venerdì 26 ottobre 2018

Alcuni misfatti dei tiranni sabaudi: ciò che la scuola non ci racconterà mai.



Le balentie dei tiranni sabaudi (in Sardegna e nel Sud): la storia che i libri di scuola non raccontano.

- Il 14 luglio 1796 a Bono la marmaglia armata spedita dai savoia, violenta, strappa le mammelle e uccide una giovane disabile.

- Il 3 gennaio i862, nella contrada di falconera i soldati di Vittorio Emanuele II uccidono una bambina di 8 anni, Angela Romano
Ecco i misfatti nascosti dalla storia ufficiale.

- Per “punire” Bono, il 14 luglio, 900 giannizzeri , mercenari dei Savoia, guidati dal cavalier Mussu e dal cavalier Guiso, ai quali si era aggiunto il dottor Agostino Fadda con 4 cannoni, bombardano, distruggono e devastano il paese natale di G. Maria Angioy. Ma i Bonesi erano già in allarme da qualche giorno, e, all'avvicinarsi dei nemici avevano evacuato il paese, disponendosi sulle colline circostanti. 

In Bono, questa marmaglia armata non trovò che una povera donna paralitica, che assassinarono barbaramente, dopo averla violentata.
Secondo lo Spano: «si dice anzi che prima di ucciderla l'abbiano straziata, togliendole anche le mammelle».

- Il 3 Gennaio 1862. L’unità d’Italia è già stata proclamata da quasi 9 mesi ed è pronta a partorire i suoi primi frutti, che in Sud-Italia saranno amarissimi.

Nella Contrada di Falconera, di fronte al plotone d’esecuzione, si trovano 7 persone, fra cui una giovanissima bambina, Angela Romano, che ha da poco compiuto 8 anni. I soldati del Re d’Italia, Vittorio Emanuele II, fanno fuoco e uccidono quelle persone, condannate senza processo né appello.

Il libro del Professor Francesco Casula, “Carlo Felice e i Tiranni Sabaudi” sarà presentato alle ore 18:00 presso “Casa Spiga”, Via XX Settembre 34) Quartu S. Elena


Il libro di Casula risponde a una domanda semplice: dopo che i Savoia ricevettero, controvoglia, la Sardegna nel 1720, e divennero re, come si comportarono verso quella importante parte del loro regno? La risposta al quesito è semplice, lineare, durissima: la Sardegna venne trattata come un territorio altro rispetto al Piemonte, abitato da uomini che avevano meno diritti rispetto agli altri, culturalmente e socialmente inferiori, i quali dovevano essere trattati in modo tale da mantenere questa inferiorità. Questo pensavano i tiranni sabaudi, e le loro modalità di governo, o meglio di spoliazione, sono la diretta conseguenza della visione ideologica appena tratteggiata.

Girolamo Sotgiu, probabilmente il più grande storico del periodo sabaudo in Sardegna, pur essendo un oppositore della “diversità” dei sardi rispetto agli italiani, non poté non constatare il carattere coloniale dei rapporti tra Piemonte e Sardegna. Di quei rapporti non sono colpevoli coloro che allora abitavano il Piemonte (per carità) bensì i governanti, cioè i Savoia e, successivamente, gran parte della classe dirigente post-1861.

Nel 2011, durante le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, si è persa l’occasione di riflettere criticamente sul Paese e sul processo di “unificazione”. Però si può sempre (ri)cominciare, anche in assenza di una ricorrenza. Se un turista, un italiano o uno straniero, viene in Sardegna, scoprirà che la strada più importante, la SS131, è la “Carlo Felice”. Carlo Felice, detto anche “Carlo feroce” è stato uno dei peggiori, più sanguinari e pigri vice-re di Sardegna.

Un amico studioso ama ripetere che è come se gli israeliani, nel 2200 dedicassero la loro strada più importante a un nazista, magari a Hitler in persona. Certo, questo sarebbe potuto succedere se i nazisti avessero vinto. Dato però che non è giusto che la storia la facciano i vincitori, le persone dotate di senno o almeno di amor proprio che abitano in Sardegna, perché non mettono mai in discussione la memoria che si reifica nei nomi delle strade e delle vie di Sardegna?

A Cagliari, nella piazza più frequentata, svetta la statua di Carlo Felice. Più di sei anni fa proposi, per molti provocatoriamente, di sostituirlo con Giovanni Maria Angioy, il quale “fu il capo […] del movimento anti-feudale sardo. Angioy fece proprie le rivendicazioni delle popolazioni della campagna vessate dai feudatari, e propugnò l’eliminazione delle arcaiche strutture di potere”. Da tempo, un movimento di opinione, che ha presentato anche una petizione, chiede che la statua venga spostata.

In questa fase storica, di disfacimento di un progetto politico (l’Italia), ragionare sulla sua storia secolare e i suoi governanti, ragionare sul suo carattere plurinazionale (l’Italia è insieme alla Francia uno dei paesi europei a non aver ratificato la Carta Europea delle Lingua Minoritarie), fa sicuramente bene ai popoli in cerca di una libertà che Roma non ha fornito, ma anche a Roma stessa.

Il libro di Francesco Casula, che rifiuta ogni razzismo anti-italiano, è un valido contributo per riscrivere veramente la storia, andando contro i tanti tradimenti dei presunti chierici.

Autore dell’articolo Enrico Lobina, da “Il fatto quotidiano”



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