(28 Maggio 1974) Brescia,
ore 10, 28 maggio 1974: in Piazza della Loggia, durante un comizio
antifascista, esplode un chilogrammo di tritolo, causando la morte di 8 persone
e il ferimento di altre 102. La strage di piazza della Loggia è un altro episodio della strategia
della tensione, una lunga scia di attentati, da Piazza Fontana, alla Bomba alla
Questura di Milano, per arrivare al treno Italicus ed altre stragi, che
insanguinano l’Italia dal 1969 al 1984.
Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta
esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo
neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista con la presenza
del sindacalista della CISL Franco Castrezzati, dell'On. Adelio Terraroli del
PCI e del segretario della camera del lavoro di Brescia Gianni Panella.
Dopo molti anni di
indagini, depistaggi e processi, vennero riconosciuti colpevoli e condannati
alcuni membri del gruppo neofascista Ordine Nuovo. Quali esecutori materiali vennero
riconosciuti Ermanno Buzzi (nel frattempo assassinato in carcere) e Maurizio
Tramonte (condannato in appello, in qualità di "fonte Tritone" dei
Servizi Segreti Italiani), insieme ai già deceduti Carlo Digilio (addetto agli
esplosivi) e Marcello Soffiati (il quale ha trasportato l'ordigno). Come
mandante è stato condannato, in appello, il dirigente ordinovista Carlo Maria
Maggi.
Gli altri imputati, tra cui Delfo Zorzi, il generale
Francesco Delfino e l'ex segretario del MSI e fondatore del Centro Studi Ordine
Nuovo Pino Rauti furono assolti. È considerato uno degli
attentati più gravi degli anni di piombo, assieme alla strage di Piazza Fontana
del 1969 (17 morti), alla strage del treno Italicus del 4 agosto 1974 (12
morti) e alla strage di Bologna del 1980 (85 morti).
La "Strategia della
tensione" è una strategia eversiva basata principalmente su una serie
preordinata e ben congegnata di atti terroristici, volti a creare in Italia uno stato
di tensione e una paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o
addirittura auspicare svolte di tipo autoritario. L’espressione fu coniata dal
settimanale inglese The Observer, nel dicembre 1969, all’indomani della strage
di piazza Fontana, generalmente considerata l’avvio della strategia della
tensione, sebbene alcuni studiosi ne retrodatino l’inizio alla strage di
Portella della Ginestra (1947) o al cosidetto piano Solo del generale De
Lorenzo (1964).
La bomba di piazza Fontana costituì la risposta di parte
delle forze più reazionarie della società italiana, di gruppi neofascisti, ma
probabilmente anche di settori deviati degli apparati di sicurezza dello Stato, non privi di complicità e legami
internazionali, alla forte ondata di lotte sociali del biennio 1968-69 e
all’avanzata anche elettorale del Partito comunista italiano.
L’arma stragista fu usata ancora nel 1970 (strage di Gioia
Tauro), nel 1973 (strage della questura di Milano), nel 1974, all’indomani
della vittoria progressista nel referendum sul divorzio (strage dell’Italicus,
strage di piazza della Loggia), e ancora nel 1980 (strage di Bologna), ma non
fu l’unica espressione della strategia della tensione, la quale passò anche
attraverso l’organizzazione di strutture segrete, in alcuni casi paramilitari e
comunque eversive (Rosa dei Venti, Nuclei di difesa dello Stato, loggia P2
ecc.), i collegamenti internazionali (le strutture Gladio o Stay-behind), la
progettazione e la minaccia di colpi di Stato (il piano Solo del 1964, il tentato golpe Borghese
del 1970), e infine la sistematica infiltrazione nei movimenti di massa e nelle
organizzazioni extraparlamentari, sopratutto di sinistra, al fine di innalzare
il livello dello scontro.
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