(09 Ottobre 1982) Sono le 11 e 55 di una mattina di sabato.
E’ l’ultimo giorno della festa ebraica delle Capanne. All’uscita della Sinagoga
di Roma, i fedeli vengono colpiti da lanci di bombe e colpi di mitra.
Nell’attentato, il più grave subìto dalla comunità ebraica romana dopo la fine della
Seconda guerra mondiale, perde la vita un bambino di due anni, Stefano Gay
Tachè. Altre trentacinque
persone vengono ferite. Gli autori materiali della sparatoria non saranno mai
individuati. Il palestinese Abdel Al Zomar, sarà condannato all’ergastolo come mandante
dell’attentato. Ma estradato dalla Grecia in Libia nel 1988, di lui si sono
perse le tracce.
È un momento terribile per la Comunità Ebraica, ma lo è di
più per una famiglia sconvolta dalla perdita di una parte di sé che non vedrà
mai crescere. Inoltre al funerale di Stefano (il 12 ottobre) dovrà vedere
Sandro Pertini, a cui il Rabbino Capo Elio Toaff aveva chiesto di non
presenziare. Lo stesso Toaff nei giorni precedenti all’attentato aveva chiesto
senza successo alle autorità di intensificare le forze di sicurezza intorno
alla Sinagoga, specialmente nei giorni di festa.
L'attentato aveva precise ragioni politiche e nasceva in un
conflitto, quello israeliano-palestinese che ancora oggi insanguina quei
popoli, che sembrano destinati ad una lunga scia di sangue. Proprio
in quegli anni Israele invadeva il Libano, è non furono poche le ingiustificate
rappresaglie su civili inermi (su tutte il massacro di Santa e Chatila, campo profughi palestinesi, anno
1982, 3500 morti in una sola notte).
Eravamo e siamo ancora
oggi davanti a un conflitto politico, non religioso, una contesa per la terra
che si è allargata seminando ostilità in tutto il Medio Oriente. Purtroppo, in ragione di un
rigurgito antisemita, gli ebrei vengono concretamente assimilati allo stato di
Israele. In questo senso, non da oggi si parla di un amalgama tra la critica
allo Stato di Israele e l'antisemitismo, l'ostilità verso l'ebreo in quanto
tale, come "entità". Pur essendoci nello Stato d’Israele numerose
personalità ostili alle politiche dei falchi, una certa parte continua ad
accusare l’intero popolo ebraico di questi atti. Sarebbe come accusare tutti
gli italiani, delle politiche volute dall’ex ministro dell’interno Matteo
Salvini.
Il presidente Sergio Mattarella, nel suo discorso di
insediamento il 3 febbraio 2015 ha parlato di Stefano Taché come di "un
nostro bambino, un bambino italiano". molti, sopratutto, non pensano ai
cittadini ebrei come pienamente italiani. Siamo secondi in Europa
per atteggiamenti antisemitismo, dietro la Polonia.
"Non bisogna essere particolarmente malvagi per
collaborare, basta scavare ogni giorno, distrattamente questo fossato tra noi e
loro. Lo possiamo fare con gli ebrei, ma anche con gli stranieri, i Rom, i
profughi o semplicemente quelli oltre il confine, quelli di un altro gruppo. Lo
si può fare con una battuta o la presa in giro che sembra innocente ma ripete
quei luoghi comuni che piano piano confermano che non siamo dalla stessa
parte... Così l'argine può cominciare a cedere e nel tempo diventa tutto meno
grave e abituale: l'insulto, lo striscione allo stadio, l'atto vandalico, le
scritte sui muri, la devastazione di una sinagoga o di un cimitero. Così si
arriva a banalizzare quell'antisemitismo che invece può portare a esiti tragici come durante guerra,
o saldarsi con l'odio contro Israele come nel caso del 9 ottobre alla Sinagoga
di Roma." (cit.)
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