giovedì 25 luglio 2019

Michelangelo Pira e l’Identità negata. Di Francesco Casula.



Il primo giorno di scuola, in prima elementare, dal maestro “un bambino si sentì dire che il suo nome e il suo cognome non erano quelli che credeva di sapere fin dalla nascita e con i quali fino a quel momento era stato «chiamato» da tutti”. Quel bambino, – che poi è lo scrittore stesso – che per tutti era sempre stato fino ad allora, Mialinu de Crapinu: per la famiglia come per la comunità ma soprattutto per se stesso; a scuola, nella scuola “ufficiale”, dello Stato, si sente nominare Pira Michelangelo. Di qui la sua identità culturale e linguistica lacerata e mutilata. Scissa e fessurata. Materia per i labirintici scritti pirandelliani? O per la poesia di Rimbaud, “Je est un autre”? No, oltre, addia. Qualcosa di più grave e drammatico.

L’Identità di Mialinu de Crapinu è stata semplicemente azzerata. Nullificata. Repressa. Ad iniziare dalla sua identità linguistica. Una costante nella storia sarda, la proibizione e repressione del sardo: a suon di bacchettate nella scuola. E a suon di bocciature. Ricordo che una trentina di annai fa, in San Pantaleo (una frazione di Olbia) due bambini (prima e terza elementare) furono bocciati perché “il loro lessico era influenzato dal dialetto”(motivazione testuale riportata nelle pagelle). Una “proibizione” e “criminalizzazione” che viene da lontano.

Carlo Baudi di Vesme nell'opera Considerazioni politiche ed economiche sulla Sardegna, commissionata dal re Carlo Alberto tra l'ottobre e il novembre 1847, scrive che era severamente proibito l’uso del dialetto (sic!) sardo e si prescriveva quello della lingua italiana anche per incivilire alquanto quella nazione! Ovvero la lingua sarda da estirpare in quanto espressione di inciviltà da superare e trascendere con la lingua italiana! Mialinu de Crapinu, da tutti così chiamato, riconosciuto e istituito come soggetto – scrive Pira – si sente trattare dal maestro dello Stato come alunno oggetto. Reificato. Fatto cosa. “Faticò non poco – scrive ancora Pira – a riconoscersi e a restituirsi come soggetto”. I sardi continuano a faticare. Ma per “restituirsi” come soggetti da oggetti che sono, devono “rivoltarsi”. Ribellarsi. Operando un radicale “rovesciamento”. La rivolta dell’oggetto, appunto.

Di Francesco Casula
Storico, autore de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”

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