“Una
forma molto insidiosa di paura è quella che si maschera come buon senso o
addirittura saggezza, condannando come sciocchi, inconsulti, insignificanti o
velleitari i piccoli atti di coraggio quotidiani che contribuiscono a salvaguardare
la stima per se stessi e la dignità umana.” (Aung San Suu Kyi)
(06 settembre 2002) Dopo
forti pressioni da parte delle Nazioni Unite viene liberata la dissidente
birmana Aung San Suu Kyi. La premio Nobèl per
la pace 1991 era agli arresti domiciliari da diciannove mesi. Cresciuta
all'estero, nel 1988 Aung è ritornata in Birmania per impegnarsi nel processo
di democratizzazione del Paese. Promotrice della Lega nazionale per la
Democrazia, è divenuta il simbolo dell'opposizione non violenta al regime militare,
che ha sempre cercato in tutti i modi di ridurla allo stremo.
Figlia del generale Aung, ha studiato in India (1960) e nel
1964 ha vissuto in Inghilterra, dove ha frequentato la Oxford University. Tornata
in Birmania in un periodo di forte tensione politica, Aung è stata oggetto di
una imponente campagna diffamatoria orchestrata dal regime per minarne la credibilità e
depotenziare il suo movimento politico, in vista delle prime elezioni
multipartitiche fissate per il maggio 1990, finalizzate alla formazione di
un'Assemblea Costituente.
Fallito tale tentativo (la Lega Nazionale per la Democrazia
raggiunse l'82% dei consensi), nell'aprile del 1991 i militari ottennero
l'estromissione di Aung dalla Lega e continuarono ad ostacolare la convocazione
dell'Assemblea costituente. Nell'ottobre dello stesso anno è
stata insignita del premio Nobel per la pace: ciò ha determinato una decisa mobilitazione
dell'opinione pubblica internazionale e accresciuto l'isolamento diplomatico
della Birmania. Concessole uno stato di semilibertà nel luglio 1995, anche a causa
delle pressioni degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite, in ottobre Aung ha
assunto nuovamente il suo incarico nel partito, rilanciandone l'attività di
opposizione. Tuttavia, anche negli anni successivi, ha continuato a essere
oggetto di ripetuti provvedimenti restrittivi, e solo nel novembre 2010 ha
riottenuto la libertà.
Nel 2011, dopo il trasferimento del potere a un governo
civile, considerato comunque un'emanazione di quello militare, Aung ha
dichiarato di voler rinunciare alla politica di boicottaggio e nel
gennaio dell'anno successivo ha ufficializzato la sua candidatura alle elezioni
parlamentari previste per l'aprile del 2012. Alle consultazioni la Lega Nazionale per la Democrazia si
è affermata come principale forza dell’opposizione, e a Kahwmu, la
circoscrizione in cui si presentava, Aung è stata eletta con l'82% delle
preferenze. Sebbene il Parlamento sia comunque dominato dall'esercito,
l'opposizione ha guadagnato consensi e visibilità, utili in vista delle
consultazioni del 2015, alle quali la leader ha presentato ufficialmente la sua
candidatura nel giugno 2013.
Svoltesi nel novembre
2015, le prime elezioni libere nel Paese dalla fine della dittatura militare
hanno registrato la netta affermazione del partito di Aung, che ha riportato
oltre il 70% delle preferenze. Altro importante risultato è stato raggiunto nel marzo 2016 con la nomina
alla presidenza del Paese dell'economista Htin Kyaw, anch'egli membro del
partito di Aung, primo civile eletto dopo 54 anni di dittature militari. Nel
marzo 2016, subito dopo l'elezione a presidente, Htin Kyaw ha assegnato alla
donna politica la carica di ministro degli Esteri.
Dal settembre 2017 è stata al centro di critiche da parte di
un altro premio Nobel, Malala Yousafzai, che ha chiesto ad Aung di condannare
le violenze dell’esercito birmano sulla minoranza musulmana Rohingya. Questo,
tuttavia, non è mai avvenuto. Inoltre i birmani accusano i ribelli Rohingya dell'incendio
dei villaggi e delle atrocità contro la loro stessa gente nello stato di
Rakhine.
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