Unione
Sarda
Pietro
Cocco, capogruppo del Pd in Consiglio regionale «Il centrosinistra guardi al
mondo dell'autodeterminazione»
«Alle prossime regionali partiamo
tutti da zero, non è vero che il centrosinistra è sfavorito». Pietro Cocco, 53
anni, imprenditore, capogruppo del Pd in Consiglio regionale, crede che
nonostante la crisi profonda dell'Isola, il centrosinistra possa sovvertire la
legge non scritta che vede la coalizione al governo fare l'opposizione nella legislatura successiva.
Sarete
ancora alleati con il Partito dei sardi, una delle vostre spine nel fianco in
questa legislatura?
«Sono stati nostri alleati e non
vedo perché non debbano esserlo ancora nella chiarezza dei programmi e di un
percorso». Beh, hanno fortemente criticato
molte vostre scelte. «È normale, nel corso di una legislatura, non essere
d'accordo su tutto ma loro hanno ribadito di essere parte della maggioranza e
lo hanno dimostrato, magari non su tutto».
Il Pd
ha un problema Renzi?
«No».
Eppure
ha trascinato il partito in basso.
«Io penso che Renzi sia figlio
dell'evoluzione del centrosinistra. Una persona giovane che ha guidato il Paese
dopo che il centrodestra lo aveva ridotto in braghe di tela con lo spread a 600
punti, Berlusconi in fuga, i governi tecnici. Lui ha fatto riforme importanti
ma ha pagato la disperazione della gente che ha travolto i partiti».
Appunto.
«Ma Renzi ha ancora una larga parte
del centrosinistra al suo fianco e molti giovani».
Chi
temete di più dei vostri avversari?
«Io credo che il Pd e il centrosinistra
non se la passino bene ma non mi pare che il centrodestra e il Movimento
5Stelle stiano meglio».
Massimo
Zedda non ha ancora deciso: è il candidato giusto?
«Ha amministrato bene Cagliari, è
apprezzato tanto che molti sindaci gli chiedono di impegnarsi e guidare una
coalizione ampia».
Ma
questi sindaci non si sono ancora manifestati?
«Lo faranno. Prima devono emergere
idee e programmi, eventualmente si devono fare le primarie. Sono le basi su cui
si deve formare la coalizione. Zedda deve essere il candidato di tutti, non
solo del Pd».
A chi
allargherebbe la coalizione?
«Ad esempio al mondo
dell'autodeterminazione».
Il
fallimento della legge sul governo del territorio è una macchia di
questa
legislatura.
«Si sarebbe dovuto evitare. Avremmo
dovuto presentare prima la legge per avere il tempo di correggerla. Era una
legge necessaria non foss'altro perché avremmo sostenuto i Comuni
nell'adeguamento dei Puc al Ppr».
Pigliaru
dice che avete fatto molte cose ma non le avete sapute raccontare.
«Purtroppo oggi rischia di avere più
presa un tweet che un serio programma di riforme. Ma non dobbiamo rinunciare a
raccontare bene ciò che abbiamo fatto».
Fabio Manca
L'INCONTRO.
In via Emilia
E i dem
pensano al programma
Il Partito democratico cerca la via
della condivisione. Lunedì
prossimo, in via Emilia dalle 17.30,
si riuniranno i dem della
Provincia di Cagliari per concludere
il percorso della conferenza
programmatica. L'obiettivo è fare
una sintesi dei diversi incontri
fatti nei circoli e nel territorio
per fornire un quadro sulle
proposte e le idee da mettere in
campo in vista delle prossime
elezioni regionali.
Il segretario provinciale, Francesco
Lilliu, ha chiara la scala delle
priorità: «Le persone prima dei
candidati, i problemi da affrontare
prima degli slogan». La conferenza
programmatica, lanciata dal
segretario regionale, Emanuele Cani,
ha come scopo riuscire ad avere
un programma di partito condiviso.
Tanti i temi sui quali iscritti e
simpatizzanti si sono confrontati,
dai trasporti alla sanità, dalla
cultura al sociale. «Il Pd
provinciale», aggiunge Lilliu, «porta
avanti questo lavoro pancia a terra,
facendo tesoro delle buone cose
fatte in questi 5 anni e delle
altrettante cose che dovranno essere
ancora realizzate con slancio e
rinnovamento». Il documento sarà
presentato durante l'assemblea e
successivamente ci sarà un dibattito.
La riunione è aperta a tutti quelli
che vorranno partecipare e sarà lo
stesso Cani a concludere il giro di
interventi. (m. s.)
La
Nuova
Pigliaru
rompe col governo: i soldi dei sardi restano qui
La giunta
rifiuta di pagare 285 milioni per gli accantonamenti del 2019
Il
presidente: sono anni che chiediamo che vengano applicate regole eque
di Alessandro Pirina
CAGLIARI
Cinque lettere in due mesi senza
nessuna risposta, la Regione non ci
sta e sfida il governo: i 285
milioni di accantonamenti restano in
Sardegna. Una somma a cui vanno
aggiunti i 219 non pagati dopo
l'impugnazione delle ultime tre
finanziarie nazionali. Dei 754 milioni
previsti nel 2019 la Sardegna
verserà allo Stato "solo" 250 milioni
per contribuire a risanare il debito
pubblico. Un risparmio di 504
milioni per le casse isolane, ma
anche l'ufficializzazione dello
strappo tra la Regione targata Pd (e
centrosinistra) e il governo di 5
stelle e Lega. Una rottura che
potrebbe arrivare fino alla Corte
costituzionale, che, però, sul tema,
ha solitamente preso decisioni
più vicine alla linea della Regione.
Ed è proprio questa
giurisprudenza favorevole ad avere
probabilmente spinto Francesco
Pigliaru ad accelerare lo strappo
con Roma. «Noi abbiamo semplicemente
chiesto al governo di poterci sedere
intorno a un tavolo per stabilire
quale deve essere il nostro giusto
ed equo contributo per risanare il
debito pubblico italiano - spiega il
governatore -. Ora, dopo che per
anni non abbiamo avuto risposte,
dopo anni di silenzi e imposizioni di
accantonamenti da parte dello Stato
nei confronti della Regione,
abbiamo deciso di muoverci anche noi
in modo unilaterale». A dare
manforte al presidente della Regione
c'è tutta la maggioranza.
Non solo l'assessore Raffaele Paci,
il suo "ministro" del tesoro, ma anche
il presidente del Consiglio,
Gianfranco Ganau, il presidente della
commissione, Franco Sabatini, e il
capogruppo di Sdp, Daniele Cocco.
Le lettere. La frattura tra Cagliari
e Roma nasce da lontano, già dai
tempi dei governi "amici"
di Renzi e Gentiloni, ma è con il cambio a
Palazzo Chigi che i rapporti si sono
inaspriti. Soprattutto dopo che
il premier Giuseppe Conte ha
presentato una manovra che va nel segno
opposto della austerity.
«Abbiamo inviato ben 5 lettere da
quando il
governo si è insediato a oggi per
sollecitare un confronto sulla
questione degli accantonamenti e non
abbiamo mai ricevuto una
risposta, tanto meno una
convocazione a Palazzo Chigi -. Abbiamo
scritto al presidente Conte, al
ministro dell'Economia Tria, alla
ministra per gli Affari regionali
Stefani inviando un breve dossier di
riepilogo». La prima lettera è stata
inviata da Pigliaru il 13 luglio,
seguita da altre due il 30 agosto e
il 25 settembre.
Il 1 ottobre è
stato l'assessore Paci a scrivere
una lettera aperta a Tria,
all'indomani della decisione di
portare il deficit al 2,4% con la
Finanziaria nazionale. Infine,
l'ultima il 12 ottobre. L'assessore.
«Abbiamo percorso tutte le strade
possibili per trovare un accordo
politico con il governo precedente e
adesso per avviare il confronto
con quello attuale - spiega Paci -.
Ci hanno assicurato si sarebbe
raggiunta un'intesa, ma niente è
accaduto. Abbiamo subito fatto
presente la questione al nuovo
governo, ma siamo stati ignorati. Non
si poteva più andare oltre, perciò
abbiamo deciso di alzare
ulteriormente il livello del
confronto dopo aver impugnato le ultime
tre finanziarie dei governi Renzi e
Gentiloni e di non pagare questi
altri 285 milioni perché non li
riteniamo più legittimi».Il rischio
Consulta.
Lo strappo, se non si ricompone
prima, rischia di finire
davanti alla Corte costituzionale,
chiamata a dirimere i conflitti tra
Stato e regioni. «Noi ci aspettiamo
che finalmente il governo reagisca
- dice ancora Pigliaru -. È dai
tempi di Padoan che non abbiamo
risposte. Noi non abbiamo nessuna
difficoltà ad ammettere che tutte le
regioni devono contribuire a pagare
una quota del debito pubblico
italiano, ma servono regole chiare
ed eque. Lo chiediamo da anni. E se
ora il governo deciderà di impugnare
il provvedimento nessun problema:
la Corte darà ragione a noi.
Lo ha già stabilito in precedenti
pronunce che gli accantonamenti non
possono essere imposti in modo
unilaterale, senza una intesa con la
Regione». Opposizione. Il fatto
di avere alzato il livello dello
scontro con il governo Conte non è
piaciuto all'opposizione, che accusa
Pigliaru di avere modificato il
suo atteggiamento con Roma dopo che
è cambiato l'interlocutore a
Palazzo Chigi. «Noi ci siamo
rifiutati di pagare gli accantonamenti
che i governi Renzi e Gentiloni, i
cosiddetti governi amici, hanno
cercato di imporci - dice ancora il
presidente della Regione -. E come
ci siamo rifiutati allora lo
facciamo oggi. Non c'è alcuna questione
politica dietro, ma di appartenenza.
Noi vogliamo che la Regione
Sardegna venga rispettata.
Il mio auspicio è che questo braccio
di
ferro si risolva con la decisione
del governo di sedersi insieme a noi
intorno a un tavolo. È
istituzionalmente inaccettabile che mentre il
governo chiede spazi finanziari
molto alti alla Ue, nei confronti
della Sardegna continui questo
silenzio assordante. Abbiamo più volte
ripetuto che i 754 milioni previsti
sono una cifra enorme e
sproporzionata per la Sardegna,
anche rispetto ad altre regioni più
ricche della nostra. Se il governo
vorrà finalmente incontrarci,
naturalmente siamo pronti al
confronto».
Ganau con Pigliaru. «Abbiamo
più volte espresso l'incoerenza da
parte del governo di imporre gli
accantonamenti, senza un preventivo
accordo con le Regioni a Statuto
speciale - aggiunge Ganau -. È
necessario sostenere con forza la
battaglia della giunta, una
battaglia che non deve essere soltanto del
Consiglio regionale ma di tutti i
sardi per rivendicare un diritto che
ci spetta. Io mi auguro che
l'assemblea sarda si esprima in maniera
unitaria per sostenere una battaglia
giusta e coerente, nonostante
l'appuntamento elettorale alle
porte, e sia in grado di sostenere le
ragioni che sono di tutta la
Sardegna e di tutti i sardi».
Finanziaria.
La quota di accantonamenti da
destinare alle casse dello Stato viene
ogni anno appostata nella
Finanziaria regionale. All'articolo 2 della
manovra 2019-2021, già approvata
dalla Giunta e inviata in Consiglio
per essere incardinata in commissione
e poi in aula, c'è scritto che
«sono accertati e impegnati in
favore dello Stato 250 milioni e
245mila euro per ciascuno degli anni
2019, 2020 e 2021».La quota
ulteriore che la Regione si rifiuta
di pagare, 285 milioni, viene
iscritta in un fondo regionale che
potrà essere utilizzato, oltre che
per sanare disavanzi, per
«finanziare interventi di investimento e di
sviluppo del territorio».
M5s, per
il dopo Puddu spunta Maurilio Murru
Il
consigliere sassarese potrebbe essere il candidato presidente della Regione
Gradito
allo staff e alla base, lascerebbe però un buco per le prossime Comunali
di Giovanni Bua
SASSARI
Potrebbe arrivare da Sassari il
frontman pentastellato per le prossime
elezioni regionali. Per sostituire
l'ex sindaco di Assemini Mario
Puddu, che ha rinunciato alla corsa
per la carica di presidente dopo
la condanna a un anno per abuso
d'ufficio, i piani alti del movimento
starebbero infatti pensando di
proporre Maurilio Murru, attuale
capogruppo in consiglio comunale a
Sassari e candidato sindaco per i
grillini alle amministrative del
2014,Murru, 46 anni, laureato in
scienze politiche e responsabile
amministrativo della Safisarda di
Porto Torres, è parte dell'ala
"dura e pura" dei pentastellati.
Tra i fondatori del meetup 79, lo
storico gruppo cittadino nato quasi 10
anni fa, Murru è amico dello stesso
Puddu e vicinissimo al neo
senatore Ettore Licheri, presidente
della Commissione Politiche
dell'Ue e sempre più gradito allo
staff grillino, che ha iniziato
anche a "spenderlo" nelle
prime apparizioni televisive nazionali.E,
proprio lo stretto collegamento con
Licheri, e con l'area "ortodossa"
a cui fa riferimento anche la
deputata Emanuela Corda, farebbe
propendere i vertici del Movimento
per la scelta di Murru.
Chiaramente
l'ex candidato sindaco sassarese
dovrebbe passare per votazioni
on-line, anche se i meccanismi non
sono ancora stati resi noti nemmeno
agli iscritti. Il poco che pare
certo è che non ci sarà lo scorrimento
della graduatoria uscita il primo
agosto dalle precedenti regionarie
sulla piattaforma Rousseau, dove
alle spalle di Puddu (che aveva
incassato 981 preferenze) si era
piazzato con 464 voti il docente
universitario cagliaritano Luca
Piras. E che eventuali
"presidenziarie" non
saranno aperte a quanti hanno scelto di
presentarsi come candidati
consiglieri.
Se Murru alla fine fosse il
nome del nord dell'Isola le sua
chance in eventuali consultazioni
on-line sarebbero comunque
altissime, come dimostra la scelta dei
candidati per la politiche con
Licheri che fu di gran lunga il più
votato.A quanto pare Murru ha da
qualche giorno la proposta dello
staff sul tavolo. Ma starebbe
prendendo tempo. Il suo "pallino" è
infatti quello di tentare per la
seconda volta l'assalto a Palazzo
Ducale. Motivo per cui aveva
rinunciato a presentarsi come candidato
al consiglio regionale. Se alla fine
accettasse la classica offerta
"che non si può rifiutare"
per il movimento si aprirebbe dunque la
caccia a un nuovo candidato per le
amministrative 2019, non facile
visto che molti dei papabili sono
già diretti verso Cagliari. E molto
delicata, visto che il movimento in
città ha perso due dei suoi 4
consiglieri comunali, e nello staff
nessuno è più disposto a correre
rischi.
Banche e
famiglie pagano lo spread
La sua corsa fa male al credito, con
tassi più alti anche per le imprese
L'Italia un'incertezza come la
Brexit. Possibili ricadute su altri Paesi
L'ultimo, più autorevole, allarme è
arrivato dalla viva voce del
presidente Bce. Lo spread alto dei
titoli di stato italiani verso il
Bund sta già danneggiando le banche
del nostro paese e il loro
capitale a causa del deprezzamento
dei Btp in portafoglio. Un rischio
che la Borsa ha già segnalato
punendo severamente nei mesi scorsi i
titoli del settore (da Intesa a
Unicredit passando per Ubi, Mps e
Bper) che hanno perso da metà
maggio, fra il 30 e il 40% a fronte di
un calo di Piazza Affari del 22%. I
364 miliardi di titoli di Stato
(di cui 256 di Btp) in pancia degli
istituti, seppure in calo,
rappresentano un legame pernicioso
che lega la loro sorte a quella del
Paese o meglio alla percezione dei
mercati della sua solvibilità e
tenuta, misurato appunto dallo
spread.
Anche senza una recessione
economica come quella vista negli
anni scorsi che ha fatto schizzare i
crediti deteriorati, lo spread
potrebbe causare quindi una crisi
bancaria di tipo sistemico. Nello
scenario peggiore di uno spread in
continua crescita le perdite sul
patrimonio causate dal diminuito
valore dei titoli dovrebbero essere
ripianate. Non a caso si guarda
agli stress test della prossima
settimana che, negli scenari
ipotizzati per verificare la
solidità degli istituti, simulano una
crescita del differenziale.
Gli occhi sono anche sulla revisione
del
giudizio di Standard and Poor's in
arrivo venerdì sera dopo il
declassamento, seppure non drastico,
di Moody's. Lo stesso ministro
dell'economia Tria comunque ha
segnalato l'attuale livello di 320
punti «non sostenibile». Dagli
ambienti bancari, da diverse settimane,
pur con parole misurate si esorta
l'esecutivo a raffreddare lo spread
segnalando gli effetti negativi non
solo sulla tenuta degli istituti
ma anche sulla crescita economica
vista l'inevitabile ripercussione
sulla capacità di erogare prestiti e
a condizioni peggiori. Una crisi
bancaria peraltro colpirebbe
pesantemente il Pil italiano ma anche la
reputazione e l'immagine
dell'esecutivo e della sua maggioranza.
Unione
Sarda
Draghi:
«La Bce non finanzia deficit» Di Maio: «Si preoccupa dello
spread,
ma noi non vogliamo uscire dall'euro»
FRANCOFORTE.
S'infiamma la polemica politica: opposizioni all'attacco
del vice
premier del M5S
FRANCOFORTE
Spiega che l'Italia, come la Brexit,
è «fra le incertezze per lo
scenario economico dell'Eurozona».
Ma sulla manovra bocciata da
Bruxelles, si dice «fiducioso che
sarà trovato un accordo». Il
presidente della Bce Mario Draghi
affronta anche il caso Italia nella
conferenza stampa a Francoforte,
dopo la riunione del Consiglio
direttivo, che ha lasciato invariati
i tassi sulle operazioni di
rifinanziamento principali, sulle
operazioni di rifinanziamento
marginale e sui depositi presso la
banca centrale.
Non finanziamo deficit
Draghi esclude tuttavia il rischio
che la Bce possa essere coinvolta
nella crisi italiana: «Finanziare i
deficit non è nel nostro mandato»,
chiarisce. Quindi precisa: «Abbiamo
l'Omt come strumento specifico, da
usare nel caso i Paesi entrino in un
programma, per il resto siamo in
un regime di dominanza monetaria,
non di bilancio». Un intervento
della Bce nel dibattito tra Roma e
Bruxelles, insomma, è assolutamente
da escludere: «Non è il nostro
compito quello di fare da mediatori.
Questa è una discussione fiscale,
non è un ruolo da banchieri
centrali».
L'ex governatore di Bankitalia parla
anche dello spread e avverte: «Io
non ho la sfera di cristallo, 300,
400, certamente questi titoli sono
nelle banche e se perdono valore
loro impattano sul capitale delle
banche». L'indicazione: «Abbassare i
toni e non mettere in discussione
l'esistenza dell'euro può far
ridurre gli spread». E a chi gli chiede
se i rialzi dello spread italiano
possano contagiare altri Paesi della
zona euro, risponde: «Forse c'è
qualche ricaduta ma limitata». Secondo
il Draghi i rialzi dello spread sui
Btp italiani pesano sui costi di
finanziamento di imprese e famiglie
e riducono i margini espansivi del
bilancio.
La manovra
Sulla manovra italiana bocciata
dalla Ue, Draghi non si sbilancia.
«Non c'è stata una grande
discussione sull'Italia, c'era Dombrovskis,
gli ho chiesto il permesso di
citarlo», ha poi aggiunto, facendo eco
al vice presidente dell'esecutivo Ue:
«Si devono osservare e applicare
le regole, ma anche cercare il
dialogo».
Strali dalla Bce
«Dalla Bce arrivano strali sul
pericolo per l' economia italiana per
quanto riguarda lo spread. Draghi sa
che il problema dello spread non
è legato alla manovra ma alla paura
dei mercati che Paese possa uscire
da euro. E questo è un problema
facilmente risolvibile con il fatto
che noi nel contratto di governo
abbiamo inserito chiaramente che non
vogliamo uscire dall euro», la
risposta del ministro dello Sviluppo e
del Lavoro, Luigi Di Maio. «Ognuno
si assuma la proprie
responsabilità, calmierare lo spread
è compito della Banca centrale
europea», è il commento stringato di
Paolo Savona, ministro per gli
Affari Europei sulle parole di
Draghi.
Forza Italia
«Usare toni intimidatori nei
confronti di Mario Draghi come hanno
fatto oggi un importante ministro
del governo e il partito di
maggioranza relativa è totalmente
insensato. Cercano uno scontro che
non esiste. Il governatore della
Banca centrale europea rappresenta
l'unica garanzia di stabilità nella
situazione confusa e allarmante in
cui siamo stati trascinati dal
governo con una manovra temeraria, che
mette a rischio i risparmi degli
italiani», ha detto Mara Carfagna,
vice presidente della Camera e
deputata di Forza Italia.
Gli europeisti
«Draghi non lancia strali, come
accusa un nervoso Di Maio, ma spiega
al governo italiano che già ci sono
danni per famiglie e imprese e che
la Bce non finanzierà il deficit
italiano per spesa corrente», ha
scritto su Facebook il coordinatore
di +Europa, Benedetto Della
Vedova.
VERTENZA.
Pigliaru: la Consulta ci darà ragione
Entrate,
la Giunta
disobbedisceAccantonamenti
tagliati di 285 milioni
VEDI TUTTE LE 2 FOTO
È una sfida allo Stato, quasi un
invito sul ring di un probabile
contenzioso costituzionale. Fallita
la strategia del dialogo, sulla
vertenza accantonamenti la Giunta
ricorre alla disobbedienza
finanziaria: nel bilancio regionale
per il 2019 il contributo della
Sardegna al risanamento del debito
pubblico nazionale sarà tagliato di
285 milioni. «Un atto unilaterale ma
necessario, visto che lo Stato da
anni ci impone unilateralmente quasi
700 milioni di accantonamenti»,
spiega il governatore Francesco
Pigliaru annunciando la decisione.
La richiesta al governo
Preferirebbe regolare le cose in
altro modo,
il presidente, vorrebbe
una leale trattativa col governo.
«Da anni chiediamo di sederci a un
tavolo per definire la giusta misura
del nostro contributo», ricorda:
ma per trattare bisogna essere in
due, e invece la controparte non ha
mai avviato un vero dialogo. «I
governi precedenti almeno ci
invitavano a fare una gita a Roma
per esporre le nostre richieste»,
ironizza l'assessore al Bilancio
Raffaele Paci, «poi però non hanno
fatto niente di concreto. Quello
attuale invece non ha ancora neppure
risposto alle cinque lettere che
abbiamo spedito in questi mesi».
La Giunta parla di trattativa perché
la Corte costituzionale, nelle
sentenze degli anni recenti, ha
affermato due princìpi: tutte le
regioni devono contribuire al risanamento
finanziario, ma gli
accantonamenti devono avere una
scadenza temporale e non possono
essere imposti unilateralmente dallo
Stato. Servirebbe appunto
un'intesa con la Regione.
Pigliaru e Paci avevano protestato
coi governi Renzi e Gentiloni per
l'entità del sacrificio imposto a
una Regione tra le più colpite dalla
crisi. E soprattutto perché, dopo
aver concordato una quota di
accantonamenti nell'accordo sulle
entrate del 2014, pochi mesi più
tardi il bilancio statale aveva
aggravato di molto quel peso, senza
alcuna intesa. A tradimento. «Non
neghiamo di dover partecipare al
risanamento, ma chiediamo regole
certe e la definizione di una cifra
equa», ribadisce Pigliaru.
Le cifre della discordia
Si era partiti nel 2012 con 268
milioni, si è arrivati quest'anno a
pagarne 684. «E sarebbero 848 -
precisa Paci - se non avessimo
impugnato le ultime due leggi di
stabilità dei governi Renzi e
Gentiloni, che prevedevano un
ulteriore aggravio». Ora però la
ribellione è di diverso tipo: non ci
si limita a non dare attuazione a
una nuova norma ritenuta
illegittima.
La Regione si rifiuta di pagare
una rata da 285 milioni derivante da
una legge del 2012.
La Giunta si appella però a una
ragione giuridica: «Quella rata è
scaduta, non è più dovuta»,
sottolinea l'assessore, «lo riconosce
anche l'Avvocatura dello Stato».
Eppure tutti si aspettano che nel
prossimo bilancio nazionale quella
somma venga ancora pretesa. C'è da
aspettarsi che stavolta sia Palazzo
Chigi a impugnare la prossima
Finanziaria regionale: «Benissimo,
facciano pure», risponde Pigliaru,
«siamo convinti che la Corte
costituzionale ci darà ragione».
E se
così non fosse, in ogni caso, i
danni dovrebbero essere contenuti
perché le somme risparmiate con la
disobbedienza finanziaria non
andranno a coprire spese correnti.
Il significato politico
Inevitabile pensare che la svolta
sia legata anche al cambio di colore
della maggioranza parlamentare, ma
Pigliaru non approva questa
lettura: «È chiaramente un gesto di
evidente valore politico, ma non
perché ci interessi andare contro
questo governo. Lo dimostra il fatto
che avessimo impugnato le leggi di
stabilità di Renzi e Gentiloni».
Paci però ribadisce il concetto già
enunciato in una lettera pubblica
al ministro dell'Economia Giovanni
Tria: nel momento in cui il governo
ricorre al deficit, non è coerente
lasciare solo alle regioni i
sacrifici per il risanamento.
L'ok del centrosinistra
Sulla svolta c'è già il sì della
maggioranza: «È un'iniziativa di
rivendicazione dei nostri diritti
che dev'essere sostenuta con forza»,
spiega il presidente del Consiglio
Gianfranco Ganau nella conferenza
stampa con la Giunta. «Massima
condivisione» anche da parte di Daniele
Cocco, capogruppo di Art. 1-Sdp, «i
governi amici non esistono». E
Franco Sabatini (Pd), presidente
della commissione Bilancio del
Consiglio, si rifà alle
considerazioni di Paci: «Se il governo riapre
la stagione del debito, al punto da
avviare su questo una battaglia
con l'Ue, non può pretendere che
siano solo le regioni a farsi carico
di colmare il disavanzo».
Giuseppe Meloni
IL CASO.
Nessun passo avanti dopo il ritiro del candidato alla presidenza
«Colpo
duro, ne uscirò più forte» Mario Puddu torna sulla sentenza,
intanto
l'M5S è paralizzato
Il Movimento 5 Stelle sardo naviga a
vista, nell'incertezza in attesa
che dallo staff nazionale diano il
via libera alle prossime regionali.
Da Roma non battono un colpo e così
la corsa del Movimento, iniziata
con largo anticipo rispetto agli
avversari, è costretta a una brusca
frenata.
Eredità pesante
Il Movimento va a caccia di un
leader, un nome in grado di raccogliere
l'eredità dell'ex sindaco di
Assemini per guidare i pentastellati alle
prossime regionali. Anche se il
motto è «vincerà il programma» serve
una figura di sintesi per evitare
fughe in ordine sparso. Intanto,
l'ex candidato governatore, su
Facebook, riavvolge il nastro di una
settimana, giorno in cui dopo la
condanna per abuso d'ufficio ha
deciso di rinunciare alla
candidatura. Una vicenda dalla quale «uscirò
ancora più forte».
Un «conto inaspettato»
Nelle parole di Puddu non c'è
soltanto la certezza di uscire
rafforzato da questa vicenda, ma
anche il rammarico per come è andata
a finire. Le sue parole sembrano
quasi un addio alla politica, con due
date ben precise. La prima, «la
giornata più bella della mia vita», è
il 10 giugno del 2013 quando venne
eletto sindaco di Assemini. La
seconda «quella più triste», quella
della sentenza: «Diciamo da sempre
che le difficoltà aiutano a
crescere; da sindaco dicevo meglio delle
buone e costruttive critiche, perchè
aiutano a migliorare il mio
operato. Certo, il "conto"
che mi è stato presentato giovedì scorso è
davvero tosto e inaspettato». Puddu,
però, ricorda anche i tanti
messaggi di conforto e sostegno che
si alternano a «momenti in cui
accuso il colpo». Ma in tutto questo,
l'esponente pentastellato dice:
«Sto metabolizzando la vicenda e
maturando una convinzione che diventa
sempre più certezza: ne uscirò più
forte».
Cercasi leader
Il Movimento 5 Stelle un leader l'ha
avuto alla sua nascita (Beppe
Grillo) e ha in Luigi Di Maio il
capo politico. Comunque la si pensi,
affrontare le regionale senza una
figura forte di riferimenti è un
rischio anche per chi in Sardegna ha
ottenuto il 42% alle politiche e
sostiene di avere un programma
efficace. Le elezioni regionali,
inoltre, prevedono il voto diretto
al candidato presidente che deve
necessariarmente fungere da traino.
Mario Puddu incarnava questa
figura, riconosciuta anche dai
parlamentari che lo hanno definito «una
grande risorsa».
Lo ha detto il senatore Ettore
Licheri, che ha
definito Puddu un «capitano» e che
su Fb ha scritto: «Il Movimento
sardo ha ancora bisogno di te. Ti
aspettiamo». Dunque il ruolo di
Puddu non è semplice da rimpiazzare,
sia per l'esperienza che per la
capacità di fungere da collante. Nei
prossimi giorni arriveranno le
direttive per le regionarie che i
pentastellati sardi avrebbero voluto
celebrare in tempi rapidi.
Matteo Sau
CENTRODESTRA.
Confronto interno
Strappo
di Forza Italia, oggi e domani le prove di disgelo
Quarantotto ore per ricucire gli
strappi. È l'obiettivo di Forza
Italia che oggi e domani si riunirà
per cercare di rimettere a posto i
cocci dopo lo scontro dei giorni
scorsi. Stamattina alle 11.30 in
Consiglio regionale ci sarà la prima
riunione aperta a tutti, dove
allo stesso tavolo siederanno il
coordinatore regionale, Ugo
Cappellacci, e i dissidenti che nei
giorni scorsi hanno firmato un
documento in cui chiedevano un
cambio di guida nel partito. Domani,
invece, l'appuntamento è a Oristano
sempre alle 11.30 per la riunione
del coordinamento regionale.
Si tratta del primo faccia a faccia
dopo lo strappo dei giorni scorsi
quando quattro consiglieri regionali
(Alessandra Zedda, Marco Tedde,
Stefano Coinu e Antonello Peru),
l'eurodeputato, Salvatore Cicu e il
deputato, Pietro Pittalis, hanno firmato
un documento contro il
coordinatore del partito Ugo
Cappellacci. L'incontro della settimana
scorsa è stato disertato dai
dissidenti che hanno convocato una contro
manifestazione per il 17 novembre.
La tensione dentro il partito è
salita alle stelle tanto che si è
reso necessario un intervento di
Silvio Berlusconi per cercare di
mettere pace tra gli azzurri.
In questo clima di guerra fredda
oggi comincerà il primo dei due
tentativi di chiarimento anche in
vista delle prossime elezioni
regionali. Bisogna ricompattare il
partito e decidere una strategia
comune per la prossima campagna
elettorale. Inoltre, non è escluso che
si discuta anche di candidature, sia
per le supplettive della Camera,
sia per un'eventuale proposta da
fare al tavolo del centrodestra per
il candidato governatore.
Stefano Tunis, che si è reso
disponibile a
una candidatura appoggiato dal
movimento Sardegna 20Venti, ha ottenuto
anche il sostegno di Cappellacci, ma
non a tutti gli esponenti di
Forza Italia questa cosa è piaciuta.
Altro punto all'ordine del giorno
saranno i criteri con cui si
formeranno le liste nei collegi per
affrontare le prossime elezioni
regionali.
M. S.
-----------------
Federico
Marini
skype:
federico1970ca
Nessun commento:
Posta un commento