venerdì 29 novembre 2019

L’uso strumentale delle istituzioni Pubbliche. Di Lucia Chessa.


Chi è quel leghista che ha pensato di poter utilizzare il parlamento come teatro massimo dove mettere in scena la sua personalissima vicenda sentimentale? Quanto è fuori luogo e fuori misura scegliere un dibattito alla Camera dei deputati come cornice per una proposta di matrimonio, con tanto di anello prelevato a sorpresa da sotto il banco, ed esibito a lei che stava in tribuna e all’Italia tutta? Non so.Pur non essendo io particolarmente formalista, sento una forte e pesante carica di arroganza in questa onorevole goliardia che francamente farei fatica ad accettare e immaginare persino partorita dalla testa di un adolescente senza pensiero. E non è la pacchianeria esibizionista che mi disturba e mi offende. Non è neanche la grezzeria spensierata di un tizio di poco valore che siede li chi sa per quale avventura.


Per me, quell’esibizione provocatoria e cafonesca offende molto perché suona più o meno così:” Faccio quello che mi pare, dove e quando voglio: al bar, alla stazione, nella cucina di casa mia, nella stradina dietro casa, nella mia camera da letto, nel Parlamento d’Italia perché tanto, poca differenza c'è". Insomma, solo un modo molto più cafone (ma ognuno fa quello che può) di dire, con le dovute proporzioni e le rispettive capacità: “Lo Stato sono Io”. Come faceva il Re sole in Francia, tre secoli fa, prima che arrivassero i francesi a tagliare la testa ai Re.

Non molto tempo fa, dei miei studenti, con l’intento di festeggiare il compleanno di una compagna di classe, si sono presentati a scuola con un grande 18. Un enorme 18 bene infiocchettato, vivacissimo e coloratissimo, grande quanto un armadietto che, entrando in alula alla prima ora, ho trovato ben posizionato sul banco della festeggiata. 

Sono ragazzi allegri, educati, che avevano avuto un bel pensiero per la loro compagna. Non so se ho sbagliato, ma non ho assecondato la festa. Ho fatto gli auguri e ho chiesto che quel grande 18 fosse portato in bidelleria è così è stato, senza storie e senza proteste. Non hanno avuto neanche bisogno di molte spiegazioni, quei ragazzi, per capire che: un conto è lo spazio privato un conto è quello pubblico.

Un conto è la festa un altro è il lavoro. Un conto è casa nostra, un altro è un’istituzione che è di tutti e in nessun modo può essere utilizzata per fatti personali. Ecco. Quel tizio leghista che siede nel nostro parlamento, non ha capito ancora questa differenza elementare che è, invece, una condizione indispensabile per qualunque cittadino, qualunque dipendente pubblico e, a maggior ragione, per chiunque abbia un ruolo istituzionale. Questo non ha capito, alla sua età e nel suo ruolo, ciò che è chiarissimo anche a 25 ragazzi di una classe IV della scuola dove lavoro io. Dovrebbe ritirarsi.

Di Lucia Chessa




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