6. Carlo Felice (1821-1831) fu
il peggiore fra i sovrani sabaudi, da vicerè come da re fu crudele, feroce e
sanguinario (in lingua sarda incainadu), famelico, gaudente e ottuso (in lingua
sarda tostorrudu). E ancora: Più ottuso e reazionario d’ogni altro principe,
oltre che dappoco, gaudente parassita, gretto come la sua amministrazione, lo definisce lo storico sardo Raimondo
Carta Raspi. Mentre per un altro storico sardo contemporaneo, Aldo Accardo, –
che si basa sulle valutazioni di Pietro Martini – è Un pigro imbecille.
Scrive il Martini (peraltro storico filo monarchico e filo sabaudo): “Non sì tosto il governo passò in mani del duca del Genevese, la reazione levò più che per lo innanzi la testa; cosicché i mesi che seguirono furono tempo di diffidenza, di allarme, di terrore pubblico”.
Scrive il Martini (peraltro storico filo monarchico e filo sabaudo): “Non sì tosto il governo passò in mani del duca del Genevese, la reazione levò più che per lo innanzi la testa; cosicché i mesi che seguirono furono tempo di diffidenza, di allarme, di terrore pubblico”.
7. Carlo Alberto (1831-1849) Non
destinato al trono, diventò re dello Stato sardo nel 1831 alla morte dello zio
Carlo Felice che non aveva eredi. Carlo Alberto fu fermamente risoluto e deciso
esclusivamente nella repressione violenta delle popolazioni sarde: in
particolar modo dopo il 1832.
A denunciare le repressioni è soprattutto Diego Asproni. Il 27 giugno 1950, nello stesso giorno, sempre alla Camera dei deputati esprime in modo netto i suoi giudizi sui tumulti e le rivolte contro la Legge delle Chiudende, con l’abbattimento delle chiusure, le devastazioni, gli incendi e persino i numerosi omicidi: ”I ricchi diedero mano – disse l’Asproni – ad usurpare i terreni comunali e della povera gente. I pastori erano naturalmente scontenti e la prepotenza colmò la misura e ingenerò il dissidio”
A merito storico di Carlo Alberto alcuni storici gli attribuiscono due grandi scelte, l’abolizione del Feudalesimo e la Fusione perfetta.
In realtà “l’abolizione del feudalesimo fu un colossale affare per gli ex feudatari” (Girolamo Sotgiu, il più grande studioso sardo della Sardegna sabauda) e la “Fusione Perfetta”, un grande imbroglio, tanto che gli stessi sostenitori – come Giovanni Siotto Pintor scrisse: “Fummo presi da una follia collettiva”,”Sbagliammo tutti” e “ci pentimmo amaramente”. E Giovanni Battista Tuveri sostenne che con la Fusione “La Sardegna era diventata una fattoria del Piemonte, misera e affamata di un governo senza cuore e senza cervello”.
8. Vittorio Emanuele II di Savoia, è l’ultimo re di Sardegna (1849-1861) e primo re d’Italia
(1861-1878). Nonostante gli smisurati elogi da parte di tutta la pubblicistica
patriottarda, – fu soprannominato il re galantuomo – tesa ad esaltare le
magnifiche sorti e progressive del Risorgimento italiano, la sua opera nei
confronti della nostra Isola sia come ultimo re di Sardegna sia come primo re
d’Italia, fu nefasta: in campo fiscale, culturale e linguistico. Con l’Unità
non nacque un’Italia ma due: di cui una, (il Sud e le Isole) ridotte a colonia.
Scriverà Giuseppe Dessì
in Paese d’ombre: “era stato soltanto ingrandito il regno del re sabaudo. La
vera faccia dell’Italia non era quella che aveva sognato con tanti altri
giovani, ma quella che sentiva urlare nella bettola, divisa come prima e più di
prima, giacché l’unificazione non era stata altro che l’unificazione
burocratica della cattiva burocrazia dei vari stati italiani. Questi sardi impoveriti e riottosi
non avevano nulla a che fare con Firenze, Venezia, Milano, che considerava
l’Isola una colonia d’oltremare, o una terra di confino”.
9. Umberto I di Savoia (1878-1900) re d’Italia dal 1878 al 1900 fu
responsabile (o comunque corresponsabile in quanto capo dello stato) delle
scelte più devastanti e perniciose, che furono prese dai Governi, che operarono
durante il suo regno, nei confronti della Sardegna. In modo particolare nel campo
economico e fiscale, nel campo ambientale (con la deforestazione selvaggia),
nel campo delle libertà civili e della democrazia, con leggi liberticide e una
repressione feroce.
Pensiamo a come fu
repressa la sommossa di Sanluri (Su trumbullu de Seddori) scoppiata il 7 agosto
1881, contro il carovita e gli abusi fiscali e in cui ci furono 6 morti.
L’8 novembre 1882 ebbe inizio il “Processo” giustamente
chiamato della fame, perché venivano processati dei poveracci morti di fame:
Tale processo per il numero degli imputati e per la sua durata, (terminò il 26
febbraio 1883) fu ritenuto uno dei più importanti dell’isola.
La sentenza fu molto pesante, soprattutto verso alcuni
imputati giovanissimi: Venne condannato a 10 anni di reclusione Franceschino
Garau Manca, detto “Burrullu” di anni 16, mentre Giuseppe Sanna Murgano di anni
19 ed Antonio Marras Ledda di anni 18 furono condannati a 16 anni di Lavori
Forzati.
Prof.
Francesco Casula.
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