(23 Ottobre 2002) Teatro Dubrovka di Mosca, secondo atto
dello spettacolo teatrale “Nord-Ost”: un commando di 40 ribelli ceceni fa
irruzione nel teatro, prendendo in ostaggio 850 persone. La
loro richiesta è il completo ritiro delle truppe russe dalla Cecenia. Tre giorni dopo, le forze speciali
dei servizi segreti russi pompano gas anestetizzante dall’impianto di
condizionamento ed entrano nel teatro. Il bilancio del sequestro
conterà almeno 129 morti e oltre 700 feriti.
L’autoproclamazione della
Cecenia indipendente (1991), presieduta dal leader nazionalista Dudaev provocò
la reazione di Mosca che, nel 1994, decise d’intervenire militarmente. Nel gennaio 1995 i Russi
conquistarono Groznyj con intensi bombardamenti, ma non riuscirono a strocare
la resistenza dei separatisti, che nell’agosto del 1996 rientrarono nella capitale. Alla fine
dello stesso mese fu raggiunto un accordo di pace che, pur determinando il
ritiro delle truppe russe, rinviò la definizione dello status ceceno al 2001;
da parte cecena i negoziati furono condotti da A. Maschadov, che l’anno dopo fu
eletto presidente della Repubblica.
Nel 1999, dopo una serie
di sanguinosi attentati, la Russia riprese le operazioni militari, rientrando a
Groznyj nel gennaio 2000. Nel giugno successivo
la Cecenia fu posta sotto il controllo diretto di Mosca, che nominò alla guida dell’amministrazione
provvisoria A. Kadyrov. La dura politica repressiva messa in atto dal governo
russo e le violenze delle truppe stanziate sul territorio resero difficile
l’avvio processo di pacificazione, minato nelle fondamenta anche dalla
crescente radicalizzazione delle forze indipendentiste
sempre più egemonizzate dai gruppi fondamentalisti islamici.
Gli anni successivi furono dunque caratterizzati da una
ripresa degli attentati terroristici, alcuni di fortissimo impatto, come nel
2002 il sequestro di 800 spettatori nel teatro Dubrovka di Mosca. Nel marzo 2003 un referendum costituzionale, pur
prospettando l’autonomia della regione, ne asseriva l’appartenenza alla
Federazione Russa, e in ottobre le elezioni presidenziali vedevano la vittoria
di Kadyrov, schierato su posizioni filorusse. Nel maggio 2004 Kadyrov rimase
vittima di un attentato (gli subentrò A. Alchanov, già primo ministro) e nel
settembre successivo un commando di separatisti ceceni fece irruzione in una
scuola di Beslan, in
Ossezia del Nord, prendendo in ostaggio più di mille persone.
Nel marzo 2005 i reparti
speciali antiterrorismo russi uccisero Maschadov, considerato il leader dei
ribelli indipendentisti; nel novembre
successivo il partito filorusso Russia unita vinse le elezioni legislative. Nel
marzo 2006 fu proclamato primo ministro R. Kadyrov fu designato presidente.
Seguì un periodo di relativa calma, le incursioni dei ribelli si diradarono e il
16 aprile 2009 il Cremlino decretò la fine del regime antiterrorista: si
concludeva formalmente il conflitto ceceno. Nei fatti però la guerriglia
continuava: scontri a fuoco e attentati si susseguivano, e nel
marzo del 2010 due donne kamikaze provocarono la morte di trentasette persone
nella metropolitana di Mosca. Sette mesi più tardi il Parlamento di Groznyj fu preso d’assalto.
Sul fronte governativo, la repressione non si attenuò e la
questione cecena ha acquisito sempre più i toni dell’emergenza umanitaria. La
stampa che riuscì ad eludere la censura e le ONG presenti sul territorio
raccontano di migliaia di persone scomparse, sequestrate o uccise nel corso
degli anni; e non tutti erano ribelli. Tristemente famose, in proposito, sono le vittime A. Russo
(2000), A. Politkovskaja (2006), A. Baburova e S. Markelov (2009)
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