Bisognerebbe attendere
con la dovuta cautela l'esito delle indagini sull'inchiesta "Angeli e
Demoni" sulla rete dei servizi sociali della Val D'Enza, accusati di aver costruito un
sistema illecito per allontanare bambini dai genitori. Sono consapevole della
mostruosità dell'accusa ma in queste ore si è creato un perverso corto circuito
tra la stampa e la magistratura (e anche certa politica) che porta numerosi
organi di informazione a interpretare a proprio piacimento le ordinanze e
indagare sulla vita privata e gli orientamenti sessuali delle persone
coinvolte.
Quando leggo che i giornali hanno dato l'appellativo di
"zarina influenzata dall'attivismo nel mondo gay" alla dirigente
indagata e che "procura e inquirenti stanno scavando nel mondo Lgbt"
mi chiedo se si sia superato qualche limite nel calpestare la dignità umana
delle persone indagate.
La Lega ha appena inviato alla stampa un comunicato in cui
scrive che questa inchiesta rappresenta "Un orrore peggiore dello
squartamento della povera Pamela" e che "Mentre la sinistra si agita
e si scompone per i quaranta palestrati a bordo di una nave che viola le leggi
Italiane, anzi applaudendo allo schiaffo dato alla nostra nazione, la stessa
sinistra tace sulle torture inflitte a dei bambini e ai loro genitori con la
complicità di un loro accolito eletto pure sindaco".
Mi vengono i mente le
parole di un prezioso cronista come Frank Cimini che al manifesto sardo
dichiarò che da un processo mediatico è molto difficile difendersi. Le fatiche della difesa sono
inimmaginabili perché i giornali spalleggiano le procure, perché quando si
arriva in aula al processo i primi ad essere influenzati da quello che è uscito
dai giornali sono proprio i giudici. Perché esce tutto prima
nei giornali, anche cose che non dovrebbero uscire e che non c’entrano con il
processo. Per questo motivo,
almeno noi che ci raccontiamo di "restare umani" di fronte al dolore
che ha coinvolto famiglie e persone minori dobbiamo, per il loro bene, evitare
di esprimere giudizi da tifoseria e mantenere la massima cautela.
Roberto
Loddo
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