Nel clima di progressivo imbarbarimento sociale, oltre al
grande impatto mediatico del massacro in Nuova Zelanda, questo fine settimana
ci regala anche altri due episodi "minori", meno eclatanti, di
ordinaria disumanità. Il primo è quello dei cori allo stadio, che accompagnavano al suono
di "Devi morire!" la barella del povero tifoso rossoblù Daniele
Atzori, ucciso da un infarto. E no, non è un problema di calcio: questi mostri sono nella nostra
società.
Il secondo è quello della scrittrice, "opinionista" (così si usa dire ma mi chiedo ancora cosa voglia dire di preciso), grande ammiratrice di Trump e sostenitrice del noto indossatore di divise prestato al gioco di ministro. Questa signora in una trasmissione radiofonica afferma candidamente che se Greta Thunberg, la famosa sedicenne ambientalista svedese, non fosse malata di sindrome di Asperger, "l'avrei messa sotto con la macchina".
E no, non è un problema del mondo dell'informazione: questi mostri sono nella nostra società. La barbarie che è sotto i nostri occhi è solo il segnale intermittente delle spaventose forze che si agitano al di sotto del visibile. Sotto la soglia dell'eclatante nuotano in silenzio mostri feroci, e queste esternazioni sono solo la pinna dello squalo che affiora dal pelo dell'acqua.
Questa barbarie, questa disumanità dilagante e sempre più tollerata, ha un'origine e una genesi, ha la sua culla nella subcultura che vede il debole come obiettivo su cui sfogare la propria repressione sociale. La donna, la bambina, il nero, il povero, il barbone, il malato, il tossicodipendente, il carcerato, il ferito e l'infartuato, e così via chiunque si possa di volta in volta individuare come debole, liberando i peggiori istinti animaleschi verso chiunque venga percepito come "inferiore", per poter rivendicare una propria presunta "superiorità". La logica del lupo, che colpisce in branco sempre l'animale più indifeso e più debole della mandria.
Basta, veramente basta!
Non ne possiamo più di questa barbarie, non ne possiamo più di questa decivilizzazione dilagante, è ora di rimboccarci le maniche, rispondere colpo su colpo, ricacciare nelle fogne maleodoranti tutta questa disumanità razzista, prevaricatrice, di tipico stampo neofascista, in tutte le sue forme e in tutti i suoi travestimenti vigliacchi e ambigui.
Il silenzio è il suo terreno di coltura preferito: NON STAREMO MAI ZITTI!
Di Pier Franco Devias
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