(27 settembre 1964) Vengono pubblicati i risultati dell’indagine
governativa realizzata dalla “Commissione Warren” sull’assassinio del Presidente
degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy. La commissione stabilì che JKK
fu ucciso dal fucile imbracciato da Lee Harvey Oswald.
Lo scetticismo con cui l’opinione pubblica mondiale accoglie i risultati,
costringono il presidente Ford a nominare una seconda commissione. Nel 1976, la
“United States Select House Committee on assasinations,” ipotizzerà che Oswald
abbia fatto parte di una più vasta cospirazione, composta da membri non individuabili.
Dopo il suo arresto, il
24 novembre, nei sotterranei della centrale di polizia di Dallas, mentre veniva
trasferito alla prigione della contea Lee Harvey Oswald fu ucciso
da Jack Ruby, che dichiarò di aver agito per vendicare la morte di Kennedy.
Tuttavia Ruby era membro della mafia italoamericana, e ciò diede adito alla
teoria del complotto, secondo cui occorreva bloccare possibili rivelazioni di Oswald,
che in realtà sarebbe stato un agente segreto con
ruoli riconosciuti anche nell'IDEA, poi richiamato in patria per infiltrarsi
tra gli esuli cubani, che accusavano Kennedy di non aver intrapreso
l'operazione "Mangusta" (piano d’invasione dell’isola cubana). In
realtà, questa fu bloccata in seguito agli accordi scaturiti dalla crisi dei
missili.
In due interviste, nel
1994 a Bob Vernon e nel 2003 a Jim Marrs e Wim Dankbaar, un certo James
Files, mafioso informatore della CIA, rivelò di essere il
vero cecchino dell'attentato a Kennedy insieme a Charles Nicoletti, un altro
mafioso italo-americano. Secondo questa poco credibile versione, lui si sarebbe
appostato sulla collinetta di Grassy Knoll, mentre Nicoletti era al quinto
piano del Dal-Tex Building (il deposito di libri da dove sparò Oswald). L'operazione
Kennedy sarebbe stata pianificata dalla CIA e dal boss della malavita di
Chicago Sam Giancana. Lee Harvey Oswald faceva parte del progetto, ma come capro
espiatorio.
Nel 2004 arrivarono altre
due testimonianze: quella E. Howard Hunt e quella di Madeleine Duncan Brown.
Il primo registrò un nastro audio e la seconda un video che combaciano su molti
punti e avvalorerebbero la tesi complottista. Howard Hunt, un agente della CIA,
imputato anche nel caso Watergate, fece la sua confessione al figlio in punto
di morte, dandogli la sua testimonianza in una traccia audio.
Nelle sue rivelazioni l'ex
agente segreto fa i nomi di Mary Pinchot Meyer e altri nomi di numerosi
individui con legami diretti o indiretti con la CIA.
Tutti avrebbero avuto un ruolo nell'omicidio Kennedy: addirittura il
vicepresidente (poi eletto presidente) Lyndon B. Johnson, futuro Presidente
USA. Questo non approvava la decisione di Kennedy di voler ritirare le truppe
dal Vetnam, anche perché questa decisione avrebbe compromesso i suoi affari con
l'industria delle armi. Ad avvalorare le dichiarazioni di Hunt (e, quindi, la
sua presenza in Dealey Plaza il giorno dell'assassinio di Kennedy), è la
stretta somiglianza con uno dei tre vagabondi fermati subito dopo l'omicidio di
Kennedy e poi rilasciati.
Sempre recentemente, l'ex
amante di Lyndon Johnson, Madeleine Duncan Brown, in una intervista video ha
rivelato di aver saputo del complotto il giorno precedente al delitto e che
Johnson ne faceva parte. Una seria indagine fu quella del procuratore di New Orleans
Jim Garrison, che contestò il verdetto della commissione Warren (La sua storia
fu raccontata da O. Stone nel film JFK, un caso ancora aperto). Harrison
dimostrò che tutti i componenti della Commissione Warren erano legati alla CIA
ed agli ambienti militari. Inoltre dimostrò con certezza che gli spari su Kennedy
giunsero da tre posizioni diverse, è soprattutto che E.L. Oswald non poteva
colpire il Presidente da quella distanza, anche perché coperto degli alberi.
Indubbiamente la morte
di Kennedy faceva comodo a molti, alla CIA, alla mafia, a chi voleva bloccare
la sua politica antirazziale, all'FBI, ai ricchi produttori di armi. È certo,
comunque, che il successore di Kennedy cambiò radicalmente linea politica,
continuando il lavorio anti Fidel Castro, interrompendo qualsiasi dialogo con
l'URSS, continuando la guerra in Vietnam, lasciando in pace la CIA ed i
banchieri statunitensi.
Quando lo "spettro" di un nuovo Kennedy, Bob, si
riaffacciò sulla scena della carica presidenziale, un nuovo omicidio chiuse la
vicenda. Ritornano alla mente le parole pronunciate da John Kennedy in
un incontro pubblico: "Chi ha cercato stupidamente di ottenere il potere
cavalcando la tigre ha finito per esserne divorato." E JFK, che cercò di
domare quelle tigri che volevano conservare il proprio potere, finì sbranato.