Le balentie dei tiranni sabaudi (in Sardegna e nel Sud): la
storia che i libri di scuola non raccontano.
- Il 14 luglio 1796 a Bono la marmaglia armata spedita dai
savoia, violenta, strappa le mammelle e uccide una giovane disabile.
- Il 3 gennaio i862, nella contrada di falconera i soldati
di Vittorio Emanuele II uccidono una bambina di 8 anni, Angela Romano
Ecco i misfatti nascosti dalla storia ufficiale.
- Per “punire” Bono, il 14 luglio, 900 giannizzeri ,
mercenari dei Savoia, guidati dal cavalier Mussu e dal cavalier Guiso, ai quali
si era aggiunto il dottor Agostino Fadda con 4 cannoni, bombardano, distruggono
e devastano il paese natale di G. Maria Angioy. Ma i Bonesi erano già in
allarme da qualche giorno, e, all'avvicinarsi dei nemici avevano evacuato il
paese, disponendosi sulle colline circostanti.
In Bono, questa marmaglia armata non trovò che una povera
donna paralitica, che assassinarono barbaramente, dopo averla violentata.
Secondo lo Spano: «si dice anzi che prima di ucciderla l'abbiano straziata, togliendole anche le mammelle».
Secondo lo Spano: «si dice anzi che prima di ucciderla l'abbiano straziata, togliendole anche le mammelle».
- Il 3 Gennaio 1862. L’unità d’Italia è già stata proclamata
da quasi 9 mesi ed è pronta a partorire i suoi primi frutti, che in Sud-Italia
saranno amarissimi.
Nella Contrada di Falconera, di fronte al plotone
d’esecuzione, si trovano 7 persone, fra cui una giovanissima bambina, Angela
Romano, che ha da poco compiuto 8 anni. I soldati del Re d’Italia, Vittorio
Emanuele II, fanno fuoco e uccidono quelle persone, condannate senza processo
né appello.
Il libro del Professor Francesco Casula, “Carlo
Felice e i Tiranni Sabaudi” sarà presentato alle ore 18:00 presso “Casa Spiga”,
Via XX Settembre 34) Quartu S. Elena
Il libro di
Casula risponde a una domanda semplice: dopo che i Savoia ricevettero,
controvoglia, la Sardegna nel 1720, e divennero re, come si
comportarono verso quella importante parte del loro regno? La risposta al
quesito è semplice, lineare, durissima: la Sardegna venne trattata come un
territorio altro rispetto al Piemonte, abitato da uomini che avevano meno
diritti rispetto agli altri, culturalmente e socialmente inferiori, i
quali dovevano essere trattati in modo tale da mantenere questa
inferiorità. Questo pensavano i tiranni sabaudi, e le loro modalità di
governo, o meglio di spoliazione, sono la diretta conseguenza della visione
ideologica appena tratteggiata.
Girolamo
Sotgiu, probabilmente il più grande storico del periodo sabaudo in Sardegna,
pur essendo un oppositore della “diversità” dei sardi rispetto agli
italiani, non poté non constatare il carattere coloniale dei rapporti
tra Piemonte e Sardegna. Di quei rapporti non sono colpevoli coloro
che allora abitavano il Piemonte (per carità) bensì i governanti,
cioè i Savoia e, successivamente, gran parte della classe dirigente post-1861.
Nel 2011,
durante le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, si è
persa l’occasione di riflettere criticamente sul Paese e sul processo
di “unificazione”. Però si può sempre (ri)cominciare, anche in assenza di
una ricorrenza. Se un turista, un italiano o uno straniero, viene in
Sardegna, scoprirà che la strada più importante, la SS131, è
la “Carlo Felice”. Carlo Felice, detto anche “Carlo feroce” è
stato uno dei peggiori, più sanguinari e pigri vice-re di Sardegna.
Un amico
studioso ama ripetere che è come se gli israeliani, nel 2200 dedicassero la
loro strada più importante a un nazista, magari a Hitler in persona.
Certo, questo sarebbe potuto succedere se i nazisti avessero vinto. Dato però
che non è giusto che la storia la facciano i vincitori, le persone dotate di
senno o almeno di amor proprio che abitano in Sardegna, perché non mettono mai
in discussione la memoria che si reifica nei nomi delle strade e
delle vie di Sardegna?
A Cagliari,
nella piazza più frequentata, svetta la statua di Carlo Felice. Più di sei
anni fa proposi, per molti provocatoriamente,
di sostituirlo con Giovanni Maria Angioy, il quale “fu il capo
[…] del movimento anti-feudale sardo. Angioy fece proprie le rivendicazioni
delle popolazioni della campagna vessate dai feudatari, e propugnò
l’eliminazione delle arcaiche strutture di potere”. Da tempo, un movimento di
opinione, che ha presentato anche una petizione, chiede che la statua
venga spostata.
In questa
fase storica, di disfacimento di un progetto politico (l’Italia), ragionare
sulla sua storia secolare e i suoi governanti, ragionare sul suo carattere
plurinazionale (l’Italia è insieme alla Francia uno dei paesi europei a
non aver ratificato la Carta Europea delle Lingua Minoritarie), fa sicuramente
bene ai popoli in cerca di una libertà che Roma non ha fornito, ma anche a
Roma stessa.
Il libro di
Francesco Casula, che rifiuta ogni razzismo anti-italiano, è un valido
contributo per riscrivere veramente la storia, andando contro i tanti
tradimenti dei presunti chierici.
Autore dell’articolo Enrico Lobina,
da “Il fatto quotidiano”
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