Nel paese dove vivo da 30 anni, dovunque giri lo sguardo,
vedi porte e finestre chiuse. Anche case grandi, belle, costruite con cura, le
guardi e sono chiuse. Sopravvivono così decine e decine i paesi in Sardegna, bellissimi e
lasciati al loro destino. Con continuità sono
stati, e sono tuttora, oggetto di interventi cattivi come se coloro che
rimangono non fossero cittadini a tutti gli effetti e non fossero chiamati,
come tutti, a contribuire con il loro lavoro alla ricchezza collettiva.
Vivo in un territorio che ha subito, e ancora subisce, una
cinica sottrazione di risorse, umane e materiali, che si trasferiscono verso
aree più servite e più ricche di opportunità, senza che questo venga percepito
come un problema, una iniquità, uno squilibrio, un danno sul quale intervenire.
Se ne vanno i giovani, si cancellano i servizi,
l'accessibilità è precaria, i privati non trovano conveniente investire.
Sopravvive a stento quella Sardegna che non si affaccia sul mare e non gravita
attorno alle grandi aree urbane cresciute senza equilibrio e senza armonia. Come
pensare di continuare così? Come pensare che il binomio spopolare/urbanizzare
possa essere ancora a lungo la cornice entro la quale si possano immaginare
opportunità e futuro per questa terra?
Chi saprà guardare a questo mondo che da diversi anni non
trova spazio, né rappresentanza, né voce, né riconoscimento, né attenzione, né
diritto alla propria esistenza? Sarà la visione urbana e il potere da anni
asserragliato nei palazzi cagliaritani a restituire dignità alle aree rurali
della Sardegna? Non credo.
Ma di una cosa sono
sicura. La città non può fare a meno di una campagna vitale e produttiva. I
territori, quelli urbani e quelli rurali, non sopportano squilibri e anche se
non si vede subito, le asimmetrie provocano un danno generalizzato che, dove
più dove meno, alla fine impoverisce tutti. Io credo che lo sguardo di chi governa debba essere molto
più ampio ed inclusivo di quanto non lo sia stato fin ora. Anche di questo sono
sicura
Di
Lucia Chessa.
Sono sicuro che tu abbia ragione e credo che il futuro della Sardegna sia l'indipendenza, ma credo anche in quei giovani che amano la loro terra e che con soddisfazione la lavorano e la fanno produrre garantendosi cosi un futuro in un mondo poco attento al benessere psico- fisico partito da una alimentazione sana.
RispondiEliminaVedi FilieraCorta o AssoCanapa Sardegna o ancora Km0.