(03 Ottobre 1995) Si apre
a Roma il processo alla Banda della Magliana, una delle prime e di certo la più
importante organizzazione criminale stanziata a Roma. Alla sbarra ci sono 98 persone
accusate di aver fatto parte o di essere state strettamente legate alla banda
che ha controllato la maggior parte delle attività illecite nella capitale fino
a metà' degli anni Ottanta, e forse anche oltre (secondo alcune testimonianze,
la banda della magliana sarebbe ancora operativa, pur con le dovute differenze
rispetto al suo nucleo originario).
È il primo grande
processo ai delitti commessi dalla banda. Tra gli imputati Maurizio Abbatino (detto “Crispino”),
considerato il capo indiscusso della banda dopo con Giuseppucci ed Enrico De
Pedis, e il cassiere dell' organizzazione, Enrico Nicoletti, che aveva il ruolo
d’investire i soldi della banda in attività lecite ed illecite, entrando spesso
a contatto con importanti banche italiane e non solo. Al
termine del processo, la Corte d’assise emette tre ergastoli e pene tra i 20 e
i trent’anni. Il dispositivo della
sentenza contempla reati che vanno dall' associazione mafiosa all'omicidio, per
arrivare sino al traffico di sostanze stupefacenti.
La banda della Magliana è'
stata un'organizzazione potente e ramificata, legata alla mafia, alla camorra,
alla destra eversiva ed addirittura ai servizi segreti: in particolare su quest’ultimo
legame, ci fu una rivelazione clamorosa da parte di una delle donne legate ad
uno dei boss. Negli scantinati del ministero della sanità, fu ritrovato un vero
e proprio arsenale di armi, utilizzato sia dalla Banda, sia da elementi dei
servizi segreti. A confermare la “confidenza,” fu il responsabile del deposito –
magazzino.
la banda della Magliana
raccontata da uno dei suoi capi storici, Maurizio Abbatino, disse «Si parla
molto della banda ancora oggi, quando all'epoca c'erano altre organizzazioni
come ON o La P2 che ora sembra che stanno nel dimenticatoio. Sembra che la
banda della Magliana sia diventata una discarica per tutto quello che non si
riesce o non si vuole capire». Le affermazioni di Abbatino possono essere anche considerate credibili:
in base ad alcune elucubrazioni, la stessa banda sarebbe stata la responsabile
del rapimento della giovane Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Entrambi i
casi furono imputati ai giovani testaccini, anche se nessuna prova ha mai
suffragato tale tesi. Inoltre, la banda della Magliana fu accusata di aver
scoperto il nascondiglio del presidente della DC Aldo Moro, ma di non
rilasciare nessuna dichiarazione per espresso ordine di Giulio Andreotti, che
avrebbe utilizzato la banda per sopprimere il giornalista Pecorelli. In
entrambi i casi, le teorie non furono suffragate da nessuna prova, come i
depistaggi nella strage di Bologna, ed i rapporti con l'Organizzazione Gladio.
Il vasto ambito di attività delinquenziali, ad ogni modo, andava dai sequestri di persona, al controllo del gioco d'azzardo e delle scommesse ippiche, alle rapine e al traffico di droga. La Banda non mancò di estendere la propria rete di contatti alle principali organizzazioni italiane, da cosa nostra alla camorra, nonché a esponenti della massoneria in Italia, oltre a numerose collaborazioni con elementi della destra eversiva e della finanza.
Quando il 30 marzo del
1976 viene arrestato Albert Bergamelli, a Roma si chiude un'epoca, quella della
banda dei Marsigliesi della quale egli era il leader. Con Bergamelli anche gli altri
principali componenti della banda finiscono in carcere nonostante l'intervento
di avvocati e criminologi corrotti, come Gianantonio Minghellie e Aldo
Semerari. Il mito dei Marsigliesi tramonta e al loro posto si fa strada una
nuova banda, la mafia dei colletti bianchi, che fa affari con palazzinari,
banchieri e finanzieri e che si dedica al riciclaggio e alla speculazione. Il
suo stratega è Pippo Calò, il cassiere di Cosa Nostra trasferitosi nella
capitale nel 1972.
Alla mala romana divisa
in piccole bande restavano quindi solo gli affari di piccolo cabotaggio:
scommesse, furti e rapine. Le rapine in
particolare vengono messe a punto dalle cosiddette batterie, ovvero gruppetti
di malviventi, per lo più dello stesso quartiere, alleatisi per l'occasione e
pronti a tradirsi o ad allearsi con altri. La batteria più agguerrita è quella
della Magliana, figlia di un degrado nato dalla speculazione edilizia. La
compongono varie persone tra cui spiccano Marcello Colafigli, Edoardo Toscano e
Maurizio Abbatino, un leader innato. Dalle parti di Trastevere-Testaccio invece
ci sono i testaccini, capeggiati da Franco Giuseppucci ma soprattutto da Danilo
Abbruciati, er camaleonte, implicato soprattutto nel riciclaggio di danaro
sporco.
Mentre tra Ostia e Acilia a comandare è un pupillo di
Raffaele Cutolo, Nicolino Selis, legato a quelli della
Magliana dall'amicizia con Antonio Mancini, detto l'accattone. Il 13 settembre
1980 viene ucciso Franco Giuseppucci, tra i boss fondatori: la gang si divide
in due fazioni destinate alla resa dei conti definitiva, segnando il declino di
una saga criminale legata ai grandi misteri italiani. Le due fazioni erano
quella dei Testaccini, comandata da Enrico de Pedis (poi misteriosamente
seppellito nella basilica di Sant’Apollinare), mentre la batteria dei ragazzi
della Magliana sono capitanati da Abbatino.
Scoppia una faida interna alla banda, causata da uno
sproporzionato arricchimento da parte dei testaccini, che reinvestivano il loro
denaro grazie ad attività anche lecite soprattutto grazie al mago della finanza
Nicoletti, mentre i ragazzi della Magliana, sicuramente meno bravi negli affari,
si devono accontentare spesso delle briciole. Il soggetto che si arricchì
maggiormente dal traffico di droga fu Enrico De Pedis (detto
Renatino) che aveva stretti
legati con le organizzazioni camorristiche ma soprattutto mafiose Tuttavia,
nonostante molti lo neghino, la presenza di alcuni membri della ex banda sono
ancora presenti nella capitale, e continuano ad essere il punto di riferimento
d’innumerevoli attività criminose.
Vincenzo
Maria D’Ascanio
Nessun commento:
Posta un commento