chigi, niente condono
«Non tutto e subito» Tria vuole equilibrio

di Corrado Chiominto
CERNOBBIOGradualità, equilibrio, prudenza. Il ministro del Tesoro
Giovanni Tria usa a Cernobbio il passo felpato da professore di
economia. A lui spetta l'ultimo intervento del Forum Ambrosetti e lo
usa per tracciare i confini in cui si muoverà la prossima manovra di
bilancio, ma soprattutto per parlare della necessità di creare un
ambiente favorevole agli investimenti, una parola che è musica per le
orecchie degli imprenditori seduti in platea.

La messa a punto della
manovra di bilancio incalza. Ma Tria non si scompone. Niente dettagli.
Piuttosto, ribadisce che ci sarà gradualità. «Non tutto subito»,
scandisce alle televisioni che lo assediano. Poi spiega che ci sarà un
convitato di pietra dal quale non si può prescindere: il mercato. «È
inutile cercare 3 miliardi in più di deficit se poi ne perdiamo
altrettanti sul mercato», spiega. I toni sono cauti. Talvolta
professorali. L'unico sobbalzo per la platea è quando il ministro cita
la «distruzione creatrice schumpeteriana». Tria non parla dei
provvedimenti singoli, cari a M5s e Lega: dalla flat tax al reddito di
cittadinanza alla riforma della legge Fornero.

Nemmeno della «pace
fiscale», un tema sul quale interviene invece Palazzo Chigi per
precisare che sabato il premier Conte a Cernobbio non ha parlato di
condono: «Nella proposta che sarà avanzata dal governo si offrirà ai
contribuenti l'occasione di immettersi nel nuovo regime fiscale, che
risulterà organicamente riformato, azzerando le pregresse pendenze
contributive». Sulla manovra, assicura Tria, si procederà mantenendo
«equilibrio» tra i vari capitoli.

Le tre «grandi riforme» e gli
investimenti procederanno insieme, gradualmente, con un primo passo,
con coperture che non poggiano sul deficit spending. Arrivano invece
dall'interno del bilancio e da quello che si riuscirà a concordare con
l'Ue. Oggi, ad esempio, Conte incontra il presidente del Consiglio
europeo Donald Tusk. «Le regole vanno rispettate», dice anche Tria con
un assioma che sarebbe lapalissiano se non arrivasse dopo mesi di
strappi politici con Bruxelles.

Prima di tutto questo con
l'aggiornamento del Def bisognerà comunque ridefinire il quadro di
crescita, che l'Unione Europea prevede sarà per l'Italia dell'1,3%
quest'anno e dell'1,1 il prossimo. L'obiettivo chiaro del governo è
quello di rilanciarla e il ministro sui numeri gioca con la platea.
«Se iniziassi il mio intervento dicendo che l'obiettivo è quello
dell'1,6%, cosa pensereste voi? Probabilmente pensereste che stia
parlando dell'indebitamento netto, del deficit - afferma - Vorrei
parlare invece di obiettivo dell'1,6% per la crescita. Questo è
l'obiettivo del governo».

 E il fatto che il pensiero vada subito al
debito e non al Pil è per Tria un automatismo che fa trasparire «una
deviazione cognitiva, che rischia di impoverire il ragionamento». Il
ministro parla anche del calo del debito, che il premier Conte aveva
indicato nelle sue linee programmatiche per la fiducia, in una «linea
prudente fin da subito». Del resto, un filo invisibile lega debito,
mercati e crescita. «La riduzione del rapporto debito-Pil significa un
rafforzamento e un consolidamento della presenza sui mercati
finanziari dell'Italia che libererà risorse che attrarrà investimenti.
E questo è importante per un governo che si pone la crescita come
primo obiettivo». Tre parole che il ministro-professore - si può
starne certi - tornerà a ripetere ancora spesso.


Unione Sarda

Elezioni regionali -  Tutti corteggiano i sindaci: «Ma noi non siamo in vendita»
Monito degli amministratori locali ai partiti: «Serve un rinnovamento vero»

La prudenza non è mai troppa: lo sanno bene i sindaci, mai così
corteggiati dalle forze politiche come in questo avvio di campagna
elettorale. Le avances non bastano, chiedono fatti concreti dopo tanto
tempo in cui la politica li ha trascurati. «O si fa un mea culpa
profondo, cambiando la classe dirigente», dice il presidente dell'Anci
Sardegna, Emiliano Deiana , «o nessuna proposta risulta credibile».

CONTATTO CON LA GENTE Sono molte le mani tese verso gli amministratori
locali. Un mondo in grado di avere ancora il contatto con i cittadini
e la loro fiducia, oltre all'abitudine a convivere con le difficoltà.
In questo quadro si sta costruendo uno scenario che difficilmente
ospiterà una vera e propria rappresentanza unica dei sindaci, ma ogni
partito cercherà di averli dalla propria parte come valore aggiunto.
Loro però non hanno la memoria corta e dunque non basta un invito per
convincerli. «Mi rivolgo ai due poli principali»,  sottolinea Deiana,
«serve un cambio radicale di visione su temi come il federalismo e le
aree interne. Se veramente c'è un comune sentire, si renda visibile
questo cambiamento».

Il numero uno dell'Anci lancia la sfida alla
maggioranza in Consiglio regionale: «Approvi norme che dimostrino
un'inversione di tendenza». Tra queste il potenziamento del Fondo
unico degli enti locali, l'avvio della regionalizzazione della finanza
locale e interventi per i Comuni che soffrono dal punto di vista
demografico. «Servono servizi sanitari, una scuola in ogni paese,
trasporto pubblico locale e sviluppo».

I DUBBI Restano molte perplessità, nessuno vuole firmare cambiali in
bianco. A nessuno. Duro il sindaco di Desulo, Gigi Littarru : «Non ci
si lava la testa puntando sui sindaci. Serve un coinvolgimento
concreto, noi facciamo politica a modo nostro perché amiamo i paesi
che amministriamo, ma c'è una politica molto distante da tutto
questo». Per la sindaca di Oniferi, Stefania Piras , l'avvicinamento
agli amministratori ha una radice ben precisa: «Tanti pensano che
siamo un bacino di voti sicuro, ma non è così, le elezioni regionali
hanno dinamiche diverse. Chiunque faccia politica a livello regionale
deve occuparsi degli enti locali con interventi mirati».

ORDINE SPARSO Non esiste un'immagine omogenea dei sindaci. Almeno
secondo Anita Pili , sindaca di Siamaggiore: non esiste un progetto
comune, dice, perché «purtroppo non si riesce a tagliare il legame con
il partito o con il consigliere regionale di turno». Questo fattore
emerge soprattutto quando «siamo chiamati ad esprimerci per esempio
sui disegni di legge regionali: manca ancora il coraggio di essere
liberi e autonomi rispetto a chi decide anche per noi». Qualche tempo
fa, Anita Pili ha dato l'addio al Pd.

«NUOVA FASE» La sindaca di Guasila, Paola Casula , spiega le aperture
alle istanze locali col fatto che «abbiamo ancora un po' di fiducia da
parte dei cittadini. Per questo sono soprattutto i partiti in
difficoltà a cercarci». Bene coinvolgere i sindaci, ma non per
«ottenere consensi e riprendere le solite prassi», avverte: «Serve una
nuova politica che metta davvero gli amministratori in primo piano.
Non possiamo essere solo portatori di voti».

«PENSARE AI SARDI» Chiede di superare gli «schemi soliti» Antonio
Succu , sindaco di Macomer, convinto che «non si può puntare su
centrodestra, centrosinistra o sul populismo del Movimento 5 Stelle».
Per Succu, ai sindaci serve un progetto in grado di «mettere insieme
le migliori forze e pensare agli interessi dei sardi, visto che alle
ultime elezioni politiche nessuno ne ha parlato». Il sindaco di
Macomer sarà a Tramatza il 23 settembre all'iniziativa promossa dal
Partito dei sardi: «Sarà veramente l'occasione per parlare di
Sardegna».

LA POLITICA Non serve avere un fronte dei sindaci, ma consentire loro
di avere voce in capitolo nei partiti: Lino Zedda , primo cittadino di
Baradili, punta su questo aspetto. «Nei partiti non ci sono più tanti
sindaci perché forse non sono stati ascoltati», obietta Zedda, che
rispetto al corteggiamento elettorale chiede «dimostrazioni concrete
di un interesse vero verso chi vive tutti i giorni a contatto con le
difficoltà dei territori».
Matteo Sau

Puddu (5S) a Pigliaru: «Nomine lottizzate»

«Il turismo va male ma la Giunta Pigliaru pensa a lottizzare»: inizia
così l'attacco pubblicato su Facebook da Mario Puddu, candidato del
Movimento Cinquestelle alla presidenza della Regione, contro la
recente nomina a capo di gabinetto dell'assessorato al Turismo di
Francesco Lilliu, «segretario provinciale del Pd a Cagliari - ricorda
Puddu - e sconfitto alle elezioni di Selargius lo scorso anno. La si
può chiamare Sindrome del Pd», prosegue: «Hanno sempre fatto così,
specie qui in Sardegna. Parlo del riciclaggio dei trombati, nel
migliore stile della lottizzazione».

Per la nomina, si chiede ironicamente l'ex sindaco di Assemini, «ha
contato di più nel curriculum l'incarico di partito, la bocciatura
alle comunali o essere genero del presidente del Banco di Sardegna,
Antonello Arru, fratello dell'assessore alla Sanità, Luigi?». Puddu
definisce Lilliu «ben inserito nelle fazioni di partito, vicinissimo
all'ex deputato Marco Meloni e al consigliere regionale Gigi Ruggeri»,
e ora lavorerà con l'assessora Barbara Argiolas, «che invece di
pensare ai dati disastrosi del turismo pensa a collocare il povero
Francesco.

Lei è uno dei due assessori di area Soru, di cui è, lo
ricordiamo, cugina. Sarà un caso che l'altro assessore soriano sia
proprio Luigi Arru, fratello di quell'Antonello che della moglie di
Francesco è il papà?». Ma questa volta, conclude, «i giochi di potere
non gli serviranno per rimanere in sella. I cittadini a febbraio li
manderanno a casa».

Salvini: accordi con i Paesi africani. Il vicepremier andrà in Tunisia
«Rimpatri, nuove intese o ci vorranno 80 anni»

MILANO Dopo le scintille sul caso Diciotti e sui giudici, Matteo
Salvini ritorna a parlare di migranti: «Stiamo lavorando per fare
accordi di espulsioni e di rimpatrio volontario assistito con tutti i
Paesi di provenienza» dei clandestini, ha detto il ministro
dell'Interno nel corso di un'intervista radiofonica. L'obiettivo è
attivare il piano entro l'autunno. «Attualmente l'unico che funziona
decentemente è quello con la Tunisia. Noi organizziamo due charter a
settimana per un'ottantina di espulsioni, però capite che se ogni
settimana, fra tunisini, nigeriani e altri, ne espelliamo 100, ci
mettiamo 80 anni a recuperare i 5-6-700mila immigrati entrati negli
ultimi anni».

LA PROMESSA Il mezzo milione di rimpatri promesso dal ministro
dell'Interno in campagna elettorale è un nodo da sciogliere, visto che
fino a oggi non sono stati stipulati nuovi accordi: tutti si basa sui
quattro ereditati dai precedenti governi e che hanno consentito fino
ad ora il rimpatrio di circa 400 immigrati al mese.

IL VIAGGIO Il vicepremier andrà nelle prossime settimane in Tunisia,
«perché i tunisini quest'anno sono arrivati in più di quattromila e lì
non c'è la guerra, la carestia, la peste. Quindi, non si capisce
perché questi ragazzi devono scappare».

«DECIDO CON LA MIA TESTA» Intanto tiene ancora banco lo scontro con i
giudici sul caso Diciotti. Prima l'attacco ai magistrati, poi
correzione di rotta, qualcuno dice suggerita dall'alleato Luigi Di
Maio. Salvini nega questa ricostruzione: «No, non ho ricevuto nessuna
telefonata. Ho tanti difetti, ma decido con la mia testa», ha detto il
vicepremier, «non ho fatto né un attacco alla magistratura il giorno
prima, né una retromarcia il giorno dopo.

Mi sono semplicemente detto
sorpreso che una procura siciliana, con tutti i problemi di mafia che
ci sono in Sicilia, stia dedicando settimane di tempo a indagare me,
ministro dell'Interno, che ho fatto quello che ho sempre detto che
avrei fatto e cioè bloccare le navi. È una decisione politica», ha
concluso Salvini. Dal Pd arrivano gli attacchi di Maurizio Martina:
«Hai giurato sulla Costituzione, devi essere fedele a quella Carta,
non puoi insultare un potere dello Stato indipendente», ha detto il
segretario dei Dem rivolto a Salvini, intervenendo alla festa
dell'Unità.

La Nuova

L'inchiesta della Procura potrebbe allargarsi. Chiesti accertamenti alla Digos
Funerale fascista a Sassari, ora ci sono 23 indagati

di Daniela ScanowSASSARIL'appello è presto fatto: tutti i camerati che
hanno risposto "presente" davanti a un feretro coperto con la bandiera
di guerra della repubblica di Salò. Per identificarli, alla Digos
sassarese diretta da Cristina Rapetti è bastato zoomare sui volti.
Pochi giorni dopo, il procuratore capo Gianni Caria e il suo sostituto
Paolo Piras hanno iscritto 23 nomi nel registro degli indagati.Ed è
solo l'inizio, perché l'indagine prosegue e potrebbe allargarsi.

In Procura c'è un fascicolo aperto e ci sono ipotesi di reato per i
funerali fascisti dell'accademico Giampiero Todini, assistente
ordinario di Storia del diritto italiano all'Università di Sassari,
platealmente "celebrati" il 3 settembre sul sagrato della chiesa di
San Giuseppe.Uno degli indagati è il figlio del defunto, Luigi Todini,
che dice di avere organizzato le esequie mussoliniane per esaudire
l'ultimo nostalgico desiderio del padre.

E poi c'è Andrea Farris,
responsabile di CasaPound a Sassari, che quel pomeriggio ha posato
sulla bara la bandiera di Salò. A seguire c'è tutto il picchetto
d'onore: ventuno uomini e donne schierati e scattati militarmente
sull'attenti, a braccia levate, che hanno risposto "presente" al
richiamo "camerata Giampiero Todini". Erano certi di essere
autorizzati a farlo da una sentenza della Cassazione, che di recente
ha "assolto" dal reato di apologia del fascismo i partecipanti a un
funerale.Il fatto, direbbero cassazionisti più esperti di quelli di
CasaPound e dei "giuristi" di Facebook, è che prima di interpretarle
le leggi bisogna leggerle fino in fondo.

La legge Scelba non vieta
solo la riorganizzazione del disciolto partito fascista e l'apologia
del fascismo. C'è anche l'articolo 5, che punisce con la reclusione
fino a tre anni anche chi partecipa a pubbliche riunioni compiendo
«manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di
organizzazioni naziste». In caso di condanna, i responsabili rischiano
anche fino a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici.Sarà
quindi un tribunale a stabilire se il funerale fascista di Giampiero
Todini è stato o no una di quelle "pubbliche riunioni" che la legge
Scelba sanziona.

Per verificarlo, la Procura della Repubblica di
Sassari ha chiesto alla Digos di accertare i fatti accaduti il 3
settembre in pieno centro a Sassari e poi rilanciati sui social, prima
da Luigi Todini e poi (ma questa volta per denunciarli con
indignazione) dalla consigliera comunale Lalla Careddu. Il video è
diventato virale e il caso nazionale. Il funerale sassarese ha
scatenato una valanga di reazioni, equamente divise tra colpevolisti e
innocentisti. Nel frattempo, gli investigatori della Digos hanno
identificato tutti i presenti e verificato le circostanze delle
esequie fasciste.

Quindi hanno scritto.Sono state due le relazioni
presentate nei giorni scorsi alla magistratura dalla Divisione
investigazioni generali e operazioni speciali della questura. Ciò che
ha letto è bastato al procuratore capo Gianni Caria, cui è stato
assegnato il fascicolo, per decidere di iscrivere nel registro degli
indagati i nomi di tutti i partecipanti alla cerimonia. Il procuratore
guiderà le indagini insieme con il suo sostituto Paolo Piras, al quale
ha coaffidato il fascicolo.

E l'apertura del fascicolo è solo il primo
passo.Fonti della Procura della Repubblica fanno infatti sapere che,
dopo l'iscrizione dei nomi, i due magistrati titolari della inchiesta
abbiano chiesto ulteriori accertamenti alla Digos. Inutile chiedere di
cosa si tratti ma è plausibile che la magistratura voglia vedere
chiaro nelle attività sassaresi del gruppo, non troppo sparuto, di
dichiarati nostalgici del regime fascista. Nel frattempo, i 23
camerati devono cercarsi bravi avvocati e leggere insieme a loro tutta
la legge Scelba.

Il defunto era un'ex consigliere regionale. Anpi: «Una vergogna. Ora
se ne occupi la magistratura»
Esequie "mussoliniane" anche a Catanzaro

SASSARI
Il saluto romano va di moda, a Sassari come a Catanzaro. Dopo il
picchetto d'onore che alza il braccio teso davanti all'ingresso della
chiesa di San Francesco per commemorare il docente universitario
Gianpiero Todini, la stessa cosa è accaduta sabato a Catanzaro in
occasione dei funerali di un ex consigliere regionale. Immediata la
reazione del comitato provinciale di Catanzaro dell'Anpi: «Una
vergogna. Ora se ne occupi la magistratura».

Il funerale, questa volta,
era quello di Ferdinando Giardini, morto a 96 anni, uno dei padri
della Destra calabrese, tra i fondatori del Movimento sociale
italiano. Per tre volte, a conclusione del rito funebre, i
partecipanti hanno risposto "presente" al grido "Camerata Nando
Giardini", come prevede un rito ormai consolidato, proprio come è
accaduto a Sassari. «Ancora una vergogna per la città di Catanzaro -
protesta il comitato provinciale dell'Anpi - Con il solito lugubre
rituale, i fascisti del capoluogo si sono distinti davanti ad una
cerimonia religiosa per i funerali dell'ex consigliere regionale
Giardini.

Nessuna esitazione ad esibire il braccio alzato con i soliti
tristi richiami al fascismo, e la tetra simbologia del camerata
presente». Come sottolinea l'associazione nazionale partigiani
d'Italia, «la legge vieta espressamente tali rappresentazioni in
quanto si configurano come apologia del fascismo, vietate dalla XII
disposizione transitoria della Costituzione italiana. La serie di
provocazioni negli ultimi giorni si è fatta sempre più insistente: dal
manichino impiccato allo striscione affisso al Duomo della città. Una
situazione preoccupante.

Al Prefetto di Catanzaro chiederemo, anche
per quest'ultimo episodio, cosa si intende fare per impedire questa
escalation di manifestazioni neofasciste». L'Anpi, infine, annuncia
una campagna di sensibilizzazione. «Insieme alle forze politiche e
sindacali della Consulta provinciale antifascista e antirazzista
promuoveremo una serie di iniziative di sensibilizzazione nelle scuole
e nella città. È urgente richiamare tutti ad un maggiore impegno sul
versante dell'antifascismo. Compreso il ricorso all'autorità
giudiziaria, se sarà necessario».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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