(14 febbraio 1956) Durante il XX congresso del PCUS il
segretario denuncia il culto della personalità ed i crimini compiuti da Stalin.
Inizia così il processo di destalinizzazione. Il rapporto Krusciov
capovolse il giudizio dei comunisti su Stalin, sino ad allora esaltato quale
padre dei popoli, maestro e guida,
persino difensore degli oppressi e della pace. Stalin, secondo il rapporto, era
stato invece un tiranno megalomane, un sadico paranoico, un vile assassino, un
teorico da farsa, un persecutore d'innocenti, ossessionato dalla possibile
perdita del suo immenso potere.
Tra le conseguenze principali della destalinizzazione, vanno
citate a) l'inizio dello smantellamento del sistema dei gulag; b) la
liberazione di molti prigionieri politici; c) la riabilitazione di varie vittime
delle epurazioni; d) il graduale ristabilirsi della “legalità socialista”
accanto a un clima più aperto e tollerante sul terreno culturale (stagione del
"disgelo").
In contemporanea alla
destalinizzazione si cercò anche una politica di coesistenza relativamente
pacifica col mondo occidentale con struttura economica capitalista, fatto criticato da Mao e dal
Partito comunista cinese, dando avvio al dissidio cino-sovietico degli anni
'60. Il XXII Congresso del PCUS (1961) decideva intanto lo spostamento della
salma di Stalin dal Mausoleo di Lenin, ed il cambiamento di nome di
Stalingrado, a cui si diede il nome di Volgograd.
I comunisti italiani
furono colti di sorpresa dal ventesimo congresso. Inoltre, la decisione di
"sfrattare" la salma di Stalin dal Mausoleo della Piazza Rossa,
provocò nel novembre 1961 un altro choc e molta confusione, creando delle fratture all'interno
dello stesso PCI. Finalmente il 28 novembre il Comitato Centrale del Partito
Comunista Italiano pubblica una risoluzione in cui si afferma che "una
parte di quella durezza di Stalin non era in alcun modo giustificata dalla
necessità di difendere la rivoluzione..." e, precisando, che dirigenti
comunisti italiani erano all'oscuro di tutto (tesi parzialmente smentita dallo
stesso Togliatti che in un discorso tenuto a Frascati il 21 novembre affermava
pubblicamente che "..anche durante il XVIII Congresso del PCUS tenutosi
nel 1939, vivo Stalin, vennero denunciate delle violazioni della legalità
socialista").
Lo stesso 21 novembre la
Pravda (Organo di stampa ufficiale del partito Comunista Sovietitico) criticava
alcuni compagni italiani "...che vorrebbero investire con le loro critiche
tutto il sistema socialista e non solo il culto della personalità". In risposta il 1º dicembre i
dirigenti del PCI Giancarlo Pajetta e Mario Alicata indissero una conferenza stampa
per rassicurare Mosca: «...l'autonomia dei partiti comunisti non
va intesa in opposizione, ma in funzione all'internazionalismo comunista... ». Negli anni settanta con Enrico
Berlinguer la differenziazione del PCI dalla politica del PCUS e
dall'esperienza sovietica si acuirà fino a portare al definitivo ed inesorabile
"strappo" del 1981
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