La
Nuova Sardegna
Il M5s
caccia Murenu: niente candidato a Cagliari. I 5 stelle gli tolgono il simbolo:
è sotto accusa per alcuni post contro l'aborto. «Fuori chi ha le posizioni del
congresso di Verona». I grillini saltano le Comunali
CAGLIARI
Alle
Comunali di Cagliari i 5 stelle resteranno ai box. La corsa di Alessandro
Murenu è durata poco più di 24 ore. I
suoi post antiabortisti,
la sua contrarietà ai matrimoni omosessuali, le sue critiche all'accoglienza dei migranti
non sono piaciuti allo staff del Movimento, che, in poche ore, ha chiuso la pratica con il suo licenziamento. «Niente simbolo a chi ha
le stesse posizioni del congresso
di Verona», è stata la dura posizione dei 5 stelle contro il cardiochirurgo designato appena poche
ore prima. Una comunicazione in cui hanno anche annunciato la decisione di restare fuori dalla corsa elettorale.
Un
film già visto nel 2014, quando alla vigilia delle regionali Beppe Grillo non
volle concedere il simbolo del Movimento alle fazioni in lotta e infatti per i
cinque anni successivi i 5 stelle hanno dovuto fare opposizione fuori dal
palazzo. Lo stesso accadrà al Comune di Cagliari.
Caos nel
Movimento. Che nel Movimento non ci fosse molta
armonia era chiaro a tutti. Dopo le dimissioni di Massimo Zedda tutti i
partiti, chi tramite designazioni partitiche chi tramite primarie, avevano
scelto il candidato sindaco. Nei 5 stelle si parlava di quattro candidati, poi
tre, poi due. Alla fine ha prevalso Alessandro Murenu, 58 anni, cardiochirurgo
del Brotzu, che già alle Regionarie aveva provato a candidarsi come aspirante
governatore, racimolando solo 18 voti. Il suo nome era stato preferito a quello
del consigliere comunale Pino Calledda, che fin da subito si era detto pronto a
correre da sindaco. La maledizione di Fb. «Affronto la competizione elettorale
con giusta umiltà e conscio del tanto lavoro da fare», era stato il primo
commento di Murenu all'annuncio della sua candidatura.
Ma quasi
contemporaneamente su Facebook avevano ripreso a circolare alcuni suoi vecchi
post, neanche tanto lontani nel tempo. «Chiamare l'aborto un diritto della
donna è come chiamare la lapidazione
femminile un diritto dell'uomo». Oppure: «Tutti coloro che prendono il Vangelo in mano per
criticare le politiche sull'immigrazione,
tutti coloro che lo prendono in mano per criticare il lusso della Chiesa sono invitati a
prenderlo in mano anche quando si parla di aborto, eutanasia, matrimonio». Nonché
una condivisione delle posizioni del ministro della Famiglia, il super leghista
Fontana, sui matrimoni gay.
La prima
reazione di Murenu è stata cancellarsi da Facebook, come aveva fatto la scorsa
settimana l'assessora Gabriella Murgia, fino a qualche mese fa renziana sfegatata
e oggi nella giunta Solinas.
Murenu ha poi diffuso un comunicato.
«La legge 194 non si tocca, così come non si torna indietro sui diritti delle persone
omosessuali. La mia vita professionale
e familiare testimonia questi valori, anche a difesa dei diritti dei migranti, ma prendo atto che
con l'apertura della campagna elettorale si è messa in moto anche la macchina del fango».
La cacciata. Il Movimento non ha però creduto alla sua autodifesa. Prima ha fatto sparire la sua lista dal blog
delle stelle, poi ieri mattina l'annuncio della cacciata. «Ci sono
valori che fanno parte del dna del M5s, come l'idea di una donna che ha diritti
e doveri identici a quelli dell'uomo. Nel
lavoro, in famiglia, in amore. Siamo lontani anni luce dalle posizioni espresse al congresso di Verona e oggi prendiamo le distanze da quanto affermato
dal candidato a sindaco di Cagliari Alessandro Murenu. Chi vuole associare rivendicazioni come quelle espresse a Verona contro la donna
al simbolo del Movimento, si sbaglia di grosso ed è fuori dal nostro progetto». Un bocciatura ribadita anche da Luigi Di Maio durante Sky Tg24, che ha
parlato di «una questione di coerenza».
Niente
comunali. Oltre all'uscita di scena di Murenu è stato certificato anche il
forfait dei 5 stelle dalle Comunali. Un altro ko per un Movimento che poco più
di un anno fa in Sardegna aveva preso il 42 per cento alle politiche, vincendo
tutti i nove collegi uninominali, ma che sta vivendo il suo annus horribilis. La
prima tegola il caso del deputato Andrea Mura, cacciato per le sue assenze in Parlamento. Poi la condanna
di Mario Puddu per abuso d'ufficio,
che lo ha costretto a rinunciare alla candidatura a governatore. A seguire il disastro delle
regionali, dove il M5s è passato
in un anno dal 42 al 10 per cento. (al.pi.)
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Federico
Marini
marini.federico70@gmail.com
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